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  PONTIFICIO CONSIGLIO PER LA FAMIGLIA

Cardinale ALFONSO LÓPEZ TRUJILLO
Presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia

 

Clonazione: scomparsa della genitorialità
e negazione della famiglia

 


Il Pontificio Consiglio per la Famiglia ritiene opportuno ogni sforzo di chiarificazione davanti alla sfida che rappresenta la clonazione, consapevole dell'importanza del problema, e in vista della prossima ripresa dei lavori per giungere ad una Convenzione internazionale contro la clonazione umana da parte delle Nazioni Unite. Si tratta di contribuire ad una adeguata impostazione di questa problematica, nel segnalare gli aspetti etici negativi della clonazione umana e il suo significato contrario alla dignità della persona e della famiglia (1). Questo è il proposito del presente articolo, in cui si tenta di esporre alcune considerazioni al riguardo, ad un livello accessibile anche ai non specialisti.

È già da alcuni decenni che va sviluppandosi tutta una serie di tecniche biologiche, la cui applicazione alla procreazione umana mostra molteplici problematiche etiche e manifesta, ogni volta di più, la necessità di un'antropologia integrale dell'essere umano e di una rinnovata ponderazione del ruolo della famiglia per l'umanità. In particolare, i recenti tentativi di ottenere la clonazione umana mettono sul tappeto importanti questioni sulla famiglia, sul significato di essere genitori e di essere figlio, sulla dignità dell'embrione umano, sulla verità e sul significato della sessualità umana. La lenta e insidiosa dissociazione contemporanea tra il concetto di vita umana e quello di famiglia, che è invece il luogo naturale dove questa trova origine e sviluppo, è una delle più nefaste conseguenze della cultura della morte.

Infatti, come è affermato nell'Istruzione Donum vitae, della Congregazione per la Dottrina della Fede, "la persona umana dev'essere accolta nel gesto di unione e di amore dei suoi genitori; la generazione di un figlio dovrà perciò essere il frutto della donazione reciproca che si realizza nell'atto coniugale in cui gli sposi cooperano come servitori e non come padroni, all'opera dell'Amore Creatore. L'origine di una persona umana è in realtà il risultato di una donazione. Il concepito dovrà essere il frutto dell'amore dei suoi genitori. Non può essere voluto né concepito come il prodotto di un intervento di tecniche mediche e biologiche:  ciò equivarrebbe a ridurlo a diventare l'oggetto di una tecnologia scientifica" (2).

L'inquietante possibilità di clonare esseri umani a scopo "riproduttivo", mediante la sostituzione tecnica della genitorialità responsabile, è in contrasto con la dignità della figliolanza. Ancora più preoccupanti sono le pressanti richieste avanzate da gruppi di ricerca di legalizzare la clonazione allo scopo di sottomettere gli embrioni umani "prodotti" a manipolazioni ed esperimenti, per poi distruggerli. Questa situazione evidenzia un grave deterioramento, sia del riconoscimento della dignità della vita e della procreazione umana, sia della coscienza di quanto insostituibile e fondamentale sia il ruolo della famiglia per l'uomo, così come di quanto sia fondamentale il suo valore per l'intera umanità.


1. Clonazione, possibilità della biologia moderna

Col termine clonazione ci si riferisce alla tecnica frequentemente utilizzata in biologia per riprodurre cellule e microrganismi, sia vegetali che animali, e più recentemente per riprodurre sequenze d'informazione genetica contenuta nei materiali biologici, come frammenti di DNA (acido desossiribonucleico), nel quale si trova codificata l'informazione genetica nucleare di molte specie. Occorre completare questa descrizione con una definizione più esatta della tecnica di clonazione, in modo che diventi possibile conoscere in maniera più adeguata la natura della stessa.

