Dall'Homo sapiens alle società ipertecnologiche

Storia umanistica della colonna vertebrale


La maggiore causa del mal di schiena non è il sovraccarico ma la sedentarietà

di Marcello Celestini e Alessandro Serenelli
Dipartimento di Scienze Mediche e Riabilitative
Ospedale Santo Spirito di Roma

Al novanotto per cento della popolazione del mondo sviluppato capita, almeno una volta nella vita, di soffrire di mal di schiena, e sempre più frequentemente a essere colpiti sono giovani e adolescenti. La colonna vertebrale richiama la nostra attenzione attraverso il dolore. La causa del mal di schiena è ancora oscura, anche se frequentemente il dolore insorge in occasione del sollevamento di un peso, anche modesto, o di un movimento scorretto.
Negli ultimi quarant'anni il mondo scientifico ha concentrato il suo sguardo sugli aspetti biomeccanici di questa struttura, ritenendo di poter trovare in questo modo sia la causa che la terapia a questa patologia, che anche se solitamente a decorso benigno, rappresenta un costo economico notevole, sia per le assenze dal lavoro che per le spese relative alle cure, oltre che rappresentare per chi ne soffre cronicamente una grave limitazione dell'autonomia.
È convinzione diffusa che il riposo e l'adozione di modalità ergonomicamente corrette nel mantenimento della postura e nel sollevamento dei pesi o ancor meglio l'astenersi da tutto ciò siano le procedure migliori per evitare l'insorgere di patologie della colonna. Ma se oltre a guardare la colonna vertebrale in maniera "scientifica", ovvero con uno sguardo anatomico, biomeccanico, naturalista, proviamo ad affiancare a questo uno sguardo "umanistico", ovverosia storico, antropologico e sociologico, può accadere che ci sorgano dei dubbi sulla veridicità di queste affermazioni.
Potremmo parafrasare la teoria evolutiva di Charles Darwin dicendo che se la nostra struttura non fosse adeguata ai compiti che deve svolgere, in breve la nostra specie verrebbe soppiantata da un'altra specie meglio strutturata. Il rapporto fra struttura, ambiente e funzione rappresenta la prima legge fondamentale della biologia, e la struttura della nostra colonna deve quindi essere in stretta relazione con la funzione che deve svolgere e le caratteristiche dell'ambiente in cui deve interagire.
La colonna dell'Homo sapiens si presenta come un sistema modulare complesso, che consente il raggiungimento della stazione eretta e della locomozione bipede, con una struttura di base alla nascita, capace però di "autoconformarsi" durante lo sviluppo dell'individuo man mano che questo cresce e si modificano sia le proporzioni dei vari elementi corporei sia la sua locomozione, in relazione al peso, alla forza e al sesso dell'individuo e all'azione della forza di gravità.
Durante la lunga storia dell'umanità i comportamenti hanno subito profonde e radicali trasformazioni, ma la velocità di questi cambiamenti ha subito negli ultimi tempi una crescita esponenziale. Comparso circa 35.000 anni fa, Homo Sapiens sapiens ha vissuto la sua prima grande rivoluzione circa 7.000 anni fa, quando a seguito della carenza di cibo dovuta a cambiamenti climatici, da raccoglitore e cacciatore è divenuto allevatore e agricoltore. La cosiddetta "rivoluzione neolitica" ha dato luogo al formarsi di società stanziali e società nomadi, con organizzazioni sociali definite e differenti. L'affermarsi della stanzialità, grazie alla produzione di cereali, ha garantito la sopravvivenza della specie, ma il cambiamento di dieta ha avuto conseguenze negative sul suo stato di salute. Si osserva, infatti, attraverso lo studio dei reperti di quest'epoca, un generale "indebolimento" nelle prime generazioni (l'altezza e la forza diminuirono e contemporaneamente si svilupparono infezioni ed epidemie).
Le nuove organizzazioni sociali che si svilupparono portarono alla formazione di grandi imperi, con la necessità di produrre grandi quantità di cibo si presentò il problema del sovraccarico della colonna e di tutte le strutture muscolo-scheletriche; il problema fu ovunque risolto con l'utilizzazione, per lo svolgimento dei compiti più gravosi, di grandi masse di schiavi. Si svilupparono anche alcune tecnologie, come la ruota, la carrucola, i ponteggi, i terrapieni, utilizzate sia per compiti civili che militari, mentre dalla necessità di amministrare società complesse nacque l'uso della scrittura, e quindi della sedia e del papiro o di strumenti analoghi.
