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INTERVENTO DELLA SANTA SEDE
ALLA COMMISSIONE PER L'EDUCAZIONE
DELLA 35ª SESSIONE DELLA CONFERENZA GENERALE DELL'UNESCO

DISCORSO DI S.E. MONS. FRANCESCO FOLLO,
OSSERVATORE PERMANENTE DELLA SANTA SEDE
PRESSO L'ORGANIZZAZIONE DELLE NAZIONI UNITE
PER L'EDUCAZIONE, LA SCIENZA
E LA CULTURA (UNESCO)*

Lunedì, 12 ottobre 2009

 

Signor Presidente,
Eccellenze,

In questo momento cruciale per la vita di milioni di esseri umani resi fragili dalla crisi finanziaria, economica e sociale che riguarda oggi il mondo intero, non ci si può che rallegrare nel vedere la fedeltà dell'UNESCO alla sua intuizione fondatrice e il suo desiderio di partecipare con maggiore efficacia all'umanizzazione di ogni essere umano e all'educazione dei più poveri. Il mezzo scelto oggi è quello di salvaguardare e di aumentare il budget dell'UNESCO destinato all'educazione, in particolare il programma "Educazione per tutti".

Dobbiamo tuttavia accontentarci nel quadro dell'UNESCO di definire priorità, sebbene degne di lode, come quelle dedicate all'Africa e alla promozione delle donne? Se l'UNESCO vuole poter favorire l'universalità e l'effettività delle norme etiche concernenti lo sviluppo di tutti attraverso l'educazione, e in particolare dei più bisognosi, occorre, come in altri dibattiti, che osi avviare una riflessione fondamentale sull'esigenza universale del rispetto dell'essere umano e sul tipo di educazione per tutti che ciò presuppone. Di fatto il punto debole del moltiplicarsi delle priorità definite attualmente è di ridurre il problema filosofico ed etico dell'educazione e dello sviluppo umano a questioni puramente tecniche.

Solo una riflessione fondamentale su "l'educazione integrale" e sull'antropologia che tale educazione presuppone dovrebbe condurci a definire ciò che è effettivamente umanizzante per tutta l'umanità e in particolare per i più poveri e per le donne.

Ma cosa s'intende con "educazione integrale"? Adottando l'espressione "educazione integrale" ci riferiamo all'accezione utilizzata nel 1993 nel Documento finale della Conferenza mondiale sui Diritti dell'uomo organizzata dalle Nazioni Unite che chiedeva di "orientare l'educazione verso il pieno sviluppo della persona e il rafforzamento dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali. Si tratta qui di un'educazione integrale capace di preparare soggetti autonomi e rispettosi della libertà e della dignità altrui". In questa ottica, lo sappiamo, la difesa e la promozione del diritto all'educazione, di cui l'UNESCO ha fatto il suo asse principale, concerne non solo la possibilità per ogni essere umano di istruirsi, di sviluppare i propri talenti e di partecipare quindi alla vita pubblica, economica e sociale, ma anche la capacità di umanizzarsi veramente e di godere pienamente della dignità inerente a ogni persona umana. Non si tratta dunque solo di offrire un'educazione interculturale dove bambini e adolescenti di etnie, razze, culture e sesso diversi imparerebbero a rispettarsi attraverso il dialogo, anche se l'obiettivo di un'educazione interculturale tiene seriamente conto delle mancanze e degli ostacoli all'uguaglianza e alla giustizia che risultano dalla categorizzazione etnica. L'educazione integrale deve comprendere anche l'apprendimento della vita in comune, della solidarietà. Ciò passa per l'apprendimento delle responsabilità.

Una seconda accezione alla quale ci riferiamo non è molto lontana da quella proposta dall'Onu. Si tratta dell'accezione messa in evidenza dalla Chiesa cattolica per definire il suo progetto educativo come "educazione integrale per la persona umana". Questo progetto educativo mira a formare la persona nell'unità integrale del suo essere, intervenendo con gli strumenti dell'insegnamento e dell'apprendimento laddove si formano "i criteri di giudizio, i valori determinanti, i punti d'interesse, le linee di pensiero, le fonti ispiratrici e i modelli di vita" (Paolo VI, Esortazione apostolica post-sinodale Evangelii nuntiandi, 8 dicembre 1975, n. 19; AAS 68 [1976], 18).

