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COMMISSIONE TEOLOGICA INTERNAZIONALE

  IL CRISTIANESIMO E LE ALTRE GRANDI RELIGIONI

Uno studio della Commissione Teologica Internazionale*

(1997)

 

Nonostante il clima di secolarizzazione che pervade gran parte del pianeta il fatto religioso continua ad essere prevalente nelle relazioni degli uomini e delle donne con Dio e tra loro. Nei paesi più evoluti culturalmente le grandi religioni erano oggetto di studio in circoli ben determinati e circoscritti.

Dalla metà del nostro secolo la conoscenza delle grandi religioni si è fatta più diffusa e più attenta. A ciò hanno contribuito non poco le migrazioni che hanno interessato una sempre più cospicua moltitudine di persone. Simultaneamente anche la cultura facilitata dagli strumenti di comunicazione sociale. Nel villaggio globale in cui i popoli si rinvengono sempre meno chiusi nelle proprie aree geografiche il fatto religioso ha assunto una dimensione planetaria.

La Chiesa cattolica ha preso per prima coscienza di questo fenomeno individuando nelle grandi religioni valori fondamentali comuni. Il Concilio Vaticano II ha posto delle pietre miliari con documenti che hanno chiuso un’epoca di conflitti e hanno schiuso orizzonti di collaborazione, di dialogo e di comprensione. La dichiarazione Dignitatis humanae sulla libertà religiosa, il decreto Unitatis Redintegratio sull’ecumenismo e la dichiarazione Nostra aetate sulle relazioni della Chiesa con le religioni non cristiane sono la prova più eloquente del nuovo corso.

Successivamente Giovanni Paolo II si è fatto artefice di un dialogo interreligioso scegliendo Assisi come capitale del dialogo fra le grandi religioni. Lo «spirito di Assisi» resta la magna charta ispirativa delle future relazioni fra le religioni e la Chiesa cattolica ne è la custode autentica e la depositaria incorruttibile.

Due errori sono tuttavia da evitare: il sincretismo come se tutte le religioni fossero uguali e il fondamentalismo che riaprirebbe la lotta, la conflittualità, anche violenta, fra le varie religioni. Al centro dell’interesse religioso si pone però un problema di fondo: quale atteggiamento il cristiano, il cattolico in particolare deve nutrire e coltivare nei confronti delle altre religioni? Queste contengono punti di verità accettabili e condivisibili insieme ad altri punti non compatibili con la religione cattolica: quale discernimento si deve avere?

L’esperienza quasi di ogni giorno evidenzia espressioni, atteggiamenti radicali inconciliabili con il Dio del Vangelo, con i valori fondamentali che sono alla base della convivenza umana. Il contrasto è verificabile anche in quegli episodi in cui sono coinvolti gruppi di persone o persone singole.

L’intolleranza non può essere assunta come criterio normativo del fatto religioso.

Per quanto concerne la Chiesa cattolica, molti documenti dopo il Concilio Vaticano II hanno specificato ed esplicitato la via tracciata da quell’assise ecumenica. Un rilevante contributo è quello della Commissione teologica internazionale, Il cristianesimo e le religioni, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 1997, pp. 78, L. 5000.

Il tema viene affrontato in chiave teologica com’era ovvio e congruente all’organismo cattolico. Tre sono le strutture portanti. La prima è una esposizione teologica delle religioni; la seconda illustra i presupposti teologici fondamentali della religione cristiano-cattolica; la terza delinea alcune conseguenze per una teologia cristiana delle religioni.

