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CONGREGAZIONE PER L’EDUCAZIONE CATTOLICA
(dei Seminari e degli Istituti di Studi)

EDUCARE INSIEME NELLA SCUOLA CATTOLICA

MISSIONE CONDIVISA DI PERSONE CONSACRATE E FEDELI LAICI

 


INDICE

INTRODUZIONE

I. LA COMUNIONE NELLA MISSIONE EDUCATIVA

La Chiesa: mistero di comunione e di missione
Educare in comunione e alla comunione
Le persone consacrate e i fedeli laici insieme nella scuola

II. UN CAMMINO DI FORMAZIONE PER EDUCARE INSIEME

Formazione professionale
Formazione teologica e spirituale

Il contributo dei consacrati alla formazione condivisa
Il contributo dei laici alla formazione condivisa

Formazione allo spirito di comunione per educare

Testimonianza e cultura della comunione
Comunità educativa e pastorale vocazionale

III. LA COMUNIONE PER APRIRSI AGLI ALTRI

Fondamenti antropologici e teologici
Costruttori di comunione aperta

CONCLUSIONE


Introduzione

1. L’evoluzione repentina e talora contraddittoria del nostro tempo suscita sfide educative che interpellano il mondo della scuola. Esse inducono a trovare risposte adeguate non solo al livello dei contenuti e dei metodi didattici, ma anche sul piano dell’esperienza comunitaria che caratterizza l’azione educativa. La rilevanza di queste sfide traspare dal contesto di complessità sociale, culturale e religiosa in cui crescono in concreto le giovani generazioni, ed influenza significativamente il loro vissuto. Si tratta di fenomeni ampiamente diffusi, quali il disinteresse per le verità fondamentali della vita umana, l’individualismo, il relativismo morale e l’utilitarismo, che permeano soprattutto le società ricche e sviluppate. Ad essi si aggiungono i rapidi cambiamenti strutturali, la globalizzazione e l’applicazione delle nuove tecnologie al campo dell’informazione che incidono sempre di più nella vita quotidiana e nei percorsi formativi. Inoltre, con il processo di sviluppo, cresce il divario tra paesi ricchi e paesi poveri ed aumenta il fenomeno delle migrazioni, accentuando la diversità delle identità culturali nello stesso territorio con le relative conseguenze concernenti l’integrazione. In una società ad un tempo globale e diversificata, locale e planetaria, che ospita diversi e contrastanti modi di interpretare il mondo e la vita, i giovani sono posti di fronte a differenti proposte di valori o disvalori sempre più stimolanti, ma anche sempre meno condivise. A ciò si aggiungono le difficoltà derivate da problemi di stabilità della famiglia, da situazioni di disagio e di povertà, che creano un senso diffuso di disorientamento sul piano esistenziale ed affettivo in un periodo delicato della loro crescita e maturazione, esponendoli al pericolo di essere “sballottati dalle onde e portati qua e là da qualsiasi vento di dottrina” (Ef 4, 14).

2. In questo contesto, diventa particolarmente urgente offrire ai giovani un percorso di formazione scolastica la quale non si riduca alla fruizione individualistica e strumentale di un servizio solo in vista di un titolo da conseguire. Oltre all’apprendimento delle conoscenze, occorre che gli studenti facciano un’esperienza di forte condivisione con gli educatori. Per la felice realizzazione di questa esperienza, gli educatori devono essere interlocutori accoglienti e preparati, capaci di suscitare e orientare le energie migliori degli studenti verso la ricerca della verità e del senso dell’esistenza, una positiva costruzione di sé e della vita nell’orizzonte di una formazione integrale. Del resto «non è possibile […] una vera educazione: senza la luce della verità » [1].

3. Tale prospettiva interpella tutte le istituzioni scolastiche, ma ancor più direttamente la scuola cattolica, la quale presta costantemente attenzione alle istanze formative della società, in quanto «il problema dell’istruzione è sempre stato strettamente legato alla missione della Chiesa»[2]. A questa missione la scuola cattolica partecipa, come vero soggetto ecclesiale, con il servizio educativo, vivificato dalla verità del Vangelo. Essa, infatti, fedele alla sua vocazione, si presenta «come luogo di educazione integrale della persona umana attraverso un chiaro progetto educativo che ha il suo fondamento in Cristo»[3], orientato ad operare una sintesi tra fede, cultura e vita.

4. Il progetto della scuola cattolica è convincente solo se realizzato da persone profondamente motivate, perché testimoni di un incontro vivo con Cristo, nel quale soltanto «trova vera luce il mistero dell’uomo»[4]. Persone che, dunque, si riconoscono nell’adesione personale e comunitaria al Signore, assunto come fondamento e costante riferimento della relazione inter-personale e della collaborazione reciproca tra educatore ed educando.

5. L’attuazione di una vera comunità educativa, costruita sulla base di valori progettuali condivisi, rappresenta per la scuola cattolica un compito impegnativo da realizzare. Infatti, la presenza in essa di allievi, come pure di insegnanti, provenienti da contesti culturali e religiosi differenti richiede un impegno di discernimento e di accompagnamento accresciuto. L’elaborazione di un progetto condiviso diventa un appello imprescindibile che deve spingere la scuola cattolica a qualificarsi come luogo di esperienza ecclesiale. La sua forza connettiva e le potenzialità relazionali derivano da un quadro di valori e da una comunione di vita radicati nella stessa appartenenza a Cristo e nel riconoscimento dei valori evangelici, assunti come norme educative, spinte motivazionali ed insieme mete finali del percorso scolastico. Certamente il grado di partecipazione potrà essere diversificato in ragione della propria storia personale, ma ciò esige dagli educatori la disponibilità per un impegno di formazione ed autoformazione permanente, in rapporto ad una scelta di valori culturali e di vita, da rendere presenti nella comunità educativa[5].

6. La Congregazione per l’Educazione Cattolica, dopo aver già trattato in due rispettivi documenti i temi dell’identità e della missione del laico cattolico e delle persone consacrate nella scuola, nel presente documento, considera gli aspetti pastorali relativi alla collaborazione tra fedeli laici e consacrati[6] nella medesima missione educativa. In essa, si incontrano la scelta dei fedeli laici di vivere il compito educativo «come una vocazione personale nella Chiesa e non solo come l’esercizio di una professione»[7] e la scelta delle persone consacrate, in quanto chiamate «a vivere i consigli evangelici e a portare l’umanesimo delle beatitudini nel campo dell’educazione e della scuola»[8].

7. Questo documento si pone in continuità con testi precedenti della Congregazione per l’Educazione Cattolica riguardanti l’educazione e la scuola[9] e tiene chiaramente conto delle differenti situazioni in cui si trovano le istituzioni scolastiche cattoliche nelle diverse regioni del mondo. Esso intende richiamare l’attenzione su tre aspetti fondamentali che riguardano la collaborazione tra fedeli laici e consacrati nella scuola cattolica: la comunione nella missione educativa, il necessario cammino di formazione alla comunione per la missione educativa condivisa e, infine, l’apertura verso gli altri come frutto della comunione.

