Index   Back Top Print


logo

La festa del Natale nel canone di Cosma di Maiouma

Oggi la Vergine
estingue la sete di Adamo

di MANUEL NIN

Nell'ufficiatura bizantina del Natale sono raccolti tropari di diversi innografi tra VI e IX secolo. Il canone del mattutino è di Cosma, nato a Damasco verso il 675, vescovo di Maiouma a Gaza dal 734 e morto nel 752. Fratello adottivo di Giovanni Damasceno, con lui fu strenuo difensore della venerazione delle icone. Le nove odi del canone contemplano il mistero del Verbo di Dio che nasce nella carne dalla vergine Maria. Il primo tropario presenta i temi teologici del Natale: "Cristo nasce, rendete gloria; Cristo scende dai cieli, andategli incontro; Cristo è sulla terra, elevatevi. Al Figlio che prima dei secoli immutabilmente dal Padre è stato generato, e negli ultimi tempi dalla Vergine, senza seme, si è incarnato, al Cristo Dio acclamiamo. Virgulto dalla radice di Iesse, e fiore che da essa procede, o Cristo, dalla Vergine sei germogliato dal boscoso monte adombrato, o degno di lode: sei venuto incarnato da una Vergine ignara d'uomo, tu, immateriale e Dio".
Cosma canta la nascita di Cristo come nuova creazione: "Colui che, fatto a immagine di Dio, era perito per la trasgressione, divenendo del tutto preda della corruzione, decaduto dalle altezze della vita divina, il sapiente artefice di nuovo lo plasma. Il Creatore, vedendo perdersi l'uomo che con le sue mani aveva fatto, piegati i cieli, discende, e ne assume tutta la sostanza dalla divina Vergine pura, prendendo veramente carne".
Il poema sottolinea come Cristo nella sua nascita si fa simile ad Adamo, partecipando pienamente alla natura umana, per portarla alla comunione con la natura divina: "L'Adamo fatto di terra, che aveva partecipato di quel soffio superiore, ma era caduto nella corruzione, sedotto dalla donna, scorgendo il Cristo nato di donna, grida: O tu che per me sei divenuto come me, santo tu sei, Signore". Il testo mette in parallelo Adamo sedotto dalla donna e Cristo nato da donna, e l'invocazione di Adamo si ritrova molto simile in un tropario dell'Ascensione del Signore ("o tu che per me come me ti sei fatto povero"), collegando la sua discesa sulla terra alla sua ascensione.
Nella sesta ode Cosma evoca Giona, figura di tutta l'economia di Cristo, dalla nascita alla risurrezione: "Il mostro marino, dalle sue viscere, ha espulso come embrione Giona, quale lo aveva ricevuto; il Verbo, dopo aver dimorato nella Vergine e avere assunto la carne, da lei è uscito, custodendola incorrotta. È venuto incarnato, il Cristo Dio nostro, che il Padre genera prima della stella del mattino; colui che tiene le redini delle potenze immacolate, è deposto nella mangiatoia. Il Figlio è stato partorito come un neonato dall'argilla di Adamo, ed è stato dato ai fedeli. Egli è padre e principe del secolo futuro, ed è chiamato angelo del gran consiglio".
Sulla base del libro di Daniele, Cosma nell'ode settima accosta i tre fanciulli nella fornace ai pastori di Betlemme: "I fanciulli allevati nella pietà, disprezzando un empio comando, non si lasciarono atterrire dalla minaccia del fuoco, ma stando tra le fiamme cantavano: O Dio dei padri, tu sei benedetto. I pastori che vegliavano nei campi ricevettero una luminosa visione che li lasciò sbigottiti: la gloria di Dio rifulse intorno a loro, e un angelo gridava: Inneggiate, perché il Cristo è nato. Che discorso è questo, si dissero i pastori; andiamo a vedere l'evento, il Cristo divino".
Nell'ode nona, prendendo spunto dal cantico della Madre di Dio nel vangelo di Luca, Cosma per sette volte canta il mistero dell'incarnazione: "Magnifica, anima mia, colei che è più venerabile e gloriosa delle superne schiere. Magnifica, anima mia, il Dio che nella carne dalla Vergine è stato partorito. Magnifica, anima mia, il re partorito nella grotta. Magnifica, anima mia, il Dio adorato dai magi. Magnifica, anima mia, la forza della divinità. Magnifica, anima mia, colei che ci ha riscattati dalla maledizione. Magnifica, anima mia, colei che è più venerabile e gloriosa delle superne schiere".
Infine, in un tropario di Romano il Melodo, con immagini prese dall'Antico Testamento, il poeta canta il mistero della nascita verginale di Cristo: "Betlemme ha aperto l'Eden, venite a vedere: troviamo nel nascondimento le delizie; venite, riceviamo nella grotta le gioie del paradiso. Là è apparsa la radice non innaffiata che fa germogliare il perdono; là si è trovato il pozzo da nessuno scavato, a cui Davide un tempo aveva desiderato bere: là è la Vergine che, partorito il bambino, ha subito estinto la sete di Adamo e di Davide: affrettiamoci dunque al luogo dove è stato partorito, piccolo bimbo, il Dio che è prima dei secoli".