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INCONTRO "LA PROTEZIONE DEI MINORI NELLA CHIESA"
[VATICANO, 21-24 FEBBRAIO 2019]

Aula Nuova del Sinodo
Venerdì, 22 febbraio 2019

[Multimedia]


 

2a Relazione *

 

Sinodalità: Corresponsabili

Card. Blase Joseph Cupich,
Arcivescovo di Chicago

 

Introduzione: dalla collegialità alla sinodalità

Dopo quello che abbiamo appena sentito dal Cardinal Gracias, dobbiamo comprendere che il nostro incontro di questi giorni è un esercizio di collegialità. Siamo qui, come Episcopato universale, in unione affettiva e sostanziale con il successore di Pietro, per discernere attraverso un dialogo vivace dove il nostro ministero come successori degli apostoli ci chiama ad affrontare in maniera adeguata lo scandalo degli abusi sessuali del clero che ha ferito così tanti innocenti.

Mentre condividiamo una responsabilità unica a tale proposito in quanto Collegio dei Vescovi, è indispensabile considerare la sfida che abbiamo davanti alla luce della sinodalità, principalmente approfondendo con tutta la Chiesa gli aspetti strutturali, legali e istituzionali di accountability (il dover rendere conto). Per sinodalità si intende la partecipazione di tutti i battezzati a ogni livello – parrocchie, diocesi, realtà nazionali e regionali – attraverso un discernimento e una riforma che penetra in tutta la Chiesa. E proprio un tale penetrante discernimento, così vitale per la Chiesa in questo momento, darà luogo a elementi di verità, penitenza e rinnovamento delle culture, essenziali per adempiere al mandato di proteggere i giovani all’interno della Chiesa e, a sua volta, all’interno della più ampia società. Un processo che cambia meramente politiche, anche se frutto degli atti più belli della collegialità, non è sufficiente. Dobbiamo cercare la conversione di uomini e donne nella Chiesa intera – genitori e sacerdoti, catechisti e religiosi, parroci e vescovi – e la conversione delle culture ecclesiali in ogni continente. Solo una visione sinodale, fondata su discernimento, conversione e riforma a ogni livello, può portare nella Chiesa un’azione globale in difesa dei più deboli in mezzo a noi, verso cui la grazia di Dio ci sta chiamando.

Un legame sacro

Al riguardo, vorrei raccontarvi una storia. Sessanta anni fa, nel mese di dicembre, un incendio devastò la scuola cattolica elementare Nostra Signora degli Angeli a Chicago, uccidendo novantadue bambini e tre religiose. Per ricordare quel triste anniversario, ho celebrato una Messa commemorativa alla quale hanno partecipato molti ex studenti sopravvissuti all’incendio e i familiari di coloro che erano morti. Una delle persone che ho salutato prima della Messa era una donna di novantacinque anni, madre di uno dei bambini morti nell’incendio. Era un’immigrata italiana, che mi ha detto nella sua lingua madre, ma anche con lo sguardo addolorato e gli occhi pieni di lacrime, che il dolore della sua perdita era ancora straziante come il giorno in cui la figlia di nove anni era morta. Mi ha mostrato il santino con l’immagine della figlia. Lo stringeva nella mano come qualcosa di molto prezioso. Aveva conservato questo santino per sei decenni, dal giorno del funerale della sua bambina.

Questa commovente storia di una madre in lutto, una moderna Pietà, che ha perso sua figlia tanti anni fa, ci mette in contatto a un livello profondamente umano con il sacro legame che un genitore ha con suo figlio. Credo che questo spazio sacro della vita familiare debba essere il punto di riferimento in cui trovare la nostra motivazione, mentre in questi giorni ci impegniamo a costruire una cultura di accountability (il dover rendere conto) con strutture adeguate per modificare radicalmente il nostro approccio alla salvaguardia dei minori. Dolorosamente, molte delle nostre persone, non solo gli abusati o i loro genitori, ma i fedeli in generale, si stanno chiedendo se noi capi della Chiesa comprendiamo pienamente questo legame sacro, questa realtà, in particolare quando vedono la poca attenzione data ai bambini abusati, o anche peggio, quando l’abuso viene coperto per proteggere l’aggressore o l’istituzione. Si stanno chiedendo: “Se i capi della Chiesa possono agire con così poca cura nel prestare attenzione pastorale a casi tanto ovvi di molestie sessuali verso un bambino, questo non rivela quanto siano distaccati da noi genitori, approfittando dei nostri figli, luce della nostra vita? Possiamo davvero aspettarci che i nostri pastori si preoccupino per noi e per i nostri figli nelle normali circostanze della vita, se hanno risposto in modo così insensibile a casi che avrebbero allarmato qualsiasi persona ragionevole?” Questa è la fonte della crescente sfiducia nella nostra leadership, per non parlare dell’oltraggio alla nostra gente.

