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CONGREGAZIONE PER L'EDUCAZIONE CATTOLICA

CONCELEBRAZIONE EUCARISTICA
NELLA MEMORIA LITURGICA DI SAN NORBERTO,
FONDATORE DEI CANONICI REGOLARI DI PRÉMONTRÉ

OMELIA DEL CARD. ZENON GROCHOLEWSKI

Collegio San Norberto, Roma
Mercoledì, 6 giugno 2007

 

Nel mondo di oggi osserviamo una profonda crisi del concetto di verità, minacciato dal positivismo, dal pragmatismo e soprattutto dal relativismo e soggettivismo, nonché il mancato interesse per le verità fondamentali della nostra esistenza. Questa situazione interpella le nostre istituzioni accademiche, interpella tutta la Chiesa, interpella il mondo. I documenti e i discorsi dei Romani Pontefici esortano a credere nella verità oggettiva, ad amarla, a ricercarla in tutti i suoi aspetti e nel profondo legame fra di essi e con la Verità suprema che è Dio, in vista del vero bene dell'umanità.

Di conseguenza, indicano la necessità di affrontare un costruttivo dialogo fra fede e ragione, "le due ali con le quali lo spirito umano s'innalza verso la contemplazione della verità" (Enc. Fides et ratio, inizio). In ogni caso, non è qui il luogo per affrontare questa complessa problematica.

In questo ambiente di studiosi e di studenti delle discipline sacre, attenti alla questione della verità, vorrei comunque rivolgere la nostra attenzione ad un aspetto di tale questione.

"Cibo di verità"

Ci troviamo adesso nella Cappella a celebrare l'Eucaristia, proprio nella festa di san Norberto, fondatore del vostro Ordine Premostratense, che viene quasi sempre presentato con l'ostensorio e considerato "Santo eucaristico". L'Eucaristia ha qualcosa in comune con la problematica della verità?

Rispondendo a questa domanda non posso che mettere in rilievo la constatazione del Santo Padre Benedetto XVI che si trova nella sua recente Esortazione Apostolica Sacramentum caritatis (22 febbraio 2007): "Nel Sacramento dell'altare [...] il Signore si fa cibo per l'uomo affamato di verità [...] Cristo si fa per noi cibo di Verità" (n. 2).

Il Santo Padre cita l'esclamazione di sant'Agostino: "Che cosa desidera l'anima più ardentemente della verità?", e spiega: "Ogni uomo, infatti, porta in sé l'insopprimibile desiderio della verità, ultima e definitiva. Per questo, il Signore Gesù, "via, verità e vita" (Gv 14, 6), si rivolge [...] al cuore mendicante della Verità. Gesù Cristo, infatti, è la Verità fatta Persona, che attira a sé il mondo" (ivi).

Nell'Eucaristia Egli è quindi cibo di Verità.

Infatti, per comprendere le verità della nostra fede non basta lo studio, ci vuole la preghiera, ci vuole il contatto personale ed intimo con Colui che è la Verità. Tante volte è stato ripetuto che la teologia è un sapere, per la cui percezione è necessario il dono della grazia. Gli autori antichi dicevano che la teologia la dobbiamo studiare inginocchiati.

L'Esortazione Apostolica di Giovanni Paolo II Pastores dabo vobis circa la formazione dei sacerdoti nelle circostanze attuali (25 marzo 1992) osserva: "Affinché possa essere pastoralmente efficace, la formazione intellettuale va integrata in un cammino spirituale segnato dall'esperienza personale di Dio, in modo tale da superare una pura scienza nozionistica e pervenire a quella intelligenza del cuore che sa "vedere" prima ed è in grado poi di comunicare il mistero di Dio ai fratelli" (n. 51c). Pertanto, "formazione intellettuale teologica e vita spirituale, in particolare vita di preghiera, s'incontrano e si rafforzano a vicenda" (n. 53e).

Il luogo privilegiato di un tale incontro personale con il Signore, lo comprendete certamente bene, è l'Eucaristia - cibo quindi per eccellenza di Verità.

"... e di libertà"

In quanto cibo di Verità, l'Eucaristia è anche cibo di libertà. Infatti, il Santo Padre nella Sacramentum caritatis scrive: "Nel Sacramento dell'altare [...] il Signore si fa cibo per l'uomo affamato di verità e di libertà" (n. 2). Ma non si tratta di due cose distinte. Infatti, Gesù ha detto: "La verità vi farà liberi" (Gv 8, 34), essa vi farà liberi "davvero" (Gv 8, 36). Sì, la Verità di Cristo ci fa liberi! Benedetto XVI spiega: "solo [!] la verità può renderci liberi davvero, [...] Gesù è la stella polare della libertà umana: senza di Lui essa perde il suo orientamento, poiché senza la conoscenza della verità la libertà si snatura, si isola e si riduce a sterile arbitrio. Con Lui, la libertà si ritrova" (n. 2).

La libertà non è la facoltà di fare semplicemente ciò che uno vuole, non è semplicemente l'assenza della costrizione esterna, ma essa significa la possibilità e la capacità di fare il bene. Nella sua prima Enciclica Redemptor hominis (4 marzo 1979), Giovanni Paolo II ha spiegato che la libertà "è un grande dono soltanto quando sappiamo consapevolmente usarla per tutto ciò che è il vero bene" (n. 21e), che la condizione della sua autenticità è "l'esigenza di un rapporto onesto nei riguardi della verità [...] tutta la verità sull'uomo e sul mondo" (n. 12c). Quindi, "anche oggi, dopo duemila anni, il Cristo appare a noi - scrisse il Papa - come Colui che porta all'uomo la libertà basata sulla verità, come Colui che libera l'uomo da ciò che limita, menoma e quasi spezza alle radici stesse, nell'anima dell'uomo, nel suo cuore, nella sua coscienza, questa libertà" (ivi). La vera libertà può, di conseguenza, manifestarsi perfino in condizioni di costrizione esterna (cfr ivi).

