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L’anno santo straordinario nelle diocesi di tutto il mondo

Dio è misericordia

di Gualtiero Bassetti

Troppo spesso, anche in buona fede, si tende a confondere la bontà di Dio con il buonismo degli uomini, la misericordia divina con un condensato di propositi sentimentali. Il Papa lo ha detto in tutti i modi, ma è necessario sottolinearlo di nuovo perché troppo forte è il rumore di fondo che scaturisce dalle viscere della nostra società e che può creare confusione: la misericordia non è una superficiale verniciatura di bianco che copre i nostri peccati; non è una pennellata di smalto luccicante sopra le nostre sporcizie; e non è neanche un’operetta teatrale recitata con un linguaggio sdolcinato e melenso.

La misericordia è, all’opposto, la testimonianza virile della presenza di Dio nella vita degli uomini. Una testimonianza che si presenta come una propensione all’accoglienza e al perdono e che ci mostra, inequivocabilmente, qual è la strada dell’amore cristiano.

La misericordia, per usare una stupenda immagine evangelica sapientemente commentata da don Divo Barsotti — un mistico del Novecento per nulla incline al buonismo e al compromesso a buon mercato — è ben rappresentata dall’episodio evangelico della peccatrice che entra nella casa di Simone il fariseo durante il pranzo con Gesù. La donna si rannicchia ai piedi del maestro di Nazaret, e inizia a baciarli e a cospargerli di olio profumato. Alla fine Gesù le dice: «La tua fede ti ha salvata; va’ in pace!». In quell’avvenimento così ricco di significati si manifesta la grandezza della misericordia di Dio e si può cogliere appieno la gioia della peccatrice in lacrime redenta dall’amore del Cristo.

Questa è la condizione dell’uomo di oggi. Un uomo smarrito e confuso, materialista e mondano, idolatra e nichilista, a cui è stata concessa la possibilità di varcare la meravigliosa porta della giustizia e a cui è stata donata questa grandissima occasione del giubileo: quella di gettarsi ai piedi del Signore, come ha fatto la peccatrice con Gesù, con la piena consapevolezza che in fondo, come ha scritto Barsotti, «Dio è misericordia».

Questa preziosa opportunità dell’anno santo potrebbe essere offuscata, però, come dicevo all’inizio, dal rumore che caratterizza il mondo contemporaneo. Il rumore assordante delle armi di Kandahar, di San Bernardino, di Parigi, di Raqqa che delineano questo orribile puzzle di una infida guerra mondiale a pezzi. Il rumore sinistro dei barconi che affondano nel Mediterraneo (ora nell’Egeo) con il loro carico di disperazione e oblio. Il rumore scandaloso dei poveri che affollano le periferie delle metropoli e che muoiono senza fare notizia. Il rumore irriverente delle chiacchiere da osteria e delle dietrologie da quattro soldi che animano incessantemente il web e i social media. E infine il rumore drammatico della corruzione morale — prima che materiale — che può colpire ogni uomo che si fa dio di se stesso.

Tutto questo, però, non deve far assolutamente paura, perché laddove abbonda il peccato, sovrabbonda la grazia. Ed ecco allora la necessità della misericordia per rendere testimonianza alla grandezza e alla gloria di Dio. Maggiore sarà il peccato dell’uomo e più grande sarà la bontà del Signore. Più profonda sarà la ferita, più intensa sarà la misericordia divina. Più doloroso sarà il clima di odio, più bella sarà la testimonianza d’amore scritta nella vita di quelle persone che si adopereranno nelle opere di misericordia.

Un esempio per tutti in questo anno straordinario: madre Teresa di Calcutta, una moderna «icona del buon samaritano» come disse san Giovanni Paolo ii nel giorno della sua beatificazione. Una «piccola matita» nelle mani di Dio, come amava definirsi, che ogni giorno della sua vita ha cercato il Signore tra coloro che non sono voluti, amati e curati, tra i poveri, tra gli sconfitti della vita e, in definitiva, tra gli scarti della nostra società opulenta.

(© L'Osservatore Romano 13 dicembre 2015)