La mia osservazione è semplice. Nessuno degli elementi strutturali che adottiamo come Chiesa sinodale, per quanto importanti, può guidarci fedelmente in Cristo a meno che non ancoriamo tutti i nostri provvedimenti al dolore penetrante di coloro che sono stati abusati e delle famiglie che hanno sofferto con loro. La Chiesa deve diventare come la madre addolorata che ho incontrato a Chicago; la Chiesa deve essere veramente Pietà, spezzata nella sofferenza, consolante nell’amore avvolgente, costante nell’indicare la divina tenerezza di Dio tra le sofferenze della desolazione in coloro che sono stati schiacciati dall’abuso del clero.

Quattro principi sinodali per focalizzare la riforma strutturale, legale ed istituzionale

Per una Chiesa che cerca di essere una madre amorevole di fronte all’abuso sessuale del clero, quattro sono gli orientamenti, radicati nella sinodalità, che devono plasmare ogni riforma strutturale, legale e istituzionale, progettata per affrontare l’enorme sfida che la realtà degli abusi sessuali da parte del clero rappresenta in questo momento.

Uno: ascolto radicale

Il primo orientamento è una posizione perenne all’ascolto totale, per capire l’esperienza svilente di coloro che sono stati sessualmente abusati dal clero. Comprendiamo in tal modo la richiesta del Santo Padre di prepararci a questo incontro, entrando personalmente nelle esperienze dei sopravvissuti tramite l’incontro. La Chiesa, come una madre amorevole, deve aprirsi continuamente alla realtà straziante di bambini le cui ferite non potranno mai guarire. Una simile posizione di ascolto ci chiama a mettere da parte la distanza istituzionale e i paraocchi relazionali che ci impediscono di metterci di fronte alla cruda distruzione delle vite dei bambini e delle persone vulnerabili che hanno subito abusi sessuali dal clero. Il nostro ascolto non può essere passivo, in attesa che gli abusati trovino un modo per raggiungerci. Piuttosto, il nostro ascolto deve essere attivo, cercando coloro che sono stati feriti per tentare di aiutarli. Il nostro ascolto deve essere disposto ad accogliere la sfida, il confronto e sì persino la condanna per i fallimenti passati e presenti della Chiesa, al fine di tenere al sicuro il prezioso gregge del Signore. Il nostro ascolto deve essere vigile, comprendendo che solo attraverso l’indagine, la perseveranza, l’azione di fronte ai segni di abusi sessuali possiamo adempiere il mandato di Dio. Infine, il nostro ascolto deve avere la volontà di affrontare errori gravi e insensibili del passato di alcuni vescovi e superiori religiosi nell’affrontare i casi di abusi sessuali del clero, oltre al discernimento per capire come riconoscere unicamente accountability (il dover rendere conto) per questi massicci fallimenti.