Il dialogo interreligioso non riduce né annulla la missione di salvezza. La Chiesa, depositaria della religione annunciata da Cristo, è persuasa di essere l’autentica Chiesa di Cristo e di Dio. È pure consapevole che anche al di «fuori» dei suoi confini visibili in concreto nelle diverse religioni, si possono trovare «semi del Verbo» («semina Verbi»). Già il Concilio Vaticano II, nei suoi impegnativi documenti, parla dell’unicità della rivelazione, del Verbo che illumina ogni uomo e ogni donna e di «preparazione evangelica». Giustamente il documento della Commissione teologica internazionale traccia il percorso storico-dottrinale iniziando dai Padri Giustino, Clemente Alessandrino, Ireneo per concludere con queste puntualizzazioni. Gli uomini e le donne possono salvarsi «soltanto in Gesù, e perciò il cristianesimo ha una chiara pretesa di universalità», essendo il messaggio di Gesù destinato ad ogni essere umano. La salvezza «è legata all’apparizione storica di Gesù», per cui «nessuno può essere indifferente» nell’aderire alla sua persona e al suo vangelo. Gesù è l’unico mediatore, salvatore e redentore. Da ciò deriva che «la salvezza è unica ed è la stessa per tutti».

Il documento della Commissione teologica internazionale sottolinea che l’universalità dell’azione salvifica di Cristo non si può comprendere «senza l’azione universale dello Spirito Santo». Luogo privilegiato dell’azione dello Spirito Santo è la Chiesa, corpo di Cristo, al quale tutti sono chiamati a far parte. Sulla base di san Gregorio di Nissa, il documento della Commissione teologica internazionale afferma: «Nessuna parte è priva dello Spirito Santo. Il Cristo totale include in un certo senso ogni uomo, poiché Cristo si è unito a tutti gli uomini».

La Chiesa è definita «sacramento universale di salvezza» o «sacramento del regno di Dio». Il documento riprende e spiega il famoso detto Extra Ecclesiam nulla salus per ribadire che «secondo il Nuovo Testamento, la necessità della Chiesa per la salvezza si fonda sull’unica mediazione salvifica di Cristo». L’affermazione però non va presa in senso materiale. Anche i non cristiani sono inclusi nella volontà salvifica di Dio. La conseguono purché positivamente, scientemente non si oppongono ai doni dello Spirito. Rileva il documento della Commissione teologica internazionale: Cosi si restituisce alla frase Extra Ecclesiam nulla salus il suo senso originale: esortare alla fedeltà i membri della Chiesa. Questa frase, integrata all’interno di quella più generale extra Cristum nulla salus, non è più in contraddizione con la chiamata di tutti gli uomini alla salvezza.

Riaffermato che la Chiesa «compie la sua missione come sacramento universale con la martyria, la leiturgia e la diakonia», il documento della Commissione teologica internazionale aggiunge che alla missione della Chiesa come sacramento universale di salvezza «appartiene pure ciò che di buono si trova seminato nel cuore e nella mente degli uomini, o nei riti e culture proprie dei popoli». Il mistero pasquale di Cristo «è la realtà che abbraccia tutta l’umanità, che unisce preventivamente la Chiesa con i non cristiani a cui si rivolge e ai quali ha sempre il dovere di trasmettere la rivelazione». Del resto quello che al di fuori della Chiesa visibile si trova conforme al Vangelo è effetto dei doni dello Spirito, della rivelazione di Dio.

A sostegno di questa affermazione, la Commissione teologica internazionale cita l’enciclica Redemptoris missio, nella quale si proclama: «Esiste un’azione universale dello Spirito che non può essere separata né tanto meno confusa con l’azione particolare che lo Spirato svolge nel corpo di Cristo che è la Chiesa». È Gesù risorto – precisa il documento – «colui che opera nel cuore degli uomini in virtù del suo Spirito, e che lo stesso Spirito distribuisce i semi del Verbo presenti nei riti e nelle religioni». La differenza tra i due modi di agire dello Spirito «non può condurre alla separazione».

Sulla scia della Redemptoris missio la Commissione teologica internazionale conclude affermando che le altre religioni, in cui sono presenti i semina Verbi «costituiscono una sfida per la Chiesa, perché la stimolano a riconoscere i segni della presenza di Cristo e dell’azione dello Spirito».

 

Gino Concetti


*L’Osservatore Romano (16-17 giugno 1997), p. 6.

 

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