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 CONGREGAZIONE DELLE CAUSE DEI SANTI

RIFLESSIONE DEL CARD. JOSÉ SARAIVA MARTINS

Il significato dei santi oggi
in un mondo che cambia

 

1. "Per fare di un uomo un santo occorre solo la Grazia. Chi dubita di questo non sa cosa sia un santo né cosa sia un uomo", ha osservato con la sua caratteristica lapidarietà Pascal nei Pensieri.

Prendo questa osservazione per accennare alle due prospettive di queste riflessioni:  nel santo si congiungono la celebrazione di Dio (della sua Grazia appunto) e la celebrazione dell'uomo, nelle sue potenzialità e nei suoi limiti, nelle sue aspirazioni e nelle sue realizzazioni.

Sono note le tante obiezioni che oggi si muovono al concetto di "santità" e di "santo". Non poche critiche sono rivolte anche alla tradizionale e ininterrotta pratica della Chiesa di riconoscere e proclamare "santi" alcuni suoi figli più esemplari. Nel grande risalto, anche numerico, dato da Giovanni Paolo II alle beatificazioni e canonizzazioni durante il suo pontificato, qualcuno ha insinuato esservi una strategia espansionistica della Chiesa cattolica. Per altri, la proposta di nuovi beati e santi, così diversificati per categorie, nazionalità e culture, sarebbe solo un'operazione di marketing della santità con scopi di leadership del Papato nella società civile attuale. C'è, infine, chi vede nelle canonizzazioni e nel culto dei santi un residuo anacronistico di trionfalismo religioso, estraneo o persino contrario allo spirito e al dettato del Concilio Vaticano II che tanto ha evidenziato la vocazione alla santità di tutti i cristiani.

Evidentemente, una lettura esclusivamente sociologica del nostro tema rischia di essere non solo riduttiva ma anche fuorviante dalla comprensione di questo fenomeno tanto caratteristico della Chiesa cattolica.

2. Nella Lettera Apostolica Novo Millennio ineunte, la lettera che il Papa ha consegnato alla Chiesa a conclusione del Giubileo dell'anno 2000, si parla con accenti profondi del tema della santità. Nella "grande schiera di santi e di martiri" che include "Pontefici ben noti alla storia o umili figure di laici e religiosi, da un continente all'altro del globo - ha osservato Giovanni Paolo II al n. 7 della Lettera - la santità è apparsa più che mai la dimensione che meglio esprime il mistero della Chiesa. Messaggio eloquente che non ha bisogno di parole, essa rappresenta al vivo il volto di Cristo".

Per capire la Chiesa occorre conoscere i santi che ne sono il segno e il frutto più maturo ed eloquente. Per contemplare il volto di Cristo nelle mutevoli e diversificate situazioni del mondo moderno occorre guardare ai santi che "rappresentano al vivo il volto di Cristo", come ci ricorda il Papa. La Chiesa deve proclamare dei santi e lo deve fare in nome di quell'annuncio della santità che la riempie e la fa essere appunto, strumento di santità nel mondo.

"Nella vita di quelli che, sebbene partecipi della nostra natura umana, sono tuttavia trasformati nell'immagine di Cristo (Cfr 2 Cor 3, 18), Dio manifesta vividamente agli uomini la sua presenza e il suo volto. In loro è egli stesso che ci parla e ci mostra il segno del suo regno, verso il quale, avendo davanti a noi un tal nugolo di testimoni (Cfr Ebr 12, 1) e una tale affermazione della verità del Vangelo, siamo potentemente attirati" (LG, 50). In questo passaggio della Lumen gentium troviamo la ragione profonda del culto di beati e santi.

3. La Chiesa compie la missione affidatale dal Divin Maestro di essere strumento di santità attraverso le vie dell'evangelizzazione, dei sacramenti e della pratica della carità. Tale missione riceve un notevole contributo di contenuti e di stimoli spirituali anche dalla proclamazione dei beati e santi, perché essi mostrano che la santità è accessibile alle moltitudini, che la santità è imitabile. Con la loro concretezza personale e storica fanno sperimentare che il Vangelo e la vita nuova in Cristo non sono un'utopia o un mero sistema di valori, ma sono "lievito" e "sale" capaci di far vivere la fede cristiana all'interno e dall'interno delle diverse culture, aree geografiche ed epoche storiche.