Due: testimone laico

Il secondo fondamento che deve orientare ogni riforma strutturale per affrontare gli abusi sessuali del clero in una Chiesa sinodale è l’affermazione che ogni membro della Chiesa ha un ruolo essenziale nel contribuire ad eliminare l’orribile realtà degli abusi sessuali del clero. In gran parte è la testimonianza dei laici, soprattutto madri e padri con grande amore per la Chiesa, ad aver sottolineato in modo commovente e con forza che la commissione, l’insabbiamento, la tolleranza del clero e l’abuso sessuale sono gravemente incompatibili con l’essenza e il significato stesso della nostra Chiesa. Questa testimonianza di fede e giustizia da parte dei laici non rappresenta una sfida conflittuale alla Chiesa, una testimonianza di fede e azione continua e piena di grazia, essenziale per il popolo pellegrino di Dio a compiere la sua missione salvifica in questo momento storico. Madri e padri ci hanno chiamato a rendere conto, semplicemente perché non riescono a capire come noi, vescovi e superiori religiosi, siamo stati spesso ciechi di fronte alla portata e ai danni degli abusi sessuali sui minori. I genitori stanno testimoniando la duplice realtà che deve essere perseguita oggi nella Chiesa: uno sforzo incessante per sradicare gli abusi sessuali del clero e il rifiuto della cultura clericale che tanto spesso ha generato quell’abuso.

La vera sinodalità nella Chiesa ci chiama a considerare questa ampia testimonianza laica, potente e capace di accelerare la missione per la quale siamo qui giunti insieme da ogni nazione, alla ricerca della sicurezza dei figli di Dio. Dobbiamo immutabilmente integrare un’ampia partecipazione laica in ogni sforzo per identificare e costruire strutture di accountability (il dover rendere conto) per la prevenzione degli abusi sessuali del clero. La storia dei decenni passati dimostra che la prospettiva unica di uomini e donne laici, madri e padri, informa la nostra Chiesa in modo così profondo su questa tragedia che qualsiasi percorso che la escluda o sminuisca deformerà inevitabilmente la Chiesa e disonorerà nostro Signore.

Tre: collegialità

Il terzo orientamento per il nostro lavoro di riforma e rinnovamento è stato indicato questa mattina dal Cardinal Gracias – la posizione di una collegialità sostenuta, necessaria per qualsiasi autentica accountability (il dover rendere conto) circa l’abuso sessuale del clero. So che talvolta il problema dell’abuso sessuale può far sentire ciascuno di noi isolato o sulla difensiva nel cercare di capire come dovremmo andare avanti. È proprio per questo motivo che i nostri sforzi verso una riforma strutturale e legale nella Chiesa devono essere radicati in una visione profondamente collegiale. In questo momento storico, siamo qui riuniti perché il Santo Padre ha cristallizzato con forza l’impulso alla riforma, affinché la Chiesa si assuma le proprie responsabilità nel proteggere i giovani ed esercitare il suo ruolo di Pietà in un mondo che conosce fin troppo tragicamente la realtà dell’abuso sessuale.

Un approccio sinodale e collegiale è segnato dallo scambio reciproco di mutua conoscenza, nella Curia Romana, nelle Conferenze Episcopali, nelle Sedi Metropolitane, tra ognuno di loro allo scopo di discernere. Anziché operare isolatamente, dobbiamo comunicare gli uni con gli altri in uno spirito di fiducia, riconoscendo nel frattempo che siamo fedeli ai desideri di Cristo che ci ha uniti come successori degli apostoli nel dono dello stesso Spirito. Questo anno passato ci ha insegnato che i fallimenti sistematici nel ritenere responsabili i chierici di ogni rango sono dovuti in gran parte ai difetti del modo in cui interagiamo e comunichiamo gli uni con gli altri nel collegio dei vescovi, in unione con il successore di Pietro. Tali fallimenti rivelano in molti casi anche un’insufficiente comprensione e attuazione di realtà teologiche chiave, come la relazione tra il Papa e i vescovi, i vescovi tra loro stessi, i vescovi e i superiori religiosi, i vescovi con la propria gente, oltre al ruolo delle Conferenze Episcopali.

Papa Francesco, in un discorso alla Congregazione per i Vescovi, ci ha ricordato: “Nessuno può avere in mano tutto, ognuno pone con umiltà e onestà la propria tessera di un mosaico che appartiene a Dio.”[1] In altre parole, l’accountability (il dover rendere conto) all’interno del collegio dei vescovi, segnato dalla sinodalità, può essere modellata in modo da diventare una rete concreta di orientamento, grazia e sostegno che non lascia il singolo leader solo nelle situazioni difficili né si affida alla falsa impressione che la Santa Sede debba trovare tutte le risposte.

