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CONCLUSIONE DEL CENTENARIO DI FONDAZIONE
DEL SANTUARIO DI GESÙ BAMBINO DI ARENZANO

OMELIA DEL CARD. TARCISIO BERTONE,
SEGRETARIO DI STATO D
EL SANTO PADRE

Martedì, 6 gennaio 2009

 

Cari fratelli e sorelle!

L’odierna solennità dell’Epifania conclude il ciclo delle vicende legate alla nascita e all’infanzia di Gesù. Domenica prossima, che chiuderà il tempo natalizio con la festa del suo Battesimo, incontreremo Gesù già adulto quando, battezzato da Giovanni nel Giordano, darà inizio ai tre anni di vita pubblica.

Epifania, il nome della festa odierna significa manifestazione: è la celebrazione di Cristo, la massima “epifania”, la massima manifestazione di Dio agli uomini. Le letture che abbiamo ascoltato ci aiutano a meglio comprendere e vivere questo grande mistero: mistero della Luce che è “apparsa” a Natale nella buia grotta di Betlemme e che oggi si diffonde dappertutto, arrivando sino ai confini del mondo, ai confini dello spazio e del tempo. La luce nella Bibbia simboleggia sempre il mistero divino nelle sue due dimensioni fondamentali: la vicinanza e la trascendenza. Nel Natale Iddio trascendente si è fatto a noi vicino, è l’Emanuele il Dio con noi. Ecco perchè l’intera tradizione cristiana del Natale e dell’Epifania si snoda proprio in un gioioso alone di luminarie e di luce. Sant’Agostino diceva che il periodo natalizio cade in inverno, quando il sole è più debole, perché la luce di Cristo si adatti meglio ai nostri occhi deboli. Ed opportuno risuona anche l’invito di san Leone Magno, che in una sua omelia scrive: “Lascia pure che le luci esteriori agiscano sui sensi del tuo corpo, ma con tutto l’amore infiammato dell’anima tua, ricevi dentro di te quella luce che illumina ogni uomo che viene in questo mondo”.

Di luce parla il profeta Isaia nella prima lettura, tutta incentrata sulla “nuova Gerusalemme”, considerata non tanto come realtà urbana, quanto piuttosto come comunità sacra dell’alleanza. Da Gerusalemme sorge la luce che splende agli occhi di tutti i popoli pagani e li attira a sé. Il profeta la intravede all’orizzonte, la saluta con effusione lirica, mentre evoca il corteo che condurrà tutti i popoli nella città santa, dove Dio manifesterà la sua gloria dinanzi a tutto l’universo. Sarà proprio la luce che sorgerà da Gerusalemme a sconfiggere le tenebre della tristezza e del male. Ed allora Isaia si rivolge a Gerusalemme, personificata in una donna afflitta per la lontananza dei suoi figli, esortandola alla gioia perché è giunta l’ora di dimenticare gli affanni penosi del passato; è giunto il momento di rivestirsi di gioia, di luce appunto; è l’ora di accogliere la gloria del Signore e la sua luce che attirerà a sé tutti i popoli immersi “nelle tenebre”. Mi limito ad aggiungere che il compimento della promessa del profeta sarà quando, come si legge nell’ultima pagina dell’ultimo libro della Bibbia, l’Apocalisse, le “genti cammineranno alla luce del Signore e i re della terra vi porteranno la loro gloria” (Ap 21,24).

La seconda lettura, tratta dalla Lettera di san Paolo agli Efesini, ci aiuta a capire che l’Epifania non è un semplice ricordo di un evento passato: si tratta piuttosto di un “mistero”, di una realtà da vivere oggi, in questo nostro mondo, una realtà che la Chiesa, grazie alla misteriosa azione dello Spirito, deve incarnare nella storia. E’ la rivelazione del disegno divino sull’umanità e sul mondo che si va realizzando progressivamente nel corso dei secoli per mezzo anche della collaborazione della Chiesa. Per questo la festa dell’Epifania riveste una singolare dimensione missionaria, avendo ricevuto la Chiesa il mandato di diffondere la Luce che è Cristo in ogni regione del mondo. Ricorda il Concilio Vaticano II: “La Chiesa avverte in maniera più urgente la propria vocazione di salvare e di rinnovare ogni creatura, perché tutte le cose in Cristo siano ricapitolate e gli uomini in lui costituiscano una sola famiglia e un solo popolo di Dio” (Ad Gentes 1).