Tenendo conto della finalità, la clonazione è una procedura tecnica di riproduzione mediante la quale è manipolato il materiale genetico di una cellula o di un organismo (vegetale o animale) allo scopo di ottenere un individuo o un insieme di individui geneticamente identici al primo. Ciò che distingue la clonazione da altre tecniche somiglianti è il fatto che nella clonazione la riproduzione avviene senza unione sessuale (asessuale) e senza fecondazione o unione dei gameti (agamica), essendo la risultante un insieme di individui biologicamente identici all'individuo primo, che ha fornito il corredo genetico nucleare.

L'insieme di individui ottenuti per clonazione si denomina clone, espressione questa mediante la quale si indica che tutti e ognuno di questi individui hanno la stessa informazione genetica; non sono, quindi, solamente discendenti dal progenitore (non c'è stata, cioè, la combinazione genetica sessuale dei progenitori) (3). Si tratta, quindi, di un tipo di riproduzione che può sostituire artificialmente, nelle specie animali (di riproduzione sessuale), la fecondazione naturale o l'unione di gameti (le cellule mediante le quali si riproducono per natura), con i conseguenti vantaggi, difetti e pericoli.

Tenendo conto della realizzazione tecnica, per clonazione, si intende, in senso più stretto, in base alla prospettiva della procedura usata, la riproduzione ottenuta mediante il cosiddetto "trasferimento nucleare" (4). Quando gli scienziati alludono alla clonazione in senso stretto, sono soliti identificarla senz'altro con il trasferimento nucleare: "La fecondazione propriamente detta è sostituita dalla "fusione" di un nucleo prelevato da una cellula somatica dell'individuo che si vuole clonare, o della cellula somatica stessa, con un oocita denucleato, privato cioè del genoma di origine materna.

Poiché il nucleo della cellula somatica porta tutto il patrimonio genetico, l'individuo ottenuto possiede - salvo alterazioni possibili - l'identità genetica del donatore del nucleo. È questa essenziale corrispondenza genetica con il donatore che induce nel nuovo individuo la replica somatica o copia del donatore stesso" (5).

Sono anche chiamate "clonazione" (o "semi-clonazione" o altri termini somiglianti), benché in senso lato e meno adeguato, altre tecniche di riproduzione asessuale e agamica che assomigliano, per certi versanti, al trasferimento nucleare, soprattutto per i risultati ottenuti, cioè una discendenza geneticamente identica. Si tratta di tecniche come la partenogenesi artificiale (6) o la fissione embrionaria (7), tra le altre.

Non ci sono speciali obiezioni etiche alla clonazione di individui (per ottenere discendenza di essi) e materiali biologici non umani (per impiegarli in diversi usi), quando ciò è realizzato responsabilmente, così come non ci sono obiezioni etiche al tradizionale e talvolta antichissimo impiego di tecniche di questo genere nell'ambito vegetale, che ha dei vantaggi considerevoli. È indubbio che l'utilizzazione della clonazione in zoologia può portare grandi benefici. I miglioramenti nella riproduzione di animali di allevamento, la riduzione dei costi di produzione di certe carni, l'eventuale applicazione della clonazione per salvare specie in via di estinzione, i progressi nelle condizioni di sperimentazione e ricerca in farmacologia, per esempio, fanno sì che risulti consigliabile proseguire nella ricerca di applicazioni delle tecniche di clonazione in specie animali.

Ciononostante, occorre segnalare che l'utilizzazione di queste tecniche mostra ancora delle incertezze che devono essere attentamente vagliate. Possono avere conseguenze non previste nel futuro? Possono, ad esempio, produrre delle malformazioni genetiche pericolose, oggi ancora sconosciute, o non sufficientemente note? In quale misura ciò può coinvolgere alterazioni, a medio e lungo termine, nell'ambiente, nell'ecologia? Una pratica incontrollata della clonazione potrebbe finire per scatenare nuove malattie e malformazioni?