Da subito la sedia rappresentò un simbolo, oltreché un indispensabile ausilio. Le antiche divinità egiziane sono rappresentate o in piedi o sedute, e la sedia è già da sola un eloquente simbolo di potere. Anche Dio viene rappresentato seduto, assiso nel trono celeste, e nei secoli successivi l'imperatore, rappresentante del potere di Dio sulla terra, si siederà sul trono, circondato da una corte di donne e uomini in piedi. Si deve ai romani e poi a tutto il medioevo lo sviluppo del concetto di Cattedra. La Cattedra di Pietro è l'esempio più vivido di un potere spirituale oltreché temporale, ma anche di sapienza, chi parla ex cathedra per definizione è sapiente. Nel rinascimento il trono del signore mantiene tutta la sua simbologia, e per gli altri fa la sua comparsa la panca, utilizzata per il desco, una sorta di versione popolare della sedia, sulla quale non si sta da soli, ma con altri, come pure le sedie in pietra ricavate intorno ai camini o lungo le finestre. È con la rivoluzione industriale, accompagnata da una forte spinta all'urbanizzazione, che la sedia diviene finalmente un ausilio presente in tutte le case. Il successo della sedia Thonet è dovuto alla sua facilità di costruzione e alla sua standardizzazione. Oggi la simbologia della sedia non sembra aver perso molto smalto, anche se si è fortemente trasformata. Ormai la sedia non deve più essere standardizzata ma sempre più individualizzata; la sedia ergonomica altro non è che un ausilio che si adatta alle misure del suo utilizzatore, e attraverso la sedia possiamo così leggere ancora il cambiamento storico del Novecento che ci ha fatti passare da un modello di società basato sulle classi sociali e sulle masse a un modello caratterizzato dall'individualismo.
Nella storia della medicina troviamo riferimenti alla colonna vertebrale fin dagli scritti più antichi. Il Papiro egizio di Edwin Smith, del XVII secolo prima dell'era cristiana, non ci autorizza a dire che il mal di schiena sia "sempre" esistito, ma certamente ci autorizza a dire che era un'entità nosologica nota in una società sedentaria antica.
Dallo studio delle mummie è stato possibile ricavare un'enorme mole di dati sulle patologie dell'antico Egitto. La società del fiume risulta caratterizzata epidemiologicamente da una larga presenza di reumatismi "infettivi", diagnosticati in base all'infezione delle gengive, e poi ancora da osteomieliti, gibbosità, metastasi ossee, e così via. Nessuna civiltà antica ci offre nozioni così ricche sulla patologia umana.
Dalla lettura del trattato sulle articolazioni, attribuito a Ippocrate, possiamo dedurre che la medicina greca era attratta dalle deformità della colonna. Con evidente lungimiranza Ippocrate invita a usare cautela nel loro trattamento:  "le affezioni curabili bisogna sottoporle a mezzi meccanici, affinché non diventino incurabili, e bisogna evitare al massimo che le affezioni che si conoscono arrivino all'incurabilità; invece le affezioni incurabili bisogna conoscerle al fine di non causare sofferenze inutilmente".
Sempre Ippocrate, negli Aforismi, ci offre una descrizione del morbo di Pott. Leggiamo infatti:  "Coloro che diventano gobbi in seguito all'asma o a tosse prima della pubertà, muoiono" (VI, 46).
Il morbo di Pott era sicuramente diffuso durante il medioevo, ne sono testimonianza i numerosi quadri che mostrano giullari di corte, evidentemente affetti da esiti di questa patologia o da gravi scoliosi o ancora da nanismo, quest'ultimo in particolare attirava grande interesse, non v'era corte dove non si facesse mostra di un nano.
Nei secoli bui le deformità della colonna furono ritenute un segno evidente del diavolo e della sua impronta sugli uomini. I medici medievali, tutti presi ad analizzare gli "umori", privi di nozioni anatomiche chiare, non ci riferiscono nessuna notizia riguardo alle patologie della colonna. L'occhio medico resta concentrato sulle patologie infettive. I medici non curano la massa degli individui, ma solo i signori e i ricchi.
Uno studio interessante sulla famiglia Medici, effettuato attraverso lo studio delle salme confrontato con i documenti d'archivio, ci offre notizie interessanti sulle patologie che colpivano le famiglie aristocratiche:  documentano scoliosi importanti, causa anche di parti distotici, e poi artrosi, osteoporosi severe; interessante lo studio sullo scheletro di Cosimo i, uomo vigoroso, in cui sono presenti tutti i marker dei cavalieri, fra cui l'artrosi lombo-sacrale, e sulla cui colonna sono state evidenziate alcune ernie vertebrali di Schmorl, segno evidente del sovraccarico a cui era stato sottoposto il torace a causa degli allenamenti eseguiti durante l'adolescenza sotto le pesanti armature dell'epoca.
