[Buone Notizie ­ Testata]

Città del Vaticano, 28 giugno 1998 Servizio sperimentale

Era il 7 settembre quando Giovanni Paolo II, a Siauliai, saliva la collina delle Croci. Mancava poco più di un mese al quindicesimo anniversario della sua elezione al Pontificato. A chi lo seguiva, veniva spontaneo collegare i due momenti. Quanto più il Papa saliva, inoltrandosi in quella fitta selva di Croci e calcando con alta tensione spirituale quella seminagione di fede, tanto più quel gesto appariva il simbolo di quindici anni di Pontificato. Quel cammino lungo una collina verso la quale converge e dalla quale si diparte una singolare geografia della fede; quel cammino attraverso un luogo unico al mondo per la povertà e per la ricchezza di una fede che parla il linguaggio struggente della speranza e dell'amore; quel cammino appare sempre più la sintesi del cammino di quindici anni.
Saliva, con Giovanni Paolo II, la storia da lui incalzata e costretta a stupirsi e a stupire. Salivano gli uomini e le donne protagonisti anonimi di eventi imprevisti. Salivano i popoli e le Nazioni, crocifissi fino a qualche anno prima ed ora quasi increduli del riscatto della propria dignità. Saliva la Chiesa del silenzio che oggi si sforza di trovare le parole per sollecitare tutti a vincere la paura. Salivano l'apparente debolezza degli oppressi e la fragile potenza dei violenti. Quei violenti sconfitti di fronte al mondo dalla fede semplice dei senza-nome e dall'audacia della Verità del Successore di Pietro.
Sulla collina delle Croci, sinfonia di morte e di Risurrezione, di umiliazioni e di Redenzione, quasi «si legge» l'autobiografia di un sacerdote, di un Vescovo, di un Papa. L'autobiografia di un Pontificato. L'autobiografia della Chiesa di questi ultimi tre lustri. E sembrano confermarlo le tre stazioni compiute dal Santo Padre lungo la salita.
La prima presso la grande Croce di legno piantata nel maggio 1981 a ricordo dell'attentato in piazza San Pietro. La seconda presso la Croce di marmo bianco che farà memoria della peregrinazione di Giovanni Paolo II: una Croce sulla quale sono scolpite le famose parole «in hoc signo vinces», che in quel luogo sono rivelatrici di un monito storico. Due volte, infatti, il regime ateocratico aveva fatto distruggere le Croci e due volte questo sono sorte più numerose. Ed ora sono lì, segno di Redenzione di fronte alle ideologie, ai blocchi, ai sistemi caduti. La terza stazione in cima alla collina presso l'immagine della Madonna. Momento alto di un cammino incominciato da lontano e proiettato lontano. Proiettato verso una nuova primavera evangelica, che in questo gioioso giorno si fa impegno e vita in quanti ringraziano il Signore per aver donato alla Chiesa e al mondo questo Successore di Pietro.
(Mario Agnes,
L'Osservatore Romano del 16 ottobre 1993)
   
Lituania: un eremo francescano
sulla Collina delle Croci

Una pietra, tagliata dalle rocce della Verna, è stata posta sabato 9 maggio a fondamento del piccolo eremo che sorgerà presso la Collina delle Croci, nella diocesi di Siauliai in Lituania. L'idea nacque dopo la visita di Giovanni Paolo II al Santuario francescano il 17 settembre 1993 in occasione della Festa delle Stimmate. Ricordando che solo una decina di giorni prima era stato pellegrino alla Collina delle Croci, facendo un parallelo con la Verna, ebbe a dire: «Bisognerebbe che tutti, specialmente l'Europa, passassero da questi luoghi, dalla Verna e dalla Collina delle Croci per poter superare il secolarismo e non rendere vana la Croce di Cristo».
Giovanni Paolo II pellegrino alla Collina delle Croci Il Papa, informato del progetto, ha benedetto questa stessa pietra il 13 giugno 1997, quando gli è stata presentata insieme al plastico dell'eremo.
Si tratta di un lieve innalzamento del terreno in mezzo ad una splendida pianura nel Nord della Lituania. Attorno solo l'azzurro del cielo, il verde dei campi, il giallo di un infinito numero di rosolacci fioriti. Da vari secoli il popolo ne ha fatto il «suo» santuario: giorno e notte vi arrivano pellegrini da tutto il Paese e anche dalle vicine Repubbliche baltiche. Spesso in ricordo viene lasciata una croce.
All'epoca dell'occupazione sovietica (1940-1989) le ruspe russe hanno spianato più volte la Collina abbattendo le croci, ma nulla ha fermato la fede della gente che ha ogni volta l'ha fatta rifiorire di croci.
È uno spettacolo impressionante: ve ne sono migliaia e migliaia, di tutte le misure, grandi e ricche delle tipiche sculture popolari lituane, piccole, di legno, di ferro, di ambra (il paese è ricco di questo fossile vegetale che pare una pietra preziosa).
L'iniziativa della costruzione di un eremo è nata dalla collaborazione che i Frati minori toscani stanno dando al francescanesimo che rinasce in Lituania. L'invasione russa aveva eliminato o espulso ogni ordine religioso. A metà degli anni '80 un gruppetto di giovani del Seminario di Kaunas cominciò, in segreto, un cammino di spiritualità francescana. A quell'epoca il controllo del Kgb era ancora strettissimo su chi entrava in seminario. Con la libertà (1990) fu possibile uscire allo scoperto e regolarizzare anche giuridicamente i passi fatti. L'entusiasmo dei primi trascinò subito altri giovani. Per la formazione specifica alla vita religiosa francescana alcuni furono accolti in Toscana. Attualmente alcuni sono novizi alla Verna, altri studiano teologia a Grosseto.
I frati lituani professi sono oltre trenta e, dal novembre 1997, la sede della Provincia francescana di San Casimiro, che si era trasferita negli Stati Uniti insieme a tanti profughi, è di nuovo nella terra dei suoi antenati.
L'eremo, due piani intorno a un chiostro e nello schema della croce cosmica lituana, sarà casa di noviziato, luogo di preghiera e di contemplazione anche per altre persone (sacerdoti, laici, religiosi...). Un modo di poter stare dinanzi alla Collina delle Croci per ascoltare la parola che anche oggi risuona per il mondo dalla Croce di Cristo.
Un aiuto in tal senso verrà anche dalle Clarisse che il 13 maggio hanno posto la prima pietra del loro monastero. Sono già sei le professe lituane che, fatto il noviziato a Mantova, iniziano sotto la guida di una sorella italiana l'avventura di Chiara in Lituania. Per il momento vivono in una casetta a due piani alla periferia di Kretinga. Per la costruzione del monastero è stato scelto un terreno non molto distante dal convento francescano che è anche l'unica parrocchia di questa cittadina di quasi 25.000 abitanti. Come segno di fondazione hanno ricevuto dal Convento di San Damiano di Assisi un pezzo di trave di quello che fu il primo monastero di Chiara e delle sue Povere Dame.
(Rodolfo Cetoloni, da L'Osservatore Romano del 26 giugno 1998)

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