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La libertà religiosa

Un successo dell'Osce


 

"Libertà di religione o di credo" è stato il tema del Supplementary Human Dimension Meeting tenutosi il 9 e il 10 luglio a Vienna su iniziativa dell'Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (Osce) attraverso l'Ufficio per le Istituzioni Democratiche e i Diritti Umani (Odihr). Pubblichiamo un articolo del relatore introduttivo.
 

di Ombretta Fumagalli Carulli
Università Cattolica del Sacro Cuore

 

Nel 1975, con la conclusione della Conferenza di Helsinki, i rappresentanti dei popoli europei si sono trovati d'accordo sul significato universale dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali. Hanno posto dieci principi guida delle relazioni pacifiche tra gli Stati. Per determinante impegno della delegazione della Santa Sede, il settimo di essi riguarda la libertà religiosa. In un'Europa ancora divisa dal muro di Berlino, con gli Stati dell'est impegnati sul fronte della libertà di propaganda antireligiosa e gli Stati dell'ovest su quello della libertà religiosa, inserire quest'ultima come pilastro della distensione europea poteva apparire solo una nobile utopia, tanto resistente era ancora la cortina di ferro.
Non fu così. La storia ha mostrato che non una scelta utopistica, ma una lungimirante visione aveva mosso Paolo vi ad aderire alla Conferenza, facendovi partecipare sin dall'inizio la Santa Sede come membro, perciò con pari titolo delle delegazioni degli Stati.
Da allora, la libertà religiosa nel Processo di Helsinki ha segnato tappe significative, progressivamente enucleando concrete articolazioni del generale diritto di libertà religiosa:  dalla Riunione sui Seguiti di Madrid (1980-83), alla Riunione di Ottawa (1985), a quella sui Seguiti di Vienna (1986-89), di Copenaghen (1990) sino al Vertice di Budapest (1994), la dimensione umana della sicurezza e cooperazione in Europa ha progressivamente focalizzato come meritevoli di rispetto da parte degli Stati partecipanti, oltre agli elementi costitutivi della tradizionale duplice libertà religiosa, individuale e collettiva, la libertà istituzionale. Ne è derivato l'elenco dei diritti per così dire naturali delle confessioni religiose; con esso è stato riconosciuto il ruolo positivo delle religioni, in quanto tali, nella vita politico-sociale.
Così, quando, il 1° gennaio 1995, è nata l'Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa si è trovata in dote l'intero acquis in materia di libertà religiosa, oggi unanimemente considerato a livello internazionale come standard particolarmente vasto e completo, tra quelli in grado di garantire una coesistenza pacifica. E lo ha via via implementato.
Va dato atto alla Santa Sede (unica realtà religiosa presente in virtù della personalità internazionale ad essa riconosciuta, mentre altre confessioni sono presenti indirettamente grazie ad alcune ong di ispirazione religiosa) di avere fornito nel passato e di continuare oggi a fornire un contributo diplomatico di grande equilibrio. I suoi rappresentanti siedono a fianco dei rappresentanti degli Stati, difendendo la libertà religiosa, non solo in ragione della sollicitudo omnium ecclesiarum, specie di quelle perseguitate, ma anzitutto perché la Chiesa non si pone in alcun modo, in questo come in altri fori, come potenza politica, ma come "avvocata dell'uomo" (secondo l'espressione cara a Paolo vi), dei suoi diritti e delle sue libertà. La consapevolezza che i diritti umani, primo tra i quali la libertà religiosa, non riposano su una concezione esclusivamente religiosa, ma sul riconoscimento dell'intrinseca dignità di ogni persona le apre la possibilità di dialogare con altre tradizioni culturali, avendo sempre a stella polare il principio che i diritti umani sono universali, indivisibili ed interdipendenti, perché ancorati nella legge naturale iscritta nel cuore di ogni uomo e presenti nelle diverse culture. D'altro canto la libertà religiosa per la Chiesa cattolica non è soltanto uno dei diritti umani. È il preminente tra essi, perché sintesi delle altre libertà. Ancorando l'uomo verticalmente alla sua vocazione trascendente, è solido fondamento degli altri diritti fondamentali, grazie ai quali la persona esplica sul piano orizzontale le relazioni con i suoi simili.
