Le catacombe romane di San Callisto

Un alfabeto visivo della salvezza


Le catacombe romane di San Callisto - in occasione della sosta delle reliquie di don Bosco e degli ottant'anni di custodia salesiana del comprensorio - hanno ospitato una tavola rotonda sul tema "Don Bosco ieri e oggi". Pubblichiamo quasi integralmente il testo di uno degli interventi dedicato alla storia archeologica del sito.

di Fabrizio Bisconti

Molte piste si dipartono dal comprensorio callistiano, ossia da quel triangolo di terra definito dalla via Appia antica, dall'Ardeatina e dal vicolo delle Sette Chiese, che racchiude uno dei luoghi più significativi della "Roma sotterranea cristiana", così come sul finire del Cinquecento il grande archeologo mantese Antonio Bosio definì quella nebulosa di cimiteri ipogei cristiani, che costellava il suburbio, sino al terzo miglio delle più importanti vie consolari.
Queste piste disegnano sul comprensorio appio-ardeatino una trama di percorsi e di storie, che fanno assurgere quell'area a luogo privilegiato delle scoperte consumate negli anni centrali dell'Ottocento; di una devozione, avviata dai cristiani della prima ora e proseguita, nei secoli sino ai nostri giorni; della gestione ordinata di un pellegrinaggio, orientato verso una catechesi sensibile alle testimonianze concrete dei monumenti del cristianesimo primitivo; di una tutela che garantisce la salvaguardia di emergenze archeologiche significative.
La storia delle catacombe di San Callisto viene da lontano, da quando Papa Zefirino (199-217) - secondo quanto riferiscono il Liber Pontificalis e lo Pseudo Ippolito - affidò al diacono Callisto, futuro Papa tra il 217 e il 222, il compito di sovraintendere al "cimitero" della grande chiesa di Roma, proprio in corrispondenza del terzo miglio della via Appia.
Quel piccolo cimitero, che rappresenta il nucleo genetico delle catacombe, ma anche una sorta di prototipo dei cimiteri ipogei concepiti dai cristiani, come "dormitori provvisori" in attesa della resurrezione, fu obliterato già al tempo delle invasioni barbariche, agli esordi del v secolo. Ebbene, il suburbio fu abbandonato, le tombe furono sistemate nelle basiliche funerarie e alcune entrarono addirittura all'interno della cinta muraria.
Mentre alcune catacombe, annesse ai più amati santuari romani, come San Sebastiano, San Lorenzo e San Pancrazio, rimasero praticabili, le catacombe di San Callisto - come di diceva - soffrirono per un progressivo e irreversibile abbandono.
Quell'inesorabile dimenticanza fu infranta dall'archeologo romano Giovanni Battista de Rossi che, nell'estate del 1844 - ad appena ventidue anni - assieme al fratello Michele Stefano entrò nella vigna Molinari, che si estendeva sulla via Appia e fu attratto dalla cosiddetta Tricora Occidentale, ossia dal mausoleo triabsidato, allora ridotto a cantina, che doveva ospitare i corpi dei martiri e dei Pontefici che le fonti riferivano alle catacombe di San Callisto. In quegli anni, iniziava la grande avventura archeologica del de Rossi, che scavò l'intero complesso callistiano, a cominciare da quell'area, il cuore del cimitero, da identificare con quello voluto da Zefirino e continuando con le regioni di Sotere, di Papa Milziade, di Papa Liberio, a cui si aggiungeranno l'area di Lucina, il cimitero dei santi Marco, Marcelliano e Damaso e la catacomba anonima della via Ardeatina.
Tutte le operazioni archeologiche del  de  Rossi  non  sarebbero  state possibili senza il consenso, del beato Pio IX che, il 6 gennaio del 1852 istituì una Commissione di Archeologia Sacra "per la efficace tutela e sorveglianza dei cimiteri e degli antichi edifici cristiani di Roma e del suburbano, per la sistematica e scientifica escavazione ed esplorazione degli stessi cimiteri". Le scoperte del de Rossi entusiasmarono il Papa, che in molte occasioni si recò personalmente a prendere visione degli scavi. Emozionante fu la discesa nella cripta dei Papi, durante la quale, Pio ix, leggendo gli epitaffi dei Pontefici del III secolo, si commosse sino alle lacrime. L'archeologo romano, però, non trovava una soluzione per i continui furti degli operai che, "pagati per scavare le catacombe, sottraevano le reliquie dei martiri e altri oggetti preziosi, per farne traffico presso i fedeli".