Il Vangelo riprende il tema natalizio della luce. L’evangelista Matteo narra l’incontro con il Bambino Gesù dei Magi venuti da lontano. La tradizione popolare li ha trasformati in re Magi, attribuendo a ciascuno di essi un nome. In realtà si tratta di personaggi quasi sconosciuti, probabilmente di astronomi, che nell’economia della salvezza, stanno a rappresentare i popoli lontani attirati dalla luce di Cristo apparsa nel mondo. Si sono messi in cammino, leggiamo nel Vangelo, perché “hanno visto sorgere la sua stella” (v.2), e quest’annotazione richiama subito alla mente quanto dice il profeta Isaia: “il popolo che camminava nelle tenebre vide una grande luce” (Is 9,15). La luce intravista dal profeta ora è apparsa; si è fatta visibile: è Gesù, la stella che brilla nella storia dell’umanità; è Cristo “la luce vera” (Gv 1,9) venuta nel mondo per illuminare il cuore degli uomini ed attrarli alla sua verità e al suo amore.

“Al vedere la stella – narra l’evangelista - essi provarono una grandissima gioia” (v.10). Ecco un altro elemento natalizio: la gioia, a cui ho già fatto riferimento. Sì, perché la luce di Cristo reca nel mondo la gioia: ai poveri (i pastori nella notte di Betlemme), ai ricchi e ai sapienti (i Magi dei quali narra il Vangelo oggi). E alla gioia rispondono sia i pastori nella grotta di Betlemme, sia i Magi “nella casa” dove incontrano Gesù con l’adorazione. Aggiunge san Matteo: “Videro il bambino... e prostratisi lo adorarono” (v.11). Videro un neonato adagiato in una mangiatoia con sua madre Maria e lo adorarono, un gesto riservato solo a Dio. Il loro prostrarsi in adorazione è un messaggio importante per noi: ci dice che riconoscere ed adorare Dio fattosi uomo in Gesù conferisce piena dignità all’essere umano. Ci dice che la vita umana trova il suo autentico valore e pieno significato solo quando si riconosce Dio come nostro creatore. “Gesù – ha detto il Papa Benedetto XVI nella sua omelia in San Pietro, il 31 dicembre scorso – nascendo a Betlemme è venuto non a toglierci qualcosa, ma a darci tutto”.

Dopo averlo adorato, i Magi “aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra (v.11b). Interessante quanto in proposito dice S. Leone Magno spiegando il significato dei tre doni: “Dal tesoro del proprio cuore si offre l’oro, riconoscendo Cristo re dell’universo; offre la mirra chi crede che il Figlio unigenito di Dio ha assunto una vera natura umana; l’onora, in certo senso, con l’incenso, chi confessa la sua assoluta uguaglianza con la maestà del Padre” (cf. Discorso 36). Avvenne un significativo scambio di doni: essi offrirono quello che avevano e ricevettero in cambio Colui che è, Colui che è il “Senso” vero dell’umana esistenza. Ricolmi di gioia, i Magi, annota l’evangelista, “avvertiti in sogno di non tornare da Erode, per un altra strada fecero ritorno al loro paese” (v.12). Fecero ritorno nei loro paesi per un altra strada; tornarono alla loro vita per una via nuova. Avviene così per chiunque incontra Gesù. Chi si lascia toccare dalla luce del suo Vangelo vive la sua esistenza in modo diverso, è interiormente rinnovato e non può fare a meno di comunicare agli altri la propria esperienza di fede.

Cari fratelli e sorelle, è compito nostro, di chi ha incontrato il Signore, diventare una “stella” che conduce a Cristo, Sole che non tramonta. La Solennità di oggi ci ricorda che tutti siamo chiamati con il battesimo ad essere missionari: questa è la principale missione della Chiesa.