I. La comunione nella missione educativa

8. Ogni essere umano è chiamato alla comunione in forza della sua natura creata a immagine e somiglianza di Dio (cfr Gen 1, 26-27). Pertanto, nella prospettiva dell’antropologia biblica, l’uomo non è un individuo isolato, ma una persona: un essere essenzialmente relazionale. La comunione alla quale l’uomo è chiamato implica sempre una duplice dimensione, cioè verticale (comunione con Dio) e orizzontale (comunione tra gli uomini). Risulta essenziale riconoscere la comunione come dono di Dio, come frutto dell’iniziativa divina compiuta nel mistero pasquale[10].

La Chiesa: mistero di comunione e di missione

9. Il progetto originario di Dio è stato compromesso dal peccato che ha ferito ogni relazione: tra l’uomo e Dio, tra l’uomo e l’uomo. Tuttavia, Dio non ha abbandonato l’uomo nella solitudine e, nella pienezza dei tempi, ha inviato il Figlio suo, Gesù Cristo, come salvatore[11], affinché l’uomo potesse ritrovare, nello Spirito, la piena comunione con il Padre. A sua volta la comunione con la Trinità, resa possibile dall’incontro con Cristo, unisce gli uomini fra di loro.

10. Quando i cristiani dicono comunione, si riferiscono al mistero eterno, rivelato in Cristo, della comunione d’amore che è la vita stessa di Dio-Trinità. Allo stesso tempo si dice anche che il cristiano è compartecipe di questa comunione nel corpo di Cristo che è la Chiesa (cfr Fil 1, 7; Ap 1, 9). La comunione è, dunque, “essenza” della Chiesa, fondamento e scaturigine della sua missione d’essere nel mondo «la casa e la scuola della comunione»[12], per condurre tutti gli uomini e le donne ad entrare sempre più profondamente nel mistero della comunione trinitaria e, insieme, ad estendere e rinsaldare le relazioni interne alla comunità umana. In questo senso, «la Chiesa è come una famiglia umana, ma è anche allo stesso tempo la grande famiglia di Dio, mediante la quale Egli forma uno spazio di comunione e di unità attraverso tutti i continenti, le culture e le nazioni»[13].

11. Ne consegue, dunque, che nella Chiesa, in quanto icona dell’amore incarnato di Dio, «la comunione e la missione sono profondamente congiunte tra loro, si compenetrano e s’implicano mutuamente, al punto che la comunione rappresenta la sorgente ed insieme il frutto della missione: la comunione è missionaria e la missione è per la comunione»[14].

Educare in comunione e alla comunione

12. L’educazione, proprio perché mira a rendere l’uomo più uomo, può autenticamente attuarsi solo in un contesto relazionale e comunitario. Non a caso il primo ed originario ambiente educativo è costituito dalla comunità naturale della famiglia[15]. La scuola, a sua volta, si pone accanto alla famiglia come lo spazio educativo comunitario, organico ed intenzionale e ne sostiene l’impegno educativo, secondo la logica della sussidiarietà.

13. La scuola cattolica, che si caratterizza principalmente come comunità educante, si configura come scuola per la persona e delle persone. Essa, infatti, mira a formare la persona nell’unità integrale del suo essere, intervenendo con gli strumenti dell’insegnamento e dell’apprendimento là dove si formano «i criteri di giudizio, i valori determinanti, i punti di interesse, le linee di pensiero, le fonti ispiratrici e i modelli di vita»[16]. Ma soprattutto coinvolgendola nella dinamica delle relazioni interpersonali che costituiscono e vivificano la comunità scolastica.

14. D’altra parte, questa comunità, in ragione della sua identità e della sua radice ecclesiale, deve aspirare a costituirsi in comunità cristiana, ossia comunità di fede, capace di creare rapporti di comunione, per se stessi educativi, sempre più profondi. Ed è proprio la presenza e la vita di una comunità educativa, nella quale tutti i membri sono partecipi di una comunione fraterna, nutrita dalla relazione vivente con il Cristo e con la Chiesa, che fa della scuola cattolica l’ambito di un’esperienza autenticamente ecclesiale.

Le persone consacrate e i fedeli laici insieme nella scuola

15. «Uno dei frutti della dottrina della Chiesa come comunione, in questi anni è stata la presa di coscienza che le sue varie componenti possono e devono unire le loro forze, in atteggiamento di collaborazione e di scambio di doni, per partecipare più efficacemente alla missione ecclesiale. Ciò contribuisce a dare un’immagine più articolata e completa della Chiesa stessa, oltre che a rendere più efficace la risposta alle grandi sfide del nostro tempo, grazie all’apporto corale dei diversi doni»[17]. In tale contesto ecclesiale la missione della scuola cattolica, vissuta da una comunità costituita da persone consacrate e da fedeli laici, assume un significato del tutto particolare e manifesta una ricchezza che occorre saper riconoscere e valorizzare. Questa missione esige, da tutti i membri della comunità educativa, la consapevolezza che un’ineludibile responsabilità nel creare l’originale stile cristiano spetta agli educatori, come persone e come comunità. Richiede da loro di essere testimoni di Gesù Cristo e di manifestare che la vita cristiana è portatrice di luce e di senso per tutti. Come la persona consacrata è chiamata a testimoniare la sua specifica vocazione alla vita di comunione nell’amore[18], per essere nella comunità scolastica segno, memoria e profezia dei valori del Vangelo[19], così anche all’educatore laico è richiesto di realizzare «la sua missione nella Chiesa vivendo nella fede la sua vocazione secolare nella struttura comunitaria della scuola»[20].

16. Ciò che rende davvero efficace questa testimonianza è la promozione, anche all’interno della comunità educativa della scuola cattolica, di quella spiritualità della comunione che è stata additata come la grande prospettiva che si spalanca alla Chiesa del terzo millennio. E spiritualità della comunione significa «capacità di sentire il fratello di fede nell’unità profonda del Corpo mistico, dunque, come “uno che mi appartiene”»[21]; «capacità della comunità cristiana di fare spazio a tutti i doni dello Spirito» [22] in una relazione di reciprocità tra le varie vocazioni ecclesiali. Anche in quella particolare espressione della Chiesa che è la scuola cattolica, la spiritualità della comunione deve diventare il respiro della comunità educativa, il criterio per la piena valorizzazione ecclesiale delle sue componenti ed il punto di riferimento essenziale per l’attuazione di una missione autenticamente condivisa.

