CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE LETTERA . Quasi nel medesimo tempo la Congregazione per la dottrina della fede con una Commissione costituita a tale scopo si applicava a un diligente studio dei canoni sui delitti, sia del Codice di diritto canonico sia del Codice dei canoni delle Chiese orientali, per determinare "i delitti più gravi sia contro la morale sia nella celebrazione dei sacramenti", per perfezionare anche le norme processuali speciali nel procedere "a dichiarare o a infliggere le sanzioni canoniche", poiché l'istruzione Crimen sollicitationis finora in vigore, edita dalla Suprema sacra Congregazione del Sant'Offizio il 16 marzo 1962 [3] doveva essere riveduta dopo la promulgazione dei nuovi codici canonici. Dopo un attento esame dei pareri e svolte le opportune consultazioni, il lavoro della Commissione è finalmente giunto al termine; i padri della Congregazione per la dottrina della fede l'hanno esaminato più a fondo, sottoponendo al Sommo Pontefice le conclusioni circa la determinazione dei delitti più gravi e circa il modo di procedere nel dichiarare o nell'infliggere le sanzioni, ferma restando in ciò la competenza esclusiva della medesima Congregazione come Tribunale apostolico. Tutte queste cose sono state dal Sommo Pontefice approvate, confermate e promulgate con la lettera apostolica data in forma di motu proprio Sacramentorum sanctitatis tutela. I delitti più gravi sia nella celebrazione dei sacramenti sia contro la morale, riservati alla Congregazione per la dottrina della fede, sono: - I delitti contro la santità dell'augustissimo sacramento e sacrificio dell'eucaristia, cioè:
Al Tribunale apostolico della Congregazione per la dottrina della fede sono riservati soltanto questi delitti, che sono sopra elencati con la propria definizione. Ogni volta che l'ordinario o il gerarca avesse notizia almeno verosimile di un delitto riservato, dopo avere svolto un'indagine preliminare, la segnali alla Congregazione per la dottrina della fede, la quale, a meno che per le particolari circostanze non avocasse a sé la causa, comanda all'ordinario o al gerarca, dettando opportune norme, di procedere a ulteriori accertamenti attraverso il proprio tribunale. Contro la sentenza di primo grado, sia da parte del reo o del suo patrono sia da parte del promotore di giustizia, resta validamente e unicamente soltanto il diritto di appello al supremo Tribunale della medesima Congregazione. Si deve notare che l'azione criminale circa i delitti riservati alla Congregazione per la dottrina della fede si estingue per prescrizione in dieci anni [11]. La prescrizione decorre a norma del diritto universale e comune [12]; ma in un delitto con un minore commesso da un chierico comincia a decorrere dal giorno in cui il minore ha compiuto il 18° anno di età. Nei tribunali costituiti presso gli ordinari o i gerarchi, possono ricoprire validamente per tali cause l'ufficio di giudice, di promotore di giustizia, di notaio e di patrono soltanto dei sacerdoti. Quando l'istanza nel tribunale in qualunque modo è conclusa, tutti gli atti della causa siano trasmessi d'ufficio quanto prima alla Congregazione per la dottrina della fede. Tutti i tribunali della Chiesa latina e delle Chiese orientali cattoliche sono tenuti a osservare i canoni sui delitti e le pene come pure sul processo penale rispettivamente dell'uno e dell'altro Codice, assieme alle norme speciali che saranno date caso per caso dalla Congregazione per la dottrina della fede e da applicare in tutto. Le cause di questo genere sono soggette al segreto pontificio. Con la presente lettera, inviata per mandato del Sommo Pontefice a tutti i vescovi della Chiesa cattolica, ai superiori generali degli istituti religiosi clericali di diritto pontificio e delle società di vita apostolica clericali di diritto pontificio e agli altri ordinari e gerarchi interessati, si auspica che non solo siano evitati del tutto i delitti più gravi, ma soprattutto che, per la santità dei chierici e dei fedeli da procurarsi anche mediante necessarie sanzioni, da parte degli ordinari e dei gerarchi ci sia una sollecita cura pastorale. Roma, dalla sede della Congregazione per la dottrina della fede, 18 maggio 2001. Joseph card. Ratzinger Tarcisio Bertone, SDB [1] Ioannes Paulus II, Constitutio apostolica Pastor bonus de Romana curia, 28.6.1988, art. 52: "Acta Apostolicae Sedis" (AAS) 80 (1988), 874. [2] Congregatio pro Doctrina Fidei, Agendi ratio in doctrinarum examine, 29.6.1997: AAS 89 (1997), 830-835. [3] Suprema Sacra Congregatio Sancti Officii, Instr. Crimen sollicitationis ad omnes patriarchas, archiepiscopos, episcopos aliosque locorum ordinarios "etiam ritus orientalis": De modo procedendi in causis sollicitationis, 16.3.1962, Tipografia poliglotta vaticana 1962. [4] Cfr. Codex Iuris Canonici (CIC), can. 1367; Codex Canonum Ecclesiarum Orientalium (CCEO), can. 1442. Cfr. et Pontificium Consilium de Legum Textibus Interpretandis. Responsum ad propositum dubium Utrum in can. 1367 CIC, 4.6.1999 [3.7.1999]: AAS 91 (1999), 918. [5] Cfr. CIC cann. 1378 2 n. 1 e 1379; CCEO can. 1443. [6] Cfr. CIC cann. 908 e 1365; CCEO cann. 702 e 1440. [7] Cfr. CIC can. 927. [8] Cfr. CIC can. 1378 1; CCEO can. 1457. [9] Cfr. CIC can. 1387; CCEO can. 1458. [10] Cfr. CIC can. 1388 1; CCEO can. 1456 1. [11] Cfr. CIC can. 1362 1 n. 1; CCEO can. 1152 2 n. 1. [12] Cfr. CIC can. 1362 2; CCEO can. 1152 3.
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