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Dopo il relativismo la post-verità

Il fenomeno dei falsi testi del Papa

di Lucetta Scaraffia

Nei decenni passati il cattolicesimo, ma più in generale il cristianesimo, si è dovuto confrontare con un fenomeno nuovo, il relativismo, che metteva in dubbio l’esistenza stessa di una verità. Non è stato facile, ma almeno si trattava di una contrapposizione chiara tra chi credeva alla verità e chi ne negava anche solo la possibilità. Oggi al relativismo si è sostituita la cosiddetta post-verità, sua parente stretta, ma che è più difficile da affrontare perché sfuggente e pervasiva. Soprattutto poi perché la post-verità — che secondo il filosofo francese Marcel Gauchet è la figlia adulterina del politicamente corretto — ha la pretesa di essere una verità più autentica proprio perché si presenta come discorso alternativo a quello ufficiale.

Anche la Chiesa è coinvolta in questa spirale di falsificazione che pretende di essere verità, in molti modi. Alcuni propalatori di post-verità, seguendo una prassi che certo non è nuova nel mondo dei media, si limitano per esempio a diffondere e a enfatizzare di Papa Francesco soltanto le frasi che a loro sembrano in linea con la personalità mediatica che è stata costruita intorno al Pontefice. Per dirla con parole più semplici, costoro passano sotto silenzio tutto ciò che potrebbe sembrare prova di un pensiero coerente con la tradizione cristiana, per ingigantire invece le affermazioni — magari estraendole dal loro contesto — che si addicono all’immagine di Pontefice progressista che hanno in mente e vogliono accreditare a tutti i costi, anche forzando la realtà. Il loro effetto non deve essere sottovalutato: anche se oggi è molto facile per chiunque recuperare l’originale delle parole del Papa, alla prova dei fatti ben pochi lo fanno, perché la maggioranza si fida ciecamente dei media, e soprattutto dei titoli strillati.

Ma se questo processo di selezione consapevole delle parole del Pontefice non si può considerare del tutto nuovo — anche se mai è stato utilizzato con tanta frequenza e intensità — è in corso un meccanismo informativo, tipico della post-verità, davvero senza precedenti: la diffusione di falsi discorsi papali, grazie soprattutto ai nuovi media. Discorsi che circolano spesso in spagnolo, nel tentativo di farli sembrare più verosimili, e che pretendono di riportare le vere parole di Francesco, sempre più rivoluzionarie e imprevedibili di quelle che la Curia, ovviamente demonizzata, gli attribuirebbe con una continua operazione censoria. La costruzione dell’immagine di un Papa progressista e permissivo raggiunge qui livelli molto più elevati, ma in fondo non fa che riproporre, rafforzandolo, il solito modello caro ai media.

Questi falsi discorsi naturalmente circolano sui cosiddetti social e si diffondono per vie che si presentano come private, ma proprio per questo sembrano più affidabili dei testi che vengono diffusi dagli organi della Santa Sede. Questo tipo di distorsione della verità fa capire come conti poco capire la linea programmatica del pontificato, leggerne i documenti fondativi e i provvedimenti più importanti. Nella post-verità quello che conta infatti è solo la personalità del leader, e quindi tutto ciò che contribuisce a definirla funziona, anche se non corrisponde alla realtà. Il resto non interessa.

(© L'Osservatore Romano, 29 dicembre 2018)