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«Caritas in veritate»

Oltre la dottrina sociale


di Brian Griffiths of Fforestfach
Vicepresidente di Goldman Sachs International

I sostenitori del liberismo economico hanno accolto tiepidamente l'enciclica Caritas in veritate. Essi riconoscono il suo positivo sostegno al profitto, all'economia di mercato, alla globalizzazione, alla tecnologia e al commercio internazionale. Alcuni la considerano tuttavia un miscuglio di cose buone e cattive, perché esorta a maggiori aiuti internazionali, al rafforzamento del potere dei sindacati e alla gestione della globalizzazione da parte di istituzioni internazionali. Altri ritengono che sia un passo indietro rispetto alla Centesimus annus, perché non incensa gli imprenditori e la cultura imprenditoriale. Altri argomentano che, essendo le questioni sociali ed economiche divenute così complesse, il tempo delle encicliche papali che propugnano la dottrina sociale della Chiesa è ormai finito.
Dissento con forza. Questa enciclica è un documento straordinariamente incisivo. Ha posto con fermezza nell'agenda internazionale la fede cristiana quale visione del mondo. Affronta tutte le questioni chiave del nostro tempo - la crisi finanziaria, la povertà globale, l'ambiente, la globalizzazione, la tecnologia - e dimostra che la fede cristiana può offrire una prospettiva unica su ognuna di esse. Non mi viene in mente nessun altro scritto di un singolo cristiano né un testo di un'altra Chiesa che possa avere il suo impatto.
La grande forza dell'enciclica è la sua teologia. Attinge alle profonde riflessioni sull'insegnamento cristiano che Benedetto XVI ha elaborato in oltre sei decenni e dimostra l'importanza della fede cristiana oggi. Per esempio, riconosce che l'ambiente è un dono di Dio all'umanità e che noi ne siamo amministratori, ma, nello stesso tempo, rifiuta il panteismo e l'idea che la natura sia un intoccabile tabù. Afferma che il lavoro ha una dignità innata, derivante dal nostro essere creature di Dio, ma che è violata dalla crescente disoccupazione prodotta dalla crisi. L'economia di mercato crea prosperità, ma quando viene meno la fiducia, come ora a causa della crisi, la coesione sociale è minata.
La teologia dell'enciclica è soprattutto cristocentrica. La vita di Gesù è, infatti, l'esempio supremo di "amore pieno di verità". Riecheggiando Paolo VI, Benedetto XVI afferma che la vita "in Cristo è il primo e principale fattore di sviluppo" e che la fede cristiana, occupandosi dello sviluppo, non conta "su privilegi o posizioni di potere e neppure sui meriti dei cristiani, ma solo su Cristo... il Vangelo è elemento fondamentale dello sviluppo". Mentre leggevo l'enciclica per la terza volta ho cominciato a capire che le sue intuizioni teologiche sono così profonde da dover essere letta non solo sul piano intellettuale, come formulazione di dottrina sociale, ma anche in maniera meditativa, perché offre una visione profonda della persona umana.
La Caritas in veritate porta la sua più grande sfida a una visione dominante del mondo, ispirata al liberismo economico e al libertarismo filosofico, che hanno elevato ad assoluto la libertà personale. L'enciclica respinge categoricamente la visione che la vita economica sia autonoma e che possa essere indipendente dalla morale. L'attuale crisi finanziaria è in parte il crollo di un sistema visto meccanicamente, ma è anche la continua rappresentazione di un dramma morale. La vita economica è composta da individui con una coscienza morale e responsabilità personali che hanno bisogno di una bussola morale che li guidi.
Di conseguenza essa non può essere concepita come qualcosa di impersonale e amorale, come un ordine spontaneo che lasciato a se stesso produrrà il bene comune. Per questo, la difesa del libero mercato da parte di economisti laici quali Friedrich Hayek e Milton Friedman è viziata dalla loro visione imperfetta della persona umana e dalla loro limitata comprensione del fondamento morale dei mercati.
L'enciclica è un argomento a favore dell'umanesimo cristiano. La persona umana che ha dignità, merita giustizia e porta l'immagine divina deve stare sempre al centro della vita economica. Il banco di prova di qualsiasi riforma è dunque il suo impatto sulle persone, sui loro rapporti e sulle loro comunità. Per questo l'enciclica non suggerisce un sistema economico alternativo al capitalismo. Sostiene, infatti, qualcosa di infinitamente più radicale:  un'economia di mercato globale, pervasa di carità e di giustizia, rispettosa della verità del mondo creato da Dio e delle persone che ne portano l'immagine. "Lo sviluppo è impossibile senza uomini retti, senza operatori economici e uomini politici che vivano fortemente nelle loro coscienze l'appello del bene comune".
L'enciclica considera questo un progetto realistico e non un ideale impossibile. La crisi finanziaria ha creato un bivio per tutti noi, per le istituzioni finanziarie in cui lavoriamo e le società in cui viviamo. La Caritas in veritate è un'esortazione rivolta ai cristiani a rinnovare la propria visione di ciò che è possibile, a viverla con l'aiuto di Dio e, così facendo, a servire il mondo con amore.

 

(© L'Osservatore Romano 24 ottobre 2009)