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CELEBRAZIONE EUCARISTICA
IN OCCASIONE DELLA FESTA DEL TRANSITO DI SAN BENEDETTO ABATE

OMELIA DEL CARD. TARCISIO BERTONE,
SEGRETARIO DI STATO D
EL SANTO PADRE

Abbazia di Montecassino - Domenica, 21 marzo 2010

 

Venerati Fratelli,
Cari fratelli e sorelle!

E’ sempre motivo di grande gioia celebrare l’Eucaristia in questo luogo, ove tutto parla del grande San Benedetto da Norcia, della sua figura, della sua grandiosa eredità spirituale e dell’enorme contributo che egli diede alla costruzione dell’Europa cristiana.

La circostanza che oggi ci raduna, la Festa liturgica in memoria del transitus, che proprio qui avvenne, aumenta ancora maggiormente in me la gratitudine, che esprimo di cuore al Reverendissimo Padre Abate Dom Pietro Vittorelli e all’intera Comunità monastica. Mi è gradito rivolgere, altresì, un deferente saluto alle Autorità qui presenti: all’On. Franco Frattini, Ministro degli Affari Esteri; all’On. Gianni Letta, Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, all’On. Antonio Tajani, Vicepresidente della Commissione Europea, e all’On. Antonello Iannarilli, Presidente della Provincia di Frosinone. Saluto con viva cordialità gli Ecc.mi Ambasciatori accreditati presso la Santa Sede e presso il Quirinale, rappresentanti di diversi Paesi europei. Rivolgo un fraterno pensiero a Mons. Giuseppe Bertello, Nunzio Apostolico in Italia, e agli altri Presuli presenti: il Vescovo di Frosinone, Mons. Ambrogio Spreafico; il Vescovo di Sora Aquino-Pontecorvo, Mons. Filippo Iannone, ed il Vescovo di Anagni-Alatri, Mons. Lorenzo Loppa.

A voi tutti, radunati in questa splendida Basilica, sono lieto di porgere il beneaugurante saluto di Sua Santità Benedetto XVI, nel cui animo è ancora vivo il ricordo della Visita Pastorale del 24 maggio dello scorso anno. Mi piace ricordare le Sue parole, pronunciate nella prima Udienza generale, mercoledì 27 aprile 2005, quando spiegò le ragioni della scelta del nome che volle assumere dopo la Sua elezione: “Il nome Benedetto evoca, inoltre, la straordinaria figura di San Benedetto da Norcia, compatrono d’Europa insieme ai Santi Cirillo e Metodio e alle sante donne Brigida di Svezia, Caterina da Siena ed Edith Stein. La progressiva espansione dell’Ordine benedettino da lui fondato ha esercitato un influsso enorme nella diffusione del cristianesimo in tutto il Continente. San Benedetto costituisce un fondamentale punto di riferimento per l’unità dell’Europa e un forte richiamo alle irrinunciabili radici cristiane della sua cultura e della sua civiltà”. Al Santo Padre, che è spiritualmente presente ed invia, per mio tramite, la Sua Apostolica Benedizione, assicuriamo il nostro affettuoso e devoto ricordo nella preghiera in questa Celebrazione eucaristica.

La Parola di Dio che abbiamo ascoltato ci aiuta a comprendere il senso profondo della vita e della missione di San Benedetto. Innanzitutto il brano del Vangelo: le Beatitudini. Alcuni scrittori medievali hanno voluto vedere nel Monte di Cassino quasi un altro Sinai, da cui un nuovo Mosè, Benedetto, bandì per i monaci e per tutti i popoli la nuova Legge che Cristo aveva promulgato sul Monte delle Beatitudini. Scrive Papa San Gregorio Magno nel Secondo Libro dei Dialoghi: “Benedetto, l’uomo del Signore, ebbe lo spirito di quell’Unico che, per mezzo della grazia della redenzione concessaci, riempì i cuori di tutti i suoi eletti” (II, 8).

