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Sguardo storico sugli abusi sessuali

La fine
del silenzio

 

di Lucetta Scaraffia

La questione degli abusi sessuali su persone più deboli — bambini e donne — sta emergendo con forza nelle società occidentali, e sta esercitando una trasformazione radicale nella società e nella morale collettiva. Ma c’è un aspetto del problema che genera in molti stupore e perplessità: come mai i testimoni hanno atteso così a lungo prima di avanzare la denuncia? Come mai tanti anni di silenzio?

Anche gli abusi hanno una storia, che spiega molte cose. La rivoluzione sessuale e quella femminista, rivoluzioni che hanno cambiato le società occidentali negli ultimi decenni del Novecento, non solo hanno realizzato alcuni degli obiettivi che si erano proposti, ma hanno messo in moto trasformazioni complementari e non previste, come appunto l’emergere della questione degli abusi sui minori.

A pensarci bene sembra paradossale che una rivoluzione che si proponeva di rendere lecite e praticabili tutte le forme di rapporto sessuale — in casi documentati i rapporti sessuali dovevano coinvolgere anche i bambini — abbia invece condotto a una severità nuova proprio in questa materia. Ennesima prova dell’eterogenesi dei fini! Quello che ha permesso alle vittime di parlare, di dire quello che fino a quel momento era in genere considerato come indicibile, è la fine di ogni tabù relativo al sesso. Quindi anche di quelli relativi alla parola che nomina il sesso per denunciarlo.

Prima le vittime temevano, e con ragione, che le denunce — le quali ovviamente comportavano la trasgressione di questo tabù — avrebbero portato a stigmatizzare anche loro, che avevano patito gli abusi, e non solo gli aggressori. Avevano dunque buoni motivi per tacere, per difendersi da quella che poteva diventare un’altra possibile forma di violenza.

La rivoluzione delle donne, nello stesso periodo, ha messo all’ordine del giorno il dislivello di potere all’interno del rapporto sessuale, un tema fino a quel momento trascurato a fronte di interpretazioni che si soffermavano piuttosto sugli aspetti leciti o illeciti e sulle possibili conseguenze. Le donne, che hanno sempre goduto di un potere inferiore agli uomini, hanno denunciato invece l’uso del potere nel rapporto sessuale, del quale erano quasi sempre vittime.

Queste due conseguenze delle rivoluzioni novecentesche — la possibilità di parlare di sesso e di denunciare i soprusi senza sollevare sospetti su di sé, svelando la trama di potere che vi era sottesa — hanno aperto la strada alla nuova sensibilità verso gli abusi sessuali, che oggi condanniamo con severità prestando ascolto alle parole delle vittime. Si tratta di una rivoluzione appena iniziata, i cui effetti si fanno sentire solo da poco e le cui conseguenze non siamo ancora in grado di prevedere. Una già in atto è che ora le istituzioni non possono più garantire per gli accusati: ognuno deve rispondere di se stesso, in un clima in cui la ricerca della verità ha cancellato l’antica tentazione di nascondere il male per salvare l’immagine dell’istituzione di appartenenza, sia essa la famiglia, la scuola, la squadra sportiva o la comunità religiosa.

Questa nuova severità, questa ricerca della verità ormai condivisa dovrebbero, con il tempo, far diminuire i casi di abusi, e soprattutto rendere la coscienza di ognuno più consapevole del male che tutto ciò comporta. Lo speriamo soprattutto per la Chiesa cattolica, dove l’abuso sessuale spesso è preceduto e accompagnato da abusi di autorità e di coscienza, e dove il deciso intervento di Benedetto XVI prima e di Francesco ora sta seguendo un cammino coraggioso nella ricerca della verità. Anche quando questa è scomoda, molto scomoda.

(©L'Osservatore Romano, 12 giugno 2018)