Questo progetto educativo sostiene che, "nel contesto della globalizzazione, occorre formare soggetti capaci di rispettare l'identità, la cultura, la storia, la religione e soprattutto le sofferenze e i bisogni altrui, nella consapevolezza che "tutti siamo veramente responsabili di tutti"" (Congregazione per l'educazione cattolica, Educare insieme nella scuola cattolica, 18 settembre 2007, n. 44). In questo contesto, diviene particolarmente urgente offrire ai giovani un percorso di formazione scolastica che non si riduca all'utilizzazione individualistica e istituzionale di un servizio che avrebbe come fine solo l'ottenimento di un diploma.

L'immenso vantaggio di questo progetto educativo è che già esiste in pratica nel mondo, ricco di tutta una storia e di un potere d'immaginazione e di creatività. Nonostante le effettive difficoltà economiche e politiche, questo progetto educativo è corresponsabile dello sviluppo sociale e culturale delle diverse comunità e dei popoli, di cui la scuola cattolica fa parte, condividendo le loro gioie e le loro speranze, le loro sofferenze, le loro difficoltà e il loro impegno per un autentico progresso umano e comunitario. In questa prospettiva, occorre menzionare il prezioso contributo che questo tipo di educazione integrale offre allo sviluppo spirituale e materiale dei popoli più bisognosi, mettendosi al loro servizio (cfr. Ibidem, n. 5.). Esperienze, come quella messa in atto dai Fratelli delle Scuole Cristiane in Camerun con il programma EVA (Educazione alla vita e all'amore per evitare l'AIDS), mostrano tutta l'ampiezza che può assumere questa educazione integrale: si tratta qui di educare i giovani nel loro comportamento sessuale in conformità con gli assi centrali dell'azione mondiale e regionale, tenendo conto del contesto psicoaffettivo, sociale, culturale, religioso e familiare.

Perché questa educazione integrale possa permettere ai bambini e ai giovani non solo di acquisire una maturità umana, morale e spirituale, ma anche di impegnarsi nella trasformazione della società, la Chiesa cattolica invita profondamente a riflettere sull'antropologia che la sottende: "Si vuole dimenticare che l'educazione presuppone e coinvolge sempre una determinata concezione dell'uomo e della vita. Alla pretesa neutralità scolastica corrisponde, il più delle volte, la pratica rimozione, dal campo della cultura e dell'educazione, del riferimento religioso. Una corretta impostazione pedagogica è invece chiamata a spaziare nel territorio più decisivo dei fini, ad occuparsi non solo del "come", ma anche del "perché", a superare il fraintendimento di una educazione asettica, a ridare al processo educativo quella unitarietà che impedisce la dispersione nei rivoli delle diverse conoscenze e acquisizioni e mantiene al centro la persona nella sua identità globale, trascendente e storica" (Congregazione per l'educazione cattolica, La scuola cattolica alle soglie del terzo millennio, 28 dicembre 1997, n. 10). Non si può educare l'uomo quando, per esempio, lo si riduce a un'antropologia derivata da una concezione secondo la quale l'uomo non è che libertà, decisione, soggettività, separate dalla trascendenza e dalla verità. Non si può educare un essere umano quando non si riesce ad articolare l'uguaglianza dei soggetti nel rispetto delle loro differenze culturali.

Nell'area culturale occidentale, i filosofi sono spesso incapaci di comprendere l'uguaglianza nella differenza; l'uguaglianza dei sessi è esemplare di questa difficoltà. Ma non si può dire altrettanto della Bibbia e del messaggio trasmesso dalla Chiesa. Il testo fondatore che contiene "le verità fondamentali dell'antropologia", come notava Papa Giovanni Paolo II in Mulieris dignitatem, n. 6, è in questo caso quello della Genesi: "E Dio creò l'uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò" (Gn 1, 27). La definizione dell'essere umano è percettibile solo nel riconoscimento e nel rispetto della differenza fra i due sessi.

Questa differenza radicata biologicamente non è una mera delimitazione, ma ha piuttosto un senso per la persona stessa. L'uomo e la donna sono allo stesso livello, entrambi creati a immagine di Dio. La fede cristiana nutre dunque la convinzione che nessuno potrà mai negare a un essere umano, uomo o donna, il valore costitutivo che Dio gli ha concesso e che non gli toglierà mai. Esso garantisce i diritti dell'uomo grazie al suo riferirsi all'amore divino che ci fonda e che ci ricrea sempre.