17. Così, nelle scuole cattoliche nate dalle famiglie religiose, dalle diocesi, dalle parrocchie o da fedeli, che oggi annoverano al loro interno la presenza di movimenti ecclesiali, questa spiritualità di comunione dovrà tradursi in un atteggiamento di spiccata fraternità evangelica tra le persone che rispettivamente si riconoscono nei carismi degli Istituti di vita consacrata, in quelli dei movimenti o delle nuove comunità, e negli altri fedeli che operano nella scuola. In questo modo la comunità educativa fa spazio ai doni dello Spirito e riconosce queste diversità come ricchezza. Una genuina maturità ecclesiale, alimentata nell’incontro con Cristo nei sacramenti, consentirà di valorizzare, «sia nelle forme più tradizionali, sia in quelle più nuove dei movimenti ecclesiali […] una vivacità che è dono di Dio»[23], per l’intera comunità scolastica e per lo stesso percorso educativo.

18. Le associazioni cattoliche di categoria costituiscono un’altra istanza di “comunione”, un aiuto strutturato alla missione educativa e sono uno spazio di dialogo tra le famiglie, le istituzioni del territorio e la scuola. Tali associazioni, con le loro articolazioni a livello locale, nazionale e internazionale, sono una ricchezza che reca un contributo particolarmente fecondo al mondo educativo sul piano delle motivazioni e della professionalità. Molte associazioni raccolgono insegnanti e responsabili presenti tanto nella scuola cattolica quanto in altre realtà scolastiche. Grazie al pluralismo delle appartenenze, esse possono svolgere un’importante funzione di dialogo e di cooperazione tra istituzioni diverse, ma accomunate dalle medesime finalità educative. Queste realtà associative sono chiamate a tenere conto del mutare delle situazioni, adeguando così la loro struttura ed il loro modo di operare, per continuare ad essere una presenza efficace ed incisiva nel settore educativo. Esse devono anche intensificare la collaborazione reciproca, soprattutto per garantire il raggiungimento degli obiettivi comuni, nel pieno rispetto del valore e della specificità di ciascuna associazione.

19. È, inoltre, di fondamentale importanza che il servizio svolto dalle associazioni tragga impulso dalla piena partecipazione all’attività pastorale della Chiesa. Alle Conferenze Episcopali ed alle loro espressioni continentali è affidato un ruolo promotore per valorizzare le specificità di ciascuna associazione, favorendo ed incoraggiando un lavoro più coordinato nel settore scolastico.

II. Un cammino di formazione per educare insieme

20. Educare le giovani generazioni in comunione ed alla comunione, nella scuola cattolica, è impegno serio che non s’improvvisa. Esso deve essere opportunamente preparato e sostenuto mediante un progetto di formazione, iniziale e permanente, capace di cogliere le sfide educative del momento presente e di fornire gli strumenti più efficaci per poterle affrontare, nella linea della missione condivisa. Ciò implica negli educatori una disponibilità all’apprendimento e allo sviluppo delle conoscenze, al rinnovamento e all’aggiornamento delle metodologie, ma anche alla formazione spirituale, religiosa ed alla condivisione. Nel contesto odierno questo è particolarmente richiesto per rispondere alle istanze che vengono da un mondo in continuo e veloce cambiamento, nel quale diviene sempre più difficile educare.

Formazione professionale

21. Uno dei requisiti fondamentali dell’educatore della scuola cattolica è il possesso di una solida formazione professionale. La scadente qualità dell’insegnamento, dovuta all’insufficiente preparazione professionale o all’inadeguatezza dei metodi pedagogici, si ripercuote inevitabilmente a danno dell’efficacia della formazione integrale dell’educando e della testimonianza culturale che l’educatore deve offrire.

22. La formazione professionale dell’educatore non solo implica un vasto ventaglio di competenze culturali, psicologiche e pedagogiche, caratterizzate da autonomia, capacità progettuale e valutativa, creatività, apertura all’innovazione, attitudine all’aggiornamento, alla ricerca e alla sperimentazione, ma esige anche la capacità di far sintesi tra competenze professionali e motivazioni educative, con una particolare attenzione alla disposizione relazionale oggi richiesta dall’esercizio sempre più collegiale della professionalità docente. Del resto, nelle attese degli alunni e delle famiglie, l’educatore viene visto e desiderato come un interlocutore accogliente e preparato, capace di motivare i giovani a una formazione completa, di suscitare e orientare le loro energie migliori verso una positiva costruzione di sé e della vita, di essere un testimone serio e credibile della responsabilità e della speranza di cui la scuola è debitrice verso la società.

23. La continua e accelerata trasformazione, che tocca l’uomo e la società del nostro tempo in tutti i campi, produce il rapido invecchiamento delle conoscenze acquisite ed esige nuove attitudini e metodi. All’educatore è richiesto un costante aggiornamento riguardo ai contenuti delle materie che insegna e ai metodi pedagogici che utilizza. La vocazione di educatore esige una capacità pronta e costante di rinnovamento e di adattamento. Pertanto, non è sufficiente raggiungere solo inizialmente un buon livello di preparazione, occorre, invece, mantenerlo ed elevarlo, in un cammino di formazione permanente. Inoltre, la formazione permanente, per la varietà degli aspetti che abbraccia, esige una costante ricerca personale e comunitaria delle sue forme di realizzazione, nonché un percorso formativo condiviso ed alimentato anche dallo scambio e dal confronto tra educatori consacrati e laici della scuola cattolica.

24. La sola cura dell’aggiornamento professionale in senso stretto, non è sufficiente. La sintesi tra fede, cultura e vita che gli educatori della scuola cattolica sono chiamati a realizzare, si attua, infatti, «attraverso l’integrazione dei diversi contenuti del sapere umano, specificato nelle varie discipline, alla luce del messaggio evangelico e attraverso lo sviluppo delle virtù che caratterizzano il cristiano»[24]. Ciò esige negli educatori cattolici la maturazione di una particolare sensibilità nei confronti della persona da educare per sapere cogliere, oltre alla domanda di crescita in conoscenze e competenze, anche il bisogno di crescita in umanità. Questo richiede agli educatori di dedicarsi «all’altro con le attenzioni suggerite dal cuore, in modo che questi sperimenti la loro ricchezza di umanità»[25].

25. Per questo, agli educatori cattolici è necessaria «anche e, soprattutto, la “formazione del cuore”: occorre condurli a quell’incontro con Dio in Cristo che susciti in loro l’amore e apra il loro animo all’altro», così da fare del loro impegno educativo «una conseguenza derivante dalla loro fede che diventa operante nell’amore (cfr Gal 5, 6)»[26]. Infatti, anche «la cura dell’istruzione è amore» (Sap 6, 17). Solo così, essi potranno portare il loro insegnamento ad essere una scuola di fede, una trasmissione cioè del Vangelo, come richiesto dal progetto educativo della scuola cattolica.