Fu così che Leone XIII, nel 1884, si preoccupò di fondare una "trappa" nel comprensorio callistiano e, segnatamente, nel casale di San Tarcisio, ove accogliere un gruppo di cistercensi riformati, tutti ex zuavi pontifici, che, da quel momento, si occuparono degli scavi e della custodia delle catacombe di San Callisto. I padri trappisti piantarono, nel comprensorio, fiorenti vigne, sfidando avversità come la malaria, e, nel 1910, iniziarono anche la produzione di cioccolato.
Dopo il primo conflitto mondiale, nel  1922  sale  al  soglio  pontificio Pio xi, particolarmente sensibile alle questioni legate all'archeologia cristiana, anche per l'affetto che lo legava a monsignor Giulio Belvederi, primo segretario del Pontificio Istituto di Archeologia Cristiana, fondato con motu proprio l'11 dicembre 1925.
L'entusiasmo di monsignor Belvederi ispirò l'apertura del noviziato delle Sorelle dei poveri di Santa Caterina, che fu sistemato nell'attuale casa delle catacombe di San Callisto. Furono queste sorelle a occuparsi dei paramenti e degli oggetti liturgici, dando lavoro alle donne della zona, che appresero l'arte del cucito e del ricamo, mentre rifocillavano i pellegrini, che giungevano alle catacombe, con sostanziose colazioni.
I trappisti concludevano, intanto, il loro gravoso compito di pionieri e si ritirarono alle Frattocchie, nell'antico possesso dei Colonna, mentre, nel 1930, i salesiani presero possesso della custodia delle catacombe di San Callisto. Era il 9 settembre e un piccolo numero di guide, iniziò il pellegrinaggio sistematico nei meandri delle più famose catacombe di Roma.
Parlare dell'attività dei salesiani al San Callisto, negli ultimi Ottanta anni, significa fare la storia di un pellegrinaggio gestito in perfetto equilibrio tra conoscenza e fede. Qui i turisti, i visitatori, i fedeli escono dalle gallerie con uno sguardo diverso. Si ha la sensazione che i salesiani li abbiano accompagnati, per mano, attraverso un viaggio emozionante che, appunto, segue i passi dei primi cristiani nella loro iniziale stagione di vita.
I salesiani, infatti ti accompagnano sino alla cripta dei Papi, dinnanzi alla tomba di Sisto II, trucidato il 6 agosto del 258, assieme ai suoi quattro diaconi, proprio mentre celebrava San Callisto. Poi ti conducono anche nella cripta di Santa Cecilia, sciogliendo, con semplicità e competenza, uno dei nodi agiografici più intricati della storia del culto antico. E ti guidano sino alle cappelle dei sacramenti, indicando le scene della più antica iconografia cristiana, facendo scoprire le prime manifestazioni di un'arte propriamente catechetica. I salesiani diventano, così, maestri dinanzi all'alfabetario visivo della salvezza, con un metodo semplice eppure incisivo, che è tipico dei grandi educatori.
Le guide delle catacombe di San Callisto, in questi giorni, salutano la presenza, nella Tricoria Occidentale, delle reliquie del loro fondatore san Giovanni Bosco, che, forse non aveva mai visto quel cimitero dove i suoi figli avrebbero operato con tanta dedizione, ma che conosceva sicuramente le catacombe, per aver visitato quelle di San Pancrazio e quelle di San Sebastiano, già nel 1858, facendosi un'idea ben precisa di quegli oscuri cimiteri, che rappresentavano la testimonianza viva ed eloquente della Chiesa primitiva, guardata dall'osservatorio della devozione martiriale e del culto delle reliquie.
Oggi le catacombe di San Callisto rappresentano un lembo di Terra Santa, che ancora aiuta i pellegrini a raccogliersi in una riflessione, ispirata, in punta di piedi, con garbo e grande professionalità, dai salesiani, instancabili educatori dello spirito, formidabili guide delle anime, semplici compagni di viaggio attraverso le gallerie, frequentate dai primi fratelli della fede, che in quegli oscuri meandri, fecero deporre i corpi dei loro cari, convinti di collocarli in un abbraccio colmo di fede e di speranza.



(©L'Osservatore Romano 5 giugno 2009)
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