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I media e gli abusi

di Lucetta Scaraffia

Quasi ogni giorno sui media in diverse parti del mondo c’è almeno una notizia relativa alla Chiesa. Ma in genere non si tratta di informazioni sugli innumerevoli interventi di aiuto e assistenza, di appoggio alla giustizia, di frequente realizzati in palese controtendenza con gli interventi delle istituzioni statali e spesso anche di quelle internazionali, bensì di denunce di abusi sessuali più o meno recenti, scandalosamente coperti dal silenzio e dall’omertà. E il fatto che oggi i media siano diventati così pervasivi e dilaganti, soprattutto sui supporti informatici, fa sì che un’intervista con una vittima diffusa largamente abbia il potere di provocare sconforto e indignazione molto più forti che non un articolo di denuncia.

In questi ultimi anni, e con un crescendo continuo, la Chiesa come istituzione è stata investita da questa ondata mediatica, che appare implacabile e impietosa anche perché nasce dalla delusione di scoprire i buchi neri di un organismo che agli occhi del mondo appare invece come un’importante agenzia morale. In società in cui la rivoluzione sessuale si è affermata da decenni, e dove la secolarizzazione è un fenomeno ormai stabilizzato da tempo, ciò che indigna non è tanto l’infrazione sessuale o la debolezza umana, dimostrata dall’incapacità di mantenere un impegno preso, quanto piuttosto la trama di potere che pervade questi episodi e spiega anche il silenzio che li ha coperti e, di fatto, protetti.

Nel complesso non si deve però considerare questa ondata mediatica come un attacco malevolo nei confronti dell’istituzione, come una volontà aggressiva di chi cerca lo scandalo a tutti i costi: lo scandalo c’è veramente, è là, e non consiste tanto nella trasgressione sessuale, quanto nell’abuso di potere, e poi nel silenzio e nella mancanza di sanzioni contro i responsabili, silenzio e impunità che umiliano le vittime. I media, con le loro inchieste e interviste, costringono quanti volevano insabbiare e dimenticare a fare giustizia, e ricordano che le vittime hanno una dignità da rispettare e da proteggere.

Quasi sempre, come anche ora avviene per gli abusi su religiose, a parlare sono vittime che hanno cercato di ottenere giustizia, ma in genere senza esito, all’interno dell’istituzione di cui fanno parte, la Chiesa. Pensando che anche loro, le vittime, fanno parte della Chiesa, proprio come i responsabili di abusi che spesso sono stati coperti con il silenzio, e in nome dell’istituzione da proteggere. Ma in questo modo quale istituzione si è voluto proteggere?

Sappiamo bene che le denunce non sempre sono fondate, che i rapporti umani sono molto complessi e che può non essere così facile definirli sulla base delle dinamiche che intercorrono tra vittime e carnefici, specialmente quando si tratta di adulti e non di minori. Ma la chiarezza serve a tutti, anche a difendere dai sospetti infondati, e dagli sguardi accusatori, chi è ingiustamente accusato.

Così, i media stanno paradossalmente aiutando la Chiesa a fare chiarezza, ad affrontare problemi complessi e dolorosi che sono stati rinviati, se non addirittura affossati. Ed è legittimo sperare che un’analoga volontà di seria informazione venga estesa anche ai contributi positivi di una istituzione millenaria, che ha sì bisogno di essere scossa, ma che si fonda su una buona notizia da non dimenticare mai.

(L'Osservatore Romano, 9 agosto 2018)