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SYNODUS EPISCOPORUM
BOLLETTINO

XIII ASSEMBLEA GENERALE ORDINARIA
DEL SINODO DEI VESCOVI
7-28 OTTOBRE 2012

La nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana


Questo Bollettino è soltanto uno strumento di lavoro ad uso giornalistico.
Le traduzioni non hanno carattere ufficiale.


Edizione italiana

18 - 15.10.2012

SOMMARIO

- TREDICESIMA CONGREGAZIONE GENERALE (MARTEDÌ 16 OTTOBRE 2012 - ANTEMERIDIANO)

TREDICESIMA CONGREGAZIONE GENERALE (MARTEDÌ 16 OTTOBRE 2012 - ANTEMERIDIANO)

- MESSAGGIO DI S.E.R. MONS. LUCAS LY JINGFENG, VESCOVO DI FENGXIANG [SHAANXI] (CINA)
- INTERVENTI IN AULA (CONTINUAZIONE)
- AUDITIO AUDITORUM (I)

Oggi, martedì 16 ottobre 2012, alle ore 9:00, con il canto dell’Ora Terza, ha avuto inizio la Tredicesima Congregazione Generale per la continuazione degli interventi in Aula dei Padri Sinodali sul tema Sinodale: «La nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana».

Presidente Delegato di turno S. Em. R. Card. Francisco ROBLES ORTEGA, Arcivescovo di Guadalajara (MESSICO).

In apertura di Congregazione, il Segretario Generale del Sinodo dei Vescovi, S.E.R. Mons. Nikola ETEROVIĆ, Arcivescovo Tit. di Cibale (CITTÀ DEL VATICANO) ha dato lettura di un messaggio di S.E.R. Mons. Lucas LY JINGFENG, Vescovo di Fengxiang [Shaanxi] (CINA), novantenne, liberato nel 1979 dopo vent’anni di carcere durante la rivoluzione culturale cinese. È nato nel 1922; ordinato nel 1947; consacrato vescovo nel 1980, legittimo e riconosciuto dal Governo il 30 agosto 2004. La Diocesi di Fengxiang, Shaanxi, si trova al centro della Provincia dello Shaanxi. Attualmente la Circoscrizione conta ventimila cattolici. Il testo del messaggio è riportato in questo Bollettino.

Successivamente il Segretario Generale ha espresso la solidarietà dei Padri Sinodali e degli altri Partecipanti alla Chiesa in Haiti, esprimendo la vicinanza all’impegno della Conferenza Episcopale in seguito al terremoto che ha colpito la regione.

Sono intervenuti alcuni Uditori.

A questa Congregazione Generale, che si è conclusa alle ore 12:35, con la preghiera dell'Angelus Domini, erano presenti 253 Padri.

MESSAGGIO DI S.E.R. MONS. LUCAS LY JINGFENG, VESCOVO DI FENGXIANG [SHAANXI] (CINA)

Reverendissimi ed Eccellentissimi Padri della XIII Assemblea del Sinodo,
Mi congratulo con voi, che potete partecipare al Sinodo e rendere omaggio al Sepolcro di San Pietro. Mi duole moltissimo che non possiate udire alcuna voce della Chiesa Cinese. Desiderando condividere almeno qualche parola con voi, e soprattutto con il nostro Papa Benedetto XVI, vi invio oggi questo breve messaggio. Voglio dire che la nostra Chiesa in Cina, in particolare i laici, ha sempre custodito finora la pietà, la fedeltà, la sincerità e la devozione dei primi cristiani, pur avendo sopportato cinquanta anni di persecuzioni. Desidero aggiungere che prego intensamente e costantemente Dio Onnipotente affinché la nostra pietà, la nostra fedeltà, la nostra sincerità e la nostra devozione possano risanare la tiepidezza, l’infedeltà e la secolarizzazione che sono sorte all’estero da una apertura e una libertà senza freni. Nell’Anno della Fede, nelle vostre discussioni sinodali potete indagare perché la nostra fede in Cina si è potuta conservare indefettibile fino a oggi. È come ha detto il grande filosofo cine LaoTse. “Come la calamità genera la prosperità, così nella mollezza si nasconde la calamità”. Nelle Chiese fuori dalla Cina, la tiepidezza, l’infedeltà e la secolarizzazione dei fedeli si sono contagiate a molti chierici. Invece, nella Chiesa Cinese i laici sono più pii dei chierici. Non possono forse la pietà, la fedeltà, la sincerità e la devozione dei laici cristiani cinesi scuotere i chierici esterni? Mi ha molto commosso il lamento di Papa Benedetto XVI: “Come sappiamo, in vaste zone della terra la fede corre il pericolo di spegnersi come una fiamma che non trova più alimento. Siamo davanti ad una profonda crisi di fede, ad una perdita del senso religioso che costituisce la più grande sfida per la Chiesa di oggi. Il rinnovamento della fede deve quindi essere la priorità nell’impegno della Chiesa intera ai nostri giorni” (Discorso del Santo Padre Benedetto XVI ai partecipanti alla plenaria della Congregazione per la Dottrina della Fede, 27 gennaio 2012). Credo comunque che la nostra fede di cristiani cinesi possa consolare il Papa. Non menzionerò la politica, che è sempre transeunte.
+ Lucas LY

[00307-01.03] [NNNNN] [Testo originale: plurilingue]

INTERVENTI IN AULA (CONTINUAZIONE)

Sono intervenuti i seguenti Padri:

- S. Em. R. Card. Telesphore Placidus TOPPO, Arcivescovo di Ranchi, Presidente della Conferenza Episcopale (INDIA)
- S. E. R. Mons. Ägidius Johann ZSIFKOVICS, Vescovo di Eisenstadt (AUSTRIA)
- S. E. R. Mons. Launay SATURNÉ, Vescovo di Jacmel (HAITI)
- S. E. R. Mons. Joseph Anthony ZZIWA, Vescovo di Kiyinda-Mityana (UGANDA)
- S. E. R. Mons. Mario GRECH, Vescovo di Gozo (MALTA)
- S. Em. R. Card. Kurt KOCH, Presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani (CITTÀ DEL VATICANO)
- S. E. R. Mons. Felix GMÜR, Vescovo di Basel (SVIZZERA)
- S. E. R. Mons. Clet FELIHO, Vescovo di Kandi (BENIN)
- S. Em. R. Card. Manuel MONTEIRO DE CASTRO, Penitenziere Maggiore (CITTÀ DEL VATICANO)
- S. E. R. Mons. Arūnas PONIŠKAITIS, Vescovo titolare di Sinna, Ausiliare e Vicario Generale di Vilnius (LITUANIA)
- S. E. R. Mons. Geraldo LYRIO ROCHA, Arcivescovo di Mariana (BRASILE)
- S.E.R. Mons. Claudio Maria CELLI, Arcivescovo titolare di Civitanova, Presidente del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali (CITTÀ DEL VATICANO)
- S. E. R. Mons. Bonaventure NAHIMANA, Vescovo di Rutana (BURUNDI)
- S. E. R. Mons. Stanley ROMAN, Vescovo di Quilon (INDIA)
- S. E. R. Mons. Ignatius SUHARYO HARDJOATMODJO, Arcivescovo di Jakarta, Ordinario militare per l'Indonesia (INDONESIA)
- S. E. R. Mons. Zygmunt ZIMOWSKI, Arcivescovo-Vescovo emerito di Radom, Presidente del Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari (CITTÀ DEL VATICANO)
- S. Em. R. Card. Kazimierz NYCZ, Arcivescovo di Warszawa, Ordinario per i fedeli di rito orientale sprovvisti di Ordinario del proprio rito (POLONIA)
- S. E. R. Mons. Adriano LANGA, O.F.M., Vescovo di Inhambane (MOZAMBICO)
- S. E. R. Mons. Cristoforo PALMIERI, C.M., Vescovo di Rrëshen (ALBANIA)
- S. Em. R. Card. Laurent MONSENGWO PASINYA, Arcivescovo di Kinshasa (REPUBBLICA DEMOCRATICA DEL CONGO)
- S. E. R. Mons. Franz-Peter TEBARTZ-VAN ELST, Vescovo di Limburg (GERMANIA)
- S. E. R. Mons. Joseph WERTH, S.I., Vescovo di Trasfigurazione a Novosibirsk (FEDERAZIONE RUSSA)

Diamo qui di seguito i riassunti degli interventi:

- S. Em. R. Card. Telesphore Placidus TOPPO, Arcivescovo di Ranchi, Presidente della Conferenza Episcopale (INDIA)

“Ma il Figlio dell'uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?” (Lc 18, 8). Lo scorso dicembre, Papa Benedetto XVI, riflettendo sul 2011 davanti alla Curia Romana, ha detto francamente che da molti rapporti emerge una “stanchezza della fede” in Europa. Con le parole del Santo Padre: “Il nocciolo della crisi della Chiesa in Europa è la crisi della fede. Se ad essa non troviamo una risposta, se la fede non riprende vitalità, diventando una profonda convinzione ed una forza reale grazie all’incontro con Gesù Cristo, tutte le altre riforme rimarranno inefficaci”.
Nel cercare di rispondere alla crisi della fede, un rimedio potrebbe essere quello di lanciare una campagna massiccia per predicare il kerygma in modo nuovo e con più forza. Nel mio paese, l’India, ho ripetutamente visto all’opera la potenza del Vangelo sia tra i cristiani sia tra i non cristiani.
Vorrei rivolgere un umile appello agli ordini religiosi, affinché diventino di nuovo missionari. Nella storia dell’evangelizzazione, tutti gli ordini religiosi, guidati dallo Spirito Santo, hanno fatto cose straordinarie e meravigliose. Possiamo dire lo stesso, oggi, delle congregazioni religiose? È possibile che abbiano iniziato a operare come multinazionali, svolgendo tanto lavoro buono e necessario per rispondere ai bisogni materiali dell’umanità, dimenticando tuttavia che il fine principale della loro fondazione era quello di portare il kerygma, il Vangelo, a un mondo perduto? Dobbiamo apprezzare i numerosi gruppi giovanili e i nuovi movimenti ecclesiali che stanno raccogliendo la sfida. Tuttavia, ritengo che questo sinodo debba invitare i religiosi e le religiose a svolgere in modo esplicito e diretto il lavoro di evangelizzazione e di trasmissione della fede, in collaborazione con i vescovi locali. Vorrei anche chiedere alla Congregazione per la Vita Consacrata di essere più attiva nella promozione del sensus ecclesiae tra tutti i religiosi.Infine, una celebrazione degna dell’Eucaristia è alla base della Nuova Evangelizzazione. L’Eucaristia è “fonte e culmine della vita cristiana” e non può essere celebrata in modo casuale e superficiale come accade ora in alcuni luoghi e come fanno alcuni sacerdoti. Dobbiamo restituire dignità e centralità alla Santa Eucaristia, affinché il potere che essa ha di trasformare e di edificare la vita di fede della nostra gente venga di nuovo sentito in maniera più intensa. Allora alimenteremo con successo una fede forte che resisterà fino al ritorno di Cristo.

