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SYNODUS EPISCOPORUM
BOLLETTINO

della Commissione per l'informazione della
X ASSEMBLEA GENERALE ORDINARIA
DEL SINODO DEI VESCOVI
30 settembre-27 ottobre 2001

"Il Vescovo: Servitore del Vangelo di Gesù Cristo per la speranza del mondo"


Il Bollettino del Sinodo dei Vescovi è soltanto uno strumento di lavoro ad uso giornalistico e le traduzioni non hanno carattere ufficiale.


Edizione italiana

08 - 03.10.2001

SOMMARIO

CIRCOLI MINORI - PRIMA SESSIONE (MERCOLEDÌ, 3 OTTOBRE 2001 - ANTEMERIDIANO)

Sono iniziati nella mattinata di oggi mercoledì 3 ottobre 2001, i lavori dei Circoli Minori della X Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, ai quali erano presenti 229 Padri Sinodali, per l’elezione dei Moderatori dei Circoli Minori e per l’inizio della discussione sul tema sinodale. I nominativi dei Moderatori dei Circoli Minori eletti sono stati resi noti dal Segretario Generale del Sinodo dei Vescovi nel corso della Quinta Congregazione Generale di questo pomeriggio.

QUINTA CONGREGAZIONE GENERALE (MERCOLEDÌ, 6 OTTOBRE 2001 - POMERIDIANO)

Alle ore 17.05 di oggi, alla presenza del Santo Padre, con la recita del Adsumus, ha avuto inizio la Quinta Congregazione Generale, per la continuazione degli interventi dei Padri Sinodali in Aula sul tema sinodale Il Vescovo: Servitore del Vangelo di Gesù Cristo per la speranza del mondo. Presidente Delegato di turno S.Em.R. Card. Ivan DIAS, Arcivescovo di Bombay.

In apertura della Quinta Congregazione Generale, il Segretario Generale del Sinodo dei Vescovi, S.Em.R. Card. Jan Pieter SCHOTTE, C.I.C.M., ha comunicato la composizione della Commissione per l’informazione (che riportiamo in questo Bollettino).

Quindi, il Segretario Generale ha dato lettura dell’Elenco dei Moderatori dei Circoli Minori, eletti nella Prima Sessione di questa mattina. Riportiamo l’elenco in questo Bollettino.

A questa Congregazione Generale che si è conclusa alle ore 19.00 con la preghiera dell’Angelus Domini erano presenti 233 Padri.

INTERVENTI IN AULA (CONTINUAZIONE)

Quindi, sono intervenuti i seguenti Padri:

Diamo qui di seguito i riassunti degli interventi:

S.E.R. Mons. Rodolfo VALENZUELA NÚÑEZ, Vescovo di Vera Paz, Cobán (Guatemala).

La situazione in Guatemala a cinque anni di distanza dalla firma degli accordi di pace e dopo 36 anni di lotte intestine: povertà crescente per effetto della globalizzazione economica, analfabetismo, problemi politici e corruzione, tessuto sociale lacerato in molti settori. Il 65% della popolazione è indigena (circa sette milioni); il 65% della popolazione ha meno di 25 anni, problemi migratori, ecc. Il vescovo viene visto principalmente come promotore della comunione, della giustizia e della solidarietà, in primo luogo nell’ambito della Chiesa, ma anche nella società civile.

I vescovi hanno raggiunto l’unità attraverso il dialogo. Hanno partecipato alla riconciliazione del paese. Il loro magistero fa propria la situazione di povertà ed esclusione. Siamo stati animati dalla testimonianza di Mons. Juan Gerardi, il vescovo assassinato per il suo impegno a favore della riconciliazione e la restituzione della dignità alle vittime del conflitto. Siamo stati animati anche dai testimoni della fede, sacerdoti, religiosi e laici.

Il vescovo affronta la sfida di utilizzare i mezzi di comunicazione, l’accesso ai quali esige forti investimenti e che sono stati invasi dalle sette fondamentaliste.

Ci si aspetta di vedere il vescovo nella Chiesa e con la Chiesa, non separato da essa né mero amministratore. Ci si aspetta una figura vicina, accessibile, soprattutto ai sacerdoti e che senta anche il bisogno di pregare e di avere del tempo libero, che abbia una formazione permanente, che sappia ascoltare il consiglio presbiteriale e il consiglio pastorale, che abbandoni lo stile accentratore e autoritario del passato. Che sia presente indipendentemente dal numero dei compiti e dall’estensione dei territori.

Si valorizza il rapporto con il Segretariato Episcopale dell’America Centrale (SEDAC), la cui sede verrà costruita in Guatemala. Crediamo anche che vada facilitata la comunicazione con i dicasteri della Santa Sede, domandando loro che lascino più spazio alle Conferenze, per esempio nel campo dell’inculturazione del Vangelo.

Attenzione a due problemi: le religiose che portano le loro persone da formare a Roma; le nuove diocesi che avrebbero bisogno del sostegno della Santa Sede.

Nel novembre del 2003, in Guatemala, si terrà il CAM II (Congresso Missionario Americano). Lo consideriamo un appello alla missione ad gentes.

[00046-01.03] [in038] [Testo originale: spagnolo]

S.E.R. Mons. Zelimir PULJIĆ, Vescovo di Dubrovnik (Croazia).

L’esposizione avrà tre punti: 1. Alcuni cenni storici. 2. Varie interpretazioni della pietà popolare. 3. Gli obiettivi del rinnovamento della pietà popolare.