Quattro: accompagnamento

Il principio di orientamento finale, essenziale per efficaci strutture di accountability (il dover rendere conto) per gli abusi sessuali del clero è la chiamata all’accompagnamento. Se la Chiesa vuole veramente abbracciare le vittime sopravvissute agli abusi clericali come una madre amorevole, allora ogni struttura di accountability (il dover rendere conto) deve includere una solidarietà e un accompagnamento davvero compassionevole. L’accompagnamento comporta un sincero tentativo di comprendere l’esperienza e il viaggio spirituale dell’altro. Pertanto, le strutture di segnalazione, indagine e valutazione delle affermazioni di abuso devono sempre essere elaborate e valutate con la comprensione di ciò che i sopravvissuti subiscono quando si avvicinano alla Chiesa e cercano giustizia. Ogni istanza di un sopravvissuto che si avvicina alla Chiesa, che stia cercando conforto, giustizia, punizione o pace, è sempre un invito affinché la Chiesa sia veramente Pietà, contraddistinta da tenerezza ed empatia.

Tali strutture di accountability (il dover rendere conto) devono inoltre essere giuste e sicure, imponendo sanzioni per proteggere le persone vulnerabili, se l'accusato è colpevole, e dichiarazioni di innocenza quando l’imputato è innocente. Il richiamo della Chiesa ad accompagnare le vittime impone di rigettare categoricamente gli insabbiamenti o il consiglio di prendere le distanze dai sopravvissuti agli abusi per ragioni legali e per paura dello scandalo che blocca il vero accompagnamento a coloro che sono state vittime. Richiede poi che si creino strutture e disposizioni giuridiche per sancire esplicitamente il dovere di proteggere i giovani e le persone vulnerabili, come primo e principale obiettivo. Forse la cosa più importante, la chiamata all'accompagnamento, richiede che vescovi e superiori religiosi rifiutino una visione del mondo clericale che vede le accuse di abuso sessuale del clero proiettate su uno sfondo di status e immunità per coloro che sono nello stato clericale. Un accompagnamento autentico simile a Cristo considera che tutti sono uguali nel Signore e le strutture radicate nell'accompagnamento fanno sentire tutti uguali nel Signore.

Questi quattro principi sinodali di ascolto, testimonianza laica, collegialità e accompagnamento sono costitutivi della chiamata fatta dal Santo Padre per preparare e aprire i nostri cuori all'immensità e all'importanza del compito a cui ci accingiamo in questi giorni.

Strutture istituzionali e legali per una accountability (il dover rendere conto): un quadro

Il compito che ci attende è focalizzare questi principi sulla progettazione di strutture istituzionali e legali specifiche, allo scopo di creare una autentica accountability (il dover rendere conto) nei casi relativi alla cattiva condotta dei vescovi e dei superiori religiosi e alla loro cattiva gestione dei casi di pedofilia. Ma questo richiederà sollecitarci vicendevolmente a una accountability (il dover rendere conto) evangelica, ancorata alla giustizia e alla sensibilità che Gesù ha mostrato; “provava compassione di fronte alla sofferenza della gente, vedendo piangere gli altri si commuoveva e il suo cuore umano era aperto agli altri.”[2] Con tutto ciò ora pensiamo a quale potrebbe essere l'applicazione specifica della accountability (il dover rendere conto) attraverso strutture istituzionali e legali in casi che riguardano la cattiva condotta dei vescovi e la loro impropria gestione dei casi di pedofilia.

Come una madre amorevole

Abbiamo già, ovviamente, una guida nella Lettera Apostolica Come una madre amorevole[3], che espone procedure che riguardano, tra l'altro, i vescovi che gestiscono male i casi di abuso. In breve, un vescovo, eparca o superiore di istituti religiosi e società di vita apostolica di diritto pontificio, può essere rimosso se la sua mancanza di diligenza a tale riguardo è grave, anche se non vi è alcun serio errore intenzionale da parte sua. La competente congregazione di Roma apre un'indagine in accordo con la legge della Chiesa per determinare se vi è una prova fondamentale. L'accusato verrà informato e avrà la possibilità di difendersi. Altri vescovi o eparchi della rispettiva conferenza o sinodo dei vescovi possono essere consultati prima che la congregazione prenda una decisione. Se il giudizio è la rimozione, va sottoposto all'approvazione del Santo Padre e, se confermato, la congregazione può emettere un decreto o chiedere al vescovo di dimettersi entro quindici giorni. Altrimenti, la Congregazione può procedere con la rimozione.[4] Abbiamo bisogno di leggere e rileggere questa lettera.