[00061-01.03] [IN038] [Testo originale: inglese]

- S. E. R. Mons. Ägidius Johann ZSIFKOVICS, Vescovo di Eisenstadt (AUSTRIA)

La Costituzione dogmatica “Gaudium et spes” esprime la dinamica del pensiero di uno dei grandi credenti del ventesimo secolo: il Padre Pierre Teilhard de Chardin. Desidero ricordare espressamente la sua opera a questo sinodo. Che ci piaccia o meno, i fenomeni globali da lui intuiti oltre sessant’anni fa oggi ci attorniano. Viviamo tutti in un mondo in cui è diventata precaria l’esistenza non solo della singola persona, ma anche dell’intera umanità. Teilhard vedeva la vita e l’universo come un movimento creativo operato da Dio, movimento non ancora giunto alla sua meta. Sono convinto che questa visione della Chiesa e del mondo possa indicare un’uscita dalla crisi e, sulla divisione esistente tra fede e vita, avrà un’effetto altrettanto benefico quanto sui problemi di comprensione tra ragione cristiana e ricerca tecnologica.
Solo una visione cosmica profonda, comprensiva, della Persona di Gesù, nel momento in cui riesce a trascinare con sé l’anima dell’uomo moderno, non rimarrà individualistica, ma costituirà una comunità in cui questo nuovo modo di vedere venga davvero vissuto, a partire dalla famiglia e dalla chiesa domestica, fino alle comunità e alle Chiese locali. E solo quando la si vive, questa visione può costituire uno stile di vita nuovo, considerato naturale e normale, e produrre in tal modo una nuova cultura cristiana in grado di permeare e di modificare tutto l’ordine temporale.

[00258-01.04] [IN192] [Testo originale: tedesco]

- S. E. R. Mons. Launay SATURNÉ, Vescovo di Jacmel (HAITI)

Il nostro contesto attuale è contrassegnato da una grande crisi a più livelli e esige una nuova primavera spirituale. Parlando della nuova evangelizzazione in Haiti il 9 marzo 1983 nella cattedrale di Port-au-Prince, Papa Giovanni Paolo II voleva certamente dare alla Chiesa un mezzo di lottare contro questa degradazione. Promovendo la missione permanente nell’America Latina e nei Caraibi, convocando la presente assemblea sinodale e proclamando un anno della fede, Sua Santità Benedetto XVI si si iscrive nella continuità con Papa Giovanni Paolo II.
Le iniziative dei Papi Giovanni Paolo II e Benedetto XVI hanno ricevuto un’accoglienza entusiasta in quella porzione della Chiesa che è in Haiti. Quelle del Papa Giovanni Paolo II coincidevano con un momento i cui lottavamo contro la dittatura. Le sue parole: “Bisogna che qui qualche cosa cambi!” risuonano ancora nei nostri cuori. Le parole di Papa Benedetto XVI sopravvengono nel momento in cui in Haiti cerchiamo di costruire e di ricostruire il paese devastato dalle catastrofi naturali e, più recentemente, dal terribile sisma del 12 gennaio 2010.
Dalla riflessione sulle disgrazie che si sono abbattute su Haiti si arriva alla conclusione che non basta ricostruire e costruire gli edifici fisici: bisogna ricostruire l’uomo haitiano. Ad Haiti è necessaria un’azione pastorale per ricostruire e per costruire, ad intra e ad extra, sulla base dei valori evangelici, cristiani, umani, e mirare a una conversione dei cuori e delle strutture al Vangelo e a Gesù Cristo. A tal fine avanziamo tre proposte:
1- Nelle nostre università, nelle nostre scuole cattoliche, nelle nostre scuole presbiterali, è necessario un accompagnamento che promuova un incontro personale e profondo con Gesù Cristo affinché, diventati adulti, i giovani possano impegnarsi in nome della loro fede nella società.
2- La nostra vicinanza pastorale deve avere un carattere profetico.
3- La nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana esige una grande attenzione ai nostri luoghi di formazione e ai candidati al sacerdozio e alla vita consacrata.
La Chiesa di Haiti accoglie con favore le iniziative del Santo Padre. La profonda crisi di questo mondo richiede un ritorno a Gesù Cristo e l’impegno di tutti noi, nel nome della nostra fede in Dio, Padre di tutto il creato, nel suo Figlio Gesù Cristo, nel quale ogni cosa è diventata nuova, e nello Spirito Santo che rinnova la faccia della terra.

[00220-01.04] [IN168] [Testo originale: francese]

- S. E. R. Mons. Joseph Anthony ZZIWA, Vescovo di Kiyinda-Mityana (UGANDA)

Non possiamo sperare di far crescere persone umane con un carattere morale forte se la loro educazione non si fonda sulla fede in Dio. È per questo che i primi missionari in Uganda hanno costruito simultaneamente chiese e scuole. Laddove non riuscirono a convertire direttamente gli adulti, alla fine riuscirono a convertire la generazione giovane attraverso le scuole. Una volta evangelizzati e convertiti al cristianesimo, i giovani a loro volta evangelizzarono gli adulti.
La Chiesa, come maestra e custode di fede e morale, ha svolto un ruolo importante nel settore educativo in molti Paesi. La formulazione di politiche educative diocesane stabili è servita da fondamento per iniziare e sostenere l’apprendimento a ogni livello. Alcune Chiese locali hanno fondato scuole modello cattoliche per permettere l’insegnamento approfondito della dottrina e della morale cattolica a studenti, che a loro volta diventano professionisti cattolici. Attraverso le cappellanie nelle istituzioni cattoliche, la Chiesa è riuscita a rispondere alle sfide presenti assicurando che in tali istituzioni i valori e le norme cattoliche fossero tutelati.
Tuttavia, negli ultimi anni in alcuni paesi la catechesi o l’insegnamento della religione sono stati emarginati o estromessi dal sistema educativo perfino nelle scuole e negli istituti di formazione di origini cattoliche. La situazione è ancora più grave nelle istituzioni pubbliche, dove i programmi di catechesi o di educazione religiosa cristiana per gli studenti cattolici non esistono proprio. L’educazione religiosa è considerata una questione privata, da curare solo in chiesa o a casa.
Per progredire nella Nuova Evangelizzazione:
Le scuole cattoliche devono essere un canale di evangelizzazione per la trasmissione della fede cattolica.
I sacerdoti, i religiosi e le donne nella vita consacrata e gli altri agenti della pastorale, come i catechisti, devono ricevere una formazione qualitativa tale da consentire loro di insegnare la religione nelle scuole.
L’educazione religiosa cristiana deve essere ripristinata nei programmi di studi dove è stata trascurata o eliminata. La Chiesa deve mostrarsi decisa in quest’ambito.
I movimenti apostolici laici devono essere ravvivati nelle scuole.
L’etica, il Catechismo della Chiesa Cattolica e la dottrina sociale della Chiesa devono essere componenti dei programmi di studio dei centri educativi di liveello superiore.
L’identità cattolica nelle nostre scuole e istituzioni deve essere visibile e rispettata.I mass media devono diventare uno strumento efficace per catechizzare ed educare.

[00234-01.04] [IN169] [Testo originale: inglese]

- S. E. R. Mons. Mario GRECH, Vescovo di Gozo (MALTA)

Come osserva il Santo Padre nell’omelia dell’apertura di questo Sinodo, il matrimonio come unione d’amore fedele e indissolubile tra l’uomo e la donna "costituisce in se stesso un Vangelo, una Buona Notizia per il mondo di oggi." Continuando, il Santo Padre ha affermato che "il matrimonio è chiamato ad essere non solo oggetto, ma soggetto della nuova evangelizzazione."
Mentre la Chiesa continuerà a proclamare questo Vangelo del matrimonio, non possiamo trascurare la dolorosa realtà di tanti matrimoni che purtroppo finiscono male.
Pur riconoscendo le difficoltà, credo oggi sia fondamentale essere presenti come Chiesa nella vita di tante coppie di fatto o divorziati risposati che vogliono proseguire un cammino di fede insieme con tutta la Chiesa. Per le coppie di fatto che sentono l’insegnamento del Magistero come un macigno sulla loro testa e sui loro cuori, e trovano difficoltà a riconciliarsi con la Chiesa e forse con Dio, l’avere la Chiesa che cammina accanto a loro si rivela veramente come buona notizia per loro. Esperienze di questo genere fanno vedere che "la Chiesa è vicina a chi ha il cuore ferito".
Nonostante il fatto che non sono in perfetta comunione con la Chiesa per causa della loro irregolarità, tanti di loro amano e credono nel Signore e nella Chiesa. Direi che queste coppie oggi aspettano da questo Sinodo un "messaggio imperiale" - una parola illuminante come quella che ha pronunciato il Santo Padre a Milano: "Questo problema dei divorziati risposati è una delle grandi sofferenze della Chiesa di oggi. E non abbiamo semplici ricette ... E poi, quanto a queste persone, dobbiamo dire che la Chiesa le ama, ma esse devono vedere e sentire questo amore. Mi sembra un grande compito di una parrocchia, di una comunità cattolica, di fare realmente il possibile perché esse sentano di essere amate, accettate, che non sono "fuori" anche se non possono ricevere l’assoluzione e l’Eucaristia: devono vedere che anche così vivono pienamente nella Chiesa" (2 giugno, 2012).

