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In Italia operai in corteo per la tragedia di Torino

Morti sul lavoro
La sicurezza mercificata



"Atroce": morire per lavoro, morire in quel modo. Sono molti gli aggettivi con i quali si commentano le "morti bianche". Ma in questa occasione il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, riferendosi alla tragedia di Torino, si è espresso senza mezze misure. "Atroce" dunque è ciò che è accaduto la notte del 6 dicembre nella fabbrica Thyssen Krupp, ha detto il Capo dello Stato italiano, perché questo non è un incidente come gli altri. Tutte le morti sul lavoro sono una tragedia, e pongono una questione nazionale di grande drammaticità e peso umano, ma con quelle di Torino, stavolta, ha detto Napolitano, "per il modo in cui tanti giovani operai hanno perso la vita, siamo di fronte a qualcosa che va oltre, a qualcosa di atroce". Anche per questo stamattina nel capoluogo piemontese, giorno di lutto, il corteo di protesta organizzato dai sindacati è stato uno sfilare "livido": volti tesi ed espressioni di rabbia fino alla sede dell'Unione industriali. Con qualche intemperanza. I lavoratori sono scioccati per la morte di quattro operai, Antonio Schiavone, Roberto Scola, Angelo Laurino e Bruno Santino, e per le condizioni di salute gravissime in cui si trovano tre loro colleghi. Ma la rabbia cova perché sempre più spesso, laddove mancano controlli e cultura della sicurezza, la salute dei lavoratori finisce per diventare un "benefit" sul quale contrattare. Lo hanno detto, sommessamente, anche i sindacalisti, accusati di non occuparsi a sufficienza della vita degli operai. La salute prodotto da vendere, in cambio di un posto di lavoro che altrimenti sarebbe troppo oneroso per gli imprenditori. È una nuova questione sociale. Sicuramente una non nuova questione etica. "Ciascuno si assuma le sue responsabilità, a cominciare dalle imprese, ognuna delle quali, quando si verifichi un incidente sul lavoro mortale o comunque grave, deve dar conto dei propri comportamenti dinanzi alla magistratura e a tutti i poteri interessati", ha detto Napolitano. Ma dal ministro del Lavoro, Cesare Damiano, sono arrivare critiche apparse rivolte anche ai sindacati.
I funerali delle vittime si svolgeranno in Cattedrale, forse giovedì. Li celebrerà l'arcivescovo di Torino, il cardinale Severino Poletto, che si è recato a visitare due dei feriti gravi. "Abbiamo pregato assieme. In questi caso le parole umane sono insufficienti. Ho trovato famiglie affrante, che si aggrappano ad un filo di speranza. Ho trovato genitori disperati e figli per i quali il padre cercava di assicurare un futuro e ha sacrificato il suo", ha affermato il cardinale. Sull'incidente ogni commento appare in questo momento superfluo: "Anch'io - spiega l'arcivescovo di Torino - dico "una cosa del genere non deve mai più accadere".
Ma io come vescovo di questa città dico che si faranno verifiche, si accerterà se c'è stata negligenza o fatalità. Non è compito della Chiesa dare giudizi sullo svolgimento dei fatti, non dobbiamo sostituirci alla magistratura. Come pastore sento il bisogno di manifestare solidarietà e vicinanza, di chiamare la comunità alla preghiera. Le nostre parole sono banali. Ciò che può confortarci nel dolore è solo la Grazia di Dio".
"Chiaramente - ha aggiunto il cardinale - il problema delle morti sul lavoro esiste. Le cifre sono spaventose, soprattutto a Torino. Occorre un sussulto di responsabilità, servono norme che tutelino la salute, non solo la vita, perché si muore anche di malattie professionali. Il profitto non può essere l'unico principio che anima le azioni degli uomini". Attorno alla comunità torinese si è stretta tutta Italia. E non solo. "Devo essere riconoscente per la solidarietà che è stata espressa dalle istituzioni locali e nazionali e dalla Chiesa. Noi ora siamo soprattutto una comunità in preghiera".
A Torino per un giorno si sono spente le luminarie. In serata, alle 18.15, la messa celebrata nel santuario della Consolata dallo stesso cardinale Poletto, per le vittime e per i feriti. In giornata le serrande dei negozi sono state abbassate, i metalmeccanici hanno scioperato per otto ore, migliaia di "tute blu" hanno partecipato al corteo della mattina, insieme con gli amministratori locali, qualche ministro e il presidente della Camera Bertinotti. Lontano dagli slogan e dalle accuse durissime dei familiari delle vittime, negli ospedali intanto continua la lotta di Rocco Marzo, Giuseppe De Masi e Rosario Rodinò. Le loro vite rimangono appese ad un filo: Marzo, 54 anni, è in rianimazione alle Molinette di Torino, Giuseppe De Masi, 26 anni, è al Maria Vittoria. Rodinò, infine, 26 anni, è in condizioni disperate al Villa Scassi di Genova.
L'inchiesta intanto va avanti: gli ispettori della Asl sono andati nello stabilimento per verificare le misure di sicurezza nell'intero impianto, mentre l'azienda ha diffuso un comunicato nel quale si legge che "non c'è alcuna conferma che all'origine dell'incendio vi sia la violazione degli standard di sicurezza". Intanto però tre dirigenti dell'acciaieria risultano indagati per disastro colposo, omicidio colposo e lesioni colpose. In base alla nuova legge entrata in vigore nello scorso agosto, se fossero riscontrate carenze la fabbrica potrebbe essere interamente sequestrata a scopo cautelare. Al momento, sotto sequestro c'è solo la "linea cinque" dell'impianto di trattamento termico dove si è sviluppato l'incendio. A disposizione degli inquirenti c'è anche il computer della piattaforma di comando della stessa linea: si tratta di una sorta di scatola nera su quanto è successo nella notte tra mercoledì e giovedì. Secondo indiscrezioni, avrebbe segnalato, due ore prima del rogo, un guasto elettrico. Al centro dell'inchiesta, composta da due procedimenti penali paralleli, dove uno riguarda le persone fisiche responsabili dei fatti e l'altro l'impresa, non c'è tuttavia solo l'accertamento sull'origine dell'incendio e le responsabilità dirette, ma più in generale le misure di sicurezza presenti all'interno dell'azienda e se, a livello societario, ci sia stata una politica di ridimensionamento delle misure e dei controlli in vista del previsto trasferimento dell'intera attività a Terni. In questa direzione procede la Procura, che ha iscritto nel registro degli indagati i tre dirigenti: si tratta dell'amministratore delegato Harald Espenham e dei consiglieri delegati Gerald Priegnitz e Marco Pucci. Per la società, a causa della responsabilità amministrativa derivante dalla nuova normativa, sul registro degli indagati appare il legale rappresentante, il presidente Juergen Hermann Fechter. All'interno dello stabilimento, denunciano gli operai, la sicurezza non era assicurata. Sugli estintori semivuoti, in particolare, si concentrano le accuse. (Ma.Be.)

 

(© L'Osservatore Romano 10-11/12/2007)