Durante il rinascimento inizia la grande storia dell'anatomia, che porterà alla fine del Settecento alla nascita dell'anatomia patologica, quella scienza che attraverso lo studio anatomico, tenta e spesso riesce a descrivere le modificazioni tissutali che avvengono in concomitanza con una patologia. La nascita dell'anatomia patologica rende maturi i tempi per la scoperta della prima etiopatogenesi relativa a una malattia della colonna; è infatti il dottor Percival Pott che nel 1778 descrive la tubercolosi vertebrale e ne comprende la correlazione fra la deformità della colonna e gli ascessi addominali.
Il carico di lavoro complessivo e in particolare sulla colonna subiscono un brusco e radicale cambiamento in seguito alla rivoluzione industriale. Il cambiamento è radicale e rapidissimo. La popolazione mondiale inizia a crescere in maniera esponenziale. Grandi masse di persone si trasferiscono dalle campagne verso i nuovi centri industriali. Si formano villaggi, città, megalopoli.
Questa trasformazione rende necessario l'utilizzo di grandi masse di lavoratori per compiti ripetitivi e usuranti, e difatti nell'Ottocento assumono rilevanza le patologie ortopediche da usura e da sovraccarico:  in particolare l'artrosi e quindi la spondiloartrosi, di cui viene descritta l'anatomia patologica, e accanto a essa tutte le patologie da sovraccarico, i cui nomi sono per noi evocativi:  ginocchio della lavandaia, crampo dello scrivano, ecc.. Il carico e quindi in primis la forza di gravità sembrano essere i responsabili delle patologie dell'apparato scheletrico, e così vengono interpretati anche i dismorfismi della colonna. Klapp (1904) elabora un metodo per la cura della scoliosi in cui il nemico da combattere è proprio la forza di gravità.
Tutta la ricerca biomeccanica sembra partire da questo presupposto. Dagli anni Sessanta a oggi vengono portate avanti ricerche sul disco intervertebrale soprattutto, ma in generale su tutto il segmento di moto, nel tentativo di scoprire dove sia l'origine del mal di schiena, che diviene patologia sempre più diffusa. Le indagini sempre più sofisticate permettono di misurare il peso che grava sul disco nelle varie condizioni di moto e posturali, lo sviluppo dell'imaging, in primis della risonanza magnetica, mostrano le sue manifestazioni patologiche, la chirurgia si fa sempre più selettiva e mirata, eppure il mal di schiena si diffonde sempre più e l'etiologia della maggior parte dei casi resta una generica causa meccanica, senza riuscire a definire esattamente struttura e meccanismo coinvolti.
Anche la chirurgia deve fare i conti con frequenti insuccessi, mentre le tecniche fisioterapiche non sembrano andare oltre a dei benefici temporanei, mentre si allarga la schiera dei pazienti cronici. Alcuni autori parlano di questo periodo come del "periodo della dittatura del disco". A fronte di tanto impegno i risultati non sono brillanti tanto che Alf L. Nachemson, il maggior studioso del mal di schiena degli ultimi anni, nell'ultima intervista rilasciata nel 2007, pochi mesi prima di morire, con grande rigore scientifico e morale afferma:  "Ho lavorato tutta la vita per scoprire la causa del mal di schiena, e alla fine devo dire che ho fallito".
Proprio in questi anni fa il suo ingresso nel mondo dell'industria il concetto di comfort, utilizzato con un doppio significato:  comfort per il lavoratore, perché questo consente di far aumentare la produttività, e comfort del prodotto. Un prodotto dotato di maggior comfort per il consumatore avrà infatti un valore aggiunto che lo renderà concorrenziale sul mercato. Ed ecco allora modificare le sue caratteristiche anche la sedia, che intanto diviene generalmente più alta, per seguire la crescita staturale della popolazione, e poi diviene ergonomica, ovverosia capace di adattarsi alle misure del suo utilizzatore, fino a divenire sempre più sofisticata e parte integrante di una vera e propria postazione tagliata sull'individuo.
Sembra di vedere concretizzarsi in queste immagini l'evoluzione generale della società, da società di massa, standardizzata, a società di singoli individui, protagonisti del loro spazio personale. Anche il tempo dedicato allo studio aumenta, la scolarizzazione si diffonde e si prolunga nel tempo, e così anche i banchi di scuola, da monoblocchi comprensivi di seduta e tavolo d'appoggio per due studenti, si trasformano dapprima in banchi individuali e infine in postazioni di lavoro tecnologiche e personalizzate, in particolare per le persone con handicap motori. Ovviamente l'ergonomia si sviluppa nelle società ricche, non certo in quelle dei Paesi poveri del mondo.
Arriviamo alla situazione attuale. La crescita della popolazione anziana, soprattutto degli ultrasettantenni, ha portato a un aumento dei casi di osteoporosi senile e di patologie cronico-degenerative. La diminuzione della mortalità infantile ha portato a un aumento di casi di patologie della colonna correlate a spina bifida o a paralisi cerebrale infantile.
