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CONVEGNO INTERNAZIONALE PROMOSSO
DAL PONTIFICIO CONSIGLIO DELLA GIUSTIZIA E DELLA PACE
A 40 ANNI DALLA COSTITUZIONE CONCILIARE "GAUDIUM ET SPES"

SALUTO DEL CARD. ANGELO SODANO

Aula del Sinodo
Mercoledì, 16 marzo 2005 

 

Eminenza, Eccellenze,
Cari amici,

Non vorrei "portare acqua al mare", aggiungendo un commento all'eloquente prolusione, svolta dal medesimo Sommo Pontefice ai lavori di questa Conferenza internazionale, che vede riuniti in quest'Aula Nuova del Sinodo un grande numero di studiosi della dottrina sociale della Chiesa.

Desidererei soltanto porgere un grazie vivissimo al Presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, Cardinale Renato Raffaele Martino, e uno altrettanto caloroso agli accademici degli Istituti delle Università cattoliche, organizzatori della parte scientifica dell'evento, che tanta passione coltivano per l'insegnamento della Chiesa in campo sociale.

Il tema della Conferenza, "La chiamata alla giustizia. L'eredità della Gaudium et spes quarant'anni dopo", è al cuore di questo insegnamento. A rileggere oggi la Costituzione su "La Chiesa nel mondo contemporaneo", non si può fare a meno di sentirsi chiamati ad un impegno nel mondo, non meno necessario e doveroso ai nostri giorni oggi che allora: la Gaudium et spes può davvero essere intesa come una chiamata, come una vocazione.

La Chiesa, infatti, ha ricevuto in eredità da Dio la vocazione integrale dell'uomo, che consiste nella sua eminente dignità. La Chiesa, a sua volta, chiama i suoi figli e tutti gli uomini di buona volontà, ad un impegno che corrisponda a quella eminente dignità. Ed è proprio da questa dignità che consegue una importante dimensione del nostro impegno per la giustizia, secondo le indicazioni che derivano dalla Gaudium et spes.

La vocazione di Dio ci costituisce nella nostra eminente dignità e corrispondere ad essa è la prima nostra vocazione. C'è in ogni uomo un "ordine delle cose". La sua dignità appartiene a questo ordine delle cose. Sul rispetto di questo ordine si fondano la libertà e i diritti, ed è bene ricordare che, come la verità fonda la libertà, così i diritti sono fondati sui doveri.

Giovanni Paolo II, nel suo memorabile discorso all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 5 ottobre del 1995, ha parlato di una "grammatica" comune, accessibile a tutti, su cui ogni uomo può basarsi per capire la realtà. Il Papa, poi, soggiungeva: "ci sono dei diritti universali, radicati nella natura della persona, nei quali si rispecchiano le esigenze obiettive e imprescrivibili di una legge morale universale... e, se vogliamo che un secolo di costrizione lasci spazio ad un secolo di persuasione, dobbiamo trovare la strada per discutere, con un linguaggio comprensibile e comune, circa il futuro dell'uomo e la legge morale universale iscritta nel cuore dell'uomo."

Ecco, ritengo che uno dei principali compiti che possiamo assumerci oggi, a quarant'anni dalla pubblicazione della Gaudium et spes, volendo collocarci nella tradizione del Documento e rispettandone il carattere di vocazione, sia quello di rilanciare culturalmente il valore della legge naturale, come condizione della vera libertà umana e come occasione di dialogo tra gli uomini nel riconoscimento comune di un quadro di valori condivisi. Condivisi perché veri e non veri perché condivisi.

Affidando questo compito anche a tutti i presenti, auguro agli studiosi partecipanti a questa Conferenza internazionale di saper rispondere, con giornate di proficuo lavoro, alla loro vocazione. È la vocazione di indicare agli uomini d'oggi il fondamento ultimo della giustizia, che è la verità, quell'"ordine delle cose", l'"ordo rerum", di cui parla il n. 25 della Gaudium et spes, quell'ordine delle cose che è stato voluto dall'amore creativo di Dio.

La Costituzione Pastorale sulla Chiesa nel mondo contemporaneo, che noi oggi vogliamo commemorare, ha un titolo che ci apre il cuore alla speranza per il futuro dell'umanità. Gaudium et spes, il gaudio e la speranza. In realtà, come mi è stato riferito, il primo progetto del documento iniziava con le parole Gaudium et Luctus, il gaudio ed il lutto.

È dunque di buon auspicio il cambio che fu effettuato. Ci apre il cuore alla speranza per il progresso dell'umanità, se sapremo corrispondere al piano del Creatore.

A tutti dico, concludendo: "Buon lavoro"!

 

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