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Garantire le cure palliative

di Ferdinando Cancelli

Le cure palliative: ovunque e per ciascuno. Questo il titolo scelto dalla Pontificia accademia per la vita per un congresso internazionale di due giorni conclusosi il 1° marzo. Medici ed esperti da tutto il mondo hanno discusso le principali tematiche delle cure per i malati gravi e morenti. «Le cure palliative — ha scritto in occasione del convegno il segretario di Stato, cardinale Pietro Parolin, al presidente della Pontificia accademia per la vita, arcivescovo Vincenzo Paglia — non assecondano la rinuncia alla sapienza della finitezza», quella sapienza che sempre più sembra mancare al mondo, particolarmente a quello occidentale.

L’alternarsi dei relatori ha messo in luce un divario notevolissimo tra paesi ricchi e paesi poveri, un divario a più livelli. Da un lato, per esempio Eduardo Bruera, dell’università del Texas, uno dei massimi esperti mondiali del settore, ha evidenziato quanto possano essere migliorati i sintomi, sia fisici che psichici, con il corretto utilizzo dei farmaci secondo le linee guida internazionali e come si possa, in ambienti adatti, ridare speranza a malati e famiglie con un approccio professionale e umano.

Dall’altro Emmanuel Luyrika, dell’African Palliative Care Association, ha raccontato di milioni di persone lasciate senza mezzi e praticamente senza farmaci in moltissime aree del continente africano. Al punto che molti paesi non possono contare neanche su servizi di radioterapia, basilari per la cura di alcune neoplasie o per il trattamento del dolore in caso di approccio palliativo.

Similmente Tania Pastrana, della Latin American Palliative Care Association, ha fatto sentire la voce di interi popoli come quello venezuelano che, stremati dalla difficilissima situazione politica ed economica, vedono anche medici e infermieri fuggire per necessità lasciandosi alle spalle milioni di persone senza assistenza.

Ma non è questo l’unico divario emerso in questi due giorni di singolarissimo confronto internazionale. Lentamente ma progressivamente si sta creando una deriva culturale dei continenti. L’Europa, sempre più individualista e materialista, sta perdendo il senso del trascendente e quindi il senso dell’uomo: in molte nazioni è diventato un tabù anche solo accennare alla presenza di Dio. Se si parla di spiritualità alla fine della vita, come ha spiegato Christina Puchalski, della George Washington University, lo si fa tentando di marginalizzare qualsiasi riferimento religioso.

In Africa e in India, come nel mondo islamico o in quello ebraico, il ruolo dell’approccio spirituale e di fede è fondamentale al punto da far pensare che se mai logiche eutanasiche dovessero inquinare le cure per i morenti — come alcuni soprattutto in Europa vorrebbero — si arriverebbe in breve al crollo dell’intero edificio della medicina palliativa in intere nazioni.

A questo proposito il presidente della Pontificia accademia per la vita ha sottolineato nel discorso inaugurale come «a nessun titolo suicidio assistito o eutanasia» appartengano al bagaglio del medico palliativista.

Il convegno, ricchissimo di stimoli, è parso tuttavia solo un inizio, le sfide sono molteplici e richiederanno grandi sforzi. Il gruppo di studio Pal-life dell’accademia ha presentato un White paper for global palliative care advocacy (“Libro bianco per la promozione delle cure palliative in tutto il mondo”) che in prospettiva potrà rappresentare un validissimo strumento di diffusione della medicina palliativa, uno dei pochi antidoti alla cultura dello scarto che vede nella morte su ordinazione uno degli strumenti dell’autonomia priva di qualsiasi vincolo di responsabilità.

«Insegnaci a contare i nostri giorni e acquisteremo un cuore saggio» recita il salmo 89 citato dal segretario di Stato nella sua lettera. Ancora una volta la parola di Dio mostra il suo aspetto rivoluzionario e capace di colmare ogni divario costruito dall’uomo: il cuore saggio deriva infatti dal lasciarsi insegnare da Dio a contare i giorni della nostra vita, come spesso ci insegnano anche i malati per i quali ogni istante è prezioso.

Da qui ogni progetto potrà trovare una forza insperata, anche quella di sconfiggere la cultura della morte con la riscoperta della vera umanità.

(©L'Osservatore Romano, 3 marzo 2018)