Veniamo ora al vostro Santuario dedicato a Gesù Bambino di Praga in Arenzano. Qui, in questo luogo sacro, potremmo dire che si ripete tutti i giorni quel che avvenne a Betlemme con i Magi. Come infatti essi vennero da lontano per adorare il Bambino Gesù, anche qui giungono da tutta Italia e anche dalla Francia pellegrini e devoti per adorare il “Piccolo Re” dell’universo la cui effigie gelosamente voi custodite. Rivestito del manto rosso regale, Egli porta sulla testa una corona d'oro, e benedice con la mano destra mentre sulla sinistra regge il mondo. Come i Magi anche noi per riconoscerne la divina regalità dobbiamo piegare la nostra intelligenza ed aprire il nostro cuore. Dinanzi a lui sentiamo che la vera grandezza umana è “farsi piccoli”, scopriamo la bellezza paradossale della “piccola via dell'infanzia evangelica”, comprendiamo che non è grande colui che è potente perché ricco e assetato unicamente di umani e terreni successi, ma colui che si fa “piccolo” per virtù; colui che conserva l’animo di un bambino, ricolmo di amore e di riconoscenza. E’ la via dell’umiltà che rifugge dalla superbia, della semplicità che rinuncia all’'orgoglio e all’egoismo, della disponibilità che s’oppone alla volontà di potere e di possesso, la via della fiducia in Dio Padre piuttosto che la sicurezza in se stessi.

Questo è il messaggio che oggi, a conclusione del centenario di fondazione del Santuario, vogliamo fare nostro e sottolineare con vigore. L’umanità è in cerca di luce e di speranza, ma solo nell’umile accoglienza di un Dio che per amore si è fatto Bambino, può trovare la strada della salvezza e della pace. E voi, cari e benemeriti Carmelitani scalzi, diffondendo la devozione a Gesù Bambino di Praga in numerosi paesi del mondo da questo santuario/basilica di Arenzano, fatevi apostoli di un autentico rinnovamento spirituale. Utilizzate per questo sia lo stretto collegamento che esiste con la chiesa di Santa Maria delle Vittorie a Praga, culla della devozione a Gesù Bambino, sia l’utile mezzo di diffusione: "Il Messaggero di Gesù Bambino di Praga", nato ad Arenzano nel 1905 e divenuto strumento che lega i due centri di irradiazione in Italia e nella Repubblica Ceca con i fedeli di tutto il mondo. Questo vostro Santuario ha scritto, nel corso della sua storia centenaria, importanti pagine di fede e di vita ecclesiale che bene si collocano nella tradizione della devozione al Bambino Gesù, tipica dell’intera Liguria. Questo Santuario, fortemente voluto dai Carmelitani e sostenuto dai Vescovi che via via si sono succeduti nella sede Arcivescovile di Genova, e dagli stessi numerosi fedeli, è diventato nel tempo il segno di una viva presenza di Cristo. Come ogni Santuario è luogo della preghiera fiduciosa e di riconciliazione; è spazio di rinnovati propositi di testimonianza evangelica, sotto lo sguardo tenero del Bambino Gesù.

Possa questa fausta ricorrenza centenaria suscitare nei pellegrini e nei devoti del Santuario un rinnovato amore a Colui che è venuto per rivelarci il vero volto del Padre e per radunare tutte le genti della terra in un’unica famiglia. A nome del Santo Padre Benedetto XVI incoraggio voi, cari Padri Carmelitani a proseguire con entusiasmo e generosità l’importante opera apostolica di questo Santuario, tesa a riproporre e mantenere inalterata l’immagine del vero Gesù della storia, vero Dio e vero uomo. Di Sua Santità mi è gradito trasmettere il cordiale saluto a voi tutti oggi qui presenti, e a quanti ogni giorno vengono in pellegrinaggio ai piedi del Bambino di Praga. Il Papa affida alle vostre preghiere le intenzioni del suo ministero di Pastore universale della Chiesa; vi domanda di pregare per le necessità dell’intero popolo di Dio e del mondo, oggi segnato da tante incertezze e preoccupazioni per il futuro dell’umanità. E pregate anche per il mio servizio alla Chiesa, come primo collaboratore del Santo Padre.

Cari fratelli e sorelle, come i Magi, anche noi offriamo al Bambino Gesù i nostri doni: la fedele adesione al Vangelo, l’impegno a seguire i suoi insegnamenti e lo sforzo di essere ovunque, in famiglia e nella società, strumenti della sua pace. Ci ottenga questa grazia la Vergine Maria, silenziosa testimone dell’adorazione del Magi e costante sostegno della nostra fede; ci aiuti Lei ad accogliere la luce di Dio perché contempliamo con purezza di fede e gustiamo con fervente amore il mistero di cui ci oggi il Signore ci fa partecipi. Amen!

 

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