 

2. Clonazione umana "riproduttiva" o "terapeutica"

È ormai ben noto come siano in atto tentativi di applicare la clonazione per "produrre" esseri umani ed impiegarli nella ricerca ed, eventualmente, nella terapia medica. I mass media, la "science fiction" e una certa letteratura di divulgazione hanno contribuito a generare false attese a questo riguardo, nei confronti delle reali possibilità tecniche della clonazione. Comunque, nonostante ciò, è certo che sono state formulate (con un maggiore o minore rigore scientifico) ipotesi e ricerche tendenti a sperimentare eventuali applicazioni della clonazione all'essere umano. Tale fatto è, in questi tempi, oggetto dell'attenzione delle pubbliche autorità di tutto il mondo, nonché di tutti quelli che sono rivestiti di una speciale responsabilità per il bene comune.

La problematica della clonazione di embrioni umani, come oggi si presenta, si configura essenzialmente in due possibili versioni:  clonazione "riproduttiva" e clonazione "terapeutica" (o per ricerca scientifica). La differenza tra le due risiede soprattutto nello scopo che si intende raggiungere:  la prima tende allo sviluppo completo del soggetto mediante impianto in utero (clonazione "riproduttiva"); nella seconda si intende utilizzare l'embrione in stadio di pre-impianto a scopo di ricerca con finalità soprattutto terapeutica (clonazione "terapeutica", o per la ricerca scientifica). Lo scopo per realizzare la clonazione sarebbe, quindi: 

1. Ottenere una discendenza umana e disegnare una tecnica di procreazione assistita più efficace, con una maggiore e migliore applicabilità in certe coppie, (clonazione "riproduttiva").
2. Ottenere, mediante questa tecnica, embrioni "sintetici" (così sono chiamati) o "cumuli di cellule" (nelle tappe embrionarie umane primitive, ognuna delle cellule dell'embrione è totipotente (8) o multipotente (9)), da cui estrarre cellule staminali (10), senza lasciare che avvenga l'impianto nell'utero materno. Le cellule staminali estratte, dovutamente controllate, potrebbero svilupparsi in cellule specifiche, nervose, cardiache, muscolari, epatiche, ecc. (clonazione "terapeutica", oppure con delle finalità di ricerca scientifica).

 

3. Verso il divieto globale e simultaneo di ogni clonazione umana?

È ovvio che l'applicazione della scienza all'ambito della procreazione umana riguarda l'intera società, e non solo la comunità scientifica. Per questo, abbastanza presto, sono iniziati gli sforzi per giungere ad una legislazione nella quale, senza coartare il legittimo sviluppo della scienza, si tracciassero in maniera definita i confini etici e legali della sua applicazione e si vietasse un'eventuale clonazione dell'essere umano. Negli ultimi anni sono state varate, in alcuni Paesi, leggi nelle quali la clonazione umana riproduttiva è severamente vietata, malgrado siano state fino ad ora permesse le ricerche sulla clonazione umana quando sono svolte per fini di ricerca e terapeutici (come nel Regno Unito).

In altri Paesi, invece, è stato vietato ogni genere di clonazione (Germania), oppure si sono iniziate le procedure parlamentari verso un divieto di qualsiasi tipo di clonazione (Stati Uniti) (11). È certo che la preoccupazione per questa tematica è crescente, e i tentativi per giungere ad un divieto della clonazione umana, non solo a livello nazionale, ma anche mediante gli strumenti del diritto internazionale, si sono intensificati.

Il punto di partenza di questo dibattito è stata la decisa volontà di proibire la clonazione umana riproduttiva. Dal 1993, il Comitato Internazionale di Bioetica (12) si è occupato di tale questione. La Conferenza Generale dell'UNESCO ha approvato una "Dichiarazione universale sul genoma umano e i diritti umani", adottata poi dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, nel 1998, nella quale si afferma che la clonazione con finalità riproduttiva è contraria alla dignità umana (13).

Durante la 56ª Assemblea Generale delle Nazioni Unite (12/12/2001), si è decisa la costituzione di un Comitato, che prosegue ancora i suoi lavori, per giungere alla messa al bando della clonazione mediante uno strumento giuridico internazionale, in particolare, una Convenzione internazionale (14). All'inizio si era pensato solo ad una proibizione della clonazione riproduttiva. Nell'agosto 2001, Germania e Francia hanno chiesto al Segretario Generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan, un progetto per vietarla in tutto il mondo. Alla fine del 2001, la clonazione riproduttiva era stata vietata in 24 Paesi, tra i quali Germania, Francia, Regno Unito, Italia, Spagna, India, Giappone, Brasile e Sudafrica.