Concludendo, questa educazione integrale, che è l'accesso dell'uomo alla sua piena umanità, è una via impegnativa ma necessaria. È "una necessità primordiale per la lotta contro la povertà", affinché l'economia sia al servizio dell'uomo. L'educazione è una priorità, ma deve essere integrale poiché "non basta una formazione tecnica e scientifica" per educare "uomini e donne responsabili nella loro famiglia e a tutti i livelli della società" (cfr. Benedetto XVI, Discorso ai nuovi Ambasciatori presso la Santa Sede, 13 dicembre 2007).

L'educazione integrale è a tale titolo un cantiere aperto, difficile e necessario.

- Un cantiere aperto perché deve essere un evento, un approccio sistematico che aiuti a vivere l'educazione come incontro dialogico con altre persone (del passato e del presente) e con altre culture, e non solo come istruzione e apprendimento dei dati fissati.

- Un cantiere difficile poiché implica un approccio critico rispetto alla selezione del sapere insegnato e ai rapporti con tale sapere. Le diverse discipline non presentano solo conoscenze da acquisire ma anche valori da assimilare e verità da scoprire.

- Un approccio critico rispetto all'interpretazione dei valori fondamentali delle società occidentali secolarizzate. Il diritto della persona a ricevere un'educazione adeguata secondo la sua libera scelta deve essere garantito.

- Un approccio critico, infine, rispetto alla natura sociale dello spazio scolastico. La comunità educativa, presa globalmente, è chiamata a promuovere l'obiettivo di una scuola come ambito di formazione integrale attraverso la relazione interpersonale e la responsabilità.

- È anche un cantiere necessario, poiché la corrente di riflessione sull'educazione integrale si fa carico in particolare della contraddizione, patente nella vita politica ma poco pensata nel campo educativo, fra, da un lato, le tensioni identitarie e le discriminazioni e, dall'altro, i valori della comunione all'interno del corpo sociale e politico. È dunque una delle correnti che può alimentare la riflessione, oggi molto ricca, sull'educazione alla cittadinanza.

Grazie per la vostra attenzione.

 


*L’Osservatore Romano, 19.11.2009 p.2.

 

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Mgr FOLLO

Intervention à la Commission pour l’éducation de la 35° session de la conférence générale

12 octobre 2009  



M. le Président de la Conférence Générale.
Excellences,

En ces moments cruciaux pour la vie de millions d’êtres fragilisés par la crise financière, économique et sociale qui affecte aujourd’hui le monde entier, on ne peut que se réjouir de voir l’UNESCO demeurer fidèle à son intuition fondatrice et souhaiter participer avec plus d’efficacité à l’humanisation de tout être humain et à l’éducation des plus pauvres. Le moyen choisi aujourd’hui est de sauvegarder et d’augmenter le budget éducatif de l’UNESCO, tout particulièrement le programme « Education pour tous ».

Cependant, doit-on se contenter, dans le cadre de l’UNESCO, de se limiter à définir des priorités fussent-elles dignes de louange comme celles dédiées à l’Afrique, continent pauvre et oublié, et à la promotion des femmes ? Si l’UNESCO veut pouvoir favoriser l’universalité et l’effectivité de normes éthiques à l’égard du développement de tous par l’éducation, particulièrement des plus démunis, il faut, comme dans d’autres débats, qu’elle ose engager une réflexion plus fondamentale sur l’exigence universelle du respect de l’être humain et sur le type d’éducation pour tous que cela suppose. Car le point faible de la multiplication des priorités que l’on définit actuellement, c’est de réduire le problème philosophique et éthique de l’éducation et du développement humain à des questions purement techniques. Seule une réflexion fondamentale sur « l’éducation intégrale » et sur l’anthropologie qu’elle suppose devrait nous conduire à désigner ce qui est effectivement humanisant pour toute l’humanité et particulièrement pour les plus pauvres et les femmes.