[00235-01.05] [IN170] [Testo originale: italiano]

- S. Em. R. Card. Kurt KOCH, Presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani (CITTÀ DEL VATICANO)

“La sfida della nuova evangelizzazione interpella la Chiesa universale, e ci chiede anche di proseguire con impegno la ricerca della piena unità tra i cristiani” (Benedetto XVI, La Chiesa è un’immensa forza rinnovatrice. La celebrazione dei primi vespri della solennità dei Santi Pietro e Paolo il 28 giugno 2010, in: Insegnamenti di benedetto XVI VI, 1 2010 (Città del Vaticano 2011) 984-987, cit. 987). Con queste parole Papa Benedetto XVI ha annunciato l'istituzione del Pontificio Consiglio per la nuova evangelizzazione. La Chiesa universale è interpellata in particolar modo con il Sinodo dei Vescovi qui riunito. La presenza dei delegati fraterni ed il loro contributo al Sinodo, per i quali sono profondamente riconoscente, ci ricordano la seconda esortazione, ovvero la necessità che la nuova evangelizzazione abbia una dimensione ecumenica.
Il legame inscindibile tra evangelizzazione e ricerca dell’unità dei cristiani era già noto al Concilio Vaticano Secondo. Il Decreto conciliare sull'ecumenismo parte dalla convinzione che la divisione della cristianità è “di scandalo al mondo” e “danneggia la più santa delle cause: la predicazione del Vangelo ad ogni creatura” (Unitatis Redintegratio, n.1). Fin dalla sua prima frase, il Decreto afferma quindi che “promuovere il ristabilimento dell'unità fra tutti i cristiani è uno dei principali intenti del sacro Concilio ecumenico Vaticano II”. Ecumenismo ed evangelizzazione vengono visti sempre insieme. Sarebbe un bel segno se da questo Sinodo dei Vescovi venisse diramato alle altre Chiese e Comunità cristiane l'invito a percepire come compito comune la nuova evangelizzazione e a testimoniare insieme Gesù Cristo in maniera ancora più decisa.
I testimoni più credibili della fede sono i martiri, che hanno dato la loro vita per Cristo. Per questo, desidero ricordare anche quella profonda dimensione dell'ecumenismo che stava così tanto a cuore al Beato Papa Giovanni Paolo II, ovvero l'ecumenismo dei martiri. Consapevole del fatto che tutte le Chiese e le Comunità cristiane hanno oggi i loro martiri, Papa Giovanni Paolo II ha scorto nei martiri “la prova più significativa che ogni elemento di divisione può essere trasceso e superato nel dono totale di sé alla causa del Vangelo” (Giovanni Paolo II, Ut unum sint, n.1). Mentre noi cristiani siamo ancora in una comunione imperfetta su questa terra, i martiri nella gloria celeste vivono già in piena comunione. Pertanto, possiamo trovare conforto nella speranza che il sangue dei martiri del nostro tempo diventerà un giorno il seme della piena unità del Corpo di Cristo. E questa speranza vogliamo testimoniarla insieme con una credibile, nuova evangelizzazione.

[00236-01.05] [IN171] [Testo originale: italiano]

- S. E. R. Mons. Felix GMÜR, Vescovo di Basel (SVIZZERA)

Per essere credibili, bisogna dapprima evangelizzare se stessi (IL 37). L’appello alla conversione si rivolge alle persone e all’istituzione. La conversione della persona trova la sua corrispondenza nella riforma delle istituzioni. Entrambe mirano al rinnovamento spirituale basato sulla fede.
Tanti fedeli danno testimonianza della loro fede. Fanno vedere il volto umano e personale di Gesù. Come possiamo valorizzare l’azione evangelizzatrice di questi laici e riconoscere le loro competenze? Prendiamo sul serio le loro esperienze, domande e proposte concrete, p.es. in materia di vita relazionale? Mi pare che dobbiamo ascoltare di più e discernere con benevolenza ciò che i laici ci dicono.
Una sfida risiede nel capire quali siano le riforme necessarie. Spesso sprovviste di sacerdoti, le comunità locali s’incontrano attorno a dei laici pronti ad assumere diverse responsabilità. Sarebbe importante ripensare se non ci sia un mandato ecclesiale che dia loro, a uomini e donne, una missione per l’attività pastorale che svolgono sulla base della loro dignità di battezzati.
L’ascolto più profondo e un mandato ufficiale per i laici: Sono due segni concreti che potrebbero renderci più credibili come Chiesa.

[00237-01.04] [IN172] [Testo originale: italiano]

- S. E. R. Mons. Clet FELIHO, Vescovo di Kandi (BENIN)

La ricezione del messaggio evangelico nel nostro paese è avvenuta progressivamente dal sud verso il nord a partire dal 18 aprile 1861. Anche se il Nord del paese ha un cammino più lungo da fare, la Chiesa nel complesso è fiera del progresso della fede nei cuori. Essa continua a lottare, affinché questa fede non sia solo un involucro, bensì l’espressione dell’adesione a Cristo, Parola viva di salvezza. Per questo essa si impegna attivamente nel processo d’inculturazione allo scopo di aiutare i fedeli a evitare una doppia vita che non favorisce lo sviluppo della persona.
La nostra Chiesa locale è consapevole del fatto che le motivazioni dell’impegno dei suoi figli e delle sue figlie nella sequela di Cristo sono di solito espressioni di una cultura che vede nell’Essere supremo una persona cui ci si avvicina per trarre profitto dalla sua generosità; insomma un dio strumentalizzato. Essa fa suo il rimprovero di Gesù dopo la moltiplicazione dei pani "Voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati” (Gv 6, 26). Di conseguenza, crede di trovare nella nuova evangelizzazione un mezzo per meglio accompagnare i fedeli anche dopo il periodo dei sacramenti d’iniziazione. Così ha deciso di aprire scuole della fede destinate a persone di tutte le categorie e di tutte le condizioni con la prospettiva di una migliore conoscenza di Cristo e della sua centralità nella vita del credente. Solo così saremo davvero sale e luce anche nel campo della politica e dell’economia.
L’ascesa dell’Islam e il risveglio delle religioni tradizionali costringono la Chiesa locale a fare dell’ecumenismo e del dialogo interreligioso il suo campo di battaglia, grazie all’avvento della nuova evangelizzazione. Per riuscirci le occorrono agenti pastorali convinti e ben istruititi nella dottrina sociale della Chiesa, affinché essa possa vedere nell’altro solo un fratello con cui fare insieme parte del cammino. Così, lungi dal sognare una Chiesa gloriosa, essa s’impegna a operare a fianco dei più poveri ed emarginati senza sottovalutare il forte segnale che viene dalla diffusione delle sette. Inoltre essa si accinge a definirsi Chiesa di comunione e di condivisione tanto all’interno che all’esterno.
Possa lo Spirito del Signore guidare i suoi passi e l’intercessione della Vergine rinforzare il suo impegno!

[00238-01.06] [IN173] [Testo originale: francese]

- S. Em. R. Card. Manuel MONTEIRO DE CASTRO, Penitenziere Maggiore (CITTÀ DEL VATICANO)

La Penitenzieria Apostolica, Tribunale di misericordia al servizio dei confessori e dei penitenti, tratta delle materie che concernono il Foro interno sacramentale e non sacramentale nonché ciò che riguarda l’uso e la concessione delle Indulgenze. La finalità del nostro lavoro è quella di aiutare le persone a vivere una vita serena, tranquilla e di unione con il Signore, che è l’unico Salvatore della nostra vita. Questa unione viene significativamente espressa nel rito eucaristico, quando il celebrante versa qualche goccia di acqua - che rappresenta la nostra natura umana - nel vino contenuto nel calice. Uniti a Cristo, siamo da lui trasformati nel suo Corpo glorioso.
La nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana cercherà di far conoscere all’uomo del nostro tempo il volto di Cristo come mysterium pietatis, colui nel quale Dio ci mostra il suo cuore compassionevole e ci riconcilia pienamente a sé. Aiuterà i fedeli a prendere consapevolezza della gravità del peccato in un mondo che ha perso “il senso del peccato”. Riconoscersi peccatori ci spinge a rivolgere il nostro cuore al Signore implorando il suo perdono e ottenendo così la salvezza e la pace:
“Riconosco la mia colpa, il mio peccato mi sta sempre dinanzi” (Salmo 51, 3).
Occorre ripristinare la buona e corretta abitudine di amministrare il sacramento della riconciliazione nel confessionale.
La Penitenzieria Apostolica promuove ogni anno un Corso sul Foro interno, Giornate di Studio sulla storia della Penitenza e della Penitenzieria, conferenze sul Foro interno nelle diverse Chiese locali, incontri mensili di formazione per i penitenzieri minori delle Basiliche papali in Urbe.
Concludo ricordando le parabole della misericordia divina - pecora smarrita, dracma perduta e figlio prodigo - e le parole di Gesù: “C’è più gioia in cielo per un peccatore convertito che per novantanove giusti che non hanno bisogno di conversione” (Lc 15, 7).

