di fratel Alois Fin dall'inizio Papa Francesco ha toccato il cuore delle folle con i gesti. Con la Evangelii gaudium rivolge una parola a tutti. Questa parola ha tanta forza da poter infondere una vita nuova tra i cristiani. È una parola nuova, eppure è in linea con quella del suo predecessore. Quante volte Papa Benedetto ha parlato della gioia di credere! Quante volte, soprattutto nella Deus caritas est, ha insistito sulla necessità di una relazione personale con Dio che ci trasforma e ci apre agli altri!
Ho letto il bel testo nelle due prospettive che ci stanno a cuore a Taizé: la pastorale dei giovani e l'ecumenismo. L'esortazione parla ai giovani. Uno di loro, da lungo tempo malato, mi ha telefonato per dirmi: "Papa Francesco ci ha fatto uscire dalla nostra comodità". È vero: sulla scia di Benedetto XVI, il vescovo di Roma propone la radicalità del Vangelo come un cammino di felicità e i suoi appelli ci sconvolgono, ci mettono in discussione. Ma allo stesso tempo ci ricordano la tenerezza di Dio, la sua misericordia senza eccezioni. A ognuno vorrebbe dire: lasciati afferrare da questo amore!
Molti attendono un rinnovamento della Chiesa. Il Papa ha la semplicità di dire che non può farlo da solo e che non ha "una parola definitiva o completa su tutte le questioni che riguardano la Chiesa e il mondo". Fa appello a tutti, ha bisogno di tutti. E per dirlo trova un linguaggio che svegli e provoca. Il suo appello si rivolge soprattutto a noi che abbiamo responsabilità pastorali: senza la vicinanza a quanti soffrono, non troveremo il modo per rinnovare la Chiesa. Questo appello non sminuisce affatto il suo ruolo di pastore universale, ma responsabilizza le Chiese locali e tutti i cristiani, che lui vuole adulti. Tutti sono evangelizzatori. In questo fare appello alla collaborazione di tutti non vi è un atteggiamento simile a quello di Giovanni XXIII quando convocò il concilio?
Il Papa sottolinea con forza che Cristo si è fatto povero, sempre vicino ai poveri e agli esclusi: sono loro a evangelizzarci! E ne trae un appello alla solidarietà in vista della liberazione e della promozione dei poveri. Rispondendo a questo appello, i cristiani diventano segno di contraddizione nella società.
Il passo dedicato da Papa Francesco all'ecumenismo fornisce una base per andare avanti: la certezza che "l'ecumenismo è un apporto all'unità della famiglia umana" e che l'impegno per l'unità dei cristiani rimuove degli ostacoli all'evangelizzazione; il rammentare che c'è una gerarchia di verità e la bella affermazione che tutti dobbiamo "raccogliere quello che lo Spirito ha seminato in loro come un dono anche per noi".
Anche se il passo sull'ecumenismo è breve, il testo nel suo insieme può parlare ai non cattolici e già ne ho avuto conferma. A colpire è il fatto che Papa Francesco ponga al centro l'ascolto della Parola di Dio: l'annuncio del Vangelo è sempre al primo posto. Esorta tutti a mettersi sotto la Parola di Dio che "ci trascende sempre". E l'invito che rivolge ai sacerdoti affinché curino in modo particolare le loro omelie è significativo.
La nostra comunità di Taizé vorrebbe camminare sempre in comunione con il Papa. Dopo aver incontrato ogni anno Benedetto XVI, sono quindi lieto di essere stato ricevuto recentemente da Papa Francesco e di avergli potuto esprimere la nostra riconoscenza per lo slancio che ha dato ai cristiani. Attraverso il suo ministero, vediamo delinearsi quell'immagine della Chiesa che fratel Roger descriveva con queste parole: "Quando incessantemente la Chiesa ascolta, guarisce, riconcilia, essa diventa ciò che è nel più luminoso di se stessa, una comunione d'amore, compassione, consolazione, limpido riflesso del Cristo risorto. Mai distante, mai sulla difensiva, liberata dalle severità, essa può irradiare l'umile fiducia della fede fin nei nostri cuori umani".