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DISCORSO DI SUA SANTITÀ PIO XII
AI PARTECIPANTI AL CONVEGNO INDETTO DALLA PRESIDENZA
 CENTRALE DELLA GIOVENTÙ ITALIANA DI AZIONE CATTOLICA*

Sala del Concistoro - Sabato, 20 aprile 1946

 

Voi avete desiderato, figli diletti, Presidenti diocesani della Gioventù maschile di Azione cattolica italiana, di riunirvi intorno a Noi, per invocare, al termine delle vostre adunanze e prima di separarvi, la benedizione del Vicario di Cristo sui vostri lavori e sulla efficace attuazione pratica delle vostre risoluzioni. Voi ne sentite particolarmente il bisogno in un'ora, qual è la presente, sommamente grave, in una di quelle ore, quando i popoli son chiamati a scegliere per la loro patria tra la vita e la morte, la benedizione e la maledizione. Ma, come voi ben sapete, non vi è che una sola via di salute, quella che lo Spirito Santo stesso ha tracciata: « Io ho messo oggi dinanzi a te la vita, affinché viva tu e la tua discendenza, e tu ami il Signore Dio tuo, e obbedisca alla sua voce, e resti a lui unito ; egli è infatti la tua vita e la lunghezza dei tuoi giorni » (cfr. Deut. 30, 19-20).

Precisamente in una tale ora voi avete preso per tema delle vostre deliberazioni il fanciullo. E ben a ragione. Il grido da voi lanciato : « Salviamo il fanciullo ! » esprime ad un tempo le inquietudini e le speranze del presente, ma soprattutto i suoi imperiosi e urgenti bisogni.

Intorno al fanciullo gravitano tutte le questioni vitali, tutti i valori essenziali : il matrimonio e la famiglia, la sposa e la madre, l'educazione e la moralità pubblica. Ove tali questioni sono risolte secondo la legge divina e lo spirito cristiano, ove quei valori capitali vengono protetti e difesi, anche l'infanzia e la gioventù sono salve. Ove invece le forze dissolvitrici e pervertitrici se ne impadroniscono, le tristi conseguenze non tardano a manifestarsi ; e già esse si mostrano pur troppo fin nei piccoli e negli adolescenti. Non le vedete voi forse? Non avete costantemente davanti agli occhi l'angoscioso spettacolo di una gioventù in tanta parte guasta, contaminata, pronta a trasmettere, in virtù delle tragiche leggi della natura, la sua infezione morale e fisica alle generazioni future ?

Noi abbiamo più volte invocato il soccorso dei cuori generosi in favore degl'infelici, specialmente dei fanciulli, che la fame tormenta e debilita, e additato al mondo i milioni di bambini esposti a morire d'inedia. Dio sa quanto la loro sorte Ci sta a cuore ! E nondimeno questa lamentevole indigenza materiale della infanzia e della gioventù non è che una pallida immagine della incomparabilmente più funesta miseria delle anime; miseria che si va sempre più estendendo e non risparmia l'Italia più che le altre Nazioni.

La storia segnala invariabilmente come precorritore delle grandi catastrofi non solo economiche e politiche, ma anche e principalmente spirituali e religiose, il decadimento della moralità pubblica, la corruzione dei costumi, che s'insedia sfrontatamente da sovrana e mira a sedurre soprattutto le giovani generazioni. L'esperienza del presente non fa che confermare le lezioni della storia. Noi non Ci stanchiamo di denunziare, in ogni occasione che Ci si offre, almeno tre delle forme più temibili del mostruoso Moloc, che tante vittime miete : il divorzio, la scuola senza Dio, la sfrenatezza dei libri e degli spettacoli licenziosi. Madri snaturate non dubitano di condurre fanciulli e fanciulle alle rappresentazioni e alle « riviste » più lascive !

