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Da anni gli impegni internazionali restano sulla carta

L'Africa e le promesse
non mantenute


di Pierluigi Natalia

L'Africa è il continente più colpito dalla crisi globale. Se nel resto del mondo si sono attuate, almeno in parte, misure di protezione per mitigarne gli effetti, in Africa la crisi ha reso molto più oneroso fronteggiare i bisogni primari. Bisogna partire da questa premessa per contestualizzare le prospettive che l'imminente vertice del G8 potrà aprire anche per l'Africa. I grandi consessi internazionali, compreso il G8, da anni assumono impegni con il continente, ma le promesse restano in gran parte non mantenute e le aspettative disattese.
Proprio il precedente vertice del G8 tenuto in Italia, quello del luglio 2001 a Genova, sembrò segnare una svolta nei rapporti con l'Africa. Capi di Stato e di Governo africani furono invitati al vertice per presentare il Nuovo partenariato per lo sviluppo dell'Africa (Nepad), basato sulla gestione autonoma delle problematiche, sulla ripartizione delle responsabilità e sulla collaborazione con il G8. Dai leader di quest'ultimo vennero promesse solenni e quantificate, ad esempio quella di destinare almeno lo 0,7 per cento del proprio prodotto interno lordo all'aiuto allo sviluppo. Ci fu appoggio ai principi istitutivi del Nepad, a partire dalla volontà dei popoli del continente di riappropriarsi del proprio futuro (ownership) e alla ripartizione delle responsabilità (mutual responsability), con l'impegno dei Paesi africani a migliorare le proprie capacità di governo e dei Paesi del G8 a garantire maggiori e migliori aiuti al continente africano, anche avviando concretamente la cancellazione del debito e la rimozione delle barriere che impediscono l'accesso dei prodotti africani ai mercati internazionali.
Questo in teoria. In pratica, da allora, ogni vertice ha avuto una sessione G8 Africa, con promesse sempre rinnovate e accresciute e con risultati sempre deludenti per gli africani.
In vista del vertice, il segretario generale dell'Onu, Ban Ki-moon ha inviato un messaggio ai leader del G8 per sollecitare il rispetto degli impegni assunti e ha ricordato loro, per esempio, che finora hanno stanziato 20 miliardi di dollari in meno di quelli promessi al vertice del 2005 a Gleneagles, in Scozia.
Alla crisi in Africa contribuiscono il calo degli investimenti stranieri e dei profitti derivanti dalle esportazioni di materie prime, ma la questione centrale resta quella agricola. L'Africa è il solo continente importatore netto di prodotti alimentari. L'aumento dei prezzi agricoli e dei costi di carburanti nel 2008 ha immediatamente provocato milioni di affamati in più. In molti Paesi africani domina una piccola agricoltura di sussistenza, penalizzata sia dal disimpegno dello Stato sia dalla liberalizzazione economica.
Indipendentemente da fattori congiunturali, come le alluvioni e le siccità, le difficoltà dell'agricoltura dell'Africa sono le stesse da anni e si è fatto più difficile raggiungere gli obiettivi di aumentare il tasso di crescita per ridurre le importazioni alimentari, di invertire la tendenza al ribasso delle esportazioni, di migliorare la sicurezza alimentare e di contrastare in modo deciso la povertà, soprattutto nelle campagne, con la creazione di nuove opportunità di lavoro.
Gli ostacoli principali sono la mancanza di infrastrutture e un'insufficiente volontà politica. In gran parte, la responsabilità è proprio delle classi dirigenti del continente. Per citare un solo aspetto, i Governi e gli organismi panafricani sono in ritardo sull'integrazione dei mercati regionali, per esempio quelli del golfo di Guinea o del Sahel, per sfruttare meglio le complementarità tra i diversi Paesi.
Tuttavia, una crisi di tale ampiezza non è dovuta solo a fattori naturali o a insufficiente capacità della politica locale, ma a meccanismi globali e alle loro conseguenze. Basti dire che ad aggravare la crisi africana concorrono le distorsioni dei mercati provocate dai sussidi degli Stati Uniti e dell'Unione europea ai loro produttori nazionali.
Più in generale, in Africa servono strategie sostenibili da un punto di vista sociale e ambientale, come ha sottolineato un rapporto presentato dall'Africa Progress Panel (App) alla XIX edizione del Forum economico mondiale sull'Africa, tenuta nelle scorse settimane a Città del Capo. Gli autori del documento, coordinati dall'ex segretario generale dell'Onu Kofi Annan, pur evidenziando che la crisi mondiale sta colpendo la regione subsahariana in modo particolarmente duro, la considerano anche un'opportunità di mettere basi per la crescita di avere un ruolo d'avanguardia nei modelli di sviluppo puliti che contribuiscono a controllare i cambiamenti climatici.
Nel suo messaggio ai leader del G8 Ban Ki-moon fa riferimento a tragici arretramenti nella lotta per ridurre la povertà. Di certo, all'Africa occorre un rilancio effettivo e non solo dichiarato - un rilancio cioè realmente finanziato - della cooperazione allo sviluppo.

 

(© L'Osservatore Romano 27 giugno 2009)