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La presenza femminile nella Chiesa

Donne e cultura


di Lucetta Scaraffia

La debolezza del ruolo femminile all'interno della Chiesa cattolica si misura soprattutto sul piano culturale:  le donne ci sono, sono molte e molto motivate, sia religiose sia laiche. Ma, quasi sempre impegnate in ruoli subordinati, di assistenza e di organizzazione, sembrano latitare nel settore culturale. Un esempio può essere tratto dall'Italia, mentre in altri Paesi la situazione è un po' diversa:  nelle facoltà teologiche italiane, tutte interne alle università ecclesiastiche, le donne rappresentano poco più del dieci per cento dei docenti, e inoltre sono poche quelle che insegnano discipline strettamente teologiche.
Questi dati sono analizzati in un recente interessante volume (Teologhe in Italia. Indagine su una tenace minoranza, curato da Sergio Tanzarella e Anna Carfora per Il Pozzo di Giacobbe), che rende noto il risultato di un'indagine sulla presenza femminile nella docenza delle facoltà teologiche, effettuata a poco più di quarant'anni dall'apertura alle donne (20 dicembre 1967) della formazione teologica di tipo accademico. A una crescente frequenza come allieve, infatti, corrisponde una presenza ancora molto limitata di insegnanti donne, e a uno sguardo più attento si vede che le donne sono escluse da settori importanti della ricerca teologica come la liturgia e la pastorale, mentre stanno ottenendo un po' di spazio nell'antropologia teologica e nella teologia spirituale.
Certo, questa situazione rivela una forte resistenza dei docenti - che sono in stragrande maggioranza ecclesiastici - all'ingresso delle donne in una disciplina così centrale per la cultura cattolica. Ma forse un po' di responsabilità ce l'hanno anche le teologhe, o meglio la prima generazione di teologhe, che spesso si è concentrata troppo sui problemi della presenza femminile nella Chiesa, e per di più con un tono costantemente rivendicativo, rinunciando così a impegnarsi nei settori più tradizionali, dove sarebbero potute entrare in dialogo con la cultura prodotta dagli uomini.
Un esempio, interconfessionale, in questo senso è il Dizionario di teologie femministe (Claudiana) - curato nel 1996 negli Stati Uniti da Letty M. Russell e J. Shannon Clarkson, ma ampliato ora per l'edizione italiana a cura di Gabriella Lettini e Gianluigi Gugliermetto - che vorrebbe essere una summa della produzione femminile sui principali temi teologici, affrontati dalle più importanti teologhe del mondo. Il taglio scelto è pluralistico, di esaltazione delle "minoranze", e riprende tematiche tipiche del femminismo radicale, in modo acritico e con qualche ritardo, come nella trattazione dedicata al gender. Sfogliarlo fa pensare a una grande occasione persa:  volendo dare voce, talvolta acriticamente, a tutte le "emarginazioni" le teologhe femministe finiscono per autoemarginarsi. Comunque, molto lavoro c'è stato, e ormai la produzione teologica delle donne costituisce un settore importante, da cui non si può prescindere nella formazione culturale cattolica.
Ma le donne non si sono impegnate solo nella teologia. Un'altra novità bibliografica, dovuta a Gisella Bochicchio e Rosanna De Longis (La stampa periodica femminile in Italia. Repertorio 1861-2009, Biblink), documenta un'intensissima attività pubblicistica sia di religiose che di laiche. Molti infatti sono in ambito cattolico i periodici dedicati alle donne e da donne diretti e redatti, finalizzati tanto all'insegnamento religioso e spirituale quanto all'istruzione femminile in generale. Numerosi sono in particolare quelli di settori professionali specifici - come le maestre, le ostetriche e le infermiere - mentre altri sono rivolti a donne diverse per fasce di età e stato civile:  tutti però simili nell'intento di far crescere dal punto di vista sia spirituale che culturale.
Le donne vengono così spinte a prendersi le proprie responsabilità nella vita sociale, ad amare il ruolo materno senza rinunciare ad altre possibilità di realizzazione. E se si tiene conto del numero e della durata di queste pubblicazioni, viene da pensare a quanto l'emancipazione femminile in Italia debba a queste infaticabili scrittrici.
Ma il passo successivo che le donne devono ancora compiere del tutto, e che gli uomini devono sapere accogliere, è l'accesso vero alla cultura. Cioè uscire dallo spazio dei temi esclusivamente femminili e portare il loro punto di vista nei mondi ancora poco permeabili alle donne, come appunto le facoltà teologiche.