[00239-01.06] [IN174] [Testo originale: italiano]

- S. E. R. Mons. Arūnas PONIŠKAITIS, Vescovo titolare di Sinna, Ausiliare e Vicario Generale di Vilnius (LITUANIA)

Abbiamo bisogno di testimoni credibili, i quali, ispirati dal vivo e costante incontro con Gesù, raggiungano l’uomo in ogni situazione, e con amore disinteressato ed umiltà gli presentino la Parola di Salvezza. Abbiamo bisogno di santi: uomini e donne, sacerdoti, religiosi, laici.
A partire dal novembre dell’anno scorso abbiamo celebrato in Lituania l’anno del beato Giorgio Matulaitis (1871-1927), vescovo, e in tal modo ci siamo preparati all’Anno della Fede, guidati da questo nostro evangelizzatore di tempi non molto lontani. Nel suo diario spirituale egli espresse alcuni pensieri, confermati con la testimonianza della sua vita, i quali rimangono attuali per gli operai della nuova evangelizzazione.
Innanzitutto, il vivo desiderio di “portare Cristo ovunque, restaurare e rinnovare tutto in Cristo, guadagnare tutte le cose a Cristo e tutto attrarre a Lui”. Il beato Giorgio Matulaitis visse questo realmente attraverso l’ampia attività pastorale tra gli operai, tra la gente semplice, tra gli studenti, la gente di diverse lingue e culture.
La sua sincera aspirazione di difendere la fede fu segnata dal profondo rispetto sia per la fede stessa, sia per la gente alla quale era annunciata. Il beato Giorgio Matulaitis scriveva che possiamo attrarre gli uomini solo proponendo loro “la nostra santa fede in tutta la sua ampiezza, in tutta la sua profondità, in tutta la sua chiarezza e bellezza”, parlando in tal modo che anche gli avversari rimangano persuasi che siamo stati pieni “di amore e di rispetto per essi”.
Beato Giorgio Matulaitis invitava a prendere la via dell’umiltà, a cominciare il lavoro senza il grande chiasso, iniziando dai più piccoli e abbandonati, dalle piccole cose.
Per la nuova evangelizzazione abbiamo bisogno di simili entusiasti annunciatori del Vangelo, i quali s’impieghino a “creare in ogni luogo e in ogni tempo le condizioni perché [...] questo incontro tra gli uomini e Gesù Cristo avvenga” (Instrumentum laboris 18).

[00241-01.04] [IN176] [Testo originale: italiano]

- S. E. R. Mons. Geraldo LYRIO ROCHA, Arcivescovo di Mariana (BRASILE)

La Nuova Evangelizzazione deve portare le persone all’esperienza profonda dell’incontro con Gesù Cristo vivo. La Sacra Liturgia è uno dei luoghi privilegiati di questo incontro (cfr. Ecclesia in America, n. 12). L’incontro personale con il Signore avviene specialmente nella celebrazione dell’Eucaristia (cfr. Instrumentum laboris, nn. 18-19). Di conseguenza le celebrazioni liturgiche hanno il sacro dovere di rendere possibile sentire, sperimentare e vivere intensamente Gesù, Parola del Padre, che per il suo Spirito è in mezzo a noi (cfr. Sacrosanctum Concilium 14). La Chiesa crede nella stessa maniera in cui prega: Lex orandi lex credendi. - La liturgia, attraverso i riti e le preghiere, ci dà e ci trasmette il contenuto della fede (SC 48). La Liturgia è fonte e luogo di evangelizzazione, poiché in essa Dio parla al suo popolo e Cristo annunzia il suo Vangelo (cfr. SC 33). Essendo la Liturgia il luogo speciale di presenza del Vangelo vivo e quindi il luogo privilegiato di educazione della fede, o ancora “la santa mistagogia permanente della Chiesa”, ciò deve apparire nella maniera stessa in cui è celebrata. La bellezza affascinante e contagiosa del mistero nascosto nei riti e nei simboli si deve poter esprimere con tutta la sua forza perché la Liturgia sia realmente evangelizzatrice. La nuova evangelizzazione dipende dunque in larga misura dalla capacità di fare della liturgia la fonte della vita spirituale. Probabilmente il nostro compito più esigente e la sfida maggiore è riuscire a far sì che le nostre celebrazioni liturgiche siano sempre più belle e trasparenti della divina bellezza, momento forte di esperienza di Dio, di un Dio vivo e vero, fonte di forza nuova e rinnovatrice che dia al cristiano gioia e speranza, per vivere di Cristo e nell’amore del Signore.
La coscienza della sacramentalità della Liturgia è quindi sommamente importante nella Nuova Evangelizzazione. Essa ci educa nella fede precisamente “mediante dei segni sensibili”. Donde la necessità di prendere coscienza dell’importanza del ars celebrandi come la migliore evangelizzazione, come ci insegna il Papa Benedetto XVI nell’Esortazione Apostolica Sacramentum Caritatis (nn. 38-65). La Liturgia deve contribuire, ma a suo modo, al compito della nuova evangelizzazione: “La Liturgia annunzia la Buona Novella celebrandola” (cf. SC 33).

[00242-01.04] [IN177] [Testo originale: italiano]

- S.E.R. Mons. Claudio Maria CELLI, Arcivescovo titolare di Civitanova, Presidente del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali (CITTÀ DEL VATICANO)

La nuova evangelizzazione ci chiede di essere attenti alla “novità” del contesto culturale nel quale siamo chiamati ad annunciare la Buona Novella, ma anche alla “novità” dei metodi da utilizzare. I Nuovi Media stanno cambiando radicalmente la cultura nella quale viviamo e offrono nuovi percorsi per condividere il messaggio del Vangelo. Le nuove tecnologie non hanno cambiato solo il modo di comunicare, ma hanno trasformato la comunicazione stessa, creando una nuova infrastruttura culturale che sta influendo sull’ambiente della comunicazione e non possiamo fare quello che abbiamo sempre fatto, pur con le nuove tecnologie.
L’arena digitale non è uno spazio “virtuale” meno importante del mondo “reale” e, se la Buona Novella non è proclamata anche “digitalmente”, corriamo il rischio di abbandonare molte persone, per le quali questo è il mondo in cui “vivono”. La Chiesa è già presente nello spazio digitale, ma la prossima sfida è cambiare il nostro stile comunicativo per rendere tale presenza efficace, occupandoci soprattutto della questione del linguaggio. Nel forum digitale il discorso è spontaneo, interattivo e partecipativo; nella Chiesa, siamo abituati a usare i testi scritti come normale modo di comunicazione. Non so se questa forma possa parlare ai più giovani, abituati a un linguaggio radicato nella convergenza di parola, suono e immagini. Siamo chiamati a comunicare con la nostra testimonianza, condividendo nelle relazioni personali la speranza che abita in noi. Non possiamo diluire i contenuti della nostra fede, ma trovare nuovi modi per esprimerla nella sua pienezza.
Siamo obbligati a esprimere noi stessi in modo da coinvolgere gli altri che a loro volta condividono le nostre idee con i loro amici e “followers”. Abbiamo bisogno di valorizzare le “voci” dei molti cattolici presenti nei blogs, affinché possano evangelizzare, presentare l’insegnamento della Chiesa e rispondere alle domande degli altri. Penso alla Chiesa che è chiamata ad instaurare un dialogo rispettoso con tutti, a dare ragione a tutti della speranza che porta nel cuore.

[00244-01.05] [IN179] [Testo originale: italiano]

- S. E. R. Mons. Bonaventure NAHIMANA, Vescovo di Rutana (BURUNDI)

Le piccole comunità cristiane vive hanno bisogno di un nuovo impulso per svolgere un ruolo di primo piano nella Nuova Evangelizzazione. In seguito alla guerra e ai conflitti che il nostro paese ha attraversato, e con tutte le conseguenze che ne sono derivate, abbiamo costatato la necessità di un’Evangelizzazione profonda e di uno sforzo da parte delle nostre comunità cristiane vive per un approfondimento della fede e un impegno nella vita della Chiesa.
La dimensione di queste comunità permette ai membri di conoscersi e di aiutarsi a vicenda, di rafforzare la coesione e la comunione in un clima di fraternità e di solidarietà.
Le comunità sono il luogo in cui i cristiani possono vivere l’esperienza della riconciliazione che si concretizza innanzitutto nel sacramento del perdono. Affinché la Chiesa risponda alla sua vocazione di servizio alla pace, alla giustizia e alla riconciliazione, la Nuova Evangelizzazione, come afferma il Santo Padre, “esige la riconciliazione col prossimo, il superamento di ogni tipo di barriera, come quelle della lingua, della cultura e della razza” (Africae Munus, n. 169).
Grazie al dinamismo della loro fede e all’impegno, queste comunità costituiscono un luogo favorevole alla nascita di vocazioni sacerdotali e religiose, poiché promuovono un clima di preghiera per le vocazioni e aiutano i genitori a prendere coscienza della loro responsabilità di educatori alla fede.
Queste comunità sono chiamate a unirsi per crescere in modo tale da lottare contro la fame, la miseria, le ingiustizie di ogni tipo, migliorare le loro condizioni e trovare le soluzioni ai loro problemi.

[00245-01.06] [IN180] [Testo originale: francese]

- S. E. R. Mons. Stanley ROMAN, Vescovo di Quilon (INDIA)

Le parole “gente di poca fede” rivolte agli apostoli nel Vangelo di Matteo (6, 30) possono essere sia un rimprovero sia una grande sfida per noi, successori degli apostoli, perché il Signore ci ha chiamati amici e ci ha donato le sue innumerevoli benedizioni. Se è una sfida, voglio precisare che fede significa costruire una relazione intima con Lui. Redemptoris missio mi ricorda che “la fede si rafforza donandola” (n. 2). È pertanto mio dovere di cristiano battezzato trasmetterla.
Esaminare quando, dove e come, in un modo o in un altro, la Chiesa si è allontanata dal suo compito di evangelizzazione costante è, di fatto, una questione lunga con dolorosi ricordi. Avendo appreso qualcosa da questi dolorosi eventi del passato, ora dobbiamo rispondere al nuovo invito del sinodo di prendere il largo per raccogliere tutto ciò che c’è di buono e di bello nelle diverse culture, al fine di adottare metodi più nuovi per evangelizzare e rievangelizzare i popoli del mondo. L’inculturazione va incoraggiata.
Mentre molte proposte nell’Instrumentum laboris, secondo la mia modesta opinione, sono messe in ombra da una tradizione cattolica largamente accettata, mi pare che manchi la voce di quanti si sono allontanati dalla vita sacramentale. In India osserviamo che giovani uomini e donne, e perfino uomini di cultura dei paesi sviluppati, giungono in massa negli ashram (monasteri) anelando qualcosa che manca nelle loro nazioni. La loro fame e la loro sete di qualcosa che vada oltre questo mondo materiale ci assicura che Gesù è importante se la storia della salvezza viene nuovamente narrata nella loro lingua e calata nella loro situazione di vita.
Per rievangelizzare e trasmettere la fede sono necessari:
1. scuole cattoliche;
2. insegnanti cattolici integri;
3. laici ben formati attraverso le piccole comunità cristiane;4. periodi più lunghi di preparazione al matrimonio per avere una conoscenza approfondita del Sacramento del Matrimonio.
5. un maggiore coinvolgimento nei mass media per diffondere i valori evangelici e far conoscere il vero volto della Chiesa.