Senza dubbio vi sono sempre, anche in una gioventù così insidiata, miracoli della grazia, eroi e santi vittoriosi contro tutte le seduzioni e gli allettamenti del mondo che li circonda. Ma quei miracoli sono rari, e questi eroi e santi sono l'eccezione. Sarebbe una fatale illusione il credere che tali eccezioni possano divenire la regola senza un miglioramento delle condizioni pubbliche e sarebbe ingiusto il voler attribuire alle manchevolezze della cura pastorale tutta la responsabilità delle rovine spirituali, che nei fanciulli e negli adolescenti di sei, di dieci, di quindici anni, producono quasi inevitabilmente l'influsso continuo della scuola areligiosa o antireligiosa, i pericoli della strada, l'aria moralmente malsana o forse corrotta della fabbrica e dell'officina. Nell'ordine naturale delle cose, — diciamo meglio, secondo le disposizioni della Provvidenza divina —, il fanciullo deve nascere e crescere nel clima salubre di una famiglia e di una società cristiana, e ivi progressivamente svilupparsi, fino a conseguire quella maturità che lo renda atto, alla sua volta, a mantenere, propagare e perfezionare un ordine sociale onesto e cristiano.

Per oltre quindici secoli il popolo italiano è rimasto fedele a quest'ordine, che appariva come del tutto normale e incontrastato. Esso era il suo benessere la sua salvezza nei giorni del pericolo, il suo punto d'appoggio e la base della sua stabilità in mezzo alle trasformazioni, alle crisi, alle lotte e alle agitazioni politiche e sociali. Ma ecco che da più di cento anni un lavoro insidioso, sistematico e costante, ha mirato a scalzare, più duramente che con una azione violenta, la cultura cristiana del popolo italiano. Oggi l'avversario giudica l'opera sua abbastanza avanzata per muovere all'assalto definitivo. E certo nessuno di voi si fa alcuna illusione sul senso e la portata di certi avvenimenti, di cui siamo testimoni.

L'avversario stima forse soverchiamente il valore dei risultati ottenuti e delle sue speranze? Sia pure; ma è sempre vero che la condizione presente delle cose è ben grave. È necessario di dirlo? Si tratta per l'Azione cattolica, come per tutte le altre organizzazioni religiose di apostolato laico, d'impiegare a fondo tutte le loro possibilità, di tendere fino all'estremo sforzo tutte le loro energie. Voi lo sapete, del resto, e lavorate da prodi e il vostro lavoro non rimane sterile. Esso ha portato già i suoi frutti; Noi ne godiamo e siamo lieti di congratularCene con voi.

Voi non avete bisogno, in questa materia, di nuove istruzioni, oltre a quelle che vi abbiamo già date ripetutamente. D'altra parte, i vostri scritti e le relazioni delle vostre adunanze son là per dimostrare che voi conoscete chiaramente e ciò che dovete e ciò che volete. Tuttavia, poiché voi attendete adesso dal Nostro labbro una parola che tocchi più direttamente lo stato presente, ecco brevemente tre punti che proponiamo alla vostra riflessione:

1° – L'ora delle grandi determinazioni coincide nella vostra patria con quella delle più dure strettezze materiali. Così la Provvidenza ha disposto o almeno permesso. Il vostro dovere è dunque di volare al soccorso dell'indigenza dovunque si manifesta, con uno zelo premuroso, attivo e al tempo stesso accorto e saggiamente organizzato. Le occasioni certamente non mancano di adempire alla lettera l'ammonimento di Giovanni il Battista: « Chi ha due tuniche ne dia una a chi non ne ha, e chi ha cibi faccia altrettanto » (Luc. 3, 11). Fate del bene ai corpi per amore di Cristo, e la sua benedizione feconderà il vostro lavoro per il vantaggio spirituale del popolo.