Gesù, spiegando le proprie parole "la verità vi farà liberi", ha notato: "In verità, in verità vi dico: chiunque commette il peccato, è schiavo del peccato [...] se dunque il Figlio vi farà liberi, sarete liberi davvero" (Gv 8, 34-36).

Sì, solo Cristo, la Verità, ci può fare liberi davvero.

"La verità dell'amore"

Evidentemente, il rapporto personale con Cristo, e in modo particolare con l'Eucaristia, sono necessari per comprendere tutte le verità della nostra fede, ma nell'Esortazione Apostolica Sacramentum caritatis, Benedetto XVI focalizza il suo pensiero su una verità fondamentale scrivendo: "Nel sacramento dell'Eucaristia Gesù ci mostra in particolare la verità dell'amore" (n. 2).

In realtà, nell'Eucaristia Gesù ci rivela in modo più pieno e più espressivo "l'amore infinito di Dio per ogni uomo" (n. 1). "In questo mirabile Sacramento si manifesta l'amore "più grande", quello che spinge a "dare la vita per i propri amici" (Gv 15, 13) (ivi). "Gesù, nel Sacramento eucaristico continua ad amarci "fino alla fine"" (Gv 13, 1) (ivi).

Riguardo a questa "verità dell'amore", il Santo Padre osserva che essa "è la stessa essenza di Dio" (ivi). Infatti, "Dio è amore" scrisse san Giovanni (1 Gv 4, 8).

Aggiunge quindi il Papa: "è questa verità evangelica che interessa ogni uomo e tutto l'uomo" (n. 2). Sì, essa ci interessa e ci coinvolge profondamente. In realtà, è stupendo sapere di essere amati da Dio e con un amore infinito. Inoltre, se Dio è amore e noi siamo creati ad immagine e somiglianza di Dio (cfr Gn 1, 12), siamo anche noi chiamati ad amare, ad amare Dio e i fratelli. Questo è, quindi, il comandamento più grande (cfr Mc 12, 28-34, Gv 13, 34) e il segno distintivo dei discepoli di Cristo ("Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri": Gv 13, 35).

Questa "verità dell'amore" getta una forte luce anche sulla questione della libertà, cioè ci fa comprendere in tutto il suo vigore la constatazione di Giovanni Paolo II: "Cristo c'insegna che il migliore uso della libertà è la carità, che si realizza nel dono e nel servizio. Per tale "libertà Cristo ci ha liberati" (Gal 5, 1.13)" (Enc. Redemptor hominis, n. 21e).

Niente di strano quindi che nella Sacramentum caritatis, in un altro luogo, Benedetto XVI sostituisca l'affermazione "cibo di verità e di libertà" con "cibo di verità e di amore" (n. 70 inizio). La vera libertà, infatti, è esercitata nell'amore.

Cibo del sacerdozio

L'Eucaristia, nella quale si manifesta Cristo nell'atto più alto d'amore, è cibo di Verità, in modo del tutto particolare cibo della "verità dell'amore", e quindi cibo di vera libertà. Siccome sono qui presenti molti sacerdoti e quanti si preparano al sacerdozio, vorrei aggiungere che in questa prospettiva, l'Eucaristia appare anche come il cibo più sostanzioso del sacerdozio.

Infatti, Benedetto XVI nella Sacramentum caritatis ci ricorda che "il sacerdozio, come diceva sant'Agostino, è amoris officium, è l'ufficio del buon pastore, che offre la vita per le pecore" (n. 23 fine). Esso, quindi, rispecchia ciò che realmente compie Cristo in ogni celebrazione dell'Eucaristia, rispecchia la realtà per cui Cristo sotto le specie del pane e del vino è cibo di verità e di libertà.

Di conseguenza, "la forma eucaristica dell'esistenza cristiana - nota il Santo Padre - si manifesta indubbiamente in modo particolare nello stato di vita sacerdotale. La spiritualità sacerdotale è intrinsecamente eucaristica" (n. 80, inizio). Pertanto, per un sacerdote "la Santa Messa è formativa nel senso più profondo del termine, in quanto promuove la configurazione a Cristo e rinsalda il sacerdote nella sua vocazione" (ivi, fine).

Vivendo l'Eucaristia sempre più profondamente come cibo della Verità di Cristo, cibo della nostra vera libertà ossia dell'autentico amore, cibo sostanzioso del nostro sacerdozio, potremo più efficacemente realizzare ciò a cui ci esortano le odierne letture. Allora sì che potrà essere applicata a noi la stupenda lode di un sacerdote che abbiamo sentito nella prima lettura dal libro del Siracide (50, 1-13); allora sì che sapremo discernere la volontà di Dio e compierla, secondo quanto richiede san Paolo nella seconda lettura (Rm 12, 1-8), allora sì che, alla luce dell'odierno Vangelo (Mt 25, 14-30), sapremo far fruttificare nella nostra vita i talenti che abbiamo ricevuto dal Signore.

In altre parole, allora saremo in grado di imitare san Norberto nel suo zelo pastorale, che non soltanto ha contribuito alla riforma dei costumi ecclesiastici e a sollevare il tono spirituale del clero e del popolo, ma anche ha risvegliato tante vocazioni: infatti, quando morì nel 1134 l'Ordine Premostratense, da lui fondato, contava già cento filiazioni.

Comunque, dalla qualità della nostra celebrazione o partecipazione all'Eucaristia dipende quanto Essa sarà per noi veramente cibo della Verità, della vera libertà, cibo sostanzioso del nostro sacerdozio.

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