Mais que dit-on par « éducation intégrale » ? En adoptant l’expression « éducation intégrale », nous nous référons à l’acception utilisée en 1993 dans le Document final de la Conférence mondiale sur les Droits de l’homme organisée par les Nations Unies qui demandait : « d’orienter l’éducation vers le plein épanouissement de la personne et le renforcement des droits de l’homme et des libertés fondamentales. Il s’agit là d’une éducation intégrale capable de préparer des sujets autonomes et respectueux de la liberté et de la dignité d’autrui. » Dans cette ligne, nous le savons, la défense et la promotion du droit à l’éducation dont l’UNESCO a fait son axe majeur, concerne non seulement la possibilité pour chaque être humain de se cultiver, de développer ses talents et par-là de participer à la vie publique, économique et sociale, mais encore la capacité à s’humaniser véritablement et à jouir pleinement de la dignité inhérente à toute personne humaine. Il ne s’agit donc pas seulement de jouer une éducation interculturelle où enfants et adolescents d’ethnies, races, cultures et sexes différents apprendraient à se respecter par le dialogue même si une visée d’éducation interculturelle prend au sérieux les manquements et les entraves à l’égalité et à la justice qui résultent de la catégorisation ethnique. L’éducation intégrale doit aussi comprendre l’apprentissage de la vie en commun, de la solidarité. Cela passe par l’apprentissage des responsabilités.

Une deuxième acception à laquelle nous nous référons n’est pas très éloignée de celle prônée par l’ONU. Il s’agit de celle mise en valeur par l’Eglise catholique pour définir son projet éducatif comme « éducation intégrale de la personne humaine ». Ce projet d’éducation vise à former la personne dans l’unité intégrale de son être, intervenant avec les moyens de l’enseignement et de l’apprentissage là où se forment « les critères de jugement, les valeurs déterminantes, les points d’intérêt, les lignes de pensée, les sources inspiratrices et les modèles de vie »[1]. Ce projet éducatif soutient que, « dans le contexte de la mondialisation, il convient de former des sujets capables de respecter l’identité, la culture, l’histoire, la religion et surtout les souffrances et les besoins des autres, dans la conscience que tous, nous sommes vraiment responsables de tous »[2]). Dans ce contexte, il devient particulièrement urgent d’offrir aux jeunes un parcours de formation scolaire qui ne se réduise pas à l’utilisation individualiste et institutionnelle d’un service qui aurait pour but la seule obtention d’un diplôme. L’immense avantage de ce projet éducatif est qu’il existe déjà en pratique travers le monde, riche de toute une histoire et d’une puissance d’imagination et de créativité. En dépit de réelles difficultés économiques ou politiques, ce projet éducatif se veut coresponsable du développement social et culturel des diverses communautés et des peuples, dont l’école catholique fait partie, en partageant leurs joies et leurs espérances, leurs souffrances, leurs difficultés et leur engagement pour un authentique progrès humain et communautaire. Dans cette perspective, il faut mentionner la précieuse contribution que ce type d’éducation intégrale offre au développement spirituel et matériel des peuples moins favorisés, en se mettant à leur service[3]. Des expériences comme celle mise en œuvre par les frères des écoles chrétiennes au Cameroun avec le programme EVA (éducation à la vie et à l’amour pour éviter le SIDA) montrent toute l’extension que peut prendre cette éducation intégrale : il s’agit ici de faire changer le comportement sexuel des jeunes en conformité avec les grands axes de l'action mondiale et régionale, tout en tenant compte du contexte psychoaffectif, social, culturel, religieux et familial.

Pour que cette éducation intégrale puisse permettre aux enfants et aux jeunes gens non seulement d’acquérir une maturité humaine, morale et spirituelle, mais aussi de s’engager dans la transformation de la société, l’Eglise catholique invite profondément à réfléchir  l’anthropologie qui la porte. « On veut oublier que l'éducation présuppose et implique toujours une conception déterminée de l'homme et de la vie. A la prétendue neutralité scolaire correspond, le plus souvent, l'éloignement pratique de la référence religieuse du champ de la culture et de l'éducation. Une vision pédagogique adéquate est au contraire appelée à se mouvoir sur le terrain plus décisif des fins, à se préoccuper non seulement du « comment », mais aussi du « pourquoi », à dépasser la méprise d'une éducation aseptique, à rendre au processus éducatif ce caractère unitaire qui empêche la dispersion dans la diversité des connaissances et des acquisitions en mettant au centre la personne dans son identité globale, transcendantale et historique. »[4] On ne peut pas éduquer l’homme quand, par exemple, on le réduit à une anthropologie dérivée d’une conception selon laquelle l’homme n’est que liberté, décision, subjectivité, séparées de la transcendance et de la vérité. On ne peut pas éduquer un être humain quand on n’arrive pas à articuler l’égalité des sujets dans leurs différences culturelles et sexuelles. Or l’a-t-on assez remarqué, la différence est un fait alors que l’égalité relève de la norme. Le principe de différence n’a donc pas ici le même statut que le principe d’égalité. Nul n’imagine que l’égalité soit un fait.

