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ORDINAZIONE EPISCOPALE DI MONSIGNOR ANDRÉ DUPUY

OMELIA DEL CARDINALE ANGELO SODANO*

(Dax, Francia) - Domenica, 6 giugno 1993





Venerati Fratelli nell'Episcopato e cari Sacerdoti,
Distinte Autorità, Fratelli e Sorelle nel Signore,
Caro Andrea!

Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma «abbia la vita eterna» (Gv 3, 16).

Sono queste le parole dei Vangelo di San Giovanni, che sono state proclamate poco fa in questa solenne festa liturgica della SS. Trinità. Sono parole ispirate che ci ricordano il mistero di Dio che è Amore e che per amore ci ha inviato il suo Figlio Gesù e Ci ha donato il Suo Santo Spirito.

È questa la fede della Chiesa, che noi ogni giorno proclamiamo facendo a più riprese su di noi, un gesto di umile adorazione, il segno della Croce, «nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo».

È assai significativo che proprio in questo giorno sia stata fissata la data dell'ordinazione episcopale del caro Mons. André Dupuy. Oggi il nuovo Vescovo entrerà a far parte del Collegio Episcopale e contribuirà a continuare, come Successore degli Apostoli, quell'opera di salvezza che Cristo ha affidato alla sua Chiesa. Per amore Dio ci ha creato. Per amore Dio ci ha redento. Per amore lo Spirito Santo ci santifica. Per amore la Chiesa, Corpo mistico di Cristo, continua nella storia umana l'opera di salvezza.

Ed in quest'opera salvifica della Chiesa, viene ad inserirsi il ministero del nuovo Vescovo che oggi è ordinato.

Celebrazione dell'amore di Dio è la festa della SS. Trinità. Celebrazione dell'amore dì Dio è anche l'ordinazione di un Vescovo. Sarà lui che continuerà ad annunciare al mondo che Dio ci ama e ci salva.

È però noto che l'opera del Vescovo e del sacerdote, suo cooperatore, otterrà dei frutti, solo se sostenuta dalla grazia di Dio. In realtà, la fede ci insegna che la Chiesa vive ed opera nel mondo, sostenuta interiormente dallo Spirito Santo, che nel Credo professiamo come Signore e Datore di vita. Giustamente la dottrina cattolica presenta lo Spirito Santo come anima della Chiesa; al riguardo il Papa Giovanni Paolo II ci ha dato la bella Enciclica «Dominum vivificantem» il 18 maggio 1986, commentando a lungo questo articolo del nostro Credo.

È lui, lo Spirito di Cristo che è il principio di ogni azione salvifica nel mondo. È lui che unifica la Chiesa nella Comunione, che l'edifica con i diversi doni gerarchici e carismatici, che mantiene la Chiesa continuamente giovane, rinnovandola ogni giorno e conducendola alla perfetta unione con il suo Sposo. In realtà gli Apostoli hanno potuto iniziare l'opera di evangelizzazione del mondo, perché ricevettero nel giorno di Pentecoste la forza dello Spirito Santo, come aveva detto loro il Signore: «Ricevete la forza dello Spirito Santo che scenderà su di voi e mi sarete testimoni sia a Gerusalemme come in tutta la Giudea e fino alle estremità della terra» (At 1.8 ).

A loro volta gli apostoli trasmisero questo dono dello Spirito Santo ai loro Successori, imponendo le mani.

È questo il rito che oggi ancora una volta io compirò imponendo le mani su di un caro membro del clero di Aire e Dax, chiamato dal papa a fare parte del collegio Episcopale.

È questo un rito bimillenario, che ricollega ogni Vescovo agli Apostoli, che introduce ogni Vescovo nella struttura gerarchica della Chiesa, dandogli poi quel fuoco interiore che a Pentecoste scese sugli Apostoli e li rese idonei alla grande opera di evangelizzazione del mondo.

Con l'imposizione delle mani dei Vescovi qui presenti e con la formula Consacratoria, una grazia nuova scenderà su di te, caro André: la grazia di guidare il Popolo Santo di Dio. Tu riceverai lo «Spiritum Principalem» di cui parla la liturgia dell'ordinazione, e cioè quello «Spirito che rende idonei a reggere», che dà la grazia per governare il popolo cristiano sulle vie della salvezza.

Alla mia implorante preghiera si unirà quella della gente della Tua cara diocesi di Aire e Dax, guidata sapientemente dal tuo caro Vescovo, Mons. Robert Sarrabère.

Si unirà alla nostra preghiera una numerosa Rappresentanza di Vescovi, sacerdoti, fedeli, parenti ed amici, di tanti che ti hanno conosciuto, stimato ed amato nel corso della tua vita.

Dal cielo intercederanno i santi, che, fra poco, invocheremo; i santi della Chiesa universale e quelli della Chiesa in Aire e Dax, fra cui l'illustre San Vincenzo de Paoli.

Oggi ti sarà dato «lo spirito di guida». È vero, tu non sei chiamato a guidare, come buon Pastore, una Chiesa particolare, ma sei chiamato a collaborare con il Santo Padre, Pastore della Chiesa universale. È sempre però lo stesso carisma che ti viene dato, per la edificazione del Corpo di Cristo, che è la Chiesa.

Di tale missione di guida del popolo di Dio è segno eloquente il pastorale, che ti consegnerò dicendoti: «Abbi cura dell'intero gregge, nel quale lo Spirito Santo ti ha posto come Vescovo, per reggere la Chiesa di Dio».

Certamente, nell’ordinazione episcopale la liturgia ricorre anche ad altre cerimonie simboliche.
C'è l’imposizione del Vangelo sul capo dell'eletto, per indicare che è la Parola e l'esempio di Cristo che deve ispirare la sua vita.