[00246-01.05] [IN181] [Testo originale: inglese]

- S. E. R. Mons. Ignatius SUHARYO HARDJOATMODJO, Arcivescovo di Jakarta, Ordinario militare per l'Indonesia (INDONESIA)

Vorrei raccontarvi una semplice esperienza che ho vissuto quando, durante una visita in una parrocchia, ho incontrato un catechista locale. Gli ho chiesto: “Quanti catecumeni hai?”. Sono rimasto sorpreso nell’apprendere che ne aveva più di novanta. Erano moltissimi. Gli ho quindi domandato: “Hai mai chiesto ai tuoi catecumeni perché desiderano essere battezzati nella Chiesa cattolica?”. E mi ha risposto: “Molti di loro hanno detto di essere rimasti colpiti dal modo in cui i cattolici pregano negli eventi pubblici, come i matrimoni o i funerali”. Le preghiere colpiscono così tanto il loro cuore perché in quelle occasioni le invocazioni e le benedizioni vengono fatte nella loro lingua madre, sicché ne capiscono facilmente il contenuto, mentre prima di solito ascoltavano preghiere recitate in una lingua straniera, poiché i musulmani pregano in arabo.
L’attività evangelizzatrice della Chiesa è, come tutti sappiamo, un atto di comunicazione che comprende due componenti fondamentali, vale a dire la comunicazione del contenuto o del messaggio - la rivelazione di Dio e la fede in Gesù Cristo - è lo strumento della comunicazione - il mezzo e la lingua - nel contesto di una comunità di fede. Per quanto riguarda la lingua, tradurre un testo liturgico in un’altra lingua - e questo vale per qualsiasi altro testo - spesso ci porta ad affrontare delicate sfide o perfino problemi. Da un lato c’è l’esigenza di una traduzione letterale. Dall’altro, tutti noi comprendiamo che la traduzione letterale non è sempre possibile vista la diversità e la complessità delle lingue. Per esempio, quando il sacerdote dice alla gente “Dominus vobiscum” e la gente deve rispondere “Et cum spiritu tuo”, la parola “spiritus”, che nella nostra lingua si traduce “roh”, potrebbe facilmente evocare l’idea di uno “spirito maligno”, e quindi per alcune comunità “et cum spiritu tuo” significa “con il tuo spirito maligno”.
Il mio auspicio - e spero di non essere solo in questo - è che la traduzione dei testi liturgici non debba sempre essere letterale, ma tenga seriamente conto della diversità delle origini culturali. Potrebbe forse essere applicato il principio di sussidiarietà al compito della traduzione e anche in altri ambiti della vita della Chiesa locale, essendo la sussidiarietà lo spirito del Vaticano II? In questo modo manteniamo la nostra “fedeltà a un messaggio, del quale noi siamo i servitori, e alle persone a cui noi dobbiamo trasmetterlo” (Evangelii nuntiandi, n. 4). Specialmente per quanto riguarda i giovani, che vivono in una cultura massmediatica, la Chiesa deve cercare di trasmettere il suo messaggio in un linguaggio che colpisca i loro cuori.
In tal modo, la Chiesa locale diventerà più comunicativa ed espressiva, e di conseguenza la fede delle persone riceverà più energia e avrà un maggiore rilievo nella loro vita e nel loro impegno cattolico nella Chiesa e nel mondo.

[00247-01.04] [IN182] [Testo originale: inglese]

- S. E. R. Mons. Zygmunt ZIMOWSKI, Arcivescovo-Vescovo emerito di Radom, Presidente del Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari (CITTÀ DEL VATICANO)

La Chiesa, in adesione al mandato di Gesù “Euntes docete et curate infirmos” (Mt 10, 6-8), nel corso della sua storia ha sempre avvertito il servizio ai malati come parte integrante della sua missione evangelizzatrice. In tale senso, il mondo della sofferenza e della malattia nelle sue diverse articolazioni costituisce un ambito specifico e una via imprescindibile di evangelizzazione, che esige perciò di essere costantemente ripreso, come attesta la sfida che soprattutto oggi l’evangelizzazione affronta nel dialogo con la scienza e la biotecnologia applicata, in cui si gioca radicalmente la possibilità stessa di uno sviluppo umano integrale.
La pastorale della salute ha pertanto un campo di azione in molteplici e complementari articolazioni, che vanno dall’ospedale ai rapporti con le diverse figure professionali dell’arte sanitaria (medici, infermieri, cappellani adeguatamente preparati, amministratori delle risorse finanziarie a beneficio delle politiche sanitarie, politici impegnati nella formulazione legislativa su delicate questioni di bioetica); dall’incontro personale con le persone segnate dal mistero del dolore e dal dialogo con le loro famiglie alla pastorale nelle parrocchie; dalla collaborazione con il variegato mondo del volontariato alla grande opera di misericordia e di speranza che viene svolta nei Santuari - soprattutto mariani - dove sovente affluisce il mondo della sofferenza, anche durante la Giornata Mondiale del Malato.
In particolare, l’Ospedale va considerato uno spazio privilegiato di evangelizzazione, perché laddove la Chiesa si fa “veicolo della presenza di Dio” diventa al tempo stesso “strumento di una vera umanizzazione dell’uomo e del mondo” (Congregazione per la Dottrina della Fede, Nota dottrinale su alcuni aspetti dell’evangelizzazione, n. 9): l’Ospedale, “evangelizzato” soprattutto ad opera del cappellano, è pertanto il “luogo in cui la relazione di cura non è mestiere, ma missione; dove la carità del Buon Samaritano è la prima cattedra e il volto dell’uomo sofferente il Volto stesso di Cristo” (Benedetto XVI, Discorso all ‘Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma, 3 maggio 2012).
Fedele al mandato del suo Signore e proprio nell’esercizio del ministero di guarigione, la Chiesa, nella sua azione pastorale nel mondo della salute, è chiamata quindi a frasi interprete ed a testimoniare in modo eloquente e sempre attuale quella “diaconia della carità, che è centrale nella missione della Chiesa” (Benedetto XVI, Messaggio ai Partecipanti alla XXV Conferenza Internazionale promossa dal Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari [per la Pastorale della Salute], 18 novembre 2010).

[00248-01.04] [IN183] [Testo originale: italiano]

- S. Em. R. Card. Kazimierz NYCZ, Arcivescovo di Warszawa, Ordinario per i fedeli di rito orientale sprovvisti di Ordinario del proprio rito (POLONIA)

La prima settimana di discussioni sinodali, ha dimostrato quanto sia importante ed urgente il tema della Nuova Evangelizzazione. In quest’ambito, gli interventi hanno mostrano i problemi comuni alla Chiesa nelle diverse parti del mondo. Senza dubbio, problemi comuni nel mondo globalizzato rimangono il secolarismo, il relativismo, il soggettivismo, come pure la privatizzazione della religione. Oltre a ciò che è comune, si può però parlare di una geografia della Nuova Evangelizzazione. Quello infatti che differenzia le varie regioni del mondo, sono i destinatari della Nuova Evangelizzazione. Nei paesi europei abbiamo a che fare con persone battezzate che poi, per diversi motivi, hanno abbandonato Cristo e la Chiesa. In Polonia, dove nella grande maggioranza dei casi, si viene battezzati da bambini, il motivo dell’abbandono di Cristo e della Chiesa sta nel fatto che la decisione dei genitori di battezzare il proprio bambino non è motivata da una fede ardente. Manca cioè, proprio da parte dei genitori e delle persone care, quel minimo atteggiamento di fede. Nasce quindi la domanda, in questi casi, sull’opportunità di tale battesimo. La Chiesa in Polonia si trova, dunque, ad affrontare il problema dell’iniziazione alla fede, alla preghiera, ai sacramenti, alla comunità. Siamo consapevoli che il luogo primario di iniziazione deve rimanere la famiglia, nonostante tutte le difficoltà e le debolezze che vive nel mondo di oggi. È naturale che in questo contesto, essa necessita dell’aiuto della parrocchia, dei movimenti e delle comunità che operano nella parrocchia stessa. La parrocchia dovrebbe essere il luogo privilegiato della Nuova Evangelizzazione. Vorrei ora fermarmi un momento sulla catechesi nella parrocchia e nella scuola. In Polonia questo è un’importante strumento di Nuova Evangelizzazione. A differenza di molti paesi europei, come ha ricordato il Cardinale Erdö, nelle scuole in Polonia non solo portiamo avanti l’insegnamento della religione, ma proviamo inoltre ad introdurre la catechesi.
Nella maggior parte delle regioni polacche, all’ora di religione partecipa il novanta per cento degli alunni. La sproporzione tra i partecipanti all’ora di religione ed i partecipanti alla vita sacramentale della Chiesa è, per la Nuova Evangelizzazione in Polonia, una grande sfida, e per la catechesi nella scuola una grande opportunità e responsabilità. Questo vale sia per i giovani che per i loro genitori. La catechesi nella scuola rimane comunque uno strumento non del tutto utilizzato di evangelizzazione e di incontro con coloro che, nonostante il battesimo, hanno abbandonato Cristo e la Chiesa. Cosa bisogna fare per non sprecare questa opportunità? Sembra sia necessario un nuovo approccio alla formazione dei catechisti e degli animatori dei gruppi parrocchiali. Non basta prepararli alla pastorale e alla catechesi. È necessaria una formazione all’evangelizzazione. In Polonia, nel quadro della Nuova Evangelizzazione e della preparazione all’Anno della Fede, nelle diocesi e nelle accademie ecclesiali e cattoliche, sono sorte numerose scuole di Nuova Evangelizzazione. Questa sembra essere una speranza per la Nuova Evangelizzazione.