Il compito che ci attende

Ciò che resta da fare sono procedure chiare in quei casi che per "gravi motivi" potrebbero giustificare la rimozione dall'incarico di un vescovo, eparca o superiore religioso, come definito nel motu proprio Sacramentorum sanctitatis tutela[5] e nel motu proprio Come una madre amorevole.

Indico qui elementi considerati rilevanti su come ogni Conferenza Episcopale adotti procedure che permettono ad una Chiesa sinodale di valutare se i vescovi sono coinvolti in cattive condotte e maltrattamenti. Il mio obiettivo qui è offrire un quadro in linea con le nostre tradizioni ecclesiologiche e canoniche, al fine di stimolare la conversazione tra di noi, sapendo che ci sono differenze nella cultura, nelle leggi civili e canoniche e altri fattori da considerare, consapevoli tuttavia dell'urgenza di intraprendere azioni decisive senza indugio.

Raggrupperò le mie osservazioni sotto tre titoli: 1. Stabilire degli standard per le indagini dei vescovi, 2. Segnalare le accuse e 3. Passi procedurali concreti.

1. Stabilire degli standard: quando Conferenze Episcopali, province o diocesi stabiliscono collegialmente standard per condurre le indagini dei vescovi, dovrebbero coinvolgere e consultare esperti laici in accordo con il diritto canonico e fare riferimento al Metropolita, visto il suo ruolo tradizionale nell'ordinare la vita ecclesiale. Tutto ciò dovrebbe avvenire senza pregiudizio per l'autorità della Santa Sede. Laddove il diritto civile richieda la segnalazione di abusi sui minori, tale legge deve essere seguita e le politiche dovrebbero chiarire tali requisiti.

2. Segnalazione di accuse: tutti i meccanismi per presentare denuncia di abusi o maltrattamenti nei confronti di un vescovo dovrebbero essere trasparenti e ben noti ai fedeli. Dovrebbe essere prestata attenzione alla creazione di meccanismi di segnalazione indipendenti, sotto forma di una linea telefonica dedicata e/o un servizio di portale web per ricevere e trasmettere le accuse direttamente al Nunzio Apostolico, al Metropolita[6] del vescovo accusato o, se necessario, al suo sostituto e a qualsiasi esperto laico previsto dalle norme stabilite dalle Conferenze Episcopali. Il coinvolgimento di esperti laici per offrire assistenza da ora in avanti diventa necessario per il bene del processo e il valore della trasparenza. Dovrebbero essere stabiliti altri requisiti e procedure per riferire alle apposite autorità ecclesiastiche da parte dei membri del clero che siano a conoscenza della cattiva condotta di un vescovo.

3. Passi procedurali concreti

A mio avviso, sarà utile adottare chiari procedimenti procedurali radicati nelle tradizioni e nelle strutture della Chiesa, ma allo stesso tempo soddisfare i bisogni moderni di identificare e investigare comportamenti potenzialmente illeciti da parte dei vescovi. Mentre la Santa Sede può emettere leggi universali in merito a questo tema - e il Motu Proprio Come una madre amorevole ne è l'esempio perfetto - le Conferenze Episcopali, dopo opportune consultazioni, dovrebbero prendere in considerazione l'adozione di norme speciali per rispondere alle esigenze particolari di ogni Conferenza. Credo che la nostra Chiesa sarebbe servita meglio se i seguenti dodici principi trovassero la loro strada in qualsiasi legislazione proposta in questo settore:

a. Le vittime e le loro famiglie, così come le persone che riferiscono l'accusa, devono essere trattate con dignità e rispetto e dovrebbero ricevere un'adeguata assistenza pastorale. Servirebbero sforzi per garantire che le vittime ricevano consulenza psicologica e altro sostegno che, a mio avviso, dovrebbe essere finanziato dalla diocesi del vescovo accusato.