Nato a Norcia verso il 480, dalla romana gente Anicia, il giovane Benedetto, settant’anni dopo il saccheggio di Roma per opera dei Visigoti di Alarico e quattro anni prima che Odoacre, re degli Eruli, uccidesse l’ultimo imperatore romano, lasciò il mondo di Roma, dove aveva studiato, per fare una singolare esperienza monastica. Fuggì soli Deo placere desiderans, “desiderando di piacere soltanto a Dio”, e sperimentò varie forme di vita monastica: la quasi solitudine di Enfide, attuale Affile, come prima esperienza; la completa vita di anacoreta presso il fiume Aniene, nota soltanto ad un monaco che gli portava il cibo; poi, dopo aver istruito rudi pastori, la prima espressione comunitaria a Vicovaro; infine, la forma quasi cenobitica a Subiaco, dove assunse la direzione di questa “scuola al servizio del Signore”. Questo “senatore romano mancato e fattosi contadino” ci viene presentato da San Gregorio Magno come colui che prende per motto “ora et labora” e per insegna un aratro e una croce, “conscio di non sapere (scienter nescius) e sapientemente ignorante (sapienter indoctus)”.

Il gioiello di Benedetto è la sua Regola, che, armonizzando l’esperienza ascetica orientale e la saggezza romana, disegna l’ordinamento di quella nuova città che è il Monastero. Anche la prima Lettura odierna, tratta dal Libro del Siracide, con immagini efficaci sembra parlarci del Patriarca Benedetto: “Nella sua vita riparò il tempio e nei suoi giorni fortificò il santuario. / Da lui furono poste le fondamenta … / l’alto contrafforte della cinta del tempio. … / Premuroso di impedire la caduta del suo popolo, fortificò la città contro un assedio. … / Come un ulivo verdeggiante pieno di frutti, come un cipresso / svettante tra le nubi” (Sir 50, 1-2.4.10).

La Regola, cardine di tutta la sua opera, espressione perfetta del suo progetto e valido sostegno per la realizzazione della vita personale, comunitaria e sociale, divenne il codice di vita per migliaia di discepoli sparsi in tutte le regioni del Continente e strumento della Provvidenza per educare anche le nuove nazioni alla fede, alla preghiera, al lavoro, alla pace, all’amore. E’ per questo che Pio XII celebrò San Benedetto quale Padre dell’Europa, e Papa Paolo VI lo proclamò, in questa Abbazia, Patrono Principale dell’Europa, il 24 ottobre 1964.

Al capitolo 72 della Regola si legge: “Compiere fedelmente il servizio di Dio significa amare i fratelli con carità sincera”. Le cittadelle monastiche benedettine cercano di realizzare sulla terra il regno della carità fraterna, per dare compimento al messaggio di Cristo così come risuona nelle parole dell’Apostolo Paolo agli Efesini: “Vi esorto io, prigioniero del Signore, a comportarvi in maniera degna della vocazione che avete ricevuto, con ogni umiltà, mansuetudine e pazienza, sopportandovi a vicenda con amore, cercando di conservare l’unità dello Spirito per mezzo del vincolo della pace” (Ef 4, 1-3).

E’ la ricomposizione dei valori umani e cristiani che ha salvato nel tempo la cultura europea dalla sovversione totale, mentre fallirono sia l’imperatore Giustiniano, con le sue guerre crudeli e interminabili, sia il senatore Cassiodoro, illuso che la cultura romana e filosofica potesse sopravvivere. San Benedetto – diceva Pietro il Venerabile, Abate di Cluny – insegna che tutti i popoli devono sottomettersi alle leggi e ai desideri di Cristo.