[00249-01.04] [IN184] [Testo originale: italiano]

- S. E. R. Mons. Adriano LANGA, O.F.M., Vescovo di Inhambane (MOZAMBICO)

Desidero dire che l’Evangelizzazione in Africa ha realizzato e sta realizzando un’opera grandiosa giustamente degna di elogio. In questa Chiesa, però, non sono mai mancati problemi di ogni tipo che ostacolano l’avanzamento dell’annuncio del Vangelo.
Nei paesi di antica tradizione cristiana si parla dell’esigenza di nuovi “metodi” e di nuove “espressioni” per l’annuncio del Vangelo, poiché quelli già esistenti non hanno più significato per l’uomo di oggi. In Africa il problema centrale è stato quello del dialogo con le culture locali. Ora, quando si parla di nuova evangelizzazione, è necessario che la Chiesa si interroghi su ciò che ostacola l’evangelizzazione dell’Africa, dell’uomo africano. È necessario che la Chiesa si domandi che cosa sia quest’Africa e chi sia quest’africano. In verità si può dire che, in Africa, uno “sconosciuto” abbia insegnato il Vangelo a un altro “sconosciuto”. La questione antropologico-culturale è cruciale ed ha costituito l’aspetto decisivo dell’evangelizzazione in Africa. Nel corso dei secoli il Magistero è stato chiamato a intervenire in modi diversi per richiamare l’attenzione degli evangelizzatori. Ancora oggi occorre insistere, poiché, per molti missionari, gli orientamenti del Magistero e la voce delle scienze umane e sociali rimangono lettera morta.
Una delle conseguenze è che l’evangelizzazione dello “sconosciuto” da parte dello “sconosciuto” ha prodotto un cristiano diviso e tormentato interiormente, vulnerabile di fronte alle sette a causa della duplicità cui è suggetto nella vita pratica, perché costretto ad abbandonare convinzioni, credenze e pratiche ancestrali senza un’adeguata catechesi.
È necessario che, nella persona dell’evangelizzatore, il Vangelo sappia chi è l’africano; è necessario che sappia ciò che rallegra o affligge quest’uomo da un punto di vista culturale, sociale e politico. È necessario che l’evangelizzatore parli all’africano in modo che questi, come la samaritana, possa dire: “Mi ha detto tutto quello che ho fatto” (Gv 4, 39); è necessario che gli africani dicano agli evangelizzatori ciò che i samaritani avevano detto alla stessa samaritana: “Non è più per la tua parola che noi crediamo; ma perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente il salvatore del mondo” (Gv 4, 42). Queseto incontro tra Gesù e la samaritana è avvenuto certamente perché Gesù era penetrato profondamente nella vita di lei; per farlo, Gesù parlò la lingua e il linguaggio di lei. Non parlò come parlava ai giudei, agli scribi e ai farisei.
Perciò è indispensabile e urgente che l’inculturazione smetta di essere lettera morta. Un missionario, o qualsiasi altro evangelizzatore, per quanto volenteroso, non inventerà “nuovi metodi” né “linguaggi” né “nuove espressioni” in Africa e nemmeno per gli africani senza immergersi nella loro cultura. Se la nuova evangelizzazione è una questione di “metodi” e di “espressioni”, per essere “nuova” dovrà passare attraverso l’Inculturazione.

[00250-01.07] [IN185] [Testo originale: portoghese]

- S. E. R. Mons. Cristoforo PALMIERI, C.M., Vescovo di Rrëshen (ALBANIA)

L’evangelizzazione, come primo annunzio per chi in Albania era nato e cresciuto senza aver mai saputo niente di Dio, se non visto qualche gesto cristiano fatto di nascosto dagli anziani, o la evangelizzazione verso i fratelli musulmani che portavano e portano ancora radici cristiane, e che si mostrano aperti all’annuncio, si rivelava e si rivela urgente e grave più che mai e più che altrove.
Per questo, ci aspettiamo da questo sinodo delle indicazioni stimolanti e metodi nuovi per sentirci tutti sospinti e impegnati a predicare a tempo opportuno e non, con amore e con sacrifici, richiesti anche a causa delle difficoltà viarie, per la dispersione geografica della popolazione, che rende più difficili gli incontri e le aggregazioni, oltre che dalla povertà della stessa popolazione.
La messe non è poca, e anzi in parte già pronta, solo che mancano per mieterla operai zelanti istruiti, capaci di sacrificio, più vicini al popolo e solo per amore e con amore, siano essi locali o dono di altre chiese sorelle.
Gli insegnamenti del Concilio Vaticano II, che solo dopo 50 anni dalla sua celebrazione ci verranno consegnati in lingua albanese, speriamo ci rendano più familiari anche con la parola della Chiesa.
Ci sostenga la preghiera di quanti tra voi vorranno farsi carico anche dei nostri problemi.
Che il sangue dei martiri uccisi durante il regime comunista, per quaranta dei quali il processo di beatificazione è già a buon punto presso la Congregazione per le cause dei Santi, sia anche per noi in Albania: risveglio di vita cristiana, desiderio di rendere più profonde, illuminate e convinte le ragioni della fede al fine anche di colmare il vuoto creato negli anni della dittatura; ci renda missionari verso quanti sono lontani.
Possa la Chiesa tutta, di quanti cioè sono maggiormente responsabili davanti a Dio e all’annuncio del Vangelo, vedere presto la nascita di una nuova umanità, di un uomo nuovo, e non certo come quello che presumeva creare la dittatura comunista, un uomo cioè senza Dio, senza Chiesa e quindi del tutto inconsistente in se stesso, ma di quello creato secondo Dio nella giustizia e nella santità.
[00251-01.04] [IN186] [Testo originale: italiano]

- S. Em. R. Card. Laurent MONSENGWO PASINYA, Arcivescovo di Kinshasa (REPUBBLICA DEMOCRATICA DEL CONGO)

Nell’esperienza delle giovani Chiese africane, l’incontro con i missionari ci ha inseriti subito in un contesto interculturale, come ci ha ricordato Papa Benedetto XVI in occasione della sua visita in Benin nel novembre 2011. I primi evangelizzatori venivano infatti da fuori e avevano la loro cultura, una cultura diversa dalla nostra. Da qui il miracolo della polisemia del discorso missionario, opera dello Spirito Santo.
Lunghi dibattiti teologici hanno permesso di chiarire la nozione stessa di inculturazione. Ma se il termine è recente, la realtà è invece tanto antica quanto l’esperienza di Israele. Questo popolo, che ha beneficiato dell’esperienza della rivelazione, si è confrontato con la cultura ellenistica. Ha dovuto inventare un modo di “dare ragione della speranza di cui era portatore”. Anche gli Apostoli di Gesù e poi San Paolo si sono serviti della lingua greca per comunicare l’esperienza del mistero di Cristo. Il Concilio Vaticano II ha confermato questa dinamica chiedendo che “nell'ambito di ogni vasto territorio socio-culturale, come comunemente si dice, venga promossa una ricerca teologica di tal natura per cui, alla luce della tradizione della Chiesa universale, siano riesaminati fatti e parole oggetto della Rivelazione divina, consegnati nella sacra Scrittura e spiegati dai Padri e dal magistero ecclesiastico.” (Ad Gentes, n. 22, cfr. Lumen Gentium, n. 23).
L’inculturazione è quel processo, mai concluso, di incarnazione della vita cristiana e del messaggio cristiano nelle culture. In questo modo, l’esperienza del mistero di Cristo, da un lato trova la sua espressione in noi e dall’altro diventa principio, criterio e potenza di ricreazione e di unificazione della vita personale e comunitaria (cfr. Evangelii Nuntiandi, n. 19).
L’evangelizzazione non è un atto compiuto una volte per tutte, bensì un dialogo permanente tra il messaggio evangelico e la cultura, che per sua natura è dinamica e instabile. Questa continua metamorfosi, segno di vita, si verifica anche nelle nostre comunità umane nelle quali si susseguono le generazioni. L’esperienza di Gesù Cristo non può essere trasmessa da una generazione all’altra, nella sua forma e nel suo contenuto; come ci insegnano le scritture, dobbiamo trasmettere il racconto del gioioso incontro con Gesù Cristo, affinché i nostri contemporanei, in particolare i giovani (cfr. Es 13; Gs 4), gli aprano la porta del loro cuore (cfr. Ap 3, 20; Gv 4). Questo è probabilmente il senso profondo della crisi di identità cristiana che ci fa sentire smarriti oggi. Che linguaggio utilizzare per comunicare il Dio di Gesù Cristo all’uomo contemporaneo che ha smesso di porsi la questione di Dio o che la pone in modo errato? L’immagine del Cortile dei Gentili lanciata da Benedetto XVI apre orizzonti interessanti.
La Nuova Evangelizzazione diventa quindi un invito a ricercare nella cultura del nostro tempo il linguaggio più adatto per raccontare questa esperienza, per tradurrla in azioni concrete ed eloquenti in tutte le sfere della vita umana.