"L'avvenire degli uomini - ha osservato il compianto Card. Giuseppe Siri - non è mai chiaro, perché tutti i loro peccati corrodono tutti i sentieri della storia e inducono una dialettica intricata di cause e di effetti, di errori e di nemesi, di esplosioni e di interruzioni. La certezza che i santi continueranno ad accompagnare gli uomini è una delle poche garanzie dell'avvenire" (Il primato della verità, 154).

4. Il fenomeno dei santi e della santità cristiana, crea uno stupore che non è mai venuto meno nella vita della Chiesa e che non può non sorprendere anche un osservatore laico attento, soprattutto oggi, in un mondo che cambia continuamente e rapidamente, in un mondo frammentato culturalmente sia a livello di valori che di costumi. Dallo stupore nasce la domanda:  cosa fa sì che la fede si incarni in tutte le latitudini, nei diversi contesti storici, tra le più variate categorie e stati di vita? Come è possibile che senza dinamismi di potere, impositivi o persuasivi che siano, e senza dinamismi di uniformità, ci siano tanti santi così diversi e così consonanti con Cristo e con la Chiesa? Cosa spinge alla libera assunzione del nucleo germinativo cristiano che poi sviluppa tanta diversità e bellezza nell'unità della santità? Quanto è diversa la globalizzazione, di cui oggi tanto si parla, dalla cattolicità o universalità della fede cristiana e della Chiesa che quella fede vive, custodisce e diffonde!

Quell'internazionalismo del cattolicesimo, che non è ricercato per mire di potere ma di servizio e di salvezza, viene confermato dai santi e dalle sante che appartengono ai più diversi quadri di riferimento storico, ma hanno vissuto la stessa fede. Tale internazionalismo conferma che la santità non ha confini e che essa non è morta nella Chiesa e, anzi, continua ad essere di viva attualità. Il mondo cambia, ma i santi, pur cambiando essi stessi con il mondo che cambia, ripresentano sempre il medesimo volto vivo di Cristo. Non vi è in questo un indizio inconfondibile della vitalità unica, meta-culturale e meta-storica - "soprannaturale" è per noi cattolici la parola giusta - dell'annuncio e della Grazia cristiana?

5. In questo contesto di pensieri è interessante fare un'osservazione su come la Chiesa cattolica riconosce e proclama i beati e santi. Mi riferisco in particolare al lavoro della Congregazione delle Cause dei Santi, chiamata a studiare e riconoscere la santità e i santi attraverso un procedura minuziosa e saggia, consolidata, rinnovata e rinnovabile nel tempo.

I santi e la santità sono riconosciuti con un movimento dal basso verso l'alto. Ancor oggi, è il popolo cristiano stesso che, riconoscendo per intuito della fede la "fama di santità", segnala i candidati alla canonizzazione al proprio Vescovo - titolare della prima fase del processo di canonizzazione - e successivamente al Dicastero della Santa Sede competente. Né la Congregazione delle Cause dei Santi e né il Papa "inventano" o "fabbricano" i santi. Ci pensa già, come sanno bene tutti i credenti, lo Spirito Santo. Che poi questo stesso Spirito - come dice il Vangelo - "spiri dove vuole" è una constatazione a cui siamo abituati da secoli, e tanto più oggi, essendo la Chiesa diffusa in ogni parte del mondo e in ogni strato sociale.

Ciò detto, va riconosciuto che Papa Giovanni Paolo II ha fatto della proclamazione di nuovi beati e santi una autentica e costante forma di evangelizzazione e di magistero. Ha voluto accompagnare la predicazione delle verità e dei valori evangelici con la presentazione di santi che hanno vissuto quelle verità e quei valori in modo esemplare. Nel corso del suo pontificato, e dunque dal 1978 ad oggi, Giovanni Paolo II ha beatificato 1.299 persone di cui 1.029 sono martiri, mentre ne ha canonizzate 464 di cui 401 hanno incontrato il martirio. I laici elevati agli onori degli altari sono anche molti di più di quanto si pensi, di solito:  si tratta infatti di 268 beati e 246 santi, in tutto sono ben 514 laici.

Sono tanti per alcuni; sono pochi per altri.