b. La segnalazione di un reato non dovrebbe essere ostacolata dalle regole ufficiali di segretezza o riservatezza.

c. Nessuna persona dovrebbe essere discriminata o vittima di ritorsioni, basandosi sulla denuncia di un’accusa contro un vescovo alle autorità ecclesiastiche.

d. Dovrebbe essere prestata dovuta attenzione ad includere donne e uomini laici competenti, con esperienza nel processo dall'inizio alla fine, per rispetto dei principi di accountability (il dover rendere conto) e trasparenza di cui sopra.[7]

e. Qualora fosse necessario, e in qualsiasi momento durante l'indagine, il Metropolita dovrebbe essere in grado di raccomandare alla competente congregazione romana che siano adottate misure precauzionali appropriate, incluso il ritiro temporaneo e pubblico dell'accusato dal suo ufficio.

f. Se l'accusa ha parvenza di verità, che il Metropolita dovrebbe essere libero di determinare con l'aiuto di esperti laici, il Metropolita può chiedere alla Santa Sede l'autorizzazione a indagare. La natura esatta dell'indagine, sia essa penale o amministrativa, dipenderebbe dalle accuse.[8] Questa richiesta deve essere inoltrata senza indugio e la congregazione dovrebbe rispondere immediatamente.

g. Dopo che il Metropolita ha ricevuto l'autorizzazione, dovrebbe rapidamente raccogliere tutte le informazioni pertinenti, in collaborazione con gli esperti laici, per assicurare l'esecuzione professionale e rapida delle indagini e la loro veloce conclusione.

h. Qualsiasi indagine dovrebbe essere condotta con il dovuto rispetto per la privacy e il buon nome di tutte le persone coinvolte. Ciò non esclude, tuttavia, una Conferenza Episcopale che adotti norme per informare i fedeli delle accuse contro il vescovo in qualsiasi fase del processo. Allo stesso tempo, è importante che all'accusato sia accordata la presunzione di innocenza durante l'inchiesta.[9]

i. Al termine dell'indagine, il Metropolita dovrebbe inoltrare gli acta, comprese tutte le informazioni raccolte con l'aiuto di esperti laici, insieme al suo voto, se richiesto, alla Santa Sede.

j. Un fondo comune può essere istituito a livello nazionale, regionale o provinciale per coprire i costi delle indagini dei vescovi,[10], tenendo debitamente conto delle norme di diritto canonico per la sua amministrazione.[11]

K. La competenza del Metropolita cesserà una volta completata l'indagine[12], ma potrebbe essere estesa per assicurare il proseguimento della cura pastorale o per altri motivi specifici. L'elaborazione del caso di un vescovo procede da questo punto secondo le norme della legge universale.[13] Conformemente al diritto canonico, la Santa Sede prenderà in considerazione il caso di un vescovo a fini di risoluzione con un procedimento amministrativo o penale o altra disposizione, oppure la Santa Sede può restituire il caso al Metropolita con ulteriori istruzioni su come procedere.[14].

l. Infine, se non diversamente stabilito da una legge speciale, spetta al Romano Pontefice prendere una decisione definitiva.

Osservazioni conclusive

Presento qui un quadro per la costruzione di nuove strutture legali di accountability (il dover rendere conto) nella Chiesa. Questo sforzo richiederà una solida fiducia e apertura nell'identificare con l'aiuto di tutti nella Chiesa, e con il dovuto riguardo per le diverse culture e l'universalità della nostra Chiesa, i percorsi legali e istituzionali al fine di salvaguardare i giovani in modo giusto, compassionevole e forte.

San Giovanni Paolo II ha parlato a questa realtà nella sua rivoluzionaria lettera apostolica Novo Millennio ineunte, quando ha osservato che abbiamo bisogno della saggezza della legge per fornire regole precise al fine di garantire la partecipazione di tutti i battezzati, respingendo ogni arbitrarietà e attenendosi alla nostra tradizione di ordinare la vita della Chiesa. Allo stesso tempo, ha sottolineato, esiste una spiritualità correlativa di comunione che "fornisce alla realtà istituzionale un'anima".

