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L’economia brasiliana in recessione

Cosa conta più dei dati sul pil

di Giuseppe Fiorentino

È intervenuto personalmente l’ex presidente Luiz Inácio Lula da Silva: piuttosto che consentire una vittoria delle opposizioni sarebbe disposto a ricandidarsi alle prossime presidenziali brasiliane in programma nel 2018. Ma oggi, la strada verso il palazzo del Planalto non si rivelerebbe facile nemmeno per il popolarissimo Lula: una simulazione condotta dall’istituto di sondaggi Paraná Pesquisas ha infatti mostrato che il leader dell’opposizione, Aécio Neves, del Partido da Social Democracia Brasileira, batterebbe l’ex capo di Stato con il 54,7 per cento delle intenzioni di voto in un eventuale secondo turno. L’attuale presidente Dilma Rousseff, quanto a consenso popolare, ha invece toccato dei minimi che si avvicinano all’otto per cento.

La crisi della sinistra governativa brasiliana molto deve allo scandalo della corruzione, che ha fatto tremare dalle fondamenta la compagnia petrolifera statale e che ha sfiorato la stessa presidenza. Ma ora rischia di aggravarsi con la diffusione dei nuovi dati sull’economia.

Il gigante sudamericano, che fino a poco tempo fa sembrava destinato a diventare la quinta potenza mondiale, è infatti precipitato di nuovo in recessione. Lo hanno provato proprio ieri i dati ufficiali del prodotto interno lordo (pil) sceso dell’1,9 per cento nel secondo trimestre, rispetto al primo quando l’economia si era ridotta dello 0,7 per cento. La contrazione è la più grave dal 2009. Due trimestri consecutivi di calo del pil portano a quella che viene definita recessione tecnica. Ma forse il dato più allarmante è il calo della ricchezza nazionale su base annua: 2,6 per cento. La moneta brasiliana, il real, è intanto in netto deprezzamento rispetto alle altre valute, soprattutto dollaro ed euro. Così da aver ottenuto quest’anno il non invidiabile record del peggiore andamento tra le principali monete mondiali.

Questi dati molto poco confortanti sono in parte dovuti all’abbattimento, sul mercato mondiale, dei prezzi delle materie prime e delle altre commodities di cui il Brasile è grande esportatore. Ma il forte rallentamento dell’economia verde-oro, secondo molti analisti, è anche causato dell’enorme debito pubblico accumulato.

Un debito, bisogna però ricordare, dovuto anche alla scelta degli ultimi Governi di affrontare la grave crisi sociale del Paese. Infatti, le spese sostenute dallo Stato, soprattutto negli anni della presidenza Lula, sono state in gran parte devolute in favore delle fasce più deboli della popolazione, che hanno prima potuto contare su programmi miranti all’eliminazione della fame, e poi su progetti a favore della scolarizzazione e dell’acquisto di una casa decente.

Certo la piaga della corruzione, in Brasile come altrove, priva il Paese di risorse preziose e sottrae fiducia ai cittadini — come dimostrano le manifestazioni che si susseguono quasi quotidianamente — ancor prima che agli investitori stranieri. Tuttavia, in questi anni milioni di persone sono state sottratte alla miseria. E questo dato vale molto di più di una percentuale di pil su base trimestrale.

(© L'Osservatore Romano, 30 agosto 2015)