[00252-01.06] [IN187] [Testo originale: francese]

- S. E. R. Mons. Franz-Peter TEBARTZ-VAN ELST, Vescovo di Limburg (GERMANIA)

Il numero 92 dell’Instrumentum laboris, facendo riferimento a Evangelii nuntiandi, ricorda che l’evangelizzazione è un processo costituito da fasi e livelli. Ne è un esempio il catecumenato nella Chiesa primitiva. In Germania, come in altri paesi, da quasi vent’anni possiamo osservare che il catecumenato è diventato uno dei grandi frutti del concilio. Grazie alla pratica rinnovata del catecumenato, tre circostanze hanno dato spunto a una ricerca di una nuova evangelizzazione: le vie della fede hanno bisogno di contenuti di fede. Nasce così un accertamento della fede, che forma un’identità della fede. Per questo, biografia e messaggio non sono in contrasto tra loro; nella fede, infatti, si tratta di imparare una vita che sia degna e capace di esistere sempre. La liturgia non è opera dell’uomo o frenesia creativa. La liturgia catecumenale fa capire sia a quanti chiedono di essere battezzati, sia ai battezzati stessi, che la vocazione della persona alla fede è iniziativa e opera di Dio. Una liturgia che rifletta ciò diventa scuola catechetica. È la vocazione dei singoli a condurre la comunità dei battezzati alla seconda conversione, vale a dire a una nuova evangelizzazione.

[00253-01.04] [IN188] [Testo originale: tedesco]

- S. E. R. Mons. Joseph WERTH, S.I., Vescovo di Trasfigurazione a Novosibirsk (FEDERAZIONE RUSSA)

La Russia è il paese più esteso del mondo. I cattolici costituiscono appena l’1 percento della popolazione.
Nel XX secolo questo paese ha visto la più tremenda persecuzione della fede. La struttura esterna della Chiesa è stata completamente distrutta. Solo le piccole comunità e singole famiglie hanno potuto conservare la fede.
E ora, da oltre vent’anni siamo liberi! Abbiamo di nuovo chiese, comunità e sacerdoti. Abbiamo scuole, asili, riviste, radio e uno studio televisivo cattolici. A nome di tutti i cattolici in Russia, ringrazio tutti voi, Chiesa universale, per il vostro aiuto e per il vostro sostegno!
Il comunismo ha lasciato tracce profonde e spaventose. La nostra società ha bisogno di un lungo percorso di guarigione.
Su che cosa si basa oggi la nostra speranza?
Anzitutto sull’intercessione dei nostri martiri. Oggi costruiamo sulle fondamenta dei martiri del XX secolo. In definitiva il fondamento è la croce di Gesù Cristo.
In secondo luogo mi attendo molto dai prossimi tre anni, in cui desideriamo ribadire gli insegnamenti del concilio Vaticano II.
Cinquant’anni fa i vescovi di tutto il mondo, con l’aiuto dello Spirito Santo, in Vaticano hanno preso decisioni importanti, tese a rinnovare il volto della Chiesa. L’annuncio e l’avvio del concilio hanno suscitato gioia e entusiasmo tra il popolo dei credenti.
E cinquant’anni fa, tra noi cattolici dell’Unione Sovietica e il mondo libero, la Chiesa universale, si alzava la “cortina di ferro”.
Il processo vero e proprio di studio degli insegnamenti del concilio Vaticano II durerà dall’11 ottobre 2012 all’8 dicembre 2015. Forse oggi abbiamo qualche vantaggio rispetto alla Chiesa libera di allora. A cinquant’anni di distanza, con cinquant’anni di esperienza della Chiesa, oggi possiamo evitare qualche ricaduta negativa.
Possa il cinquantesimo anniversario del Concilio diventare una vera Pentecoste per la Chiesa in Russia!

[00254-01.04] [IN189] [Testo originale: tedesco]

AUDITIO AUDITORUM (I)

Sono intervenuti i seguenti Uditori:

- Prof. José PRADO FLORES, Fondatore e Direttore internazionale delle Scuole di Evangelizzazione Sant'Andrea (MESSICO)
- Sig. Manoj SUNNY, regista e giornalista; Membro fondatore del movimento "Jesus Youth" (INDIA)
- Dott. Riad SARGI, Presidente della Società di S. Vincenzo de Paol in Damasco (SIRIA)
- Rev. P. Vinko MAMIĆ, O.C.D., Presidente dell'Unione dei Superiori e delle Superiore Maggiori in Croazia (CROAZIA)
- Prof. Marco IMPAGLIAZZO, Presidente della Comunità di Sant'Egidio (ITALIA)
- Sig. Mikhail FATEEV, Direttore di produzione presso il canale televisivo "United Television" a San Pietroburgo (FEDERAZIONE RUSSA)
- Prof. Guzmán CARRIQUIRY, Segretario della Pontificia Commissione per l'America Latina (URUGUAY)

Diamo qui di seguito i riassunti degli interventi:

- Prof. José PRADO FLORES, Fondatore e Direttore internazionale delle Scuole di Evangelizzazione Sant'Andrea (MESSICO)

Se Giuseppe e Maria smarrirono Gesù a Gerusalemme qualcosa di simile può accadere oggi nel peregrinare della nostra Chiesa.
Cinque secoli fa abbiamo lasciato il Primo Annuncio gioioso e ci siamo rifugiati nei sacramenti, nei dogmi e nei catechismi; che non sono male, no, purché vengano dopo il Primo Annuncio. Non prima, e soprattutto non al suo posto.
Alcuni hanno perso la Parola, e preferiscono gli schemi pieni di sapienza umana. Non mi permetto di affermare che abbiamo perso Gesù, però mi chiedo .....
- Davvero consideriamo tutto come perdita e spazzatura, dinanzi alla “conoscenza di Gesù risorto”? (Fil 3, 7-8)
- Da noi traspare la gioia di chi ha trovato il tesoro nascosto? (Mt 13, 44) ...
- Perchè in molti atti di devozione si fa tanta fatica a trovare Gesù vivo e risorto?
- Se Gesù risorto non appare a tutto il popolo “ma soltanto ai testimoni” che vanno ad annunciare il Vangelo (At 10, 40-42): possiamo dire noi di aver avuto un incontro personale con Gesù vivo, che ci identifichi come testimoni?
Il popolo di Dio ci ripete e reclama: θέλομεν τὸν ̓Ιησον ἰδεν "Vogliamo vedere Gesù". Paolo ha fallito all’Areopago perché ha parlato della risurrezione ma non di Gesù risorto, mentre Pietro ha ottenuto una ricca pesca a Gerusalemme perché Κατενύγησαν τ καρδίᾳ "ha trafitto il cuore" con la spada dello Spirito.
Il problema non è che la Chiesa cattolica non evangelizzi, bensì che ad evangelizzare siano a volte i "non evangelizzati". Vale a dire che alcuni evangelizzatori non sono ancora scesi al Giordano per avere una esperienza personale dell'amore di Dio, e non sono ancora entrati nel Cenacolo per ricevere la loro Pentecoste personale.
La pedagogia della fede è come una partita di calcio che si gioca in due tempi: il Primo tempo, il Primo Annuncio. Il secondo: la catechesi e la teologia. Quindi gli evangelizzatori giocano il primo tempo, i catechisti e i maestri, il secondo.
Come Giuseppe e Maria tornarono a trovare Gesù nel luogo in cui lo avevano smarrito (Lc 2, 45), così anche noi, torniamo a Gerusalemme, dove c'è una tomba vuota!
[00187-01.07] [UD008] [Testo originale: italiano]

- Sig. Manoj SUNNY, regista e giornalista; Membro fondatore del movimento "Jesus Youth" (INDIA)

Ecco quattro aree specifiche che richiedono attenzione nel contesto della “Nuova Evangelizzazione”:
1. La centralità del ruolo dei laici. Più di qualunque altro settore della comunità ecclesiale, i laici stanno nel mondo e sono impegnati in tutti e sette gli ambiti elencati nell’Instrumentum laboris (nn. 51-67). Comprendere l’importanza del laicato per avvicinarsi ad aree cruciali del mondo secolare, lavorando accanto al clero, è fondamentale per la “nuova evangelizzazione”.
2. L’importanza di andare incontro all’Asia. Dobbiamo concentrarci sull’evangelizzazione dell’Asia, di fronte a un’economia asiatica in crescita, alla rapida crescita di Cina e India e all’elevato numero di migrazioni dall’Asia verso le altre parti del mondo. Evangelizzare i laici in Asia sta diventando a sua volta lo strumento più efficace per evangelizzare il mondo.
3. L’urgenza di formare giovani missionari. Considerando che su questo pianeta ci sono tre miliardi di persone sotto i 25 anni, è urgentemente necessario formare questi giovani perché diventino missionari. Nella Jesus Youth seguiamo questi sette passi per formare i giovani alla missione: 1) andiamo loro incontro e li invitiamo in un gruppo accogliente; 2) li orientiamo verso l’incontro con il Signore; 3) li integriamo in una comunità e cultura di fede; 4) li aiutiamo a scoprire la loro vocazione e i loro carismi; 5) offriamo loro una catechesi per costruire la loro fede cattolica; 6) li motiviamo e li inviamo in missione; 7) li aiutiamo a partecipare alla vita del movimento e alla sua cultura di missione e di impegno.
4. La nascita di nuovi movimenti ecclesiali e missionari laici. I nuovi movimenti ecclesiali menzionati al numero 115 hanno dato vita al fenomeno dei missionari laici a tempo pieno, indispensabili per la “nuova evangelizzazione”. Molti laici vengono invitati ad abbandonare lavori a tempo pieno e a operare come missionari. Dotati di grandi capacità professionali e un migliore accesso agli ambienti secolari, portano il Vangelo nei posti più remoti della terra che la Chiesa ha difficoltà a raggiungere. La Chiesa deve riconoscere e incoraggiare questi missionari laici e sostenere la loro formazione affinché la “nuova evangelizzazione” sia davvero efficace.