Dans l’aire culturelle occidentale, les philosophes restent souvent impuissants à comprendre l’égalité dans la différence ; l’égalité des sexes étant exemplaire de cette difficulté. Mais on ne peut pas en dire autant de la Bible et du message transmis par l’Eglise. Le texte fondateur qui contient « les vérités fondamentales de l’anthropologie » comme le notait le pape Jean-Paul II dans Mulieris dignitatem §6, est ici celui de la Genèse : « Dieu a fait l’homme (l’être humain) à son image et à sa ressemblance, mâle et femelle il les créa ; » (Gn 1, 27). La définition de l’être humain n’est perceptible que dans les deux sexes à la fois. « l’homme et la femme a un degré égal, tous deux crées à l’image de Dieu ». La foi chrétienne nourrit donc la conviction que nul ne peut jamais dénier à un être humain, homme ou femme, la valeur constitutive que Dieu a octroyée à chacun et qu’il n’aliène jamais. Elle garantit les droits de l’homme par sa référence à l’amour divin qui nous fonde et nous recrée toujours à nouveau.

En conclusion, cette éducation intégrale, qui est l’accès de l’homme à sa plein humanité, est une voie exigeante mais nécessaire. Elle est «une nécessité primordiale pour la lutte contre la pauvreté» afin que l’économie soit à service de l’homme. L’Education est une priorité, mais elle doit être intégrale parce que «une information technique et scientifique n’est pas suffisante pour éduquer des femmes et des hommes responsables dans leur famille et à tous les échelons de la Société»[5].

L’éducation intégrale est à ce titre un chantier ouvert, difficile et nécessaire.
- Un chantier ouvert, parce que elle doit être un événement, une approche systématique qui aide à vivre l’éducation comme rencontre dialogique avec d’autre personnes (du passé et du present) et d’autres cultures, et pas uniquement comme instruction et comme apprentissage des données figées.
- Un chantier difficile, car il implique une approche critique quant à la sélection des savoirs enseignés et aux rapports à ces savoirs. Les diverses disciplines ne présentent pas seulement des connaissances à acquérir mais des valeurs à assimiler et des vérités à découvrir.
- Une approche critique quant à l’interprétation des valeurs fondamentales des sociétés occidentales sécularisées. Le droit de la personne à recevoir une éducation adéquate selon son libre choix doit être assuré.
- Une approche critique enfin quant à la nature sociale de l’espace scolaire. La communauté éducative, globalement prise, est appelée à promouvoir l'objectif d'une école comme lieu de formation intégrale à travers la relation interpersonnelle et la responsabilité.
- C’est aussi un chantier nécessaire : le courant de réflexion sur l’éducation intégrale prend en charge spécialement la contradiction, patente dans la vie politique mais peu pensée en éducation, entre, d’un côté, les tensions identitaires, les discriminations et, de l’autre, les valeurs de la communion à l’intérieur du corps social et politique. C’est donc un des courants qui peut alimenter la réflexion, aujourd’hui très riche, sur l’éducation à la citoyenneté.

Merci de votre attention.




[1] PAUL VI, Exhortation apostolique post-synodale Evangelii nuntiandi (8 décembre 1975), n. 19 : AAS 68 (1976), 18.
[2] Congrégation pour l’éducation catholique, Eduquer Ensemble dans l’école catholique, 18 septembre 2007, §44.
[3] Cf : Idem, § 5.
[4] Congrégation pour l’éducation catholique, L’école catholique au seuil du 3ème millénaire, 28 décembre 1997,§10.
[5] Cfr Benoit XVI, Discours aux nouveaux Ambassadeurs auprès du Saint-Siège, 13 décembre 2007

 

 

 

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