Formazione teologica e spirituale

26. La trasmissione del messaggio cristiano attraverso l’insegnamento implica la padronanza di conoscenze delle verità della fede e dei principi della vita spirituale che richiedono un continuo perfezionamento. Per questo è necessario che gli educatori della scuola cattolica, consacrati e laici, percorrano un adeguato itinerario formativo teologico[27]. Ciò aiuta ad articolare meglio l’intelligenza della fede con l’impegno professionale e l’agire cristiano. Insieme alla formazione teologica è necessario che gli educatori coltivino anche la loro formazione spirituale per far crescere il rapporto con Gesù Cristo e configurarsi a lui che è il Maestro. In questo senso, il cammino formativo, tanto dei laici quanto dei consacrati, deve integrarsi nel percorso di costruzione della persona verso una sempre maggiore conformità a Cristo (cfr Rm 8, 29) e della comunità educativa attorno a Cristo Maestro. Del resto, la scuola cattolica è consapevole che la comunità che essa costituisce deve continuamente alimentarsi e confrontarsi con le fonti da cui deriva la ragione del suo esistere: la parola salvifica di Dio nella Sacra Scrittura, nella Tradizione, soprattutto liturgica e sacramentale, illuminate dal Magistero della Chiesa[28].

Il contributo dei consacrati alla formazione condivisa

27. Le persone consacrate con la professione dei consigli evangelici manifestano di vivere per Dio e di Dio e divengono testimonianza concreta dell’amore trinitario, perché gli uomini possano avvertire il fascino della bellezza divina. Così il primo ed originale contributo alla missione condivisa è la radicalità evangelica della vita delle persone consacrate. In ragione del loro cammino vocazionale, possiedono una preparazione teologico-spirituale che, incentrata sul mistero di Cristo vivente nella Chiesa, ha bisogno di progredire incessantemente, in sintonia con la Chiesa che cammina, nella storia, verso «la verità piena» (Gv 16, 13). Sempre in questa dinamica squisitamente ecclesiale, le persone consacrate sono invitate a condividere i frutti della loro formazione anche con i laici, soprattutto con quanti si sentono chiamati «a vivere aspetti e momenti specifici della spiritualità e della missione dell’Istituto»[29]. In questo modo, gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica impegnate nell’educazione riusciranno ad assicurare l’indispensabile apertura alla Chiesa e a conservare vivo lo spirito delle Fondatrici e dei Fondatori, rinnovando oltretutto un aspetto particolarmente prezioso della tradizione della scuola cattolica. Fin dall’origine, infatti, le Fondatrici e i Fondatori hanno posto una particolare attenzione alla formazione dei formatori e ad essa hanno spesso dedicato le energie migliori. Una tale formazione, oggi come allora, è finalizzata non soltanto a consolidare le competenze professionali, ma soprattutto ad evidenziare la dimensione vocazionale della professione docente, favorendo la maturazione di una mentalità ispirata ai valori evangelici, secondo i tratti specifici della missione dell’Istituto. Per tale ragione «sono assai proficui quei programmi di formazione che comprendono corsi periodici di studio e di riflessione orante sul fondatore, sul carisma e sulle costituzioni»[30].

28. In molti Istituti religiosi, la condivisione della missione educativa con i laici esiste da tempo, essendo nata con la comunità religiosa presente nella scuola. Lo sviluppo delle “famiglie spirituali”, dei gruppi di “laici associati” o di altre forme che permettono ai fedeli laici di attingere fecondità spirituale ed apostolica al carisma originario, appare come un elemento positivo e di forte speranza per il futuro della missione educativa cattolica.

29. E’ quasi superfluo osservare che, nella prospettiva della Chiesa-comunione, questi programmi di formazione alla condivisione della missione e della vita con i laici, nella luce del carisma proprio, vanno pensati ed attivati anche dove le vocazioni alla vita consacrata sono numerose.

Il contributo dei laici alla formazione condivisa

30. Anche i laici, mentre sono invitati ad approfondire la loro vocazione come educatori di scuola cattolica, in comunione con i consacrati, sono pure chiamati a fornire al percorso formativo comune il contributo originale ed insostituibile della loro piena soggettività ecclesiale. Ciò comporta, anzitutto, che essi scoprano e vivano nella loro «vita laicale […] una vocazione specifica e “stupenda” all’interno della Chiesa»[31]: la vocazione a «cercare il regno di Dio trattando le cose temporali e ordinandole secondo Dio»[32]. In quanto educatori, essi sono chiamati a vivere «nella fede la [loro] vocazione secolare nella struttura comunitaria della scuola, con la maggior qualificazione professionale possibile e con un progetto apostolico ispirato alla fede per la formazione integrale dell’uomo»[33].

31. Giova sottolineare che il contributo peculiare che gli educatori laici possono apportare al cammino formativo, scaturisce proprio dalla loro indole secolare, che li rende particolarmente capaci di cogliere “i segni dei tempi”[34]. Essi, infatti, vivendo la loro fede nelle condizioni ordinarie della famiglia e della società, possono aiutare l’intera comunità educativa a distinguere con più precisione i valori evangelici e i controvalori che questi segni racchiudono.

32. Con la progressiva maturazione della loro vocazione ecclesiale, i laici sono resi sempre più consapevoli di partecipare alla stessa missione educatrice della Chiesa. Al contempo, sono spinti a svolgere un ruolo attivo anche nell’animazione spirituale della comunità che costruiscono insieme ai consacrati. «La comunione e la reciprocità nella Chiesa non sono mai a senso unico»[35]. Se, infatti, in altri tempi sono stati soprattutto i sacerdoti e i religiosi a nutrire spiritualmente e dirigere i laici, oggi può succedere che siano «gli stessi fedeli laici ad aiutare i sacerdoti e i religiosi nel loro cammino spirituale e pastorale»[36] .

33. Nella prospettiva della formazione, i fedeli laici e le persone consacrate, condividendo la vita di preghiera e, nelle forme opportune, anche di comunità, nutriranno la loro riflessione, il senso della fraternità e della dedizione generosa. In questo comune cammino formativo catechetico-teologico e spirituale, possiamo vedere il volto di una Chiesa, che presenta quello di Cristo, pregando, ascoltando, apprendendo, insegnando in comunione fraterna.

Formazione allo spirito di comunione per educare

34. Per la sua stessa natura, la scuola cattolica richiede la presenza e il coinvolgimento di educatori non solo culturalmente e spiritualmente formati, ma anche intenzionalmente orientati a far crescere il loro impegno educativo comunitario in un autentico spirito di comunione ecclesiale.

35. Gli educatori sono chiamati, anche attraverso il percorso formativo, a costruire i loro rapporti, tanto sul piano professionale quanto su quello personale e spirituale, secondo la logica della comunione. Ciò comporta, per ciascuno, l’assunzione di atteggiamenti di disponibilità, di accoglienza e profondo interscambio, di convivialità e vita fraterna all’interno della comunità educativa stessa. La parabola dei talenti (Mt 25, 14-30) può aiutare a capire come ciascuno è chiamato a far fruttificare i suoi doni personali e ad accogliere le ricchezze altrui nella missione educativa condivisa.

