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PONTIFICIA COMMISSIONE BIBLICA

LE FONTI DEL PENTATEUCO
E IL GENERE LETTERARIO
DEI PRIMI UNDICI CAPITOLI DELLA GENESI

 

Al Cardinale Emmanuel Célestin Suhard,
Arcivescovo di Parigi

Eminenza,

Il Santo Padre ha voluto affidare all'esame della Pontificia Commissione per gli studi biblici due questioni che sono state recentemente sottoposte a Sua Santità sulle fonti del Pentateuco e sulla storicità dei primi undici capitoli della Genesi. Queste due questioni, con le considerazioni e i voti relativi, sono state l'oggetto dello studio più attento da parte dei Reverendissimi Consultori e degli Eminentissimi Cardinali membri della detta Commissione. A seguito delle loro deliberazioni Sua Santità si è degnato di approvare la risposta seguente nell'udienza concessa al sottoscritto in data 16 gennaio 1948.

La Pontificia Commissione Biblica si compiace di rendere omaggio al sentimento di filiale fiducia che ha ispirato questo procedimento e desidera corrispondervi con un sincero sforzo di promuovere gli studi biblici assicurando loro, dentro i limiti dell'insegnamento tradizionale della Chiesa, la più completa libertà. Questa libertà è stata affermata in termini espliciti dall'enciclica Divino afflante Spiritu del Sommo Pontefice gloriosamente regnante, in questi termini: «L'esegeta cattolico, spinto da un amore attivo e coraggioso per la sua disciplina, sinceramente devoto alla nostra Santa Madre Chiesa, non deve in alcun modo trattenersi dall'affrontare con costanza le difficili questioni che sino ad oggi non sono ancora state risolte, non soltanto per respingere le obiezioni degli avversari, ma anche per tentare di trovare loro una solida spiegazione, in perfetto accordo con la dottrina della Chiesa, specialmente quella riguardante l'inerranza biblica, e capace allo stesso tempo di soddisfare pienamente le conclusioni certe delle scienze profane. Gli sforzi di questi valorosi operai della vigna del Signore meritano di essere giudicati, non soltanto con equità e giustizia, ma anche con perfetta carità; che tutti gli altri figli della Chiesa se ne ricordino. Costoro devono guardarsi da quello zelo tutt'altro che prudente, che stima doversi attaccare o vedere come sospetto tutto ciò che sa di novità». Converrà ben comprendere e interpretare, alla luce di questa raccomandazione del Sommo Pontefice, le tre risposte ufficiali già date dalla Commissione Biblica a proposito delle questioni sopra menzionate, vale a dire il 23 giugno 1905 sui racconti dei libri storici della Sacra Scrittura che non avrebbero di storica che l'apparenza, il 27 giugno 1906 sull'autenticità mosaica del Pentateuco, e il 30 giugno 1909 sul carattere storico dei primi tre capitoli della Genesi, e si concederà che queste risposte non si oppongono minimamente a un ulteriore esame veramente scientifico di quei problemi secondo i risultati acquisiti in questi ultimi quarant'anni. Di conseguenza, la Commissione Biblica non crede occorra promulgare, almeno per il momento, dei nuovi decreti a proposito di tali questioni.

Per quanto riguarda la composizione del Pentateuco, nel decreto sopra menzionato del 27 giugno 1906, la Commissione Biblica aveva già riconosciuto che si poteva affermare che Mosè «nel comporre la sua opera si è servito di documenti scritti o di tradizioni orali» e ammettere anche modifiche e aggiunte posteriori a Mosè. Non c'è più nessuno oggi che metta in dubbio l'esistenza di queste fonti e che non ammetta una progressiva amplificazione delle leggi mosaiche dovuta alle condizioni sociali e religiose dei tempi posteriori, fenomeno che si riscontra anche nei racconti storici. Tuttavia, anche tra gli esegeti non-cattolici, si professano oggi opinioni assai divergenti riguardanti la natura e il numero di questi documenti, i loro nomi e la loro data. Non mancano neppure autori, in diversi paesi, che per ragioni puramente critiche e storiche, senza alcuna intenzione apologetica, rifiutano risolutamente le teorie fin qui più in voga e cercano la spiegazione di certe peculiarità redazionali del Pentateuco, non tanto nella diversità dei documenti supposti, quanto piuttosto nella speciale psicologia e nei singolari procedimenti, oggi meglio conosciuti, del pensiero e dell'espressione degli antichi orientali, o ancora, nel diverso genere letterario postulato dalla diversità di materia. Ecco perché invitiamo gli studiosi cattolici a studiare questi problemi senza alcun partito preso, alla luce di una sana critica e dei risultati delle altre scienze coinvolte in queste materie, e un tale studio riuscirà senza dubbio a stabilire la grande portata e la profonda influenza di Mosè come autore e come legislatore.

La questione delle forme letterarie dei primi undici capitoli della Genesi è ancora più oscura e complessa. Queste forme letterarie non corrispondono ad alcuna delle nostre categorie classiche e non possono essere giudicate alla luce dei generi letterari greco-latini o moderni. Non si può allora negarne né affermarne in blocco la storicità senza applicare a torto ad essi le regole di un genere letterario sotto il quale non possono essere classificati. Se si è d'accordo a non vedere in questi capitoli della storia nel senso classico e moderno, bisogna però anche ammettere che gli attuali dati scientifici non permettono di dare una risposta positiva a tutti i problemi che questi capitoli pongono. Il primo dovere che spetta qui all'esegesi scientifica consiste innanzi tutto nello studio attento di tutti i problemi letterari, scientifici, storici, culturali e religiosi connessi con questi capitoli; bisognerebbe poi esaminare da vicino i procedimenti letterari degli antichi popoli orientali, la loro psicologia, il loro modo di esprimersi e la loro stessa nozione di verità storica; bisognerebbe, in una parola, radunare senza pregiudizi tutto il materiale delle scienze paleontologica e storica, epigrafica e letteraria. Soltanto così si può sperare di vedere più chiaramente la vera natura di certi racconti dei primi capitoli della Genesi. Dichiarare a priori che i racconti in essi contenuti non contengono storia nel senso moderno del termine, lascerebbe facilmente intendere che essi in nessun senso ne contengono, quando invece essi riferiscono con un linguaggio semplice e figurato, adatto all'intelligenza di un'umanità meno progredita, le verità fondamentali presupposte dall'economia della salvezza, insieme alla descrizione popolare delle origini del genere umano e del popolo eletto. Nel frattempo occorre esercitare la virtù della pazienza, che è prudenza e saggezza di vita. È ciò che il Santo Padre parimenti afferma nell'enciclica già citata: «Nessuno si deve meravigliare che non si sia fatta chiarezza né si siano risolte tutte le difficoltà... Non bisogna pertanto perdere coraggio, né dimenticarsi che nelle discipline umane non può essere diversamente che in natura, ove ciò che comincia cresce poco a poco, ove non si raccolgono i frutti se non solo dopo lunghe fatiche... Si può dunque sperare che (queste difficoltà) che oggi sembrano le più complesse e le più ardue, siano un giorno messe in piena luce grazie ad uno sforzo costante».

Baciando la sacra porpora, con i sentimenti della più profonda venerazione, mi professo

della Vostra Eminenza Reverendissima
umilissimo servitore

Jacques M. Vosté, O.P.
Segretario della P. C. per gli studi biblici

Roma, 16 gennaio 1948.

 

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