Alcuni cenni storici

Tra le numerose cause della crescita e della diffusione della pietà popolare, ne presento alcune più importanti: la liturgia veniva a formarsi secondo il gusto e i bisogni spirituali e mentali di chierici, di monaci, il che provocò, da parte del popolo, la ricerca di altre forme devozionali. Un altro fattore importante fu l’uso della lingua latina, che non veniva più compresa dai nuovi popoli. Così essi ritennero opportuno ricercare altrove la soddisfazione dei loro bisogni religiosi. Nella liturgia tutto è precisato, prescritto, senza possibilità e spazio per la creatività, per la spontaneità ed altre eventualità, che ai fedeli può offrire la pietà popolare.

Varie interpretazioni della pietà popolare

Un particolare studio della pietà popolare è oggi portato avanti da una moltitudine di esperti, che hanno studiato, e tuttora studiano, la questione da diversi punti di vita. Oggi accanto alle interpretazioni teologiche, dottrinali e pastorali, esistono anche varie altre interpretazioni della pietà popolare. Per esempio: l’interpretazione classista-marxista secondo la quale la pietà o religione popolare "è un grado degli oppressi"; l’interpretazione laicista-anticlericale la quale spiega la pietà o religione popolare come "la protesta contro la religione ufficiale della gerarchia"; l’interpretazione neoilluminista la quale afferma che la pietà o religione popolare è una "espressione di non cultura, di non civilizzazione del popolo non istruito, rozzo e culturalmente sottosviluppato". C’è pure l’interpretazione infantilista, la quale spiega la pietà o religione popolare come "un’espressione delle persone poco mature e infantili"; l’interpretazione cosiddetta etnologico-romantica la quale afferma che la pietà popolare è una "espressione dello spirito collettivo del genio popolare, dell’inconscio collettivo". C’è infine un’interpretazione socioborghese, la quale spiega la pietà o religione popolare come "un’espressione religiosa dell’uomo medio nel senso sociologico". Di fronte ad un grande numero di diverse interpretazioni anche il Magistero della chiesa si è pronunciato cercando di rinnovare e raccomandare la pietà popolare, in modo speciale la pietà popolare mariana.

Gli obiettivi del rinnovamento della pietà popolare

Ci sono delle regioni dove le feste patronali e le processioni rappresentano l’espressione più appariscente della pietà popolare. C’è chi vorrebbe eliminarle e chi moltiplicarle. Tra i due estremi c’è la posizione di mezzo, che evita l’iconoclastia senza però illudersi di aver risolto i problemi della nuova evangelizzazione, coraggiosamente esposta da Papa Giovanni Paolo II sui "nuovi aeropaghi, carica di vigore e di slancio".

Il rinnovamento ha un motivo dottrinale (essere fedeli alle verità rivelate e alla tradizione della Chiesa) ed un motivo pastorale (evitare quanto risulta inesatto e incompatibile con la fede della chiesa, nonché sorpassato dal tempo), e quindi non adatto e inutile per gli uomini di oggi. Accanto ai motivi dottrinali e pastorali riguardo alla pietà popolare, sembra ci sia anche un motivo attuale. Viviamo ormai nell’epoca della cosiddetta globalizzazione, la quale è diventata il simbolo di un promettente futuro dell’umanità per alcuni, e minaccia costante sulle sorti dell’umanità per altri. Uno dei problemi più delicati è quello dell’impatto della globalizzazione sulla concezione filosofica dell’uomo, sui valori, sulla religione e sulla cultura. La pietà popolare aiutava la gente per i secoli a trovare le risposte alle domande che l’umanità ha sempre incontrato, circa il proprio cammino, il senso della vita, la sofferenza e la morte. Essa può anche oggi dare un contributo positivo al processo di globalizzazione, purché sia illuminata dalle dimensioni umane presenti nelle culture e nella fede. C’è da sperare che la fede e la cultura illuminino il "cammino" della globalizzazione.

Sembra di trovarsi in una situazione simile a quella che dovettero affrontare i Vescovi nei primi secoli del cristianesimo, quando, alle prese con forme di religiosità mutuate dal paganesimo, l’evangelizzazione significava "assumere, purificare, elevare". Così sono stati accolti e "battezzati" molti elementi, altri rifiutati senza, però, eccessivi strappi e condanne.

[00071-01.04] [in050] [Testo originale: italiano]

S. B. Rev.ma Michel SABBAH, Patriarca di Gerusalemme dei Latini, Gerusalemme (Paesi Arabi).

È nel campo della giustizia e della pace, ove spesso regnano l’odio e la morte, che il vescovo è chiamato a far conoscere l’amore di Dio per tutte le persone umane e per tutti i popoli senza distinzione, forti o deboli, poveri o ricchi. Ma ciò richiede, a volte, al vescovo di andare controcorrente rispetto a una posizione regionale o addirittura all’opinione pubblica mondiale. Al vescovo è richiesto anche di essere il profeta che fa giungere la parola giusta all’oppressore come all’oppresso. Comportamento, questo, che può talora essere difficile. E per questo motivo egli può indebolirsi e accontentarsi di consolare il debole e manifestargli la sua simpatia, perché non ha avuto coraggio e ha avuto paura di ricorrere all’azione necessaria nei confronti del forte per aiutarlo a vedere la giustizia e ad agire di conseguenza.

