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CONGREGAZIONE PER GLI ISTITUTI DI VITA CONSACRATA
E LE SOCIET
À DI VITA APOSTOLICA

RIFLESSIONE DI S.E. MONS. PIERGIORGIO SILVANO NESTI

L'Eucaristia sorgente di contemplazione e di ascesi

 

"Le contemplative claustrali, in modo specifico e radicale, si conformano a Cristo a Gesù Cristo in preghiera sul monte e al suo Mistero pasquale, che è una morte per la risurrezione": sono queste le parole con cui si apre la prima parte del documento Verbi Sponsa, l'Istruzione sulla vita contemplativa e la clausura delle monache che la Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica ha pubblicato nel 1999. Tale Istruzione si propone di riaffermare e attualizzare i fondamenti teologici e dottrinali che motivano la vita contemplativa, presentati dal Concilio Vaticano II e rielaborati nei successivi documenti, fino all'Esortazione apostolica Vita Consacrata firmata da Giovanni Paolo II il 25 marzo 1996, dopo il Sinodo sulla Vita consacrata, in preparazione del grande giubileo del 2000.

Un modo privilegiato per stare con Dio

La clausura, nel suo aspetto concreto, è un modo privilegiato di stare con il Signore, di condividerne la povertà, il silenzio, l'interiorità, la ricerca del volto del Padre; ma soprattutto è una maniera di vivere e di esprimere il Mistero pasquale di Cristo, che ha nell'Eucaristia l'apice della donazione.

Solo contemplando il grande mistero del Sacramento della nostra salvezza possiamo raggiungere la piena consapevolezza dell'amore di Dio che, che incarnatosi nel Figlio, "... venne ad abitare in mezzo a noi" (Gv 1, 14) restando nei nostri tabernacoli, fino alla consumazione dei secoli. Davanti a questa Presenza, che richiama tutti i battezzati al dovere dell'adorazione contemplativa, le claustrali sostano incessantemente e presentano al loro mistico Sposo le necessità dell'umanità intera.

Attendendo, nell'adorazione e nella vigilanza, il ritorno finale del Signore, la Claustrale corrisponde "all'amore assoluto di Dio per la Sua creatura" ed esprime "il compimento del Suo eterno desiderio di accoglierla nel mistero di intimità con il Verbo, che si è fatto dono sponsale nell'Eucaristia... centro della piena comunione d'amore con Lui" (VS 3). L'aspetto sponsale dell'Eucaristia che caratterizza in modo inequivocabile la vita delle contemplative, è stato trattato dal Papa, Giovanni Paolo II, anche nella lettera apostolica Mulieres dignitatem, al n. 26, dove, presentando il sacrificio della Croce, mette in risalto "... il senso sponsale dell'amore di Dio: Cristo è lo Sposo della Chiesa come redentore del mondo. L'Eucaristia è il sacramento della nostra redenzione. È il sacramento dello Sposo e della Sposa".

L'Eucaristia, reale Corpo di Cristo, profeticamente prefigurata dalla manna (cfr Es 16, 4), alimento che sosteneva la speranza di quanti anelavano alla terra promessa, da duemila anni, sotto i segni del pane e del vino, accompagna, alimenta e rinvigorisce il popolo di Dio, Chiesa in cammino verso la parusia. Giovanni Paolo II nell'ultima Lettera enciclica Ecclesia de Eucaristia si sofferma nella meditazione e contemplazione eucaristica, abbracciando sia la vita ecclesiale in tutti i suoi aspetti, sia la vita del singolo credente perché ri-scopra e ri-valorizzi le sue radici. Proprio all'inizio dell'Enciclica, esprime questo concetto fondamentale con sfumature sapienziali: "La Chiesa vive dell'Eucaristia... Da quando... ha cominciato il suo cammino pellegrinante verso la patria celeste, il Divin Sacramento ha continuato a scandire le sue giornate, riempiendole di fiduciosa speranza" (EDE, 1). Allo stesso modo sembra delineare il cammino semplice, nascosto, ma altrettanto vigoroso e solidale che le Claustrali conducono nella vita di ogni giorno in tanti monasteri sparsi nel mondo, luoghi di pace e di ascolto dove sostano "... davanti al volto eucaristico di Cristo, additando con nuova forza alla Chiesa la centralità dell'Eucaristia", prolungano la Celebrazione eucaristica "... nell'adorazione del Santissimo Sacramento... sorgente inesauribile di santità" (EDE, 7 e 10).

In un mondo che sembra aver smarrito l'anima

Il nostro mondo che ha appena varcato le soglie del terzo millennio e, immerso nella tecnologia e nella scienza, sembra smarrire la sua anima e disinteressarsi del senso ultimo dell'esistenza, ha bisogno di riscoprire la necessità di essere salvato e la Fonte della salvezza. Le chiamate di Dio non mancano e la loro fecondità non conosce i clamori delle cronache né le luci della ribalta:  la forza dello Spirito è tutta interiore. La preghiera è il tramite che esprime questa forza, perché porta a "... contemplare Cristo... a... saperlo riconoscere dovunque Egli si manifesti, nelle sue molteplici presenze, ma soprattutto nel sacramento vivo del Suo Corpo e del Suo Sangue... perché... la Chiesa vive del Cristo eucaristico, da Lui è nutrita, da Lui è illuminata" (EDE, 6).

Chi incontra la persona di Cristo è incapace di tenere per sé tanta ricchezza. Alla luce di questo Incontro diventa comprensibile la vita di coloro che si dedicano a Lui interamente, privilegiandoLo in tutto attraverso la contemplazione orante, come le monache. La vita delle Claustrali per la Chiesa e per il mondo, oltre che testimonianza, è anche desiderio e supplica affinché tutti i fratelli si incamminino sulla via di Emmaus e, dopo aver ragionato invano sul Signore assente, si accorgano che cammina e interloquisce con loro lungo la via e si lascino da Lui aprire gli occhi riconoscendoLo allo spezzar del pane (cf Lc 24, 31).

Sulle strade dell'umanità cammina anche la Madre di Dio, contemplativa per eccellenza. Pertanto "... Vivere nell'Eucarestia il memoriale della morte di Cristo implica anche ricevere continuamente questo dono. Significa prendere con noi - sull'esempio di Giovanni - colei che ogni volta ci viene donata come Madre" (EDE, 57). Maria fu il primo tabernacolo vivente nella storia:  con Lei e per la sua supplica è possibile contrapporre ai germi di disintegrazione presenti nel mondo "... la forza generatrice di unità del Corpo di Cristo. L'Eucaristia costruendo la Chiesa... crea comunità fra gli uomini" (EDE, 24).

          

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