36. Del resto, la missione condivisa è arricchita dalle differenze di cui sono portatrici le persone consacrate e i laici, laddove convergono in unità espressioni di carismi diversi. Questi carismi non sono altro che differenti doni con i quali il medesimo Spirito arricchisce la Chiesa ed il mondo[37]. Nella scuola cattolica, pertanto, «la reciprocità delle vocazioni, evitando sia la contrapposizione, sia l’omologazione, si colloca come prospettiva particolarmente feconda per arricchire la valenza ecclesiale della comunità educativa. In essa le varie vocazioni […] sono vie correlative, diverse e reciproche che concorrono all’attuazione piena del carisma dei carismi: la carità»[38].

37. Articolata nella diversità delle persone e delle vocazioni, ma vivificata dal medesimo spirito di comunione, la comunità educativa della scuola cattolica mira a creare rapporti di comunione, per se stessi educativi, sempre più profondi. E, proprio in questo, «esprime la varietà e la bellezza delle diverse vocazioni e la fecondità sul piano educativo e pedagogico che ciò apporta alla vita dell’istituzione scolastica»[39].

Testimonianza e cultura della comunione

38. Tale fecondità si esprime, anzitutto, nella stessa testimonianza offerta dalla comunità educativa. Nella scuola, certamente, l’educazione si dispiega in modo compiuto attraverso l’insegnamento, che è il veicolo attraverso cui si comunicano idee e convincimenti; in questo senso, «la parola è la strada maestra nell’educazione della mente»[40]. Ciò non toglie, però, che l’educazione si realizza anche in altre situazioni della vita scolastica. Così gli insegnanti, come ogni persona che vive e lavora in un ambito scolastico, educano, o possono anche diseducare, con il loro comportamento verbale e non verbale. «Centrale nell’opera educativa, e specialmente nell’educazione alla fede, che è il vertice della formazione della persona e il suo orizzonte più adeguato, è in concreto la figura del testimone»[41]. «Più che mai ciò esige che la testimonianza, alimentata dalla preghiera, costituisca il contesto onnicomprensivo di ogni scuola cattolica. Gli insegnanti, in quanto testimoni, rispondono della speranza che nutre la loro vita (cfr 1 Pt 3, 15) vivendo la verità che propongono ai loro scolari, sempre in riferimento a Colui che hanno incontrato e la cui certa bontà hanno preso a modello con gioia. Quindi con Sant’Agostino dicono: “Colui che parla e voi che ascoltate riconoscete voi stessi” (Discorsi, 23, 2)»[42]. Nella comunità educativa, pertanto, lo stile di vita ha un grande influsso, soprattutto se le persone consacrate ed i laici operano insieme, condividendo pienamente l’impegno di costruire, nella scuola, «un ambiente educativo permeato dallo spirito evangelico di libertà e carità»[43]. Ciò richiede a ciascuno di apportare il dono specifico della propria vocazione, per costruire una famiglia retta dalla carità e dallo spirito delle beatitudini.

39. Dando testimonianza di comunione, la comunità educativa cattolica è in grado di formare alla comunione, la quale, come dono che viene dall’alto, anima il progetto di formazione alla convivenza e all’accoglienza. Non solo coltiva negli alunni i valori culturali che scaturiscono dalla visione cristiana della realtà, ma anche coinvolge ciascuno di loro nella vita della comunità, dove i valori sono mediati da rapporti interpersonali autentici tra i diversi membri che la compongono e dall’adesione individuale e comunitaria ad essi. In questo modo, la vita di comunione della comunità educativa assume il valore di principio educativo, di paradigma che orienta la sua azione formativa, come servizio per la realizzazione di una cultura della comunione. Perciò, la comunità scolastica cattolica, attraverso gli strumenti dell’insegnamento e dell’apprendimento, «non trasmette […] la cultura come mezzo di potenza e di dominio, ma come capacità di comunione e di ascolto degli uomini, degli avvenimenti, delle cose»[44]. Tale principio informa ogni attività scolastica, la didattica ed anche tutte quelle attività extra-scolastiche quali lo sport, il teatro e l’impegno nel sociale, che favoriscono l’apporto creativo degli allievi e la socializzazione.

Comunità educativa e pastorale vocazionale

40. La missione condivisa vissuta da una comunità educativa di laici e consacrati, con una viva coscienza vocazionale, rende la scuola cattolica un luogo pedagogico favorevole per la pastorale vocazionale. Per la sua stessa composizione, infatti, la comunità educativa della scuola cattolica mette in rilievo la diversità e complementarità delle vocazioni nella Chiesa[45], di cui anch’essa è espressione. In questo senso, la dinamica comunitaria dell’esperienza formativa diventa l’orizzonte nel quale l’educando può sperimentare che cosa significhi essere membro della più grande comunità che è la Chiesa. E fare esperienza della Chiesa significa incontrarsi personalmente con Cristo vivente in essa. E «solo nella misura in cui fa una personale esperienza di Cristo, il giovane può comprendere in verità la sua volontà e quindi la propria vocazione»[46]. In questo senso, la scuola cattolica si sente impegnata a guidare gli alunni nella conoscenza di se stessi, delle proprie attitudini e delle proprie interiori risorse, per educarli a spendere la vita con senso di responsabilità, come risposta quotidiana all’appello di Dio. Così facendo, la scuola cattolica accompagna gli alunni a consapevoli scelte di vita: a seguire la vocazione al sacerdozio o alla speciale consacrazione, a realizzare la propria vocazione cristiana nella vita familiare, professionale e sociale.

41. Infatti, il quotidiano dialogo e confronto con educatori, laici e consacrati, che offrono una gioiosa testimonianza della propria chiamata, orienterà con più facilità il giovane in formazione a considerare la propria vita come una vocazione, come un cammino da vivere insieme, cogliendo i segni attraverso i quali Dio conduce alla pienezza dell’esistenza. Analogamente, gli farà comprendere come sia necessario saper ascoltare, interiorizzare i valori, imparare ad assumere degli impegni e a compiere delle scelte di vita.

42. In tal modo l’esperienza formativa della scuola cattolica costituisce un formidabile argine contro l’influsso di una diffusa mentalità che induce, soprattutto i più giovani, «a considerare la propria vita come un insieme di sensazioni da sperimentare, anziché come un’opera da compiere»[47]. E, al contempo, essa contribuisce a «formare personalità forti, capaci di resistere al relativismo debilitante e di vivere coerentemente le esigenze del proprio battesimo»[48].