Da Gerusalemme parte la Parola di Dio, ma da Gerusalemme partono anche la guerra o la pace. Essendo Gerusalemme la città delle radici per qualsiasi Chiesa e dunque per ogni vescovo, tutti hanno il dovere di farne il centro della pace e della riconciliazione degli uomini fra loro. È compito del vescovo aiutare la società umana nella lotta contro il terrorismo; è suo dovere aiutarla a identificare le radici del male, vale a dire le ingiustizie politiche, fra cui, ad esempio, la sorte del popolo palestinese, fra cui ad esempio l’embargo contro l’Iraq che rende disumana la vita di milioni di persone innocenti, e le ingiustizie sociali d’ogni sorta che dividono il mondo in paesi ricchi e in paesi poveri. Sono queste le cause profonde del terrorismo e il vescovo dovrebbe aiutare la comunità internazionale ad avere il coraggio di affrontarle e di sanarle.

Spetta al vescovo, dovunque egli sia, il compito di essere il profeta che manifesta il volto di Dio, ai forti come ai deboli, ai grandi come ai piccoli.

[00072-01.03] [in051] [Testo originale: francese]

Rev. P. Giacomo BINI, O.F.M., Ministro Generale dell’Ordine dei Frati Minori (Unione dei Superiori Generali).

Prendo la parola a nome dell'Unione dei Superiori generali e mi riferisco al n. 92 dell’Instrumentum laboris dove si parla dei Consacrati come "annuncio vissuto del Vangelo della speranza".Il mio intervento si ispira al significativo incontro tra un vescovo e un credente del XIII secolo. Precisamente a Francesco d’Assisi, che, seguendo il Vangelo sine glossa, dà inizio ad una originale forma di Vita Consacrata (VC), e al suo vescovo Guido di Assisi a cui Francesco si affida con fiducia. E il Vescovo, intuendo che, al cuore di questa "rivoluzione" c'è la voce dello Spirito, diventa suo amico; anzi lo accompagna a Roma, dal "Signor Papa".Custodire la speranza custodendo i fondamenti della VCIl movimento nato da Francesco si diffonde rapidamente, con la crescita sorprendente del numero dei Frati. Questo provoca non poche difficoltà e suscita vari problemi, ma il vescovo Guido non si demoralizza: continua ad accompagnare questo gruppo "originale" senza smorzarne la creatività. Ottenuta, infatti, l'approvazione della forma vitae, i Frati si spargono per l'Italia e il mondo, a due a due, presentandosi anzitutto ai vescovi "padri e signori delle loro anime", offrendo una testimonianza di servizio, di riconciliazione e di minorità vissuta in fraternità.Liberare la speranza liberando le potenzialità della VCIl carattere radicale della VC è il motivo del suo non avere radici fisse se non in Dio, cosicché fa parte della sua natura il non lasciarsi inquadrare in schemi definiti una volta per sempre.Il vescovo, segno di speranza, ha il compito di animare la vita delle Comunità religiose della sua Diocesi verso la creatività, l'accettazione del rischio di nuovi tipi di presenza, di nuovi ministeri; di incoraggiare ad intraprendere strade in cui solo una carità davvero evangelica può muoversi; di stimolare ad essere presenti nei luoghi di frattura, di tensione e di divisione, così come Francesco d'Assisi che, disarmato, va ad incontrare il Sultano Malek-El-Kamil e riesce a dialogare con lui mentre gli eserciti crociati di tutta Europa si preoccupano solo di sopraffare il nemico. Un gesto profetico, come questo, resta un segno di speranza per tutti e in ogni tempo, poiché non offre una soluzione definitiva o semplicistica ad un problema, ma apre su orizzonti inediti che possono tradursi in cammini nuovi di dialogo e di riconciliazione.San Francesco è il risultato di questa dinamica spirituale: obbedienza allo Spirito e alla Chiesa. Dove Istituzione e Carisma si incontrano i miracoli di Dio non si fanno attendere. Ringraziando tutti i vescovi per il servizio di speranza che hanno dato e danno con generosità a tutti i Consacrati, come ha fatto il vescovo Guido verso il Poverello di Assisi, mi auguro che lo Spirito doni ancora oggi alla Chiesa profeti e comunità profetiche quali segni di speranza sul cammino del Regno.

[00074-01.05] [in053] [Testo originale: italiano]

S.E.R. Mons. Patrick James DUNN, Vescovo di Auckland (Nuova Zelanda).

Il vescovo Patrick Dunn ha parlato della necessità di sviluppare modi nuovi ed efficaci perché il Collegio Episcopale possa esercitare la sua responsabilità di assistere il Santo Padre nella cura della Chiesa universale.

Ha osservato che il Papa stesso ha parlato della necessità che sia il Ministero Petrino che la collegialità episcopale siano "costantemente presi in esame" affinché la Chiesa possa rispondere "con prontezza ed efficacia" ai bisogni dei tempi (cfr. Novo Millennio Ineunte, n. 44).

Il Vescovo Dunn ha suggerito che sarebbe utile che i Presidenti delle Conferenze episcopali s’incontrassero ogni anno o ogni due anni con i fratelli nell’episcopato nella Curia Romana, al fine di discutere le difficoltà che molti vescovi diocesani devono affrontare.

Egli ha menzionato alcune delle questioni che vorrebbe fossero discusse in questi incontri.

Tra queste vi sono un commento aggiornato sullo status degli Ordini Anglicani, dei modi nuovi per rendere accessibile a tutti il Sacramento della Penitenza e l’allontanamento dalla Chiesa delle persone divorziate e risposate (e dei loro figli), che spesso non si sono più sentite accolte nella Chiesa.

