Le scoperte archeologiche dello Studium Biblicum Franciscanum tra Madaba e il Monte Nebo

Un incontro in tessere
di paradiso e terra


di Fabrizio Bisconti

Purtroppo non è stato il francescano Michele Piccirillo, recentemente scomparso, a salutare il Santo Padre in Terra Santa e, specialmente, al Memoriale di Mosè sul monte Nebo, dove, dal 1932, la Custodia di Terra Santa costruì un convento per alloggiare le missioni archeologiche promosse dallo Studium Biblicum Franciscanum.
Padre Piccirillo è stato per più di trent'anni l'anima dell'attività archeologica in Terra Santa e l'attore protagonista delle più sorprendenti scoperte, guidate da una solida preparazione nel campo della geografia biblica, della storia dell'arte, dell'architettura paleocristiana, dell'iconografia, con particolare riguardo per lo studio della produzione musiva in età bizantina.
Il padre francescano non dimenticava mai che, al di là della sua entusiasmante vita di archeologo, c'era qualcosa di più:  "La basilica del Nebo - egli amava ricordare - è l'unico santuario della Giordania. E nella figura di Mosè unisce, almeno come speranza, cristiani, musulmani ed ebrei. Perciò la nostra preoccupazione, fin dall'inizio dei lavori, è stata quella di garantire a chi vi cerca pace e un momento di riflessione lo spazio adatto. Pace e contemplazione sono i migliori beni di cui il Nebo è ricco" (I mosaici della Giordania, Bergamo 1991, p. 137).
Il convento del Monte Nebo, come si diceva, è stato concepito dallo Studium Biblicum Franciscanum, che fu ideato nel 1901 dalla Custodia di Terra Santa, come una sorta di "succursale" del Pontificium Athenaeum Antonianum di Roma. Lo Studium ha sede in Gerusalemme, presso il Convento della Flagellazione, sulla via Dolorosa, ma presso il Memoriale di Mosè, sul Monte Nebo-Siyagha, sono stati concepiti tutti i progetti archeologici che hanno portato alla riscoperta dei luoghi santi. Particolare attenzione è stata riservata allo studio delle basiliche, di impianto bizantino, dislocate nei territori della provincia Arabia, con speciale considerazione per l'antica città di Madaba, dove è stata riconosciuta una vera e propria "scuola di mosaico" attiva specialmente tra il IV e l'VIII secolo quando si era costituita una numerosa comunità cristiana, della quale abbiamo una prima notizia nel 451, quando il vescovo Gaiano fu rappresentato al concilio di Calcedonia dal suffraganeo Costantino, metropolita di Bostra. Allo scadere del 1800, i primi esploratori individuarono la cattedrale della città, scavata sistematicamente solo tra gli anni Sessanta e Settanta del secolo seguente, durante i quali si intercettò un'aula decorata da raffinatissimi mosaici che svolgono temi cinegetici, pastorali, zoomorfi e geometrici, secondo un repertorio cosmico e paradisiaco, che tocca il suo apex con le personificazioni dei fiumi edenici. Nel 1981 fu scoperto anche un monumentale battistero che mostrò due fasi, la prima delle quali propone un fonte cruciforme, mentre la seconda presenta una vasca circolare, comprese in un arco cronologico che copre tutto il vi secolo, segnato dagli episcopati di Ciro, Giovanni e Sergio.
Nel 1897 venne scoperta la celebre "Carta di Madaba", un mosaico pavimentale che decorava una chiesa posta nei pressi della porta settentrionale della città, destinata a divenire un prezioso documento geografico e topografico del territorio che dall'Egitto giunge alla Fenicia, ma che comprende anche il mare Mediterraneo in relazione alla costa palestinese. La carta, conservata per un'area di 16 metri per 6, si estendeva da Tiro al delta egiziano e dal mare Mediterraneo al deserto, proponendo ben 150 legende di località e mostrando, con un certo realismo, le caratteristiche geomorfologiche, specialmente dell'area palestinese, in corrispondenza del Giordano, del Mar Morto, dell'altopiano transgiordanico, della montagna della Samaria e della Giudea. Le città sono rappresentate nella carta secondo la loro collocazione lungo la rete viaria della regione, dove si riconoscono Gerusalemme, Neapolis, Askalon, Gaza, Gerico, calate in un sintetico ma vivace contesto reso dal mare, dalle montagne, dai fiumi e dalla vegetazione.
Il fuoco della carta musiva è rappresentato dalla vignetta di Gerusalemme, rappresentata "a volo d'uccello", con la caratterizzazione del cardo, che si diparte, a nord, con una piazza, al centro della quale si eleva una colonna onoraria, mentre è ben riconoscibile la basilica costantiniana del Santo Sepolcro.
La carta di Madaba si presenta, innanzi tutto, come un documento di geografia biblica, secondo i territori pertinenti alle 12 tribù, con l'aggiunta dei luoghi salienti del Nuovo Testamento e trova la sua ragione centrale nella raffigurazione dei monumenti cristiani, i quali suggeriscono una prospettiva che travalica i puri interessi geografici, per declinarsi in una formidabile "carta della fede". Mentre la città di Madaba risulta costellata di altri importanti edifici di culto - dalla chiesa dei Santi Apostoli a quella del profeta Elia; dalla chiesa della Vergine a quella del Khader - per lo più dislocati nel corso del vi secolo, le decorazioni pavimentali suggeriscono l'attività di una vera e propria scuola di musivari, che sviluppa un vivacissimo repertorio paradisiaco, popolato di animali feroci e docili avvolti da carnosi racemi vegetali o calati in giardini disseminati di robusti alberi da frutto. Non mancano i grandi temi della tradizione mitologica che, in un ambiente della chiesa della Vergine, propone la singolare storia di Fedra e Ippolito, dimostrando come, in questa civiltà figurativa ormai immessa nella grande stagione bizantina, non dimentica la lezione di un ellenismo, che varcando i confini della tarda antichità, diviene fenomeno figurativo perenne.
La medesima cultura iconografica interessa anche gli edifici di culto che costellano proprio il Monte Nebo, facendo capo al centro di Siyagha, a pochi chilometri da Madaba, denunciando un'attività musivaria omogenea, forse promossa dalle stesse maestranze, che si proiettano nel tempo, come si può constatare nella basilica del Nebo, che fu decorata tra il 597 e il 598 o nella cappella della Theotokos, - VII secolo - o nella chiesa di San Giorgio, nella cappella del prete Giovanni, nella chiesa di Kaianos, presso le fontane di Mosè.
Tra le scoperte più entusiasmanti di Michele Piccirillo, dobbiamo ricordare il complesso cultuale di Santo Stefano ad Um Er-Rasas, da identificare con il centro di Kastron Mefaa, a 30 chilometri a sud-est di Madaba, dove il consueto e ricco repertorio paradisiaco, denunciato dai mosaici pavimentali, si associa a quello, pure collaudato, delle vignette geografiche, che fanno della basilica la sede di un cosmo, che oscilla tra il mondo concreto dei luoghi abitati della terra e un paradiso dove gli animali più diversi convivono pacificamente e popolano i rami avvolgenti dell'albero della vita.



(©L'Osservatore Romano 10 maggio 2009)
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