III. La comunione per aprirsi agli altri

43. La comunione vissuta dagli educatori della scuola cattolica contribuisce a far sì che tutto l’ambiente educativo sia luogo di una comunione aperta alla realtà esterna e non ripiegata su se stessa. Educare in comunione ed alla comunione significa orientare gli studenti a crescere autenticamente come persone, «capaci di aprirsi progressivamente alla realtà e di formarsi una determinata concezione di vita»[49], che li aiuti ad allargare il loro sguardo ed il loro cuore al mondo che li circonda, con capacità di lettura critica, senso di corresponsabilità e volontà d’impegno costruttivo. Due ordini di motivazioni, antropologiche e teologiche, fondano quest’apertura sul mondo.

Fondamenti antropologici e teologici

44. L’essere umano, in quanto persona, è unità di anima e di corpo che, si attua dinamicamente mediante l’apertura di sé alla relazione con l’altro. Costitutivo della persona è l’essere-con e per-gli altri, che si attua nell’amore. Ora, è proprio l’amore che spinge la persona a dilatare progressivamente il raggio delle sue relazioni oltre la sfera della vita privata e degli affetti familiari, fino ad assumere il respiro dell’universalità e ad abbracciare – almeno come desiderio – l’umanità intera. Ed in questa medesima spinta è contenuta anche una forte esigenza formativa: l’esigenza, cioè, di imparare a leggere l’interdipendenza di un mondo, che è sempre più assediato dagli stessi problemi di carattere globale, come un segno etico forte per l’uomo del nostro tempo; come un richiamo ad uscire da quella visione dell’uomo che tende a concepire ciascuno come individuo isolato. Si tratta dell’esigenza di formare l’uomo come persona: un soggetto che, nell’amore, costruisce la propria identità storica, culturale, spirituale, religiosa, ponendola in dialogo con altre persone, in una dinamica di doni reciprocamente offerti e ricevuti. Nel contesto della globalizzazione, occorre formare soggetti capaci di rispettare l’identità, la cultura, la storia, la religione e soprattutto le sofferenze e i bisogni altrui, nella consapevolezza che «tutti siamo veramente responsabili di tutti»[50].

45. Questa esigenza assume ulteriore rilevanza ed urgenza, nella prospettiva della fede cattolica, vissuta nella carità della comunione ecclesiale. Nella Chiesa, infatti, luogo di comunione ad immagine dell’amore trinitario, «pulsa la dinamica dell’amore suscitato dallo Spirito di Cristo»[51]. Lo Spirito agisce come «potenza interiore» che armonizza il cuore dei credenti col cuore di Cristo e «trasforma il cuore della Comunità ecclesiale, affinché sia nel mondo testimone dell’amore del Padre»[52]. Pertanto, «dalla comunione intra-ecclesiale, la carità si apre per sua natura al servizio universale, proiettandoci nell’impegno di un amore operoso e concreto verso ogni essere umano»[53]. In questo senso, la Chiesa non è fine a se stessa, esiste per mostrare Dio al mondo; esiste per gli altri.

46. Allo stesso modo, in quanto soggetto ecclesiale, la scuola cattolica si pone come fermento cristiano del mondo: in essa, l’alunno impara a superare l’individualismo e a scoprire, alla luce della fede, di essere chiamato a vivere in maniera responsabile, una specifica vocazione all’amicizia con Cristo e in solidarietà con gli altri uomini. In definitiva, la scuola è chiamata ad essere testimonianza viva dell’amore di Dio tra gli uomini. Peraltro, essa può divenire un mezzo attraverso il quale è possibile discernere, alla luce del Vangelo, ciò che di positivo vi è nel mondo, ciò che occorre trasformare ed anche le ingiustizie che occorre superare. Anche l’accoglienza vigilante dei contributi del mondo nella vita della scuola nutre e favorisce una comunione aperta, particolarmente in alcuni ambiti educativi, quali l’educazione alla pace, al vivere insieme, alla giustizia ed alla fraternità.

Costruttori di comunione aperta

47. La condivisione della medesima missione educativa nella diversità delle persone, delle vocazioni e degli stati di vita è senz’altro un punto di forza della scuola cattolica nella sua partecipazione alla dinamica missionaria della Chiesa, all’apertura della comunione ecclesiale verso il mondo. In quest’ottica, un primo prezioso apporto viene dalla comunione tra laici e consacrati nella scuola.

I laici che, in ragione delle loro relazioni familiari e sociali, vivono immersi nel mondo, possono favorire l’apertura della comunità educativa ad un rapporto costruttivo con le istituzioni culturali, civili e politiche, con le diverse aggregazioni sociali — da quelle più informali a quelle più organizzate — presenti sul territorio. La scuola cattolica assicura la sua presenza sul territorio anche attraverso la collaborazione attiva con le altre istituzioni educative, innanzitutto con i centri cattolici di studi superiori, con i quali condividono un legame ecclesiale speciale, con gli enti locali e le diverse agenzie sociali. Essa, in tale ambito, fedele alla propria ispirazione, contribuisce a costruire una rete di relazioni che aiuta gli alunni a maturare il senso di appartenenza e la stessa società a crescere e svilupparsi in maniera solidale.

Anche le persone consacrate partecipano, come «vero segno di Cristo nel mondo»[54], a quest’apertura all’esterno per condividere i beni di cui sono portatrici. A loro spetta, in particolare, di mostrare che la consacrazione religiosa può dire molto ad ogni cultura, in quanto aiuta a svelare la verità dell’essere umano. Nella testimonianza della loro vita evangelica deve poter emergere che «la santità è la proposta di più alta umanizzazione dell’uomo e della storia: è progetto che ognuno su questa terra può fare proprio»[55].

48. Un altro pilastro della comunione aperta è costituito dalla relazione tra la scuola cattolica e le famiglie che l’hanno scelta per l’educazione dei loro figli. Tale relazione si configura come piena partecipazione dei genitori alla vita della comunità educativa, non solo in ragione della loro primaria responsabilità nell’educazione dei figli, ma anche in virtù della condivisione dell’identità e del progetto che caratterizzano la scuola cattolica e che essi devono conoscere e condividere, con interiore disponibilità. Proprio per questo, la comunità educativa individua lo spazio decisivo di collaborazione tra scuola e famiglia nel progetto educativo, da far conoscere ed attuare con spirito di comunione, mediante il contributo di tutti, nella distinzione delle responsabilità, dei ruoli e delle competenze. Ai genitori, in particolar modo, spetta di arricchire la comunione attorno a questo progetto, rendendo vivo ed esplicito il clima familiare che deve caratterizzare la comunità educante. Per tale ragione, la scuola cattolica, accogliendo volentieri la collaborazione dei genitori, considera come momento essenziale della propria missione anche un servizio organico di formazione permanente offerto alle famiglie, per sostenerle nel loro compito educativo e per promuovere una sempre più stretta coerenza tra i valori proposti dalla scuola e quelli proposti in famiglia.