[00075-01.04] [in054] [Testo originale: inglese]

S.E.R. Mons. John LEE HIONG FUN-YIT YAW, Vescovo di Kota Kinabalu, (Malesia).

Il fatto che ci siamo riuniti per meditare e condividere la missione dei Vescovi può sembrare una manifestazione di indifferenza nei confronti degli attuali conflitti fra alcune nazioni e gruppi; in effetti questo incontro rappresenta un segno della sollecitudine della Chiesa per l’umanità contemporanea. Se comprendiamo meglio noi stessi e la nostra missione, possiamo offrire al mondo la speranza di un domani migliore. Questa speranza poggia sulla comunione permanente del genere umano con Dio Uno e Trino, che redime e santifica l’umanità.

Io rappresento la Conferenza Episcopale di Malesia-Singapore-Brunei. Siamo un piccolo gregge in una società multietnica e multireligiosa. I cattolici sono soltanto il 3,5% di una popolazione di 26,3 milioni di abitanti. Riusciamo a sopravvivere perché, con la grazia di Dio, la nostra fede prospera bene in situazioni problematiche. Siamo consapevoli di ciò che siamo e della nostra missione.

Nel capitolo 5 dell’Instrumentum laboris, si legge: "Dialogo con persone di altre convinzioni". È qui che l’esperienza dei Vescovi, che provengono da paesi in cui i cristiani sono una minoranza, può arricchire il documento post-sinodale.

In uno spirito di collegialità, credo che occorra sperare e confidare pienamente nelle Conferenze Episcopali. In senso pastorale e pratico, sarebbe veramente di aiuto a tali Conferenze se venisse loro conferito il potere di decidere su alcune questioni pastorali e liturgiche.

Le grandi esigenze dell’episcopato sono così tante da far paura, e vanno ben al di là dei normali criteri direttivi. Per questo motivo propongo che quanti vengono eletti all’episcopato abbiano occasioni sufficienti per essere informati, eruditi e formati prima di assumere l’ufficio episcopale.

Occorre riesaminare le necessità pratiche e umane del Vescovo. È tradizione che l’età del pensionamento per un Vescovo sia 75 anni. Tuttavia è esperienza generale che quanti vivono nelle regioni tropicali iniziano a perdere vitalità, sia fisica che mentale, intorno ai 70 anni. A questa età alcuni Vescovi esitano a prendere decisioni, o semplicemente rimandano le direttive da dare su importanti questioni pastorali. Ritengo che dovremmo essere misericordiosi e consentire ai Vescovi di scegliere di ritirarsi a 70 anni.

[00076-01.04] [in055] [Testo originale: inglese]

S.E.R. Mons. Thomas MERAM, Arcivescovo di Urmy~ dei Caldei, Vescovo di Salmas dei Caldei, Presidente della Conferenza Episcopale (Iran).

L’argomento che viene trattato nell’"Instrumentum laboris" è veramente ciò che occorre alla Chiesa nel terzo millennio. Secondo la mia opinione mostra chiaramente quale sia l’opera e la missione del vescovo, vale a dire quella di dare speranza ai suoi diocesani. La presenza del vescovo dovrebbe essere fonte di felicità e di speranza. Cristo, sacerdote eterno, ovunque andasse, era sorgente di felicità e speranza, eccetto che per il potere delle tenebre, che non voleva che lo fosse. Noi abbiamo un testimone vivente di questa felicità e questo amore, ed è il Santo Padre; ovunque egli è presente tutti si rianimano, cristiani e non cristiani, ma soprattutto i cattolici giovani e vecchi, uomini e donne; alla sua presenza tutti si sentono commossi e incoraggiati. La sua presenza dà pace spirituale e tranquillità e suscita in tutti gioia interiore e speranza. Perché? Perché nella persona del Santo Padre si può avvertire la presenza di Gesù Cristo. Sorge dunque la domanda: la presenza del vescovo nella sua diocesi non dovrebbe essere così, vale a dire che il popolo avverta la presenza di Cristo in lui? Ho fatto ai miei diocesani due domande: 1 - Per voi, chi è il vescovo? 2 - Perché dobbiamo avere un vescovo? Le risposte sono state le seguenti: 1 - Il vescovo è padre, è pastore, rappresenta nostro Signore Gesù Cristo, è il successore degli apostoli, guida e direttore, colui che promuove e sostiene la nostra fede. 2 - Una famiglia può restare senza padre? In questo caso sarebbe una famiglia orfana, nella nostra Chiesa una diocesi senza vescovo sarebbe inimmaginabile. Queste risposte sembrano molto semplici, ma ci parlano di una fede molto profonda nel ministero episcopale.

[00077-01.04] [in056] [Testo originale: inglese]

S.E.R. Mons. Alois KOTHGASSER, S.D.B., Vescovo di Innsbruck (Austria).

Le richieste poste al ruolo di guida sono diventate più numerose, gravose e difficili. Possono anche essere eccessive. Per questo motivo appare sempre più urgente preparare direttamente i vescovi appena nominati, secondo criteri confermati (tria munera), al loro compito e quindi qualificarli con la formazione permanente. Per quanto riguarda il servizio di annunciazione e santificazione, nell’Instrumentum laboris viene trattato in modo approfondito e fondamentale l’essenziale, mentre per il compito di guida occorre sottolineare ancora alcuni aspetti.