L'evoluzione recente della situazione internazionale e l'iniziativa di alcuni Paesi, favorevoli non solo ad un divieto della clonazione riproduttiva (proposta di bando parziale), ma ad una proibizione globale e simultanea della clonazione, sia a scopo di riproduzione che di ricerca e terapia (proposta di bando totale), rappresentano un cambiamento significativo  nei  lavori  verso  una Convenzione internazionale contro la clonazione.

In particolare, sono state importanti, a questo riguardo, la legge degli Stati Uniti, del 27/2/2003, di bando totale della clonazione, (attualmente allo studio nel Senato), la risoluzione del "Bundestag" tedesco, del 7/2/2003, di promuovere iniziative internazionali di bando totale (e non solo parziale come fino ad ora), il progetto francese, del 30/1/2003, di riforma della legge sulla biomedicina, con il bando totale (ancora in discussione), e la richiesta di bando totale del Parlamento Europeo, del 10/4/2003 (allo studio adesso della Commissione Europea). Tutte iniziative recenti che tendono ad una messa al bando di ogni clonazione e non solo di quella riproduttiva. Questa diversa atmosfera internazionale, in confronto a quella di pochi anni fa, si è affermata attualmente, con un'iniziativa promossa dagli Stati Uniti e dalla Spagna, presentata alle Nazioni Unite, allo scopo di raggiungere una Convenzione internazionale di bando totale della clonazione (15).

Ci sono precedenti di strumenti internazionali tendenti a ottenere questo divieto. Nell'ambito del Consiglio d'Europa, dopo l'accordo di Parigi (12/1/1997), sono iniziati i lavori per una Convenzione contro la clonazione. Il Parlamento Europeo ha accolto e fatto sua questa iniziativa del Consiglio d'Europa per un "divieto esplicito di ogni clonazione umana" e, nel frattempo, ha fatto richiesta "ai ricercatori e ai medici che partecipano alla ricerca sul genoma umano di non intervenire in nessun caso nella clonazione di esseri umani fino all'entrata in vigore di una proibizione giuridicamente vincolante" (16). La Convenzione europea sui diritti umani e la biotecnologia o "Convenzione di Oviedo", così come il Protocollo addizionale sul divieto di clonazione di esseri umani, è stata il frutto di questi lavori e ha vietato specificamente "la costituzione di embrioni umani a fini di ricerca" (art. 18.1). La ratifica della Convenzione di Oviedo da parte di alcuni Stati europei, quindi, era già iniziata nel 1999.

Il Parlamento europeo si è pronunziato nuovamente il 22 novembre 2001 in favore della proibizione di ogni tipo di clonazione umana, questa volta in tutto il mondo. Si è trattato di un emendamento ad un rapporto sulla biotecnologia in cui il Parlamento, "ripete insistentemente che vi dovrebbe essere un divieto universale e specifico a livello delle Nazioni Unite della clonazione di esseri umani in qualsiasi tappa di formazione e sviluppo". Il Parlamento invitava allora la Commissione Europea e gli Stati membri del Parlamento Europeo a procedere in questo senso. Sia nell'aprile 2002, sia nel febbraio 2003, i parlamentari, nelle votazioni, si sono mostrati favorevoli ad un divieto della clonazione con lo scopo di estrarre dall'embrione le cellule staminali. Il "Bundestag" (febbraio 2003) ha chiesto al Governo tedesco di cambiare la posizione della Germania alle Nazioni Unite, schierandosi in favore del bando totale della clonazione, perché essa rappresenta un attacco contro la dignità umana, premesso che non c'è una distinzione morale sostanziale tra clonazione riproduttiva e terapeutica, poiché in ambedue si dà luogo alla creazione di embrioni umani viventi.

