Index   Back Top Print


logo

Nell’omelia durante la messa di Ognissanti

Le beatitudini

secondo Papa Francesco

di Marcelo Figueroa

Le beatitudini «sono in qualche modo la carta d’identità del cristiano, ciò che lo identifica come seguace di Gesù». Questa particolarissima maniera di ridefinire l’identità cristiana, facendo riferimento all’inizio del Discorso della montagna, ci sfida come discepoli di Cristo qui e adesso. Queste parole sono state pronunciate da Papa Francesco durante la messa celebrata a Malmö. Ma il Pontefice non si è fermato lì nella sua esegesi contestualizzata e attualizzata delle beatitudini. Lui stesso ha invitato a rileggerle a partire da questa ermeneutica che rinnova: «In tal senso, potremmo indicare nuove situazioni per viverle con spirito rinnovato e sempre attuale». Focalizzandosi sulla terza beatitudine, «beati i miti» (Matteo, 5, 5), ed elencandone sei, ci ha invitati a pensare chi sono i beati di oggi.

La prima beatitudine si riferisce all’importanza di avere un cuore aperto al perdono autentico di fronte a un mondo in cui il male sta mostrando i suoi volti più diversi e peggiori. E se spesso il motivo della violenza è la mera appartenenza religiosa, la fede è imprescindibile per sopportare con mitezza. Francesco lo ha detto così: «Beati coloro che sopportano con fede i mali che altri infliggono loro e perdonano di cuore».

Viviamo in mezzo a una cultura dello scarto dove i vulnerabili e i fragili della società vengono buttati via come fossero oggetti con una data di scadenza. La stessa società tende a emarginare i poveri e i deboli dal tessuto sociale spingendoli in un abisso senza rete. Allora l’invito dell’uomo di Galilea, rivolto a chi cerca il regno di Dio, di gettare la rete (cfr. Matteo, 13, 47), deve essere riletto intrecciando fili che uniscano e sostegni che ci avvicinino. Papa Bergoglio lo esprime in questo modo: «Beati coloro che guardano negli occhi gli scartati e gli emarginati mostrando loro vicinanza».

La terza beatitudine corrisponde a un duplice uso di specchi che ha come asse la convinzione che tutti siamo fatti a immagine e somiglianza di uno stesso creatore (cfr. Genesi, 1, 26). Una simile appartenenza ci deve spronare all’umile riconoscimento dell’alterità e a un mite annuncio del Vangelo che spinga a vedere il volto luminoso dell’altro in questo specchio: «Beati coloro che riconoscono Dio in ogni persona e lottano perché anche altri lo scoprano».

Il nostro pianeta è sotto minaccia e siamo noi, i suoi abitanti, e specialmente quelli che hanno l’autorità per tutelarlo, a utilizzare spesso questa risorsa per distruggerla. Noi figli di Dio dobbiamo essere protagonisti nella difesa dell’ecologia del mondo creato dal nostro Dio. A questo allude la quarta beatitudine: «Beati coloro che proteggono e curano la casa comune».

In un sistema materialistico che inghiotte le persone in una vita egocentrica e consumistica, al di là dei loro bisogni e insensibile a quelli degli altri, noi cristiani dobbiamo ripensare la nostra economia personale. Il distacco dalle cose, la solidarietà e la rinuncia a favore degli altri, sono una fonte di gioia e di liberazione spirituale. Perciò nella quinta beatitudine Francesco non esita a dire: «Beati coloro che rinunciano al proprio benessere per il bene degli altri».

Il Papa ha pronunciato questa omelia nel giorno di Ognissanti, nella cornice del suo viaggio per l’importantissimo incontro ecumenico luterano-cattolico. Perciò l’ultima beatitudine da lui riformulata fa riferimento al dono dell’unità che consente sempre di superare il conflitto: «Beati coloro che pregano e lavorano per la piena comunione dei cristiani».

Le beatitudini del Pontefice sono un profondo invito a ripensare quelle di Gesù, in uno spirito di mitezza e di santità cristiana. Si tratta di una ricerca indispensabile per tenere il passo del Signore delle beatitudini che, come dice il Papa, «sono la strada di vita che il Signore ci indica, perché possiamo seguire le sue orme». Sono «il profilo di Cristo e, di conseguenza, del cristiano», affinché, come discepoli, oggi comprendiamo che «siamo chiamati a essere beati, seguaci di Gesù, affrontando i dolori e le angosce del nostro tempo con lo spirito e l’amore di Gesù».

(© L'Osservatore Romano 6 novembre 2016)