I cimiteri paleocristiani in Sabina

Per chiedere ai morti notizie dei vivi


di Fabrizio Bisconti

Una lunga e ininterrotta tradizione degli studi già nell'ultimo scorcio del Cinquecento, con le scoperte e i sopralluoghi del maltese Antonio Bosio, pone le catacombe cristiane al centro della restituzione storica della diffusione della nuova fede che, dall'Urbe, si muove, per giungere, innanzi tutto, nei territori laziali. Questa tradizione annovera, tra i suoi maggiori esponenti, un cospicuo numero di antiquari, stretti attorno all'oratorio filippino e al cardinale Cesare Baronio, e, poi, di veri e propri archeologi che acquisiscono metodo ed esperienza, sino a proporre, negli anni centrali dell'Ottocento, un approccio solidamente topografico.
Tra questi studiosi, spicca la figura dell'archeologo romano Giovanni Battista de Rossi, che fece confluire le risultanze della sua densissima attività di archeologo sul campo, oltre che nel "Bollettino di Archeologia Cristiana", nei poderosi volumi de La Roma sotterranea cristiana (1864-1877). Il suo metodo, che, in pratica, faceva funzionare in maniera interattiva le notizie provenienti dalle fonti con i dati propriamente archeologici, divenne normativa di riferimento per i suoi allievi prediletti Orazio Marucchi, Mariano Armellini e, specialmente, Enrico Stevenson, il più promettente e il più aderente al suo approccio interdisciplinare.
La scuola romana, dopo qualche incertezza, riprese energia e, se negli anni Trenta del secolo scorso, Paul Styger riprese il filo dei ragionamenti topografici che pareva interrotto, di lì a qualche anno tale scuola riprese fiato e coraggio prima con gli scavi e gli studi di Antonio Ferrua e poi con l'instancabile attività di Enrico Josi, che creò un vero e proprio nuovo orientamento degli studi recuperando le grandi coordinate metodologiche disegnate dal de Rossi, ma scrollando la disciplina da quelle superfetazioni confessionali, che, ancora, in qualche modo, la appesantivano.
E fu così che, attorno a Ferrua, nacque una nuova scuola romana, che annoverò prima Josi - per molti anni docente di topografia cimiteriale al Pontificio Istituto di Archeologia Cristiana - e poi il suo migliore allievo, il padre barnabita Umberto Maria Fasola (scomparso giusto venti anni orsono), assieme a Pasquale Testini, pure attivo, assieme a Sandro Carletti, nelle fila della nuova generazione dei topografi delle catacombe cristiane di Roma. Una scuola aperta, quella romana, se accolse volentieri studiosi provenienti da esperienze più tecniche o anche specialisti stranieri.
Trascorrono gli anni e giungiamo al passato prossimo, quando, prima Hugo Brandenburg e poi Jean Guyon si immisero nella lunga strada percorsa dalla scuola romana, dedicando rispettivamente studi generali o estremamente innovativi, basati sulla tecnica della fotogrammetria applicata all'area callistiana e monografie più tradizionali.
La scuola romana si popola di tanti altri nomi:  da quello di Philippe Pergola, che spenderà molte energie per affrontare lo studio del complesso di Domitilla, a quello di Aldo Nestori, che si occupò della catacomba di Calepodio; da quello di Carlo Carletti che seguirà gli scavi del cimitero dell'ex vigna Chiaraviglio a San Sebastiano e studierà il cimitero di Commodilla, dopo l'edizione ormai datata di padre Bellarmino Bagatti, a quello di Gabriele Bertoniere, che si occupò della catacomba di Sant'Ippolito; da quello di Patrick Saint Roch, che ha considerato a fondo le catacombe di Marco e Marcelliano, a quello di Nino Verrando, che ha guardato con "occhio agiografico" alle catacombe della via Aurelia; da quello di Lucrezia Spera, che ha rivisitato le catacombe di Pretestato, a quello di Raffaella Giuliani che, come ispettrice delle catacombe romane, ha diretto gli scavi di molti cimiteri dell'Urbe.
Fino a Vincenzo Fiocchi Nicolai che, subito dopo la morte del maestro Fasola, ha ereditato la prestigiosa cattedra di topografia cimiteriale di via Napoleone iii, dimostrando severità, rigore e metodo scientifico. Rettore del Pontificio Istituto di Archeologia Cristiana, Fiocchi Nicolai è particolarmente legato al suo incarico di ispettore delle catacombe del Lazio per la Pontificia Commissione di Archeologia Sacra, attività che gli permette di scavare, studiare, tutelare e valorizzare i monumenti che gli sono più cari.
La considerazione delle catacombe del Lazio non è stata e non è operazione semplice. Molti monumenti, segnalati nel passato, sono scomparsi e solo la tenacia di Fiocchi Nicolai ne ha permesso la riscoperta e il recupero conservativo, in collaborazione con la Pontificia Commissione di Archeologia Sacra. Uno sforzo confluito, venti anni orsono, in una poderosa monografia dedicata ai Cimiteri paleocristiani del Lazio, con riferimento particolare all'Etruria meridionale (Città del Vaticano, 1988) e che proprio in questi giorni vede un suo aggiornamento. Il Pontificio Istituto di Archeologia Sacra ha infatti pubblicato il secondo volume dedicato alla Sabina (I cimiteri paleocristiani del Lazio, ii. Sabina, Città del Vaticano, 2009, pagine 510, euro 120, "Monumenti di Antichità Cristiana", ii serie, XX). Una vera e propria "fatica" dedicata a Pasquale Testini e consumata sul territorio sabino "per fornire - come spiega l'autore - un contributo essenziale alla storia del cristianesimo primitivo (tempi della cristianizzazione, consistenza e composizione delle comunità, organizzazione ecclesiastica) e, quindi, a quella società romana alla fine del mondo antico, ma anche, più in generale, alla ricostruzione degli aspetti topografici delle città e delle campagne nella tarda antichità".
