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Nel cuore di Maria

di Lucetta Scaraffia

«Negli anni aveva spesso immaginato quale eredità avrebbe lasciato a suo figlio, quale parte di sé lui avrebbe mantenuta. Non immaginava, almeno non prima delle ultime settimane, che sarebbe invece stata lei a ricevere un testamento, l’onere di proseguire quanto egli aveva interrotto». Questi sono i pensieri che si affollavano nella mente sconvolta dal dolore di Maria durante le ore che lentamente passavano tra la morte di Gesù e la sua resurrezione. Mariantonia Avati nell’intenso libro Il silenzio del sabato (Milano, La nave di Teseo, 2018, pagine 194, euro 17) prova a mettersi nei panni della madre di Gesù, prova a immaginare come questa donna ha umanamente vissuto il suo ruolo materno e come ha — in un percorso lungo e doloroso — raggiunto la comprensione di quale doveva essere il suo compito di madre del figlio di Dio.

Il pregio principale di questo libro — scritto molto bene, con una prosa scarna ed efficace — è quello di restituirci un’immagine di Maria più vera e più umana di quella alla quale siamo stati abituati, immagine spesso trasformata in un rigido santino lontano da ciò che deve essere stata la sua realtà. La realtà di una giovanissima donna che ha saputo accettare una proposta meravigliosa e difficilissima, e che giorno per giorno ha saputo inventare un ruolo che mai era stato vissuto e che mai più sarebbe stato vissuto dopo di lei.

Una donna che cresce insieme al figlio, nel trascorrere dei giorni, e per la quale la frase dell’evangelista Luca «custodiva tutte queste cose nel suo cuore» (2, 51) è una realtà profonda che la trasforma e la fa crescere spiritualmente. Maria allora è una creatura umana che come tutte le creature percorre la sua via con debolezza e coraggio insieme, con fiducia e paura. E già questo fatto la rende ai nostri occhi più vicina, più comprensibile, e allo stesso tempo ci offre un modello che è certo ineguagliabile, ma che offre per molti versi spunti anche a noi per un percorso spirituale forte e innovativo.

Ma un altro punto che l’autrice ha immaginato, con coraggio e sottigliezza, è che Gesù abbia chiesto alla madre di aiutarlo a sopportare la passione, a resistere al dolore. La Maria che soffre per il figlio quindi è anche quella che capisce come e dove aiutarlo nel suo compito nascosto e tremendo nel «silenzio del sabato», fino alla resurrezione che in un certo senso è possibile anche perché lei continua a crederci, a sperare.

Maria in questo racconto è quindi davvero partecipe della redenzione di Cristo in senso profondamente consapevole, soprattutto perché riesce a comprendere che Gesù può continuare a vivere solo se gli esseri umani sapranno dare ascolto e vita alle sue parole così nuove e rivoluzionarie. Nuove anche per quanto riguarda il posto delle donne, di cui lei è testimone e memento.

Questo romanzo è dunque molto coinvolgente e capace di suggerire nuove idee e interpretazioni della passione di Gesù, grazie proprio a un coinvolgimento personale che mette in gioco apertamente il fatto che l’autrice è donna e madre.

(© L'Osservatore Romano, 1° aprile 2018)