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Come si rinnova la finanza selvaggia

L'alchimista stregone
e i fondi avvoltoi


di Luca M. Possati

L'alchimia finanziaria non conosce limiti. Nonostante i segnali di ripresa, il pericolo di una nuova bolla si fa sempre più concreto. La minaccia arriva dal settore immobiliare americano:  i fondi avvoltoi, volture fund, stanno mettendo a punto nuove strategie per raggirare clienti e controlli, e ottimizzare i profitti. Questi fondi (in prevalenza hedge fund e private equity) acquistano miliardi di dollari di mutui inesigibili a prezzi stracciati per poi rimetterli sul mercato con forti sconti o riducendo l'ammontare del prestito a chi già ne possiede uno. All'apparenza sembra un'operazione di sostegno alle famiglie in difficoltà, ma non lo è affatto. Il fondo acquista il mutuo dalla banca, spesso all'insaputa dei mutuatari stessi, e lo ripresenta a questi ultimi con un forte sconto. I mutui, rifinanziati con l'aiuto di altre banche spesso collegate a organi federali, sono a loro volta "cartolarizzati", cioè accorpati e trasformati in diverse tipologie di strumenti finanziari di natura obbligazionaria. Il mercato s'infittisce e i livelli di rischio si fanno sempre più elevati.
La denuncia arriva direttamente dal "New York Times". Secondo l'autorevole quotidiano, negli ultimi mesi in America molti fondi di investimenti hanno fatto miliardi di dollari riducendo i mutui a spese dello Stato. Una parte fondamentale della complessa strategia messa in campo è che i mutui vengano garantiti e rifinanziati con il contributo di agenzie governative, come la Federal Housing Administration, anche se a guadagnarci davvero è solo il fondo speculativo. Ad esempio, un fondo offre la cifra di 40 milioni di dollari per acquistare da una banca in difficoltà un pacchetto di mutui del valore originario di cento milioni. A quel punto, chiede aiuto a un'agenzia federale per garantire i mutui e quindi li rivende a una nuova banca. Il trucco decisivo sta nel convincere i vari mutuatari, prima insolventi, a ricontrattare il mutuo e ad accettare di finanziarlo. A prima vista tutti sono felici:  il proprietario può restare nella sua casa, il fondo ha incassato il loro profitto, la banca può chiedere tassi più vantaggiosi. E tuttavia, i punti oscuri sono tanti, troppi. Come rivela il "New York Times", queste complesse strategie stanno mettendo un peso insostenibile su agenzie federali già duramente provate e rischiano di spezzare il sistema americano. Inoltre, spesso il giro di affari è così complesso che i mutuatari non entrano mai in contatto con gli investitori e finiscono per essere vittime di un gioco più grande di loro.
Finora l'azione del presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, per bloccare alla radice la contrazione del credito è stata, secondo alcuni, più rivolta ai colossi di Wall Street che alle famiglie. Dai recenti dati del Tesoro sulla gestione del Tarp, il piano di incentivi fiscali varato dalla precedente Amministrazione, risulta che a tutto il 30 settembre 2009 la maggior parte dei fondi finora impiegati non sono andati a finanziare prestiti, ma a risarcire banche, tra cui anche alcuni dei principali artefici del crack del settore immobiliare. Nel complesso - dicono i dati - queste avrebbero incassato dal Tesoro 27 miliardi e 65 milioni, oltre un terzo del disponibile. Tra immobiliare e risparmi, le famiglie hanno perso dall'inizio del 2007 circa 13.000 miliardi di dollari ed è facile - secondo gli analisti - che nei prossimi mesi, complice la disoccupazione crescente (si prevede un tasso del dieci per cento fino alla metà del 2010) e le tranche di pagamenti mensili dei mutui sempre più elevate, saranno in molti l'anno prossimo a dover abbandonare le proprie case.
C'è poi un terzo aspetto da considerare:  negli ultimi tre anni le abitazioni statunitensi hanno perso in media il trenta per cento del loro valore sul mercato. Se la perdita arrivasse al quaranta per cento - possibilità paventata da uno studio della Deutsche Bank - metà dei titolari di mutuo, cioè 26 milioni di famiglie, si ritroverebbe con il valore della casa inferiore a quello del mutuo.
La Federal Reserve e l'università di Harvard hanno di recente lanciato l'allarme:  l'incremento delle persone senza un lavoro potrebbe presto tradursi in una nuova ondata di morosità con successivi pignoramenti. Il tasso d'insolvenza dei prestiti sulle multiproprietà di Fannie Mac alla fine di settembre è salito allo 0,62 per cento contro lo 0,16 di un anno prima. Se l'attività dei colossi parastatali dovesse fermarsi, l'intero sistema delle compravendite americano potrebbe entrare in stallo. Non bisognare dimenticare poi che gli enti assistenziali nel settore immobiliare hanno ricevuto finora più di 110 miliardi di dollari da Washington per il loro salvataggio, e pensare a nuove iniezioni di liquidità è molto difficile. Secondo il Tesoro, infatti, il debito pubblico ha superato ormai la soglia dei dodicimila miliardi di dollari:  dal primo novembre 2009 l'indebitamento è cresciuto di oltre 138 miliardi e si sta avvicinando pericolosamente al tetto di 12.104 miliardi, circa l'ottanta per cento del pil statunitense.
A Wall Street la situazione non è così chiara. I dati sulle vendite delle abitazioni sono in aumento, ma questo non significa che tutto vada bene. I democratici chiedono alla Casa Bianca di intervenire con un'ampia legislazione per creare nuovi posti di lavoro piuttosto che continuare sulla strada dei piccoli interventi mirati. Ma la sensazione è che ogni sforzo della politica sia minato alla radice da una finanza selvaggia che ancora stenta a darsi delle regole comuni.
E come l'apprendista stregone, che quando si rende conto di non poter più fermare l'incantesimo spezza la scopa magica in due col solo risultato di raddoppiarla, così l'economista ballerino, saltando da un titolo all'altro, spesso inizia un gioco che poi non riesce più a fermare.

 

(© L'Osservatore Romano 25 novembre 2009)