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Per la prima volta saranno esposte le reliquie attibruite all'apostolo

Davanti a Pietro
la chiusura dell'Anno della fede

di Rino Fisichella

"Adorazione. Si parla poco di adorazione!". Questa considerazione, pronunciata da Papa Francesco con un tono misto di tristezza e preoccupazione, potrebbe far cogliere il senso di uno segni conclusivi dell'Anno della fede. A conferma si può aggiungere un altro pensiero del Papa rivolto ai seminaristi e alle novizie a conclusione delle giornate del loro pellegrinaggio. Allontanandosi anche in questo caso dal testo scritto disse: "Uno dei vostri formatori, mi diceva l'altro giorno: évangéliser on le fait à genoux, l'evangelizzazione si fa in ginocchio. Sentite bene: "l'evangelizzazione si fa in ginocchio". Siate sempre uomini e donne di preghiera. Senza il rapporto costante con Dio la missione diventa mestiere".
Parole che sono musica per le orecchie di chi, come chi scrive, è cresciuto alla scuola di von Balthasar. Il grande teologo del secolo scorso criticava il movimento di alcune scuole che erano passate da una "teologia fatta in ginocchio" a una "teologia scritta a tavolino", e provocava al recupero della spiritualità e della santità come forma coerente della vita cristiana.
L'unione tra azione e contemplazione è uno dei punti cardini che la fede esprime e ha sempre bisogno di essere ribadita. È in forza di questo che andando verso l'epilogo dell'Anno della Fede, Papa Francesco ha scelto di recarsi il prossimo 21 novembre in un monastero di clausura per un momento di preghiera. La fede vive principalmente di adorazione. L'incontro con Cristo, infatti, richiede che la risposta del credente scaturisca dalla contemplazione del suo volto. La giornata "pro orantibus" si erge così a segno di come la fede aiuta nella ricerca dell'essenziale.
Dinanzi al mistero che si crede, d'altronde, la preghiera è il primo e più realistico atteggiamento che si dovrebbe assumere. La contemplazione comunque non allontana dagli impegni e dalle preoccupazioni quotidiane, al contrario. Essa permette di dare senso e di sostenere la fatica di ogni giorno. La gioia che proviene da quell'incontro non è artefatta né limitata a un momento emotivo, ma condizione per guardare in profondità e cogliere ciò che vale la pena vivere.
Solo una distratta visione teologica ha potuto creare lo strabismo tra l'amore verso Dio, tipico di chi prega, e l'amore verso il prossimo, proprio di chi agisce. Non era forse per Gesù stesso la contemplazione del Padre, momento propedeutico per compiere la sua azione evangelizzatrice? Ridare vigore alla fede, quindi, equivale a verificare la reciprocità tra la contemplazione e l'azione cristiana. La prima è il presupposto per una coerente azione evangelica, mentre questa è condizione necessaria perché la contemplazione sia genuina. La vita contemplativa ha saputo coniugare i due momenti. "Ora et labora" permane nella Chiesa come la sintesi più felice a cui la fede conduce. Il monastero delle Monache Camaldolesi sull'Aventino, che Papa Francesco visiterà, presenta questa dimensione in modo peculiare. La sua apertura alla città nel servizio della lectio divina e della mensa per i poveri, fa emergere l'obiettivo verso cui conduce la contemplazione: la condivisione di ciò che si possiede. Non è possibile infatti contemplare il volto di Cristo senza riconoscerlo poi nella sua "carne" più bisognosa perché più sofferente.
Ci si prepara anche con questo segno a celebrare l'epilogo di un anno ricco di grazia. Esso è stato segnato in particolare dalla professione di fede che i milioni di pellegrini hanno compiuto sulla tomba di Pietro.
In questo contesto, un ultimo segno culminante consisterà nell'esposizione per la prima volta delle reliquie che la tradizione riconosce come quelle dell'Apostolo che qui ha dato la sua vita per il Signore. La fede di Pietro, pertanto, confermerà ancora una volta che la "Porta" per l'incontro con Cristo è sempre aperta e attende di essere varcata con lo stesso entusiasmo e convinzione dei primi credenti. Un cammino che i cristiani di oggi sanno di dover perseguire senza stanchezza, perché forti e rassicurati dalla contemplazione del volto di Cristo.