C'è la consegna dell'anello, per indicare un nuovo vincolo di fedeltà a Cristo ed alla Chiesa che il Vescovo assume con l'ordinazione.

C'e l’imposizione della mitra, per sottolineare la dignità sacerdotale del Vescovo e la pienezza del suo sacerdozio.
Tuttavia, più che in detti simboli, è nel pastorale che si può vedere riassunto l'aspetto più tipico del Pastore, e cioè quello di guidare il popolo santo di Dio, di essere un nuovo Mosé, che indica al popolo eletto il cammino verso la terra promessa.

Caro André, tu andrai come Pastore in Africa, per compiere una missione speciale che il Papa ti ha affidato in Ghana, Benin e Togo. Porterai a quelle care popolazioni la parola del Pastore universale della Chiesa, soprattutto manifesterai loro il suo amare di Padre.

A te sono già ben noti quali siano i doveri di un Rappresentante Pontificio. Li aveva già riassunti mirabilmente, nel 1969, il Papa Paolo VI di v.m. nel noto Motu proprio Sollecitudo omnium Ecclesiarum (la sollecitudine di tutte le Chiese) e li ha sintetizzati poi in breve il Codice di Diritto Canonico, nei canoni relativi ai «Legati del Romano Pontefice» (Canoni 362-367).

Tu rappresenterai innanzitutto il Papa presso le Chiese particolari che sono in Ghana, Benin e Togo, rendendo sempre più fermi ed efficaci i vincoli di unità ecclesiale. Sarai fratello ed amico dei Vescovi del luogo, perché, come è noto, «la missione del Nunzio non si sovrappone all'esercizio dei poteri dei Vescovi, né lo sostituisce o l'intralcia, ma lo rispetta ed anzi lo favorisce e sostiene col fraterno e discreto consiglio» (Sollecitudo omnium Ecclesiarum: AAS 1969, p. 476).

Rappresenterai, in secondo luogo, il Sommo Pontefice presso quelle Autorità civili, promuovendo la collaborazione fra Chiesa e Stato, e sostenendo tutte quelle iniziative che sono possibili in favore della pace e del progresso materiale e spirituale di quei Paesi.

Ecco, caro André, l'immenso campo di lavoro che si apre a te nel grande continente africano, ove già tanti uomini e donne di Francia hanno lavorato e sofferto per l'annunzio del Vangelo dì Cristo.

Grazie a Dio, i cattolici africani oggi sono già più di 92 milioni e cioè il 14% della popolazione. Però il campo di lavoro è ancora immenso «Messis quidem multa...» La messe è davvero abbondante! (Mt 9, 37).

Il campo dì apostolato che si apre ora davanti a te, caro Andrea, nei tre Paesi ove il Papa li manda come suo Rappresentante, è molto vasto.

Il Ghana da poco più dì cent'anni ha visto realizzarsi un'opera sistematica di evangelizzazione, e ciò da quando fu eretta la prima Prefettura Apostolica in quella che allora si chiamava Costa d'Oro, ed iniziarono a lavorarvi i benemeriti missionari della Società delle Missioni Africane. Fu un lavoro duro e sacrificato che permise la costituzione di numerose comunità cristiane, fino a giungere al 1950, allorquando fu costituita nella Costa d'Oro la gerarchia ecclesiastica, con la creazione della sede arcivescovile di Cape Coast e delle prime diocesi, fra le quali quella di Accra, capitale del Paese, ove tu porrai la tua residenza.

Il Benin, ex Dahomey, sarà il secondo Paese dove dovrai lavorare. Anche qui la semente della Parola di Dio è stata sparsa da poco più di cent'anni, ad opera parimenti dei missionari della Società delle Missioni Africane La Chiesa è ormai assai viva e presente nella realtà del Paese, lo stesso ho potuto notarlo, accompagnando il Santo Padre nella sua recente visita pastorale in quel Paese, nel febbraio scorso. Tanto i fedeli di Cotonou, come quelli della Diocesi di Parakou, nel Nord del Paese, parimenti visitata dal Papa, hanno accolto Sua Santità con un entusiasmo commovente e veramente edificante.

Il Togo sarà, infine, il terzo Paese che dovrai seguire. L'evangelizzazione la iniziò soprattutto ad opera dei Missionari tedeschi del Verbo Divino, anche perché fino alla prima guerra mondiale il Togo era posto sotto il mandato della Germania. Oggi la Chiesa è ben radicata tanto nella Capitale, Lomé, come nell'interno del Paese, anche se soffre assai a causa delle difficili condizioni politiche e sociali in cui i cattolici sono chiamati ad operare.

Caro Andrea, tu parti per una importante e difficile missione ecclesiale in terra africana. Ti accompagnano le preghiere di tutti noi e soprattutto ti accompagna la preghiera del Santo Padre Giovanni Paolo II, che per mezzo mio ti assicura che ti sarà sempre vicino. Sotto lieto di aver potuto venire a Dax ad importi le mani ed a portarti la paterna Benedizione del Vicario di Cristo, insieme ai Suoi auguri più fervidi per la tua missione apostolica.

Tu porterai in Africa la parola del Papa, ora soprattutto tu farai sentire ai cattolici del Ghana, del Benin e del Togo che il cuore del Papa è loro vicino. Sarai così strumento valido di comunione ecclesiale, collaborando perché si realizzi l'anelito di Gesù nell'ultima cena, che ha tanto pregato il Padre «perché tutti siano una cosa sola». Amen.


*L'Osservatore Romano 9.6.1993 p.4.

 

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