In questo ampio contesto culturale e politico appare tappa significativa il recente incontro dedicato a "Libertà di religione o di credo", organizzato a Vienna dall'Osce-Odihr. Le rappresentanze degli Stati (i 56 Paesi europei ad est ed ovest di Vienna, comprese le ex Repubbliche sovietiche e la Turchia, nonché Canada e Stati Uniti) e la Santa Sede, come membri partecipanti, hanno fatto il punto della situazione, insieme a diverse ong di ispirazione religiosa o laica, quanto a tre specifici settori:  la salvaguardia della libertà di religione o di credo, lo status delle confessioni religiose, i luoghi di culto.
Nonostante i numerosi impegni assunti dagli Stati partecipanti, quotidianamente la libertà religiosa è violata sia a est che ad ovest di Vienna. Agli episodi di violenza sulla base di motivazioni religiose contro cose (in particolare luoghi di culto e cimiteri) e persone (omicidi compresi), si aggiungono persecuzioni di autorità pubbliche (fermi, arresti, perquisizioni e sequestri arbitrari ed illegali), nonché sistematiche negazioni dei visti d'ingresso a religiosi e volontari e limitazioni indebite all'importazione e alla distribuzione di materiale religioso.
Anche il sistema della registrazione delle confessioni, di per sé non conflittuale con la libertà religiosa, è spesso un cavallo di Troia per limitare una serie di diritti, come la possibilità di avere in proprietà un luogo di culto, o di istituire seminari e istituti di formazione per il clero, o di garantire l'assistenza spirituale nella carceri, negli ospedali e nelle forze armate e via dicendo.
Quanto ai luoghi di culto, la sfida riguarda le condizioni per l'effettivo e pieno esercizio. Le "buone pratiche", che tanta importanza hanno nelle relazioni internazionali, dovrebbero bilanciare il diritto al luogo di culto con l'esigenza di un equilibrato e corretto uso del territorio, nonché delle sue caratteristiche artistiche, culturali, religiose ed ambientali. Laddove poi un luogo non serva solo per il culto (come avviene ad esempio per i centri islamici), è legittimo che, in ragione della attività di natura diversa in esso svolta, esso sia assoggettato alle prescrizioni in materia, non escluse quelle di pubblica sicurezza
Come prevedibile le posizioni sono state diverse, come diversi sono i sistemi di relazione tra Stato e confessioni presenti nei singoli Paesi e diverse sono le sensibilità politiche nell'interpretare quel "date a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio ciò che è di Dio", che Cristo ha immesso nella storia di tutti, capovolgendo il monismo pagano, la pretesa cioè che lo Stato abbia poteri sulla materia spirituale.
Rimangono indubbiamente sfide da affrontare. Un esempio è l'estensione dell'obiezione di coscienza (solo quella al servizio militare obbligatorio è riconosciuta dagli impegni dell'Osce) a tutte le tematiche eticamente sensibili:  aborto, matrimonio tra persone dello stesso sesso, adozione di minori da parte di coppie omosessuali, ricerca su embrioni umani. In Europa, come nel Nord America, sono infatti ricorrenti i casi in cui medici, farmacisti, infermieri che rifiutano pratiche abortive sono licenziati, ufficiali dello stato civile sono costretti a celebrare matrimoni tra persone dello stesso sesso o a dimettersi, magistrati che hanno espresso l'opinione che l'adozione dei minori non vada consentita alle coppie omosessuali sono allontanati dalla magistratura o destinati ad altre funzioni.
Rimane altresì sullo sfondo, per ora silenziosa in sede Osce ma vivace in circuiti culturali di società secolarizzate, la convinzione che le religioni, anziché elemento di progresso e di benessere, siano un fatto negativo da combattere. Nonostante il Novecento abbia visto il ritorno della religione nelle nostre società, non si è spenta l'eco degli anni più torbidi della Rivoluzione francese nei quali, al grido di écrasons l'infâme, episodi di inaudita violenza colpivano tutto ciò che, essendo trascendente, fuoriusciva dalla raison raisonnante e le grandi parole liberté, égalité, fraternité erano per la prima volta staccate dalla loro radice cristiana.
La riedizione in termini moderni di un siffatto ateismo antireligioso, con la eventuale pretesa per giunta che esso rientri nella tutela Osce, sancendo un diritto alla rimozione della religione, significherebbe fare un passo indietro:  tornare alle scelte politiche di quei Paesi dell'Est che garantivano libertà solo alla propaganda antireligiosa. Precipiteremmo insomma in una situazione di illibertà che proprio l'Osce ha contribuito a superare con i suoi successi nella salvaguardia e implementazione della libertà religiosa.
È confortante che nessuno nel meeting di Vienna abbia posto in dubbio il ruolo delle religioni nella costruzione della "città dell'uomo". Ma, proprio perciò,  è  bene  non  abbassare  la guardia.

 

(© L'Osservatore Romano 17 luglio 2009)