Per quanto riguarda il numero dei Santi, Giovanni Paolo II non ignora il parere di chi ritiene che essi siano troppi. Anzi, ne parla esplicitamente. Ecco la risposta del Papa in proposito: "Si dice talora che oggi ci sono troppe beatificazioni. Ma questo, oltre a rispecchiare la realtà, che per grazia di Dio è quella che è, corrisponde anche al desiderio espresso dal Concilio. Il Vangelo si è talmente diffuso nel mondo e il suo messaggio ha messo così profonde radici, che proprio il grande numero di beatificazioni rispecchia vividamente l'azione dello Spirito Santo e la vitalità che da Lui scaturisce nel campo più essenziale per la Chiesa, quello della santità. È stato infatti il Concilio a mettere in particolare rilievo la chiamata universale alla santità" (13-VI- 1994, in apertura del Concistoro straordinario in preparazione al Giubileo del 2000).

Nella Tertio Millennio adveniente Giovanni Paolo II scrive: "In questi anni si sono moltiplicate le canonizzazioni e le beatificazioni. Esse manifestano la vivacità delle Chiese locali, molto più numerose oggi che nei primi secoli e nel primo millennio. Il più grande omaggio, che tutte le Chiese renderanno a Cristo alla soglia del terzo millennio, sarà la dimostrazione dell'onnipotente presenza del Redentore mediante i frutti di fede, di speranza e di carità in uomini e donne di tante lingue e razze, che hanno seguito Cristo nelle varie forme della vocazione cristiana" (TMA, 37).

Nella Lettera Apostolica Novo Millennio ineunte, il Papa osserva inoltre:  "Le vie della santità sono molteplici, e adatte alla vocazione di ciascuno. Ringrazio il Signore che mi ha concesso di beatificare e canonizzare, in questi anni, tanti cristiani, e tra loro molti laici che si sono santificati nelle condizioni più ordinarie della vita" (NMI, 31).

Certamente, tante beatificazioni e canonizzazioni sono anche un segno della capacità di inculturazione della vita della fede cristiana e della Chiesa.

6. Vorrei infine soffermarmi sul contributo culturale dato dai santi, dal loro culto e dal fervoroso e serio lavoro di studio che precede e segue la loro canonizzazione.

Il Concilio Vaticano II chiese che un'"accurata investigazione storica, teologica e pastorale" circondasse la proposta del culto dei santi (Sacrosanctum Concilium n.23). Tale indicazione trovava già preparata, e oggi pienamente sperimentata, la Congregazione delle Cause dei Santi.

La cura della verità storica fu sempre presente nel lavoro della Congregazione delle Cause dei Santi. Già in un "Decreto" di Pio X del 26.8.1913, poi recepito nel "Codice di Diritto Canonico" del 1917, chiedeva la raccolta e lo studio di tutti i documenti storici relativi alle cause. Ma la fondamentale novità fu apportata dal Motu Proprio "Già da qualche tempo" del 6.2.1930, con il quale Pio XI istituiva presso la Congregazione dei Riti la "Sezione storica", con il compito di portare il suo efficace contributo per la trattazione delle cause "storiche", cioè di quelle senza testimoni contemporanei ai fatti in causa. Il servizio reso dalla "Sezione storica", poi denominata dal 1969 "Ufficio storico-agiografico", fu esteso a tutte le cause, anche a quelle "recenti", accrescendo la sensibilità storico-critica a tutti i livelli e in tutte le fasi del processo. Finalmente, la Costituzione Apostolica "Divinus perfectionis Magister", del 25.1.1983, seguita dalle "Normae servandae" del 7.2.1983, sancì definitivamente il determinante apporto del metodo e della qualità storica nella trattazione delle cause dei santi.

La verità storica, tanto diligentemente ricercata per motivi teologici e pastorali, porta molti benefìci anche alla presentazione culturale dei santi. I nuovi beati e santi sono "usciti di sacrestia" per essere studiati e presentati anche come personaggi storicamente significativi, ben dentro alla vita della loro Chiesa, della loro società, del loro tempo. Così non interessano più solo alla Chiesa e ai credenti, ma a tutti coloro che si occupano di storia, di cultura, di vita civile, di politica, di pedagogia ecc. In tale maniera, la missione di questi straordinari uomini di Dio continua in modo diverso, ma comunque efficace per il bene di tutta la società. Significativo al riguardo è il fatto che l'Archivio della Congregazione delle Cause dei Santi non è più soltanto frequentato da "addetti al lavoro ecclesiastici", ma anche da studiosi laici che vi attingono per tesi di laurea, per studi storici, di pedagogia, di sociologia, ecc. perché vi trovano materiale copioso e storicamente attendibile.

