di Marco Bellizi La mano tesa, l'ascolto e l'umiltà di non imporre le proprie idee ma di saperle difendere con forza: sono virtù che ogni un buon diplomatico dovrebbe saper esercitare, soprattutto se opera in un ambiente non favorevole. E lo sono tanto più per chi, oltre a essere un diplomatico, deve rispondere alla propria coscienza di uomo di fede. Essere rappresentanti della Santa Sede in un contesto come quello del Consiglio d'Europa, a Strasburgo, poi, in questi ultimi anni ha comportato tutte le difficoltà derivanti da un ambiente multiculturale e multiconfessionale. A confermarlo sono i casi che sempre più spesso vengono portati all'esame dell'organismo comunitario e, in particolare, di fronte alla Corte europea dei diritti dell'uomo. Per questo un volume come quello curato dal giornalista Alberto Campaleoni, Un'altra Europa è possibile (Cinisello Balsamo, San Paolo, 2013, pagine 210, euro 16) che raccoglie una lunga intervista con monsignor Aldo Giordano, Osservatore permanente della Santa Sede presso il Consiglio d'Europa e prossimo arcivescovo e nunzio apostolico in Venezuela, è un documento prezioso per chi voglia chiarirsi le idee sulle questioni riguardo alle quali il mondo religioso e quello laico si stanno confrontando più in profondità e in qualche caso aspramente. Il libro, nel tracciare il bilancio di un'esperienza, quella di monsignor Giordano, appunto, ha il merito di illustrare quale è stata la linea della Santa Sede lungo questi ultimi anni con la chiarezza e l'immediatezza delle parole dell'alto prelato, che con semplicità passa da Nietzsche alle favole popolari, al Vangelo senza cadere nella retorica e analizza temi di grande complessità con l'efficacia che può venire solo da una profonda esperienza sul campo. Nell'intervista si parla diffusamente della cultura europea e della questione di Dio, degli interrogativi sui temi etici e sul futuro dell'ecumenismo, del ruolo della dottrina sociale in un continente stretto nella crisi economica. Del dilemma fede - ragione.
Dice monsignor Giordano: "Il problema più serio che vedo è "l'ignoranza" attuale del cristianesimo e la circolazione di troppe maschere del cristianesimo. Quando parlo di "ignoranza" ovviamente non voglio dare un giudizio morale sulle persone ma faccio una mera constatazione di fatto, ed è chiaro che anche noi cristiani dobbiamo assumerci la responsabilità di questa situazione". Il tema delle "maschere del cristianesimo" è incalzante e non si può fare a meno di pensare a quanto di grottesco il termine porta in sé. Perché la maschera, in fondo, è un corto circuito della comunicazione. Dice ancora monsignor Giordano: "Sono impressionato dal fatto che nelle istanze internazionali europee si è pronti a citare molti personaggi storici e pensatori ma c'è quasi totale silenzio nei riguardi di Gesù Cristo. Eppure nessuno può negare che è lui che ha cambiato il corso della storia, al di là di essere credenti o non credenti". Cristo non è di moda, evidentemente. Ma è da qui in poi che si deve ragionare, se è vero che la Chiesa è da duemila anni che si occupa di diritti umani eppure la sua influenza sulla cultura e sull'identità europea viene così decisamente ignorata.
Qualcosa, anche nella comunicazione, va cambiato, chiarito. La Chiesa, spiega monsignor Giordano, "è preoccupata di conservare la prospettiva dell'unità dei diritti, che significa difendere i diritti ovunque esista la persona umana. Non incontrare il rom come rom, il migrante solo come migrante, l'omosessuale solo come omosessuale, il disabile solo come disabile, il bambino solo come bambino... ma come persone. Si tratta di non chiudere la persona umana in una categoria e di non ridurla a un solo aspetto". Perché i pilastri della dottrina sociale della Chiesa sono "l'uomo, tutto l'uomo e tutti gli uomini". È questo concetto dell'umano che i cattolici rivendicano quando, per esempio, difendono il diritto di esporre nei luoghi pubblici il crocifisso. "Forse l'affermazione più interessante fatta dalla Corte - spiega monsignor Giordano - è che la posizione laica, la laicità, è una delle convinzioni, una delle "credenze", con la medesima dignità delle altre ma non più neutra delle altre. Dire laicità non significa dire neutralità. Se uno Stato sostiene la laicità in opposizione alla religione non è per niente neutro. E in Europa non c'è consenso sulla definizione di laicità". Insomma, "uno Stato "deve" essere neutro ma non "deve" essere laico". Semplice. Ma complicato. Il merito maggiore di questo libro - intervista è proprio questo: sgombrare il campo da polemiche e sovrastrutture, arrivando al nodo delle questioni, complesse, che animeranno il futuro prossimo del continente. Spiegando che il punto di vista della Chiesa è anche espressione di buon senso. "Cominciamo con il dire quello che il dialogo non è", dice perciò monsignor Giordano: "il dialogo non è tatticismo". Se non si salvano la verità, l'identità, le differenze e le libertà individuali, "si segue una via che in fondo è violenta".