Le migliorate condizioni igieniche, il diffuso benessere economico e la disponibilità di cibo, hanno fatto aumentare la statura generale della popolazione, che in Italia è cresciuta in media di sette centimetri in quarant'anni. Ma questo fenomeno non è destinato a perpetrarsi all'infinito. Raggiunto ormai il picco in relazione alla potenzialità geneticamente preordinata alla nascita, le società multirazziali vedranno la presenza contemporanea di individui con caratteristiche biometriche molto differenti fra loro.
Discorso differente riguarda invece il peso. La presenza di obesi e di grandi obesi è di sempre più frequente riscontro, e questo non potrà che avere delle conseguenze per la nostra colonna.
Tutto sembra essere bruscamente cambiato. Tutte le attività che richiedevano un impegno fisico dell'uomo si sono trasformate e oggi vengono effettuate con l'ausilio di tecnologie che rendono meno gravoso il lavoro. Queste stesse attività sono divenute sempre più marginali, mentre altre professioni sono cresciute e di nuove ne sono nate. Lo sviluppo dei mezzi di trasporto consente ormai a tutti di muoversi con sempre minor fatica, mentre lo sviluppo dei mezzi di comunicazione ci rende possibile incontrarci o lavorare insieme anche a distanza.
Sembra che tutto abbia fatto diminuire il carico sulla colonna. Questa sedentarietà post-industriale appare sempre più estremizzata. Alcuni individui l'accettano senza difficoltà, altri tentano di combatterla svolgendo attività fisiche. Ovviamente l'attività fisica volontaria trova anche altri stimoli e motivazioni; è un'attività socializzante, permette di curare l'aspetto estetico attraverso la tonificazione e il dimagrimento, da ultimo viene praticata anche a livello agonistico, per tentare di superare i limiti personali e competere con altri. Una scarsa consapevolezza può mettere a rischio la salute di chi pratica sport.
Ma l'attività fisica non è più appannaggio solo dei giovani, ne è l'esempio più eclatante la nuova area di svago del villaggio inglese di Beckley denominata "Non è mai troppo tardi per giocare", e dedicata interamente agli anziani, con "giochi" pensati e costruiti proprio perché vengano utilizzati da persone anziane.
Ciò che ormai sembra evidente è che mentre cercavamo la causa del mal di schiena nel sovraccarico, lo stile di vita della popolazione subiva un radicale e rapidissimo mutamento. Se nei secoli passati il problema del carico di lavoro era stato risolto con l'uso esteso della schiavitù prima e della manodopera poi, dagli anni Sessanta a oggi il nostro lavoro e qualsiasi nostra attività sono stati affiancati da macchine che svolgono il lavoro al posto nostro, e ciò sia nell'ambito lavorativo che nelle attività individuali. Ciò si è realizzato in tutti i campi. È evidente allora che visto che il numero di casi di mal di schiena ha subito un'impennata improvvisa in questi ultimi anni, la causa non può essere ricercata nel sovraccarico, che ha visto negli stessi anni un'altrettanto brusca e improvvisa diminuzione.
La causa va ricercata in altri fattori, fra cui certamente:  l'aumento della sedentarietà, l'aumentata disponibilità di tecnologie al nostro servizio, e infine l'aumento della speranza di vita (che da solo non può però essere considerato un fattore determinante, vista l'aumentata frequenza di casi di mal di schiena nella popolazione più giovane); sicuramente gioca un ruolo importante anche il modificato atteggiamento verso la salute. Oggi, nel sentire comune, ogni imperfezione e deviazione dalla norma rischiano di essere considerate patologiche.
Chi si occupa di mal di schiena sa però che se le differenze individuali sono fisiologiche, i casi reali di mal di schiena e la disabilità conseguente sono in costante aumento.
In conclusione possiamo dire che la colonna vertebrale negli ultimi 35.000 anni non ha subito un'evoluzione strutturale. Oggi assistiamo a un aumento della statura degli individui che però non sembra destinato a evolversi ulteriormente in questa direzione nei prossimi anni, mentre la crescita ponderale della popolazione non sembra diminuire. Negli ultimi anni le migliorate condizioni igieniche e le cure farmacologiche hanno portato a una diminuzione delle patologie infettive e a un miglior controllo delle patologie degenerative reumatiche e artrosiche. L'aumento dell'età media ha portato a un peggioramento della qualità dell'osso, e infine è  proprio l'eccesso di sedentarietà che è  certamente responsabile dell'aumento delle algie vertebrali della nostra epoca.



(©L'Osservatore Romano 17 dicembre 2009)
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