7. La santità tocca, dunque, con una sua valenza particolare anche la cultura. I santi hanno permesso che si creassero dei nuovi modelli culturali, nuove risposte ai problemi e alle grandi sfide dei popoli, nuovi sviluppi di umanità nel cammino della storia. Quella dei santi "è un'eredità da non disperdere - ha più volte insistito il Santo Padre -, ma da consegnare a un perenne dovere di gratitudine e a un rinnovato proposito di imitazione" (Novo Millennio ineunte n. 7).

I santi sono come dei fari; hanno indicato agli uomini le possibilità di cui l'essere umano dispone. Per questo sono interessanti anche culturalmente, indipendentemente dall'approccio culturale, religioso e di studio con cui li si avvicini. Un grande filosofo francese del XX secolo, Henry Bergson, ha osservato che "i più grandi personaggi della storia non sono i conquistatori ma i santi".

Mentre Jean Delumeau, uno storico del cattolicesimo del Cinquecento ha invitato a verificare come i grandi risvegli nella storia della cristianità siano stati caratterizzati da un ritorno alle fonti, cioè alla santità del Vangelo, provocata dai santi e dai movimenti di santità nella Chiesa.

In tempi più recenti, il Card. Joseph Ratzinger ha giustamente affermato che "Non sono le maggioranze occasionali che si formano qui o là nella Chiesa a decidere il suo e nostro cammino. Essi, i Santi, sono la vera, determinante maggioranza secondo la quale noi ci orientiamo. Ad essa noi ci atteniamo! Essi traducono il divino nell'umano, l'eterno nel tempo".

8. In un mondo che cambia, i santi non solo non restano spiazzati storicamente o culturalmente, ma - mi pare di dover concludere - stanno diventando un soggetto ancor più interessante e attendibile. In un'epoca di caduta delle utopie collettive, in un'epoca di diffidenza e di inappetenza di quanto è teorico e ideologico sta sorgendo una nuova attenzione verso i santi, figure singolari nelle quali si incontra non una teoria e neanche semplicemente una morale, ma un disegno di vita da narrare, da scoprire con lo studio, da amare con la devozione, da attuare con la imitazione.

Di questo risveglio di attenzione verso i santi non c'è che da rallegrarsi perché i santi sono di tutti, sono un patrimonio dell'umanità che si sporge oltre se stessa in uno sviluppo che mentre onora l'uomo rende anche gloria a Dio, perché "gloria di Dio è l'uomo vivente" (s. Ireneo di Lione).

Tutto quanto fin qui considerato, mi piace leggerlo alla luce di un messaggio, davvero avvincente, del Santo Padre Giovanni Paolo II, che mi pare possa dare, a chi riflette su questo tema, almeno un'idea della visione del Sommo Pontefice circa la santità, inscindibilmente legata alla dignità battesimale di ogni cristiano, e quindi spiegare meglio anche il ruolo delle beatificazioni e canonizzazioni nel cammino pastorale della Chiesa, in questi XXV anni di pontificato di Karol Wojtyla. Il messaggio è quello inviato per la giornata mondiale di preghiera per le vocazioni del 2002:  "Compito primario della Chiesa è accompagnare i cristiani sulle vie della santità. (...) La Chiesa è "la casa della santità", e la carità di Cristo, effusa dallo Spirito Santo, ne costituisce l'anima" (AAS, vol. XCIV, 3 maggio 2002, n. 5).

Nella Chiesa dunque tutto, ed ogni vocazione in particolare è a servizio della santità! Ed è indubbiamente in questo senso che quando guardiamo alla Chiesa, non dobbiamo mai dimenticare di vedere in essa il volto della "madre dei santi", che genera santità con feconda e magnanima sovrabbondanza.

Card. JOSÉ SARAIVA MARTINS
Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi

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