 

4. Perché non è eticamente accettabile la clonazione umana, né riproduttiva, né terapeutica?

La preoccupazione davanti alla possibilità della clonazione umana è ben giustificata e risponde a motivi molto seri. I diversi tentativi di raggiungere un divieto globale e simultaneo della clonazione in tutto il mondo rispondono a questa preoccupazione. Malgrado il grande interesse manifestato nella realizzazione di questi progetti e le aspettative suscitate in importanti collettività (scienziati, gruppi di malati in attesa di nuove risorse terapeutiche, associazioni professionali, ecc.) che, bisogna dirlo, hanno un maggiore o minore fondamento nella realtà, sarebbe irresponsabile non vagliare attentamente le obiezioni alla clonazione, che trovano sostegno in considerazioni d'ordine tecnico ed etico, così come in profonde ragioni antropologiche.

1. La clonazione riproduttiva

Per quanto riguarda i tentativi di clonazione umana a fine riproduttivo, gli ostacoli scientifici prevedibili sono molto seri, fino al punto che numerosi esperti hanno espresso forti dubbi sulla praticabilità attuale di un progetto veramente scientifico a questo proposito. Malgrado i recenti annunci clamorosi (più o meno sensazionali) dei mass media, non ci sono al presente prove di vero valore scientifico che mostrino, fuori di ogni dubbio, che questi tentativi siano riusciti. D'altronde, anche se si ammette la possibilità che questi tentativi in futuro riescano, bisogna considerare il gravissimo rischio di malattie, difetti genetici e mostruosità, di cui sarebbero responsabili coloro che li realizzassero.

Ad esempio, la tecnica del trasferimento di nucleo non ha consentito, finora, di ottenere altri risultati se non di una stragrande maggioranza di embrioni che non riescono a svilupparsi nel modo giusto (17). Nelle scarse occasioni in cui si ottiene la nascita, gli animali soffrono spesso di malattie e qualche volta di diverse mostruosità, in modo tale che muoiono molto spesso in modo prematuro (18). Questo sembra dovuto a difetti nel processo di "riprogrammazione" genetica del nucleo trasferito. È chiaro che in tali condizioni, una clonazione a scopo "riproduttivo" non dovrebbe essere applicata alla specie umana, per il grave rischio che rappresenterebbe e l'elevatissima mortalità inerente (19).

Se l'immoralità della clonazione riproduttiva è già determinata dalle circostanze tecniche attuali, gli ostacoli etici ad una clonazione umana riproduttiva si mostrano in se stessi insuperabili e manifestano un contrasto con il senso morale comune dell'umanità (20).

Il filosofo Hans Jonas (già negli anni 80) si è posto davanti le problematiche etiche che una eventuale clonazione della persona umana rappresenterebbe. La clonazione significherebbe la perdita di quello che Jonas chiama il "diritto all'ignoranza", cioè il diritto soggettivo a conoscere che uno non è una copia di un altro, e ad ignorare il proprio futuro sviluppo (come, ad esempio, le malattie che saranno sofferte, l'evoluzione della propria psicologia, il prevedibile momento della propria morte naturale, ecc.). Questa "ignoranza" è, come afferma Jonas, in certo senso una "condizione di possibilità" della libertà umana, e infrangerla costituirebbe un'enorme peso alla propria autonomia. Il clone umano sarebbe disumanamente condizionato nel conoscersi copia di un altro, perché l'incertezza è un fattore primordiale nello sforzo umano della libera scelta.

Senza la responsabilità dell'incertezza - secondo Jonas - il clone dovrebbe prevedere ogni sua mossa, prevedere obbligatoriamente le sue malattie, correggere i futuri atteggiamenti psicologici, in un lavoro costante controcorrente di distacco dal suo "originale". Quest'ultimo sarebbe sempre per lui l'ombra, il modello, la traccia onnipresente da seguire, da evitare. "Essere copia" diventerebbe parte della propria identità, del proprio essere e della propria coscienza. Sarebbe così inflitta una ferita al diritto dell'uomo a vivere la sua propria vita come una scoperta originale e irripetibile, una scoperta, nel fondo, di se stesso (21). Così il suo percorso vitale diventerebbe la pesante realizzazione di un "programma di controllo" disumano e alienante. Per Jonas la clonazione, dunque, è "nel metodo la forma più tirannica e simultaneamente schiavizzante di manipolazione genetica; il suo obiettivo non è una arbitraria modifica della sostanza ereditaria, ma, proprio, la sua arbitraria fissazione, in opposizione alla strategia dominante nella natura" (22).

