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Città del Vaticano, 27 settembre 1998 Servizio sperimentale

Il Cardinale Stepinac

«Alojzije Stepinac possedeva una fede eroica, una speranza incrollabile e un amore efficace e multiforme per Dio e il prossimo. Dio, il Dio vivente ­ Padre, Figlio e Spirito Santo ­ e l'uomo che è secondo il profeta Zaccaria (2, 12) "pupilla dell'occhio di Dio", sono i due poli di tutta la sua personalità religiosa e del suo impegno episcopale. È questo il messaggio centrale e l'esempio che lascia a tutti noi fedeli a Gesù».

(Dalla Lettera pastorale dei Vescovi croati in preparazione alla visita del Santo Padre, solennità dell'Assunta 1998 - il testo integrale è stato pubblicato da "L'Osservatore Romano" del 2 settembre 1998)

   
Il Card. Stepinac:
il martire della coscienza

Venerdì 2 ottobre, Giovanni Paolo II si recherà per la seconda volta in visita pastorale in Croazia. Momento centrale del pellegrinaggio sarà la beatificazione del Cardinale Alojzije Stepinac, intrepido difensore della fede e testimone della comunione con la Sede di Pietro durante gli anni della persecuzione comunista. Per ricordare la figura di questo eroico Pastore pubblichiamo alcuni brani tratti dalla Lettera Pastorale dell'attuale Arcivescovo di Zagabria, Mons. Josip Bozanic, ed in particolare quelli che ricordano i momenti cruciali del processo e della prigionia del Card. Stepinac.

L'Arcivescovo Stepinac fu arrestato il 18 settembre e il processo ebbe inizio il 30 settembre. Tutto ciò in un'atmosfera di notevole pressione sull'opinione pubblica e Stepinac poté dichiarare in tribunale: "Da diciassette mesi, attraverso i mezzi di comunicazione e fra l'opinione pubblica, è in corso una campagna contro di me ed ho dovuto sopportare di fatto un internamento nell'arciodiocesi". Gli stessi avvenimenti svoltisi nel tribunale si meritarono la più breve valutazione da parte del Papa Pio XII sulla pessima qualità del processo: "Il tristissimo processo" che non voleva dire soltanto triste, ma proprio misero.
Rimarrà indimenticabile nella memoria di tutte le generazioni la dignitosa immagine di Stepinac, che il 3 ottobre 1946, pronuncia il proprio discorso in tribunale. Non era una difesa personale, ma un'accusa delle ingiustizie del regime e dei crimini ed un impegno decisivo per i diritti di Dio, della Chiesa e di ogni uomo. Aveva dichiarato anticipatamente che non si sarebbe difeso e che avrebbe rifiutato qualsiasi difesa legale. Sapeva perfettamente dove il tutto era indirizzato e quindi dichiarò in tribunale: «Centinaia di volte qui vengono ripetute le parole "Stepinac accusato". Nessuno è qui tanto ingenuo da non sapere che dietro questo "Stepinac accusato" stia seduto qui sul banco degli imputati l'arcivescovo di Zagabria, metropolita croato e rappresentante della Chiesa Cattolica in Jugoslavia»...
«A tutte le accuse che sono state qui contro di me espresse ­ disse ­ rispondo che la mia coscienza è tranquilla... e perché la mia coscienza è pulita, sono pronto a dare la vita in qualsiasi momento». «Per quanto concerne me stesso e il processo a mio carico, non chiedo clemenza, la mia coscienza è tranquilla».
Venerdì 11 ottobre 1946 venne pronunciata nei suoi confronti la disonorevole e ingiusta sentenza. Disonorevole e ingiusta per il tribunale che l'ha emanata e per l'autorità che dentro lo stesso tribunale fu celata, ma d'onore per il condannato. In quel giorno la Chiesa festeggiava, secondo l'allora calendario liturgico, la festa della Maternità della Beata Vergine Maria. Ricordando in seguito tale giorno, il Cardinale disse: «Ero sorpreso con quanta tranquillità andai a sentire la sentenza»...
...Per giudicare la persona e l'opera del Card. Stepinac, non sono meno importanti gli anni successivi al processo... Tredici anni ed alcuni mesi vissuti sotto il segno di tribolazione per Cristo e per la sua Chiesa e per gli uomini affidati al suo servizio episcopale, per tutta la Chiesa di Dio nel popolo croato. Una sofferenza coscientemente accettata e accolta con tutto il cuore e l'anima. A Lepoglava, dove si trovava dal 19 ottobre 1946, egli non si abbandonò a nessun tipo di rassegnazione. Trasformò la cella del penitenziario in una cella di convento destinata alla preghiera, al lavoro e alla sacra penitenza secondo la massima antica: "Prega e lavora". «Mi avete tolto tutto ­ disse una volta ­ ma una cosa sola no, la possibilità di alzare le mie braccia come Mosè verso il cielo».
E quando il 5 dicembre del 1951, fu trasferito dalle carceri di Lepoglava alle carceri domiciliari presso la parrocchia di appartenenza d'origine, a Krasic, egli vi trasferì il proprio ordine del giorno di Lepoglava, soltanto con più libertà di movimento, in quell'"angolo di libertà circoscritta", come la chiamò nel suo diario il parroco di Krasic, Josip Vranekovic. Dall'inizio della prigionia di Lepoglava e fino alla fine della sua vita, Stepinac ha continuato a svolgere il suo servizio vescovile con la preghiera e la sofferenza, secondo le parole di San Paolo: «Ora io mi rallegro delle sofferenze che sostengo per voi e supplisco, nella mia carne, a ciò che manca nelle tribolazioni di Cristo a vantaggio del corpo di lui, che è la Chiesa» (Col 1,24). Cosi si era espresso in quei primi giorni passati a Krasic, quando un anziano giornalista gli chiese: «Come si sente?» Egli rispose: «Qui, come a Lepoglava... faccio il mio dovere». Ed alla domanda: »E quale sarebbe il suo dovere?» rispose: «Soffrire e lavorare per la Chiesa».

   
La statua della Madonna nera di Marija Bistrica

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