49. Le associazioni e i gruppi d’ispirazione cristiana, che riuniscono i genitori delle scuole cattoliche, rappresentano un ulteriore ponte tra la comunità educativa e la realtà circostante. Tali associazioni e gruppi possono rinsaldare il legame di reciprocità tra scuola e società, mantenendo la comunità educativa aperta alla più ampia comunità sociale e, al contempo, svolgendo un’azione sensibilizzatrice della società e delle sue istituzioni nei confronti della presenza e dell’azione svolta dalla scuola cattolica nel territorio.

50. Anche sul piano ecclesiale, la comunione vissuta all’interno della scuola cattolica può e deve aprirsi ad uno scambio arricchente nella più ampia comunione con la parrocchia, la diocesi, i movimenti ecclesiali e la Chiesa universale. Ciò implica che i laici (educatori e genitori) ed i consacrati appartenenti alla comunità educativa prendano parte significativamente, anche fuori delle mura della scuola cattolica, alla vita della Chiesa locale. I membri del clero diocesano ed i laici della comunità cristiana locale, che non sempre hanno un’adeguata conoscenza della scuola cattolica, devono riscoprirla come scuola della comunità cristiana, un’espressione viva della medesima Chiesa di Cristo alla quale appartengono.

51. La dimensione ecclesiale della comunità educativa della scuola cattolica, se autenticamente e profondamente vissuta, non può limitarsi al rapporto con la comunità cristiana locale. Quasi per naturale estensione, essa tende ad aprirsi sugli orizzonti della Chiesa universale. In questa prospettiva, la dimensione internazionale di molte famiglie religiose offre ai consacrati l’arricchimento della comunione con quanti condividono la medesima missione nelle più varie parti del mondo. Al tempo stesso, offre la testimonianza della forza viva di un carisma che unisce al di là delle differenze. La ricchezza di questa comunione nella Chiesa universale può e deve essere partecipata, ad esempio attraverso occasioni formative e d’incontro a livello regionale o mondiale, anche ai laici (educatori e genitori) che, nel rispetto del loro stato di vita, condividono la missione educativa dei relativi carismi.

52. Così configurata, la scuola cattolica si presenta come una comunità educativa in cui la comunione ecclesiale e missionaria matura in profondità e cresce in estensione. In essa può essere vissuta una comunione che diviene efficace testimonianza della presenza di Cristo, vivente nella comunità educativa riunita nel suo nome (cfr Mt 18, 20) e che, proprio per questo, apre ad una più profonda comprensione della realtà e ad un più convinto impegno di rinnovamento del mondo. Infatti, «se pensiamo e viviamo in virtù della comunione con Cristo, allora ci si aprono gli occhi»[56], e comprendiamo che «solo da Dio viene la vera rivoluzione, il cambiamento decisivo nel mondo»[57].

53. La comunione vissuta nella comunità educativa, animata e sostenuta da laici e consacrati pienamente uniti nella medesima missione, fa della scuola cattolica un ambiente comunitario permeato dello spirito del Vangelo. Ora, quest’ambiente comunitario si configura come luogo privilegiato per la formazione delle giovani generazioni alla costruzione di un mondo fondato sul dialogo e la ricerca della comunione, più che sulla contrapposizione; sulla convivialità delle differenze, più che sulla loro opposizione. In questo modo, la scuola cattolica, ispirando il suo progetto educativo alla comunione ecclesiale e alla civiltà dell’amore, può contribuire in misura notevole ad illuminare le menti di molti, «cosicché sorgano uomini veramente nuovi, artefici di un’umanità nuova»[58].

Conclusione

54. «In un mondo in cui la sfida culturale è la prima, la più provocante e gravida di effetti»[59], la scuola cattolica è consapevole dei compiti gravosi che è chiamata ad affrontare e conserva la sua somma importanza anche nelle circostanze presenti.

55. Essa, quando è animata da persone laiche e consacrate che vivono in sincera unità la medesima missione educativa, mostra il volto di una comunità che tende verso una comunione sempre più profonda. Questa comunione sa farsi accogliente nei confronti delle persone in crescita, facendo loro sentire, mediante la sollecitudine materna della Chiesa, che Dio porta nel cuore la vita di ogni suo figlio. Essa sa coinvolgere i giovani in un’esperienza formativa globale, per orientare ed accompagnare, alla luce della Buona Novella, la ricerca di senso che essi vivono, in forme inedite e spesso tortuose, ma con un’urgenza inquietante. Una comunione, infine, che, fondandosi in Cristo, lo riconosce e lo annuncia a tutti ed a ciascuno, come l’unico vero Maestro (cfr Mt 23, 8).

56. Nel consegnare il presente documento a quanti vivono la missione educativa nella Chiesa, affidiamo alla Vergine Maria, madre ed educatrice del Cristo e degli uomini, tutte le scuole cattoliche affinché, come i servitori alle nozze di Cana, seguano docilmente il Suo amorevole invito: «Fate quello che egli vi dirà» (Gv 2, 5) e siano così, insieme con tutta la Chiesa, «la casa e la scuola della comunione»[60] per gli uomini del nostro tempo.

Il Santo Padre, nel corso dell’Udienza accordata al sottoscritto Prefetto, ha approvato il presente documento e ne ha autorizzato la pubblicazione.

Roma, 8 settembre 2007, festa della Natività della Beata Vergine Maria.

Zenon Card. Grocholewski
Prefetto

Mons. Angelo Vincenzo Zani
Sottosegretario



[1] Benedetto XVI, Discorso all’apertura del Convegno ecclesiale della Diocesi di Roma su famiglia e comunità cristiana (6 giugno 2005): AAS 97 (2005), 816.

[2] Giovanni Paolo II, Allocuzione all’UNESCO (2 giugno 1980), n. 18: AAS 72 (1980), 747.

[3] Congregazione per l’Educazione Cattolica, La scuola cattolica alle soglie del terzo millennio (28 dicembre 1997), n. 4.

[4] Concilio Ecumenico Vaticano II, Costituzione pastorale sulla Chiesa nel mondo contemporaneo Gaudium et spes (7 dicembre 1965), n. 22: AAS 58 (1966), 1042.

[5] Cfr Sacra Congregazione per l’Educazione Cattolica, La scuola cattolica (19 marzo 1977), n. 32.

[6] Nel presente documento ci si riferisce ai sacerdoti, religiose, religiosi e alle persone che con diverse forme di consacrazione scelgono la via della sequela di Cristo per dedicarsi a Lui con cuore indiviso (Cfr Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica post-sinodale Vita consecrata (25 marzo 1996), nn. 1-12: AAS 88 (1996), 377-385.

[7] Sacra Congregazione per l’Educazione Cattolica, Il laico cattolico testimone della fede nella scuola (15 ottobre 1982), n 37.

[8] Congregazione per l’Educazione Cattolica, Le persone consacrate e la loro missione nella scuola, n. 6; Cfr Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica post-sinodale Vita consecrata, n. 96: AAS 88 (1996), 471-472.

