[Buone Notizie ­ Testata]

Città del Vaticano, 8 novembre 1998 Servizio sperimentale

La gioia
del Papa

«Mi unisco alla gioia dei vostri nobili popoli, tanto cari al mio cuore, che sono uniti da molti vincoli comuni di fede cristiana e di cultura, i quali vedono oggi chiudersi un capitolo doloroso della storia delle loro relazioni ed aprirsi prospettive durevoli di pace.
L'Accordo ha un alto significato sia per il Continente americano, alla ricerca di una integrazione sempre maggiore, sia per l'intera comunità internazionale...
Il mio pensiero si rivolge alle comunità cattoliche in Ecuador e in Perù, che, sotto la gida dei loro Pastori, con iniziative opportune ­ come ad esempio le giornate di preghiera per la pace ­ hanno saputo promuvere una autentica "pedagogia della pace". Non dubito che esse continueranno lungo questa strada.
Desidero vivamente che le vostre Nazioni sorelle non smettano di avanzare, con ferma e ferseverante volontà, lungo le vie tracciate da questo Accordo, confidando tutti nella intercessione di Santa Marianita da Quito, di Santa Rosa da Lima, della Santissima Vergine Maria, Regina della Pace, tanto amata e venerata dalle popolazioni di entrambi i Paesi».

(Dalla lettera di Giovanni Paolo II ai Presidenti di Ecuador e Perù, 23 ottobre 1998)

   
Ecuador-Perú:
pace sulle Ande

di Paolo Befani (da L'Osservatore Romano del 31 ottobre 1998)

L'Inviato del Papa con i Capi di Stato alla cerimonia della firma dell'Accordo Lunedì 26 ottobre, con un «Accordo globale e definitivo» firmato solennemente a Brasilia, si è chiuso finalmente un altro contenzioso territoriale, quello che avvelenava i rapporti tra Ecuador e Perú.
La contesa era vecchia di oltre un secolo e mezzo e aveva per oggetto i 78 chilometri di frontiera (pari al 5 per cento dei confini totali tra i due Stati) lungo la Cordigliera andina del Condor. Nel 1941, i due Paesi si affrontarono in un conflitto sanguinoso, che fu composto con il «Protocollo di pace, amicizia e confini» stipulato il 29 gennaio dell'anno successivo a Rio de Janeiro. In veste di potenze garanti, Argentina, Brasile, Cile e Stati Uniti furono cofirmatari del documento, che definiva la vertenza territoriale e fissava i criteri per la demarcazione della frontiera. Ma di fatto la delimitazione del confine non fu mai realizzata e nel 1960 il protocollo fu denunciato dal Governo di Quito, che lo considerava, tra l'altro, imposto con la forza.
Rimasta così un confine aperto, la Cordigliera del Condor fu teatro di ricorrenti incidenti militari tra Ecuador e Perú, i più gravi dei quali avvennero nel 1981 e nel 1995. Dopo gli scontri del gennaio­febbraio di tre anni fa (non meno di 150 morti tra le due parti belligeranti), si misero in moto i quattro «garanti» promovendo un serrato negoziato tra i Governi di Quito e di Lima, che si è ora felicemente concluso.
L'accordo, firmato a Brasilia dal Presidente ecuadoriano Jamil Mahuad e da quello peruviano Alberto Fujimori, stabilisce che la linea di confine (da demarcare nei prossimi mesi) passerà lungo le vette della Cordigliera del Condor. I territori contesi sul versante orientale della catena montuosa saranno pertanto peruviani, tranne la zona di Tiwinza, un'area di un chilometro quadrato che il Perù concede al Governo ecuadoriano a titolo di «proprietà privata» (vale a dire senza diritti di sovranità). L'enclave sarà collegata da una strada carrozzabile al territorio ecuadoriano. Ma la filosofia dell'Accordo di Brasilia prescinde dai meri aspetti territoriali e dai diritti di sovranità. Infatti, le cinque intese collegate, che sono state sottoscritte dai Ministri degli esteri dei due Paesi, aprono la strada alla difesa dell'ambiente, alla promozione del commercio, all'integrazione economico­sociale della regione attraversata dalla Cordigliera del Condor. L'obiettivo di fondo è quello della pace, della riconciliazione tra i due popoli e dello sviluppo sostenibile.
Nei tre anni seguiti al conflitto armato del 1995, la Santa Sede ha incoraggiato in tutti i modi il dialogo di pace tra i due Paesi andini. Ha partecipato alla cerimonia della firma il Cardinale Darío Castrillón Hoyos, inviato del Papa e latore di un messaggio di Giovanni Paolo II.

   

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