Index   Back Top Print


logo

​La Natività della Madre di Dio nella tradizione bizantina

Nasce il libro

del Verbo della vita

di Manuel Nin

 

Due grandi feste della Madre di Dio aprono e chiudono l’anno liturgico nella tradizione bizantina: la Natività l’8 settembre e la Dormizione il 15 agosto. Due feste che ricongiungono il ciclo liturgico in un unico mistero, di Cristo, di Maria e della Chiesa stessa. Questa nasce, proprio come Maria, voluta e amata dal Signore, con il Signore percorre i grandi momenti della salvezza e dal Signore infine viene accolta in cielo nella gloria.

La tradizione bizantina legge al vespro delle grandi feste tre testi presi di norma dall’Antico Testamento e letti in chiave cristologica, mariologica ed ecclesiologica. Nelle celebrazioni della Madre di Dio una delle letture sempre utilizzate è la descrizione del tempio, con la porta chiusa che guarda a oriente e viene aperta e varcata solo dal Signore (Ezechiele, 43-44). Così, nella festa della Natività della Madre di Dio, si leggono i testi della visione notturna di Giacobbe con l’immagine della scala che sale in cielo (Genesi, 28), della sapienza che si costruisce una casa (Proverbi, 9) e appunto la descrizione del tempio.

A partire del testo di Ezechiele, la liturgia presenta con immagini contrastanti da una parte la sterilità di Anna e dall’altra la verginità di Maria, porta che guarda a oriente e, nell’incarnazione, libro in cui la Parola viene scritta nella carne: «Questo è il giorno del Signore, esultate, popoli: poiché ecco, il talamo della luce, il libro del Verbo della vita, è uscito dal grembo; la porta che guarda a oriente è stata generata, e attende l’ingresso del sommo sacerdote, lei che introduce nel mondo, sola, il solo Cristo, per la salvezza delle anime nostre».

La liturgia sottolinea che «risplende Maria, poiché, prodigiosamente partorita da madre sterile, ha partorito nella carne il Dio dell’universo, da grembo senza seme, oltre la natura: unica porta dell’unigenito Figlio di Dio, che attraversandola l’ha custodita chiusa, e tutto disponendo con sapienza come egli sa, per tutti gli uomini ha operato la salvezza».

I testi liturgici, servendosi della stessa immagine della porta, la utilizzano poi per mettere in parallelo sterilità e verginità, di Anna e di Maria: «Oggi le porte sterili si aprono e ne esce la divina porta verginale. Oggi la grazia comincia a dare i suoi frutti, manifestando al mondo la Madre di Dio, per la quale le cose terrestri si uniscono a quelle celesti, a salvezza delle anime nostre».

Nell’ufficiatura della festa una lettura collega la verginità di Maria e l’incarnazione del Verbo: «Il profeta ha chiamato la santa Vergine porta invalicabile, custodita per il solo Dio nostro: per essa è passato il Signore, da essa procede l’altissimo e la lascia sigillata, liberando la nostra vita dalla corruzione».

Il nesso stretto tra liturgia e professione di fede si trova nel vespro che con immagini poetiche canta Maria come luogo della congiunzione delle due nature in Cristo: «Venite, fedeli tutti, corriamo verso la Vergine, perché ecco, nasce colei che prima di essere concepita in seno è stata predestinata a essere madre del nostro Dio; il tesoro della verginità, la verga fiorita di Aronne, che spunta dalla radice di Iesse, l’annuncio dei profeti, il germoglio dei giusti Gioacchino e Anna nasce, e il mondo con lei si rinnova. Essa è partorita, e la Chiesa si riveste del proprio decoro. Il tempio santo, il ricettacolo della divinità, lo strumento verginale, il talamo regale nel quale è stato portato a compimento lo straordinario mistero della ineffabile unione delle nature che si congiungono in Cristo: adorando lui, celebriamo l’immacolata nascita della Vergine».

I testi liturgici sottolineano infine sia la preghiera di Gioacchino e Anna nell’angoscia per la loro mancanza di discendenza sia la grande gioia per la nascita di Maria: «Sterile, senza prole, Anna batta oggi gioiosa le mani, si rivestano di splendore le cose della terra, esultino i re, si allietino i sacerdoti tra le benedizioni, sia in festa il mondo intero: perché ecco, la regina, l’immacolata sposa del Padre, è germogliata dalla radice di Iesse. Non partoriranno più figli nel dolore le donne, perché è fiorita la gioia, e la vita degli uomini abita nel mondo. Non saranno più rifiutati i doni di Gioacchino, perché il lamento di Anna si è mutato in gioia ed essa dice: Rallegratevi con me, tutti voi del popolo eletto Israele: poiché ecco, il Signore mi ha donato la reggia vivente della sua divina gloria, per la comune letizia, gioia e salvezza delle anime nostre».

(© L'Osservatore Romano 8 settembre 2016)