[00191-01.04] [UD012] [Testo originale: inglese]

- Dott. Riad SARGI, Presidente della Società di S. Vincenzo de Paol in Damasco (SIRIA)

Durante gli ultimi giorni di questo Sinodo, abbiamo ascoltato molti discorsi dei Padri delle Chiese in diversi paesi di tutto il mondo. Abbiamo condiviso la conoscenza e l’esperienza delle istanze più importanti di questo Sinodo. Dal mio punto di vista, l’obiettivo della Chiesa è come far vivere ai cristiani il Vangelo nelle loro famiglie, nelle loro città, nei loro paesi e in tutto il mondo. Per raggiungere questo scopo, dobbiamo far sì che i bambini e i giovani vengano nutriti nel Vangelo, nel catechismo, negli insegnamenti del cristianesimo e, successivamente, saranno loro a diffondere questa conoscenza. Per ottenerlo dobbiamo individuare metodi atti ad attrarre ragazzi e ragazze. Non possiamo obbligarli a venire in chiesa per ricevere un’educazione cristiana. Perciò dobbiamo trovare il modo di incoraggiarli a venire in chiesa creando un’atmosfera piena di gioia e piacere e impartir loro un insegnamento cristiano servendoci della tecnologia all’avanguardia, con i media, i computer e gli ultimi sistemi di comunicazione. Occorre inoltre che i vescovi e i sacerdoti collaborino con gli adulti nelle loro parrocchie e diocesi e impieghino tutte le possibilità che esse offrono.
Beatissimo Padre, noi rappresentiamo una minoranza nel nostro paese e celebriamo la Pasqua due volte. L’anno prossimo le due celebrazioni saranno distanziate di cinque giorni. Questa circostanza imbarazza i cristiani e molti si sentono in difficoltà per questa situazione di fronte a Cristo risorto. Chiediamo umilmente che venga trovata una soluzione a questo importante problema tra la nostra Chiesa e le Chiese ortodosse.

[00223-01.04] [UD015] [Testo originale: inglese]

- Rev. P. Vinko MAMIĆ, O.C.D., Presidente dell'Unione dei Superiori e delle Superiore Maggiori in Croazia (CROAZIA)

Ritengo significativo il fatto che nella Prefazione dell’Instrumentum laboris venga citato Matteo, “Perché avete paura, gente di poca fede?” (8, 26), mentre nella conclusione viene ripetuta ben due volte un’altra citazione di Matteo, “Non abbiate paura!” (28, 5). L’ultima frase del documento dice: “«Non abbiate paura!» sia la parola della nuova evangelizzazione”.
Evangelizzare significa fondamentalmente aiutare le persone a ottenere il dono della fede e dell’agire cristiano. Pertanto, la proclamazione della Parola di Dio è solo una parte di questo compito. Come già detto in questi ultimi giorni, l’evangelizzazione è costituita anche dalla contemplazione e dal silenzio. Di fatto, il modo più memorabile (e forse più efficace) di evangelizzazione durante la visita del Santo Padre Benedetto XVI in Croazia, lo scorso anno, è stato un breve tempo di silenzio e di adorazione eucaristica con i giovani raccolti nella piazza principale della capitale Zagabria. In quel silenzio, durato circa cinque minuti, molte delle persone presenti - come hanno testimoniato dopo - hanno percepito la vicinanza di Dio e la sua sollecitudine amorevole. Nessuno ha provato paura; la gente si è sentita sollevata dai fardelli e dalle ansie; tutti erano contenti di stare insieme; ne erano davvero felici e hanno trascorso il resto della giornata in un gioioso canto e rendimento di grazie a Dio. Non penso che le parole o qualche meravigliosa riflessione avrebbero potuto evangelizzare più di quanto abbia fatto quel momento di silenzio contemplativo, che ha permesso loro di incontrare Cristo personalmente.
Il silenzio e la contemplazione vengono citati solo sporadicamente nell’Instrumentum laboris. Ritengo che dovrebbero essere elaborati in maggior misura se vogliamo tracciare meglio il cammino verso l’attuazione delle parole del documento. “Non abbiate paura!”. Alcune delle idee contenute nel Messaggio del Santo Padre per la XLVI Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, intitolato “Silenzio e Parola: cammino di evangelizzazione", potrebbero essere usate come base di partenza.

[00229-01.04] [UN016] [Testo originale: inglese]

- Prof. Marco IMPAGLIAZZO, Presidente della Comunità di Sant'Egidio (ITALIA)

Vorrei evidenziare due segni dei tempi in cui collocare il tema della nuova evangelizzazione. Il primo: la globalizzazione.
Nel mondo globalizzato, l'uomo e la donna sono "spaesati", perché privi di tante forme comunitarie. Una vera, silenziosa, rivoluzione antropologica. L’uomo e la donna sono soli. Il
cattolicesimo ha fatto a lungo i conti con la realtà della secolarizzazione, meno con la globalizzazione che non è ideologica, ma non per questo priva di conseguenze antropologiche. La dimensione spirituale cristiana è profondamente connessa a una dimensione sociale e comunitaria, cioè alla prossimità umana. La nuova evangelizzazione in questa cultura è la scoperta di una dimensione comunitaria e di comunione. La Chiesa è comunione.
C'è un secondo dirompente segno dei tempi: il numero dei poveri e le povertà crescono.
Dobbiamo riconoscere che, negli ultimi anni, tra la nostra gente c'è stato un modo di parlare dell'incontro con i poveri che non è risultato attrattivo, anzi spento, amministrativo, talvolta politicizzato o sociologizzato, incapace di espressioni comunicative e vitali. Dobbiamo invece dire che l'amicizia con i poveri è cuore del cristianesimo. La presenza del povero è misteriosamente e umanamente potente: cambia più di un discorso, insegna la fedeltà, aiuta a conoscere la fragilità della vita, a pregare per e con loro. Bisognerebbe rendere il contatto con i poveri più presente anche nei percorsi educativi dei giovani.
La nuova evangelizzazione passa anche attraverso un nuovo incontro con i poveri, nel quale l'uomo spaesato e individualista può essere guidato all' incontro con Cristo stesso.

[00287-01.05] [UD021] [Testo originale: italiano]

- Sig. Mikhail FATEEV, Direttore di produzione presso il canale televisivo "United Television" a San Pietroburgo (FEDERAZIONE RUSSA)

In Russia la maggior parte dei cristiani rappresenta soltanto la prima generazione di credenti. Molti hanno iniziato la loro vita cristiana da adulti. Poiché non siamo stati allevati in famiglie cristiane, non abbiamo alcuna esperienza per formare i nostri figli.
Questo è un problema comune a tutte le confessioni cristiane in Russia: ai cattolici, agli ortodossi e ai protestanti. Ecco perché stiamo cercando di risolverlo insieme. Un giornale ufficiale della Chiesa ortodossa russa di San Pietroburgo chiede regolarmente ad autori cattolici di scrivere testi sulla formazione cristiana, sul catechismo e sulla vita cristiana nella famiglia. Abbiamo così un illuminante esempio di cooperazione tra due Chiese sorelle. Tale cooperazione rappresenta una testimonianza di unità cristiana reale, di cui abbiamo tanto bisogno nel mondo moderno secolarizzato.
Tuttavia, mentre cerchiamo l’unità, non dobbiamo rifiutare o dimenticare la nostra identità cattolica. Le persone sono più propense a parlare con noi in quanto cattolici, piuttosto che come “comuni cristiani”. Abbiamo potuto osservarlo dopo un incontro organizzato da laici cattolici in una delle più grandi librerie di San Pietroburgo. L’evento ha sollevato molto interesse da parte dei media. Abbiamo quindi deciso di promuovere una serie di incontri e di discussioni pubbliche sulla Chiesa cattolica, sulla sua fede e sulle sue tradizioni. Noi cattolici siamo andati incontro alla gente e siamo stati accolti con grande interesse!
La comunità cattolica russa è molto esigua. Il numero di quanti praticano effettivamente la loro fede è ancora più basso e instabile. Ecco perché è così importante raggiungere, attraverso i media, quanti stanno perdendo la propria identità cattolica. La comunità cattolica in Russia è molto povera, quindi il metodo più efficace è quello di servirsi dei nuovi media, quali i social networks, i blogs e i siti web. È il modo migliore per essere ascoltati dai ragazzi e anche dalle famiglie giovani. Dobbiamo collaborare anche con i media secolari. Tutte queste risorse mediatiche dovrebbero aiutarci a indurre le persone a tornare in chiesa e a invitarle a una vita cristiana più profonda e personale.

[00289-01.04] [UD023] [Testo originale: inglese]

- Prof. Guzmán CARRIQUIRY, Segretario della Pontificia Commissione per l'America Latina (URUGUAY)

Vorrei richiamare l’attenzione su un evento importante dell’Anno della Fede, un evento che rientra nella nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede alle nuove generazioni. Mi riferisco alla Giornata Mondiale della Gioventù, presieduta, se Dio vuole, dal Santo Padre, che si terrà a Rio de Janeiro a luglio del prossimo anno.
Questo importantissimo appuntamento invita provvidenzialmente a una grande mobilitazione educativa e missionaria dei giovani latinoamericani. I nostri giovani si aspettano molto dalla Chiesa, pur essendo più o meno vicini o più o meno lontani da essa. Chi potrà dare ai giovani ragioni di vita e di speranza se non la Chiesa? Chi potrà soddisfare i loro aneliti di verità e amore, giustizia e felicità se non la testimonianza razionale, attraente e affascinante di Cristo?
Il cammino di preparazione a questo evento deve dimostrare la capacità delle comunità cristiane e dei movimenti ecclesiali di parlare al cuore e all’intelligenza di molti giovani, anche al di là dei confini ecclesiastici. Bisogna ravvivare la fede degli alunni dei nostri istituti scolastici cattolici. Non possiamo ignorare le gravi carenze nell’evangelizzazione del vasto mondo universitario. Si tratta di una buona occasione per promuovere iniziative di evangelizzazione per quel 20% di giovani latinoamericani che non studiano né lavorano e che sono emarginati, sconcertati, spesso sedotti dalla rete del traffico di droga e della violenza. Occorre coinvolgere i genitori e i nonni nel cammino dei giovani verso Rio. Infine, bisogna affrontare già da ora la sfida dell’educazione di tutti i giovani pellegrini per coniugare il loro entusiasmo con una riscoperta e un’adesione decise ai contenuti della fede cristiana.

[00291-01.05] [UD025] [Testo originale: spagnolo]

 
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