Il rischio di una utilizzazione eugenistica della clonazione (sia riproduttiva, sia terapeutica) con il fine di "miglioramento" della razza, oppure allo scopo di selezionare caratteristiche personali ritenute "superiori" ad altre, non è (malgrado le affermazioni dei suoi sostenitori), una possibilità troppo lontana.

Nella Risoluzione del 12/3/1997 sulla clonazione, il Parlamento Europeo si dichiarava "Saldamente convinto che nessuna società può giustificare né tollerare, in nessuna circostanza, la clonazione di esseri umani:  né con fini sperimentali, né nell'insieme della terapia dell'infertilità, né della diagnosi precedente all'impianto o trapianto di tessuti, né a nessun altro fine, perché costituisce una grave violazione dei diritti umani fondamentali, si oppone al principio d'uguaglianza degli esseri umani nel permettere una selezione eugenesica e razzista della specie umana, offende la dignità della persona, e richiede la sperimentazione con esseri humani ( B). In una seconda Risoluzione sulla clonazione, del 15/1/1998, il Parlamento europeo, nel richiedere la proibizione della clonazione di esseri umani, in via sperimentale, per diagnosi "o per qualsiasi altro scopo", qualifica, addirittura la clonazione come "antietica" e "moralmente ripugnante" ( B).

2. La clonazione terapeutica

La clonazione umana terapeutica è mostrata spesso dai suoi sostenitori come un progresso che permetterebbe di ottenere i benefici di una terapia genetica, come rimedio a malattie che oggi non sono accessibili alla medicina. Però queste eventuali (e discutibili) conseguenze positive non cambiano, nel fondo, la natura morale della clonazione in se stessa. C'è una stretta continuità oggettiva tra clonazione riproduttiva e terapeutica. In ambedue si "produce" un embrione umano, però in quella terapeutica, si prevede l'ulteriore distruzione, nell'estrarre cellule staminali embrionarie o materiali biologici allo scopo di utilizzarli con fini terapeutici.

Negli aspetti tecnici della clonazione terapeutica persistono abbondanti incertezze. Da una parte si afferma che la clonazione sarebbe una risorsa di cellule staminali embrionarie (che, essendo non differenziate, risulterebbero interessanti dal punto di vista biologico, a motivo della loro maggiore "plasticità"). Però non sempre si tiene nel dovuto conto la condizione precaria dell'embrione clonato e l'elevata probabilità di generare differenti neoplasie (cancri e tumori) nell'eventuale paziente in cui le cellule verrebbero introdotte. Per questa ragione, molti ricercatori indicano la ricerca sulle cellule staminali adulte come quella da cui  occorre  aspettarsi maggiori successi, senza i limiti etici che la utilizzazione di cellule staminali embrionarie comporta (23).

D'altra parte, occorre considerare anche le notevoli difficoltà pratiche che il rifiuto immunitario di queste cellule staminali embrionarie rappresenterebbe. Queste difficoltà rendono ancora più debole l'argomentazione di coloro che pretendono di giustificare eticamente la clonazione umana per utilizzarla in queste ricerche. Aggirare il rifiuto immunitario delle cellule staminali embrionarie mediante la clonazione di un embrione suppone tutta una strumentalizzazione dell'embrione umano.

Come sottolinea Elisabeth Monfort, "necessariamente l'utilizzazione di cellule staminali embrionarie coinvolge la tecnica della clonazione terapeutica per evitare il rifiuto del tessuto. Respingere la clonazione e accettare l'utilizzo di cellule staminali embrionarie... è un atteggiamento irresponsabile e anche ipocrita, senza dubbio per tranquillizzare quelli che ancora dubitano" (24).