Innanzitutto il vescovo diocesano deve occuparsi di una grande amministrazione e deve controllarla. A tal fine è necessario distribuire bene e talvolta anche ridistribuire le risorse di personale e i mezzi economici. Per fare ciò è necessario avviare e orientare processi di cambiamento. Bisogna presiedere associazioni e consigli, dirigerli con saggezza e collaborare con loro. Bisogna scegliere i collaboratori per le alte funzioni e indicare loro, ovvero concordare con loro, degli obiettivi corrispondenti. È necessario motivare i collaboratori e suscitare il loro entusiasmo per una collaborazione costruttiva all’edificazione del Regno di Dio.

Per svolgere questo compito di guida episcopale, occorrono luoghi, tempi e intermediari che abbiano le suddette qualifiche.

In secondo luogo, un compito particolarmente delicato è il modo di presentarsi al pubblico del vescovo, soprattutto l’uso intelligente dei mezzi di comunicazione, fino alle "homepage" e all’uso di Internet. La capacità di rilasciare dichiarazioni brevi, essenziali e ricche di immagini favorisce la credibilità e promuove l’immagine pubblica della Chiesa. L’esercizio del trattare con gruppi diversi, spesso contrapposti, così come con i rappresentanti del mondo politico, economico e culturale, spesso esige resistenza e fermezza nelle situazioni di conflitto, che vanno affrontate nello spirito e con la forza del Vangelo. Infatti il vescovo deve essere il "Servitore del Vangelo di Gesù Cristo per la speranza del mondo".

[00078-01.06] [in057] [Testo originale: tedesco]

Rev. P. Joseph William TOBIN, C.SS.R., Superiore Generale della Congregazione del Santissimo Redentore (Unione Dei Superiori Generali).

Parlo a nome dell’Unione dei Superiori generali: Il mio punto di partenza è l’affermazione al n. 92 dell’Instrumentum laboris: "Le persone consacrate, ovunque si trovino, vivono la loro vocazione per la Chiesa universale all’interno di una determinata chiesa particolare, dove esprimono la loro appartenenza ecclesiale e svolgono compiti significativi". L’Instrumentum laboris assegna un valore unico al carattere profetico e alla testimonianza evangelica delle vite dei religiosi e delle religiose e, di conseguenza, sottolinea "l’importanza, per l’armonioso sviluppo della pastorale diocesana, della collaborazione tra ciascun vescovo e le persone consacrate" (ibid.).

Posso anche attestare l’amicizia evangelica e l’efficace collaborazione che caratterizza i rapporti tra molti vescovi e le comunità religiose. Tale rapporto ha risultati fecondi nella missione di una Chiesa particolare. Possono anche esistere tensioni tra il vescovo diocesano e i religiosi e le religiose che vivono nella sua giurisdizione. Spesso tale tensione nasce dall’ignoranza del significato della vita consacrata in generale e del particolare carisma di una famiglia religiosa. Potrebbero inoltre sorgere problemi a motivo di una mancanza di occasioni di dialogo efficace, che è il "nuovo nome della carità", soprattutto carità all’interno della Chiesa. Senza una giusta comprensione della ricca dottrina del Magistero riguardo al ruolo essenziale della vita consacrata nella Chiesa, esiste il rischio reale di un tipo di riduzionismo che identificherebbe una Chiesa locale esclusivamente con le strutture diocesane. Esiste inoltre la necessità di proseguire e perfezionare strategie che portino a "un dialogo continuo tra Superiori e Vescovi", considerato dal Santo Padre come "assai prezioso per promuovere la reciproca comprensione, che è la condizione necessaria per l’efficace cooperazione, soprattutto in questioni pastorali". Fiducia e accettazione reciproche tra Superiori e Vescovi aumenteranno, se esiste la disponibilità a dialogare apertamente e rispettosamente, non solo riguardo al coordinamento pastorale, ma anche quando i problemi sono più sensibili, quali quelli riguardanti il comportamento di un singolo religioso o di una comunità.

[00088-01.05] [in041] [Testo originale: inglese]

S.E.R. Mons. Joseph Anthony FIORENZA, Vescovo di Galveston-Houston, Presidente della Conferenza Episcopale (Stati Uniti d’America).

Affinché la solidarietà ecclesiale sia genuina ed efficace, essa deve comprendere un’adeguata sussidiarietà. Nell’incontro di giugno della Conferenza Episcopale degli Stati Uniti, l’Intrumentum laboris è stato discusso nei "circuli minores". Vi è stato generale accordo nei rapporti delle nostre 13 regioni, sul fatto che questo Sinodo debba discutere dei mezzi idonei per riconoscere che le Chiese particolari o regionali possono prendere decisioni specifiche che riguardano problemi locali.

La ragione ecclesiologica della sussidiarietà è il vincolo di comunione tra la Chiesa universale e le Chiese particolari, tra il Collegio episcopale e il suo capo visibile, il Sommo Pontefice, una comunione che "ha varie forme di partecipazione e di esercizio della collegialità" (Instrumentum laboris n. 69). Questo vincolo di comunione e solidarietà può abbracciare il principio di sussidiarietà nella vita della Chiesa, sempre "cum Petro et sub Petro", e non indebolire l’unità della Chiesa. Esistono diversità approvate di pratiche ecclesiali, che non indeboliscono il vincolo di unità che unisce i Vescovi con il ministero Petrino. Mi riferisco alla pratica regionale di fissare la celebrazione liturgica dell’Ascensione del Signore la settima domenica dopo Pasqua. Esistono altri modi in cui la Santa Sede può conferire alle Chiese particolari e regionali l’autorità di decidere su questioni che non sono in contrasto con argomenti dottrinali, ma sarebbero un’espressione di comunione esercitata in una nuova forma di "partecipazione e collegialità".