2° – Il popolo è chiamato a prendere una parte sempre più importante nella vita pubblica della Nazione. Questa partecipazione porta con sé gravi responsabilità. Donde la necessità per i fedeli di avere cognizioni nette, solide, precise intorno ai loro doveri di ordine morale e religioso nell'esercizio dei diritti civili, in modo particolare del diritto di voto. Su questi argomenti Noi abbiamo dato nella Nostra allocuzione di quest'anno ai parroci e ai quaresimalisti di Roma norme concrete, che valgono sostanzialmente anche per l'Azione cattolica. Questa, beninteso, non è un partito politico e sta al di sopra della politica di partito. Ma appunto perciò essa deve tanto più, in queste settimane e in questi mesi, illuminare i cattolici sugl'interessi religiosi che sono presentemente in serio pericolo e persuaderli, non solo in pubblico, ma altresì in privato, uomini e donne, a uno a uno, dell'importanza e della gravità dell'obbligo, che come cristiani, li stringe alla retta osservanza dei loro doveri politici. — In egual modo anche per l'Azione cattolica vale il dettame di non chiudere l'orecchio alle lezioni e agli avvertimenti della storia. Questa non presenta fino ai nostri tempi alcun esempio di un popolo o di un Paese che, dopo di essersi staccato dalla Chiesa e dalla cultura cattolica, vi sia ritornato integralmente. Coloro che le rimasero fedeli hanno ben potuto lottare coraggiosamente, eroicamente; ma, una volta consumata la catastrofe e compiuto il passo fatale, non si è mai avuta finora una completa riparazione e reintegrazione.

3° – L'oggetto, contro il quale l'avversario dirige oggidì il suo assalto, aperto o subdolo, non è più, come ordinariamente in passato, l'uno b l'altro punto particolare di dottrina o di disciplina, bensì tutto l'insieme della fede e della morale cristiana fino alle loro ultime conseguenze. Si tratta, in altri termini, di un assalto totale; di un pieno sì o di un pieno no. In tale condizione di cose il vero cattolico deve rimanere tanto più fermo e saldo sul terreno della sua fede e dimostrare coi fatti. Nel calore della lotta un cristianesimo meramente esteriore e di pura forma si fonde come cera al sole. È dunque un ufficio urgentissimo dell'Azione cattolica in questi critici momenti di difendere e di inculcare chiaramente e profondamente nelle menti degli uomini la dottrina della Chiesa e di adoperarsi con ogni zelo per ricondurre coloro, che vivono fuori della pratica religiosa, a Dio, alla preghiera, alla fede in Cristo, alla frequenza dei Sacramenti, al cuore della Chiesa affinché seguano i suoi insegnamenti e i suoi precetti. « Comportatevi da forti — vi diremo con la Sacra Scrittura — e abbiate coraggio ; non vi prenda timore né spavento, perché il Signore Dio vostro è egli stesso il vostro condottiero, e non vi lascerà né vi abbandonerà » (cfr. Deut. 31, 6).

Questa mattina ancora una volta è risonato in tutte le nostre chiese il festoso Alleluia. È stato così da quasi due millenni, e così sarà sino alla fine dei tempi. Le calamità presenti, le rovine, le minacce, non debbono punto arrestarne sulle vostre labbra e nel vostro cuore l'annuo ritorno. L'incredulo, l'ignorante, possono meravigliarsene. Il credente, il quale sa che il Cristo risuscitato resterà con noi fino alla consumazione dei secoli, che colui il quale crede in Gesù vince il mondo (cfr. I Io. 5, 5), continua a cantare intrepido, imperturbabile, il suo trionfale Alleluia. Ora la fede in Cristo vive sempre, vigorosa, nel cuore del popolo italiano; e voi potete con fiducia far fronte a chiunque voglia impugnarla.

Al di sopra del tumulto di tutte le guerre e di tutte le discordie, di tutte le imprecazioni, di tutti i lamenti, di tutte le grida dell'orgoglio nell'ebbrezza di un passeggero prospero successo o nella irritazione di una sconfitta, al di sopra delle incessanti fluttuazioni della lotta, domina l'Alleluia pasquale, l'Alleluia della vittoria definitiva di Cristo, vincitore della morte e delle porte dell'inferno, vincitore della potenza delle tenebre. Che la sua forza, il suo amore, la sua grazia empiano l'animo vostro, di voi che avete dedicato la vostra vita alla diffusione del suo regno, per la salvezza, la pace, la felicità degli uomini e dei popoli. E Noi, in pegno di questi doni preziosi del Redentore divino, impartiamo di gran cuore a voi, diletti figli, e a tutta l'Azione cattolica italiana, la Nostra paterna Apostolica Benedizione.


*Discorsi e Radiomessaggi di Sua Santità Pio XII, VIII,
 Ottavo anno di Pontificato, 2 marzo 1946 - 1° marzo 1947, pp. 53-57
 Tipografia Poliglotta Vaticana

 



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