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L’attentato irrompe nella campagna elettorale

I francesi

restano indecisi

 

da Parigi

Charles de Pechpeyrou

 

Doveva trattarsi di un esercizio di routine destinato a chiudere una campagna elettorale molto agitata, ma la sparatoria sugli Champs-Elysées ha cambiato la natura dell’ultima trasmissione televisiva prima delle elezioni presidenziali in Francia, ieri sera in diretta su France 2. Qualche giorno prima, tutti gli undici candidati avevano deciso di esprimersi da soli per una decina di minuti, a turno, senza confronto, per riassumere il loro programma. A metà trasmissione, invece, è stato Emmanuel Macron il primo a reagire con una dichiarazione subito dopo essere stato informato dell’attacco.

Con un tono grave, il leader di En marche! ha sottolineato che spetterà al prossimo presidente  confrontarsi con la minaccia terroristica. Ultimo candidato a esprimersi secondo l’estrazione a sorte, l’ex-premier François Fillon ha espresso la sua «solidarietà con una popolazione sempre più angosciata», rilevando che «la lotta contro il terrorismo deve essere la priorità assoluta del prossimo presidente», anche «aiutando i musulmani francesi a combattere il fondamentalismo». A fine trasmissione, dopo la conferma  della morte di un poliziotto, Marine Le Pen, del Front National, ha dichiarato finiti «i tempi del permissivismo». Jean-Luc Mélenchon, candidato della sinistra radicale, ha invece invitato  «a non cedere al panico». Dichiarazioni queste che mettono in luce le divergenze tra i candidati.

Divergenze che si riflettono nell’indecisione dell’elettorato, visto che a soli due giorni dal primo turno, più di un quarto degli elettori non ha ancora scelto. Un dato inedito che emerge dall’ultimo sondaggio del Centro di ricerca dell’Istituto di scienze politiche (Cevipof), realizzato tra il 16 e il 17 aprile su un campione di circa 11000 persone. Questa indecisione record che mette in competizione quattro candidati è senza precedenti nella storia della Quinta Repubblica, come anche il fatto che resta invece distanziato il candidato socialista Benoît Hamon.

Secondo lo stesso sondaggio, inoltre, il probabile livello di astensionismo, pari al 28 per cento, dovrebbe essere simile a quello del 2002, che per la prima volta  aveva portato l’estrema destra al secondo turno. Tenendo conto che lo scarto è molto ridotto tra Macron, di En marche! (23 per cento), Le Pen, del Front National (22,5 per cento), Fillon, dei Républicains (19,5 per cento), e Mélenchon, della France insoumise (19 per cento), il margine di incertezza sull’esito del primo scrutinio è fortissimo. Anche perché  Mélenchon e Fillon hanno ridotto il distacco dagli altri candidati e la loro presenza al ballottaggio del 7 maggio resta possibile.

Un altro dato rilevante quanto inedito è la grande diversità dei candidati sui quali esitano gli elettori incerti. Per esempio, Mélenchon, candidato della sinistra radicale, potrebbe raccogliere fino al 28 per cento degli elettori che intendevano votare inizialmente per Le Pen. Allo stesso modo, quest’ultima sarebbe la seconda scelta di un decimo degli elettori di Mélenchon. Ma è Macron che sembra presentarsi come il grande beneficiario di questa volatilità: se dovessero cambiare idea, la maggior parte dei sostenitori di Fillon, Hamon e Mélenchon sceglierebbero innanzitutto il leader di En Marche! In fin dei conti, l’unico suo vero rivale potrebbe essere lui stesso: cercando di captare un elettorato molto diversificato, rischia di perdere altri votanti. Per esempio, Macron è stato criticato da molti, tra cui l’influente filosofa Sylviane Agacinsky, per le sue «posizioni ambigue» a proposito dell’utero in affitto.

Come rileva il quotidiano francese «Le Monde», questa indecisione degli elettori francesi è frutto di «una situazione di scomposizione veloce dello scenario politico», segnata dall’eliminazione di numerosi favoriti, dal non candidarsi del presidente uscente, dalla popolarità di Le Pen, dalle molteplici inchieste giudiziarie. «Non c’è da meravigliarsi che i francesi siano sbalorditi» commenta il giornale.

Fra loro, anche gli elettori cristiani. Il tema delle elezioni presidenziali era ben presente in questi ultimi giorni, e molti hanno espresso la loro indecisione tra i quattro candidati principali. In particolare, si è osservato una crescita notevole dei simpatizzanti degli estremi nell’elettorato cattolico praticante e impegnato politicamente. Consapevoli di questa situazione, Macron e Fillon non hanno risparmiato le loro forze nel tentativo di conquistare l’elettorato cattolico, duello simile a quello tra i concorrenti alle primarie del centrodestra Fillon e Juppé, lo scorso novembre.

Il candidato dei Républicains ha iniziato recandosi sabato scorso al santuario mariano del Puy-en-Velay, nel sud-est della Francia, uno dei luoghi di partenza dei pellegrini in cammino verso Santiago de Compostela. Ha poi assistito alla veglia pasquale in una parrocchia copta situata nella periferia di Parigi, come segno di vicinanza con i cristiani orientali. Per Fillon, si trattava di riconquistare gli elettori che avevano votato a suo favore alle primarie ma che si erano mostrati delusi dopo le sue vicende giudiziarie. Da canto suo, Macron si è recato in un centro di accoglienza e di reinserimento della Caritas, a Parigi. Due visioni diverse quanto complementari del cattolicesimo, mentre, a parere di molti esperti - ricercatori, sociologi, parroci -, «votare da cristiani» in Francia non è mai stato così complesso quanto adesso per i cattolici, smarriti e disorientati nel clima politico attuale segnato da tante sorprese, incognite e incoerenze.

(© L'Osservatore Romano, 22 aprile 2017)