Non è tempestivo e opportuno che questo Sinodo discuta ancora una volta il problema della sussidiarietà all’interno della Chiesa? Si tratta di una valida espressione ecclesiologica di communio, o non soltanto di un principio sociologico che non può adattarsi in modo corretto alla realtà trascendente della Chiesa? Se è idoneo alla vita della Chiesa, quali sono i modi pratici in cui può essere applicato senza pregiudizio per il diritto e la libertà del Vescovo di Roma di governare la Chiesa e confermarne il dono prezioso dell’unità, e di prevenire lo spirito di nazionalismo o ridurre la Chiesa universale a una federazione di Chiese particolari?

Il Santo Padre ha affermato in Novo millennio ineunte: "ma certamente molto resta da fare, per esprimere al meglio le potenzialità di questi strumenti della comunione, oggi particolarmente necessari di fronte all’esigenza di rispondere con prontezza ed efficacia ai problemi che la Chiesa deve affrontare nei cambiamenti così rapidi del nostro tempo." Uno dei problemi è forse il principio di sussidiarietà nella vita della Chiesa?

[00079-01.03] [in058] [Testo originale: inglese]

S.Em.R. Card. Juan SANDOVAL ÍÑIGUEZ, Arcivescovo di Guadalajara (Messico).

Gesù Cristo, il profeta che doveva venire, unto dallo Spirito Santo per annunciare la Buona Novella, si occupò nella sua vita pubblica di proclamare il Regno di Dio con segni e prodigi.

Egli ha affidato la sua missione alla Chiesa e in modo particolare agli apostoli: "Come il Padre ha mandato me, così io mando voi" (Gv 20,21). E ha affidato loro il mandato: "Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni..." (Mt 28, 18).

Il Concilio Vaticano Secondo insegna che i Vescovi sono i successori degli apostoli, e ricevono direttamente dal Signore la missione di predicare il Vangelo, e in continuità con il Concilio di Trento, afferma che "tra le funzioni principali dei vescovi eccelle la predicazione del vangelo" (LG 25).

Il Vaticano Secondo segnala gli obblighi precisi del Vescovo: a) l’insegnamento della fede e b) la prevenzione e correzione degli errori che possano inficiarla (ibid.).

Papa Giovanni Paolo ha chiamato tutta la Chiesa alla Nuova Evangelizzazione, che spetta in modo speciale ai Vescovi (NMI 40)

Ne consegue che il Vescovo deve essere innanzitutto missionario, profeta che porta la Parola di Dio nel suo cuore e sulle labbra, che annuncia e denuncia senza scendere a compromessi con i falsi valori del mondo, pastore e padre che genera Figli di Dio soprattutto grazie al Vangelo (1 Cor 4, 5).

Il secolarismo, l’ignoranza religiosa, il relativismo morale, gli attacchi alla vita e alla famiglia e l’ingiustizia sociale che impoverisce le moltitudini reclamano la voce chiara e profetica di tutti i Vescovi.

Quindi chiediamo che il Sinodo curi i seguenti aspetti:

1. Predicare è il dovere principale dei Vescovi.

2. È anche dovere del Vescovo procurarsi collaboratori adatti e sufficienti per il ministero della Parola.

3. Il Vescovo è il custode della sana dottrina, attento a correggere gli errori e mettere in guardia dai pericoli.

4. Si studino i modi concreti di utilizzare i mezzi di comunicazione sociale per la diffusione del Vangelo.

5. Si approfondiscano le implicazioni per la vita e il ministero del Vescovo della chiamata alla nuova evangelizzazione.

[00080-01.03] [in059] [Testo originale: spagnolo]

S.E.R. Mons. Pierre NGUYÊN SOAN, Vescovo di Quy Nhon (Vietnam).

La responsabilità primaria dei vescovi è l’evangelizzazione. Ma come evangelizzare il nostro Vietnam, che ha alcuni tratti caratteristici di un paese socialista, per giungere a risultati fecondi? Attualmente, non disponiamo di tutti i mezzi di comunicazione sociale. Beneficiamo tuttavia, nella storia dell’evangelizzazione di Qui Nhon, di un vescovo di talento, Mons. Etienne Théodore Cuénot Thê, dal quale possiamo apprendere le lezioni pratiche per la nostra evangelizzazione. La situazione della sua epoca è simile a quella della nostra diocesi attuale: penuria di sacerdoti con una piccola comunità cristiana all’inizio. I metodi che utilizzava alla sua epoca sono ancora validi oggi.

1. Faceva appello a tutti i membri del popolo di Dio affinché prendessero parte all’evangelizzazione dei popoli non cristiani.

2. Organizzava sistematicamente le tre classi di catechismo che lavoravano in cooperazione con il clero.

La prima classe era riservata agli uomini maturi, capaci di dialogare con i non cristiani.

La seconda classe per i giovani.

La terza classe per i padri di famiglia.

3. Organizzava dei concorsi di catechismo per consolidare la fede cristiana. Sceglieva un’élite per formare futuri sacerdoti qualificati, capaci di soddisfare le necessità del popolo di Dio.