Nel solco di San Benedetto sorsero in tutto il continente europeo centri di preghiera, di cultura, di promozione umana, di ospitalità per i poveri e i pellegrini. Due secoli dopo la sua morte, saranno più di mille i monasteri guidati dalla sua Regola. “E’ lecito domandarsi – diceva Paolo VI – a quali eccessi si sarebbe spinta la gente del Medioevo, se non si fosse levata questa voce grande e dolce” (24 ottobre 1964). E la voce di San Benedetto comincia a farsi sentire da Montecassino. Di anno in anno, ecco campi, frutteti, orti, il laboratorio… Qui si comincia a rinnovare il mondo; qui diventano uguali e fratelli latini e barbari, ex pagani ed ex ariani, antichi schiavi e antichi padroni di schiavi. Ora tutti sono una cosa sola, stessa legge, stessi diritti, stesso rispetto. Benedetto ha dato ai tempi nuovi ciò che essi confusamente aspettavano. C’erano già tanti monasteri in Europa prima di Lui, ma con Lui il monachesimo-rifugio diventerà monachesimo-azione. E’ un messaggio valido ancora oggi: il cristocentrismo benedettino è sempre un umanesimo autentico, perché concilia la trascendenza della preghiera con l’attività dell’uomo alla conquista del mondo. L’ideale dell’armonia tra vita attiva e contemplativa è sempre di grande attualità.

Sono sempre illuminanti a questo proposito le parole del Santo Padre, pronunciate pochi giorni prima della Sua elezione alla Cattedra di Pietro, in occasione della consegna del “Premio San Benedetto”, nel Monastero di Santa Scolastica a Subiaco: “Soltanto attraverso uomini che sono toccati da Dio, Dio può fare ritorno presso gli uomini. Abbiamo bisogno di uomini come San Benedetto da Norcia il quale, in un tempo di dissipazione e di decadenza, si sprofondò nella solitudine più estrema, riuscendo, dopo tutte le purificazioni che dovette subire, a risalire alla luce, a ritornare e a fondare a Montecassino, la città sul monte che, con tante rovine, mise insieme le forze dalle quali si formò un mondo nuovo. Così Benedetto, come Abramo, diventò padre di molti popoli”. E qui il Santo Padre citava la stessa Regola: “Come c’è uno zelo amaro che conduce all’inferno, così c’è uno zelo buono che allontana dai vizi e conduce a Dio e alla vita eterna. E’ a questo zelo che i monaci devono esercitarsi con ardentissimo amore: si prevengono l’un l’altro nel rendersi onore, sopportino con somma pazienza a vicenda le loro infermità fisiche e morali… Si vogliano bene l’un l’altro con affetto fraterno… Temano Dio nell’amore… Nulla assolutamente antepongano a Cristo il quale ci potrà condurre tutti alla vita eterna” (Cap. 72).

Anche oggi l’Europa è alla ricerca della propria identità. Per creare un’unità nuova e duratura, sono importanti gli strumenti politici, economici e giuridici, ma occorre anche suscitare un rinnovamento etico e spirituale che attinga alle radici cristiane del Continente. Cercando il vero progresso, ascoltiamo anche oggi la lezione di San Benedetto, come un faro per il nostro cammino. Il grande Abate rimane un maestro alla cui scuola possiamo imparare l’arte di vivere il vero umanesimo. Come, alla fine dell’età antica, San Benedetto ed i suoi monaci seppero farsi costruttori e custodi della civiltà, così in questa nostra epoca, contrassegnata da una rapida evoluzione culturale, urge prendere coscienza delle nuove esigenze e ribadire, al tempo stesso, la profonda adesione ai valori perenni. Primo ed inesauribile valore è la Parola di Dio, che dev’essere ascoltata ogni giorno per la conversione della vita e per rispondere alle sfide della storia. Se veramente, come in San Benedetto, sarà profonda la vita spirituale nel cristiano, nel religioso, nel sacerdote; se ciascuno nel proprio stato cercherà di servire Dio, allora potrà essere efficacemente servo dell’uomo e vero costruttore della civiltà dell’amore.

 
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