Dobbiamo muoverci per stabilire leggi e strutture robuste riguardanti la accountability (il dover rendere conto) dei vescovi proprio per supplire con una nuova anima alla realtà istituzionale della disciplina della Chiesa sull'abuso sessuale.

In chiusura, voglio riportarvi a quella Messa commemorativa che ho celebrato a Chicago per i bambini e i religiosi morti nell'incendio della scuola Nostra Signora degli Angeli. Durante l'inno conclusivo l'anziana madre immigrata che mi aveva parlato prima, tenendo ancora saldamente in mano il santino, mi ha fermato per dirmi quanto fosse confortata dalla celebrazione, consolata che la Chiesa non avesse dimenticato sua figlia. Poi ha fatto qualcosa di straordinario e di così simbolico. Ha messo il santino nelle mie mani, affidando la figlia alla Chiesa che ha riconosciuto come Pietà, madre amorevole. Sorelle e fratelli, dobbiamo lavorare instancabilmente in questi giorni per giustificare questa fiducia e onorare una fede tanto grande.

Grazie per l’attenzione.


[2] Papa Francesco, Amoris Laetitia, 144.

[3] Papa Francesco, Lettera Apostolica Come una madre, 2016.

[4] Inoltre attualmente è in corso uno sforzo per garantire che le procedure siano standardizzate tra le congregazioni, ma la legge è già applicabile e in vigore, come evidenziato negli ultimi casi.

[5] Cfr. Norme su delicta graviora, §§ 1-6. Le alternative al Metropolita dovrebbero essere stabilite in caso sia accusato o la Sede sia vacante. Il sostituto potrebbe essere il Metropolita più vicino all’interno della stessa Conferenza Episcopale, o uno della lista creata a priori da ogni Conferenza Episcopale.[6] Altrimenti, l’accusa potrebbe essere inoltrata al vescovo suffraganeo della Provincia, che in questi casi assume il ruolo del Metropolita. Nel caso si tratti di un’accusa contro un vescovo di una Chiesa Cattolica Orientale, potrebbe essere inoltrata al Patriarca, all’arcivescovo maggiore o al Metropolita delle Chiese metropolitane sui iuris, a seconda della struttura della Chiesa Cattolica Orientale, a meno di un’altra disposizione della Santa Sede.

[7] È riconosciuto che i professionisti laici con conoscenze specialistiche possono essere debitamente autorizzati a svolgere un'indagine, ma tutte le indagini devono rimanere sotto l'autorità ecclesiastica appropriata. Vedere, ad esempio, CIC, c. 274 §1 ("Solo i chierici possono ottenere uffici il cui esercizio richiede il potere dell'ordine o il potere del governo ecclesiastico."); vedi anche CIC, cc. 1405, 1717. Questo, tuttavia, non impedisce i diritti e i doveri dei laici nel rendere nota la loro opinione ai pastori e al resto dei fedeli cristiani su questioni che riguardano il bene della Chiesa, cfr. CIC, c. 212 §3.

[8] Questo non sarebbe sempre un’istruttoria penale ai sensi del Diritto Canonico, poiché Come una madre amorevole copre anche una cattiva condotta non-penale (ad esempio la negligenza).

[9] Devono essere prese tutte le misure appropriate per proteggere l’esercizio dei diritti conferiti dal Diritto Canonico. CIC, c. 221; vedi anche Come una madre amorevole, art. 2 § 2.

[10] Cf. CIC, c. 1274 §§ 3-5.

[11] CIC, c. 1275. I laici possono essere selezionati per amministrare i fondi. Cfr., CIC, c., 1279. Se i fondi non sono disponibili per le indagini, il Metropolita deve fare immediatamente una richiesta di finanziamento alla competente congregazione romana.

[12] See CIC, c. 142 §1See CIC, c. 142 §1

[13] Cf., Come una madre amorevole, §§ 2-5.

[14] Cf., CIC, c. 1718; cf., Come una madre amorevole, §§ 2-5.
 


* Traduzione di lavoro