[9] La scuola cattolica (19 marzo 1977); Il laico cattolico testimone della fede nella scuola (15 ottobre 1982); Orientamenti educativi sull’amore umano. Lineamenti di educazione sessuale (1 novembre 1983); Dimensione religiosa dell’educazione nella scuola cattolica (7 aprile 1988); La scuola cattolica alle soglie del terzo millennio (28 dicembre 1997); Le persone consacrate e la loro missione nella scuola. Riflessioni ed orientamenti (28 ottobre 2002). 

[10] Cfr Congregazione Per La Dottrina Della Fede, Lettera ai Vescovi della Chiesa Cattolica Communionis Notio, (28 maggio 1992), n. 3b: AAS 85 (1993), 836.

[11] Cfr Messale Romano, Preghiera eucaristica IV.

[12] Giovanni Paolo II, Lettera apostolica Novo millennio ineunte (6 gennaio 2001), n. 43: AAS 93 (2001), 297.

[13] Benedetto XVI, Omelia alla Veglia di preghiera a Marienfeld (20 agosto 2005): AAS 97 (2005), 886.

[14] Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica post-sinodale Christifideles laici (30 dicembre 1988), n. 32: AAS 81 (1989), 451-452.

[15] Cfr Concilio Ecumenico Vaticano II, Dichiarazione sull’educazione cristiana Gravissimum educationis (28 ottobre 1965), n. 3: AAS 58 (1966), 731; C.I.C., cann. 793 e 1136.

[16] Paolo VI, Esortazione apostolica post-sinodale Evangelii nuntiandi (8 dicembre 1975), n. 19: AAS 68 (1976), 18.

[17] Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica post-sinodale Vita consecrata, n. 54: AAS 88 (1996), 426-427. Per la collaborazione tra fedeli laici e persone consacrate vedere anche i nn. 54-56: AAS 88 (1996), 426-429.

[18] Cfr Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica, Ripartire da Cristo (14 giugno 2002), n. 28.

[19] Cfr Congregazione per l’Educazione Cattolica, Le persone consacrate e la loro missione nella scuola, n. 20.

[20] Sacra Congregazione per l’Educazione Cattolica, Il laico cattolico testimone della fede nella scuola, n. 24.

[21] Giovanni Paolo II, Lettera apostolica Novo millennio ineunte, n. 43: AAS 93 (2001), 297.

[22] Ibid., n. 46: 299.

[23] Ibid., n. 46: 300.

[24] Sacra Congregazione per l’Educazione Cattolica, La scuola cattolica, n. 37.

[25] Benedetto XVI, Lettera enciclica Deus caritas est (25 dicembre 2005), n.31: AAS 98 (2006), 244.

[26] Ibid.

[27] Cfr Sacra Congregazione Per l’Educazione Cattolica, Il laico cattolico testimone della fede nella scuola, n. 60.

[28] Cfr Concilio Ecumenico Vaticano II, Costituzione dogmatica sulla Divina Rivelazione Dei Verbum ( 18 novembre 1965), n. 10: AAS 58 (1966), 822.

[29] Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica, Ripartire da Cristo, n. 31.

[30] Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica, La vita fraterna in comunità (2 febbraio 1994), n. 45.

[31] Sacra Congregazione per l’Educazione Cattolica, Il laico cattolico testimone della fede nella scuola, n. 7.

[32] Concilio Ecumenico Vaticano II, Costituzione dogmatica sulla Chiesa Lumen gentium (21 novembre 1964), n. 31: AAS 57 (1965), 37.

[33] Sacra Congregazione per l’Educazione Cattolica, Il laico cattolico testimone della fede nella scuola, n. 24.

[34] Concilio Ecumenico Vaticano II, Costituzione pastorale sulla Chiesa nel mondo contemporaneo Gaudium et spes, n. 4: AAS 58 (1966), 1027.

[35] Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica, Ripartire da Cristo, n. 31.

[36] Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica post-sinodale Christifideles laici, n. 61: AAS 81(1989), 514.

[37] Cfr Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica, La vita fraterna in comunità, n. 45.

[38] Congregazione per l’Educazione Cattolica, Le persone consacrate e la loro missione nella scuola, n. 21.

[39] Ibid., n. 43.

[40] Benedetto XVI, Discorso ai rappresentanti di alcune comunità musulmane (20 agosto 2005): AAS 97 (2005), 918.

[41] Benedetto XVI, Discorso all’apertura del Convegno ecclesiale della Diocesi di Roma su famiglia e comunità cristiana (6 giugno 2005): AAS 97 (2005), 815.

[42] Benedetto XVI, Discorso ai Vescovi dell’Ontario, Canada, in visita ad limina Apostolorum (8 settembre 2006): L’Osservatore Romano (9 settembre 2006), 9.

[43] Concilio Ecumenico Vaticano II, Dichiarazione sull’educazione cristiana Gravissimum educationis, n. 8: AAS 58 (1966), 734.

[44] Sacra Congregazione per l’Educazione Cattolica, La scuola cattolica, n. 56.

[45] Cfr Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica post-sinodale Christifideles laici, n. 20: AAS 81 (1989), 425.

[46] Benedetto XVI, Discorso ai seminaristi (19 agosto 2005): AAS 97 (2005), 880.

[47] Giovanni Paolo II, Lettera enciclica Centesimus annus (1 maggio 1991), n. 39: AAS 83 (1991), 842.

[48] Sacra Congregazione per l’Educazione Cattolica, La scuola cattolica, n. 12.

[49] Ibid., n. 31.

[50] Giovanni Paolo II, Lettera enciclica Sollicitudo rei socialis (30 dicembre 1987), n. 38: AAS 80 (1988), 566.

[51] Benedetto XVI, Lettera enciclica Deus caritas est, n. 28b: AAS 98 (2006), 240.

[52] Ibid., n. 19: 233.

[53] Giovanni Paolo II, Lettera apostolica Novo millennio ineunte, n. 49: AAS 93 (2001), 302.

[54] Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica post-sinodale Vita consecrata, n. 25: AAS 88 (1996), 398.

[55] Congregazione per l’Educazione Cattolica, Le persone consacrate e la loro missione nella scuola, n. 12.

[56] Benedetto XVI, Omelia durante la celebrazione eucaristica a Marienfeld (21 agosto 2005): AAS 97 (2005), 892.

[57] Benedetto XVI, Omelia alla Veglia di preghiera a Marienfeld (20 agosto 2005): AAS 97 (2005), 885.

[58] Concilio Ecumenico Vaticano II, Costituzione pastorale sulla Chiesa nel mondo contemporaneo Gaudium et spes, n. 30: AAS 58 (1966), 1050.

[59] Giovanni Paolo II, Discorso a genitori, studenti e docenti delle scuole cattoliche (23 novembre 1991), n. 6: AAS 84 (1992), 1136.

[60] Giovanni Paolo II, Lettera apostolica Novo millennio ineunte, n. 43: AAS 93 (2001), 296.

 

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