Alcune riflessioni per l’oggi

1. L’evangelizzazione è responsabilità dei vescovi e allo stesso tempo responsabilità di tutti i cristiani.

2. Bisognerebbe formare i giovani perché siano in grado di annunciare la Buona Novella in tutte le comunità.

3. Lo studio del catechismo e la messa in pratica della Parola di Dio devono avere un posto prioritario fra i giovani.

4. La cura dell’istruzione è un tratto caratteristico del cattolicesimo. Non bisognerebbe dimenticarlo.

5. La diocesi ha bisogno di sacerdoti qualificati che possano adattarsi alla società attuale, all’epoca attuale al fine di poter integrare la Parola di Dio nell’ambiente in cui vivono.

Conclusioni

In un mondo indifferente a Dio, pieno di complessità, di aggressività e di ostilità immotivata nei riguardi della Chiesa, vorremmo presentare alla nostra società un nuovo volto della Chiesa, gentile e prezioso, il volto di una Chiesa destinata a servire gli altri, ad amare e a unirsi al popolo per la sua elevazione. Questo potrà essere realizzato solo se la Chiesa saprà annunciare la Parola, viverla ed esserne impregnata.

[00081-01.04] [in060] [Testo originale: francese]

S.E.R. Mons. Jean-Baptiste PHAM MINH MÂN, Arcivescovo di Thành-Phô Hô Chí Minh, Hôchiminh Ville (Vietnam).

Nel corso degli ultimi tre anni, in quanto Vescovo di Hô Chi Minh-Ville, sono rimasto colpito da un fenomeno abbastanza diffuso nella mia diocesi: numerosissimi fedeli appartenenti ai ceti sociali più disparati desiderano ardentemente incontrare il loro Vescovo.

Questo fenomeno mi ha obbligato a domandarmi: è vero che il Vescovo è la speranza, la risposta alle aspirazioni di tutti?

Questo quesito pone il Vescovo davanti a numerose responsabilità:

la responsabilità di dare ascolto alle aspirazioni degli uomini,

la responsabilità di indirizzare la speranza verso Dio che è l’origine e il fine di tutte le cose,

la responsabilità di vivere intensamente la speranza in Gesù Cristo risorto.

Egli potrà essere il ministro della speranza dell’uomo soltanto ascoltando ciò a cui gli uomini aspirano, dirigendo le loro speranze verso Dio e vivendo intensamente la sua stessa speranza nel Cristo risorto.

[00082-01.04] [in061] [Testo originale: francese]

S.E.R. Mons. Juan Abelardo MATA GUEVARA, S.D.B., Vescovo di Estelí (Nicaragua).

Intervengo in qualità di delegato della mia Conferenza Episcopale e interpretando il suo pensiero. Il mio intervento si basa sui nn. 47, 64, 124, 133 dell’IL. Non ci può essere un mondo nuovo senza uomini nuovi; per la stessa ragione, non ci può essere una Chiesa nuova senza sacerdoti nuovi. La Chiesa, comunione missionaria, ha bisogno di una riforma e di un rinnovamento nella sua struttura e nella sua vita, nel suo essere e nel suo agire.

Siamo come dopo il Concilio di Trento: in Italia, e subito dopo in Francia, ha avuto luogo il rinnovamento dei sacerdoti e dei seminari e, di conseguenza, un rinnovamento profondo della Chiesa. Adesso, dopo il Vaticano II, le esortazioni apostoliche e i Sinodi successivi, così come le ultime encicliche e lettere apostoliche, ci si presenta una situazione simile, un ‘Kairós’ di Dio per rinnovare la Chiesa, specialmente per il rinnovamento dei sacerdoti, cominciando da noi Vescovi, considerando che il nostro ministero episcopale si inquadra nell’ecclesiologia di comunione e di missione, che genera un operare in comunione, una spiritualità e uno stile di comunione (IL 64). Quali aspetti di questo ‘rinnovamento’ conviene mettere in rilievo alla luce del ricco Magistero attuale? Farò riferimento soltanto a due di essi.

1. Vita in comune

Nella Pastores dabo vobis (n. 42) viene presentato un profilo ideale del sacerdote diocesano, esortandolo a vivere in comunità di vita apostolica secondo il modello della Chiesa primitiva. Non sarà giunto il momento di chiedere ai Signori Vescovi di ricuperare il senso primitivo dell’"episkopion" che viveva insieme ad altri presbiteri? Non dimentichiamoci che il Signore Gesù ha inviato i suoi discepoli in missione sprovvisti di tutto, ma non di un compagno (cfr. Mc 6, 6-13).

2. Predicazione kerigmatica

In Ecclesia in America al n. 36 si legge che "Spetta al Vescovo, con la cooperazione di sacerdoti, diaconi, consacrati e laici, realizzare un piano di azione pastorale coordinata, che sia organico e partecipato e che raggiunga tutti i membri". I nn. 18-25 della Catechesi Tradendae sono particolarmente importanti per precisare il significato di ‘kerigma’ e catechesi (cfr. IL nn. 102, 104; RM n. 44). I laici che vengono raggiunti dalle nostre missioni evangelizzatrici si formano in senso dottrinale per poi subito impegnarsi nell’apostolato. L’annuncio kerigmatico costruisce parrocchie evangelizzatrici integrate, il ministero di giovani che vengono illuminati e accompagnati nel loro discernimento vocazionale, evangelizzati prima di entrare in seminario, così come, immediatamente dopo, nuovi seminaristi che non si limitino alla formazione accademica e ad atti consuetudinari di pietà, ma che formino l’autentico discepolo di Gesù, il missionario appassionato, il pastore dedicato al servizio di Dio.