Negli ultimi anni, spiega Fiocchi Nicolai, "l'importanza dello studio dei cimiteri e delle chiese, per la definizione dei quadri insediativi tardoromani, è stata largamente riconosciuta" e tale riconoscimento - a nostro modo di vedere - dipende anche dagli studi sistematici, implacabili, di Fiocchi Nicolai che, recuperando la mappa delle "presenze funerarie", suggerisce, ovvero costruisce, le "presenze dei vivi", gli insediamenti, le popolazioni, le dinamiche sociali per un tempo e per un territorio disattesi e oscurati dalle ombre lunghe di un falso medioevo e di una "teoria della decadenza" che, ancora, nonostante le correzioni degli storici, pesano e proiettano coni oscuri su una civiltà, invece viva, seppure sfaccettata, intermittente e, in parte, ancora da comprendere sino in fondo.
Lo studio si muove lungo le arterie principali che attraversano il territorio, facendo lo stesso percorso che il cristianesimo dovette seguire ai tempi della sua diffusione. Così, si percorre la via Salaria, toccando Fidenae, la basilica di San Michele (VII miglio), la basilica di Sant'Antimo (XII miglio), Cures Sabini, Farfa, la basilica di San Massimo (XXX miglio), Trebula Mutuesca (Monteleone Sabino), Rieti, Antrodoco. Si passa, poi, a considerare i monumenti dislocati lungo la via Salaria "Tiberina":  un cimitero presso Passo Corese, il cimitero di San Getulio (XXX miglio), Vescovio (Forum Novum), i sarcofagi di Colle Rosa, Stimigliano e Villa Cencelli. Dopo aver considerato le valli del Turano e del Salto, si analizzano i monumenti sorti lungo la via Nomentana e, segnatamente, il cimitero e la basilica di Sant'Alessandro (VII miglio), i centri di Ficulea e di Nomentum, i complessi di San Restituto (XVI miglio) e di Sant'Eutiche (XVIII miglio).
Questo studio a tappeto non vuole disegnare soltanto la geografia dei monumenti cimiteriali paleocristiani, ma entra nelle pieghe più nascoste delle "storie interne" dei singoli monumenti", come accade con il complicatissimo insieme architettonico di Sant'Alessandro sulla via Nomentana, al quale, nell'economia della densissima opera, viene dedicata una "monografia nella monografia". E lo studio non si ferma dinanzi ai muri, alle gallerie, alle fasi, alle evoluzioni monumentali, ma guarda, con occhio mobile e attento, alle questioni storiche e a quelle delicatissime d'ordine agiografico. "Solo dalle leggende agiografiche - precisa l'autore, a questo riguardo - sappiamo che le tombe di santa Vittoria, di san Restituto, dei santi Primo e Feliciano e di san Getulio si trovavano in ambiente sotterraneo. Quelle di sant'Evenzio, Alessandro e Teodulo sono note grazie ai fortunati scavi che, alla metà dell'Ottocento, riportarono alla luce il loro santuario". Ecco, dunque, come le fonti - anche più tarde e solitamente destituite di fondamento storico - e i monumenti possono dialogare. Sta al giudizio severo dell'archeologo, abituato a discernere la storia dalla pietà popolare, valutare quanto e come il livello monumentale e quello letterario possano coincidere e trovare motivo di interrelazione.
Da questo studio, così rigoroso, emerge un quadro molto più ricco di quanto era stato intuito nel passato e si è potuto rilevare un processo della cristianizzazione che, dall'età precostantiniana, giunge sino all'altomedioevo, sfociando anche nel fenomeno del pellegrinaggio, se i santuari dei martiri continuano a essere frequentati ancora attorno alla metà del VII secolo.
Questa ultima fatica di Vincenzo Fiocchi Nicolai conferma quanto era già emerso dallo studio sistematico del territorio dell'Etruria meridionale. Anche in Sabina, il cristianesimo arriva molto presto, forse già nel III secolo, sicuramente all'esordio del iv. Ce lo assicurano i santuari martiriali, che sorgono in corrispondenza delle tombe dei campioni della fede situate nei complessi catacombali dislocati lungo le principali arterie viarie. Ce lo suggerisce la presenza di personalità gravitanti attorno all'orbita di una gerarchia ecclesiastica, che pure si affaccia nel territorio in tempi piuttosto precoci. Ce lo dicono le tipologie funerarie, gli arredi, le decorazioni, i corredi, così simili a quelli più antichi rinvenuti nell'Urbe. Il cristianesimo si muove presto da Roma, viaggia per la fitta rete viaria attiva in Sabina nella tarda antichità, si ferma e si innerva subito negli abitati grandi e piccoli, conosce la prova del martirio, vede la nascita dei santuari e della devozione, propone le forme di un culto inarrestabile, che valicherà i confini delle diocesi locali, per diffondersi naturalmente e, con urgenza, prima nei territori circonvicini e poi presso le genti dell'ecumene cristiano.



(©L'Osservatore Romano 20 dicembre 2009)
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