[00083-01.03] [in062] [Testo originale: spagnolo]

COMPOSIZIONE DELLA COMMISSIONE PER L’INFORMAZIONE

 

Diamo qui di seguito la composizione completa della Commissione per l’informazione:

Membri nominati:

  • S.E.R. Mons. John Patrick FOLEY, Arcivescovo titolare di Neapoli di Proconsolare, Presidente del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali (Città del Vaticano) - Presidente della Commissione.

  • S.E.R. Mons. Telesphore Placidus TOPPO, Arcivescovo di Ranchi (Ranchi, India) - Vice Presidente della Commissione.
  • S.Em.R. Card. Miloslav VLK, Arcivescovo di Praha (Repubblica Ceca).
  • S.E.R. Mons. Joseph Eric D'ARCY, Arcivescovo emerito di Hobart (Australia)
  • S.E.R. Mons. Paul KHOARAI, Vescovo di Leribe (Lesotho)
  • S.E.R. Mons. Raymond John LAHEY, Vescovo di Saint George's (Canada)
  • S.E.R. Mons. Gregorio ROSA CHÁVEZ, Vescovo titolare di Mulli e ausiliare di San Salvador (El Salvador).

Membri ex-ufficio:

  • S.Em.R. Card. Jan Pieter SCHOTTE, C.I.C.M., Segretario Generale del Sinodo dei Vescovi (Città del Vaticano).
  • Mons. Marcello SEMERARO, Vescovo di Oria (Italia).

Membro e Segretario ex-ufficio:

  • Dott. Joaquín NAVARRO-VALLS, Direttore della Sala Stampa della Santa Sede (Città del Vaticano).

ELENCO DEI MODERATORI DEI CIRCOLI MINORI

Anglicus A

  • S.Em.R. Card. William Henry KEELER, Arcivescovo di Baltimore (Stati Uniti d’America)

Anglicus B

  • S.E.R. Mons. Anthony Theodore LOBO, Vescovo di Islamabad-Rawalpindi (Pakistan)

Anglicus C

  • S.Em.R. Card. Cormac MURPHY-O'CONNOR, Arcivescovo di Westminster, Presidente della Conferenza Episcopale (Inghilterra e Galles)

Gallicus A

  • S.E.R. Mons. Jean-Pierre RICARD, Vescovo di Montpellier (Francia)

Gallicus B

  • S.E.R. Mons. Georges Edmond Robert GILSON, Arcivescovo di Sens (Francia)

Gallicus C

  • S.Em.R. Card. Paul POUPARD, Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura (Città del Vaticano)

Germanicus

  • S.E.R. Mons. Ludwig SCHICK, Vescovo titolare di Auzia, Ausiliare di Fulda (Germania)

Hispanicus A

  • S.E.R. Mons. Jorge Enrique JIMÉNEZ CARVAJAL, C.I.M., Vescovo di Zipaquirá (Colombia), Presidente del Consiglio Episcopale Latino Americano (C.E.L.A.M.)

Hispanicus B

  • S.Em.R. Card. Juan Luis CIPRIANI THORNE, del clero della Prelatura personale dell’Opus Dei, Arcivescovo di Lima (Perù)

Hispanicus-Lusitanus C

  • S.Em.R. Card. Cláudio HUMMES, O.F.M., Arcivescovo di São Paulo (Brasile)

Italicus A

  • S.Em.R. Card. Camillo RUINI, Vicario Generale di Sua Santità per la diocesi di Roma, Presidente della Conferenza Episcopale (Italia)

Italicus B

  • S.Em.R. Card. Dionigi TETTAMANZI, Arcivescovo di Genova (Italia)

AVVISI

BRIEFING PER I GRUPPI LINGUISTICI

Il terzo briefing per i gruppi linguistici avrà luogo domani giovedì 4 ottobre 2001 alle ore 13.10 (nei luoghi di briefing e con gli Addetti Stampa indicati nel Bollettino N. 2).

Si ricorda che i Signori operatori audiovisivi (cameramen e tecnici) sono pregati di rivolgersi al Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali per il permesso di accesso (molto ristretto).

POOL PER L’AULA DEL SINODO

Il terzo "pool" per l’Aula del Sinodo sarà formato per la preghiera di apertura della Sesta Congregazione Generale di giovedì mattina 4 ottobre 2001.

Nell’Ufficio Informazioni e Accreditamenti della Sala Stampa della Santa Sede (all’ingresso, a destra) sono a disposizione dei redattori le liste d’iscrizione al pool.

Si ricorda che i Signori operatori audiovisivi (cameramen e tecnici) e fotoreporters sono pregati di rivolgersi al Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali per la partecipazione al pool per l’Aula del Sinodo.

Si ricorda che i partecipanti al pool sono pregati di trovarsi alle ore 08.30 nel Settore Stampa, allestito all’esterno di fronte all’ingresso dell’Aula Paolo VI, da dove saranno chiamati per accedere all’Aula del Sinodo, sempre accompagnati da un ufficiale della Sala Stampa della Santa Sede, rispettivamente dal Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali.

BOLLETTINO

Il prossimo Bollettino N. 9 sarà a disposizione dei Signori giornalisti accreditati a conclusione dei lavori della Sesta Congregazione Generale della X Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi di domani mattina giovedì 4 ottobre 2001.

 

 
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- Indice Bollettino Synodus Episcoporum - X Assemblea Generale Ordinaria - 2001
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- Indice Sala Stampa della Santa Sede
 
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