La clonazione terapeutica per l'ottenimento di cellule staminali implica non solo la produzione di un embrione, ma anche la sua manipolazione e l'ulteriore distruzione. Non è accettabile ritenere un essere umano, in qualsiasi tappa del suo sviluppo, come un "materiale" di magazzino, o fonte di tessuti e organi, di "pezzi di ricambio". La complessità morale della clonazione si può capire meglio se si tiene conto che ciò che andrebbe prodotto, manipolato e distrutto non sono cose, ma essere umani come noi. Un modo di porci davanti a questa questione sarebbe di metterci nei panni, non degli scienziati che clonano, ma nei panni dell'embrione (come anche noi siamo stati). Sicuramente non sarebbe piacevole venire al mondo in un laboratorio, invece di essere il frutto dell'unione dei nostri genitori. Nemmeno lo sarebbe essere il sopravvissuto tra decine o centinaia di nostri fratelli gemelli eliminati come "difettosi". Meno ancora lo sarebbe essere poi manipolato per produrre "pezzi" di cui qualcun altro ha bisogno (i reni, ad esempio); né di morire dopo questa breve e sofferta vita "prodotta" proprio a questo scopo.

Certamente, l'utilizzazione di cellule staminali in terapia cellulare può aprire tutta una linea di benefiche ricerche che mostrano oggi interessantissime prospettive; però, per questo scopo, l'utilizzo di cellule staminali embrionarie (e, conseguentemente, della clonazione terapeutica per ottenerle) si è dimostrato una via scientificamente poco accertata e difficile, ed eticamente inaccettabile. La ricerca, invece, sulle cellule staminali adulte, soddisfacente sia nei suoi aspetti etici che in quelli tecnici, realizzata in modo degno e responsabile e sottomessa ai criteri etici, rappresenta una strada di speranza e di futuro, che non solleva obiezioni etiche speciali (25).

3. Obiezioni tecniche, etiche ed antropologiche alla clonazione umana

Certi argomenti, che permettono di approfondire i motivi razionali della immoralità della clonazione, mostrano la continuità etica tra la clonazione riproduttiva e quella terapeutica. Sono argomenti collegati da una profonda complementarietà, perché sviluppano diversi aspetti etici razionali derivanti della dignità ontologica dell'embrione umano, e sono tra di loro in intimo rapporto con lo statuto antropologico ed etico dell'embrione, che deve essere il punto di partenza iniziale in tutta questa problematica (26).

a. Incancellabile probabilità del carattere umano degli embrioni ottenuti

L'ottenimento di embrioni umani per clonazione, sia a fine di riproduzione che di terapia e ricerca implicherebbe la distruzione di una buona parte di essi. Ad esempio, per la pecora "Dolly", si sono dovuti "sprecare" centinaia di embrioni. E non solo; l'elevato rischio di trasmissione di malattie o di malformazioni che questa tecnica coinvolgerebbe aggiunge nuove ragioni per il divieto etico. Questo è specialmente valido per quanto riguarda la clonazione "terapeutica". Risulta in tal modo ovvio che l'ottenimento di cellule staminali embrionarie passa attraverso la produzione (e successiva distruzione) di un embrione, che molti degli stessi ricercatori non insistono più nel definire come "cumulo di cellule", concetto elaborato per eludere la questione antropologica e, di conseguenza, etica dell'embrione. Riconoscono, infatti, che queste tecniche passano per la produzione di quello che essi denominano, "early embryo", cioè, embrione allo stato iniziale. Ma, allora, si pone una domanda:  che cosa sarebbe, questo embrione? Quale sarebbe il suo statuto etico e giuridico? Una questione che rimanda ad un'altra sottostante: quale è lo statuto di ogni embrione umano?

L'affermazione che l'essere umano deve essere rispettato e trattato come persona dal momento stesso del concepimento, è centrale per una giusta impostazione del problema dell'identità e dello statuto dell'embrione umano. "La formulazione in questi termini del dovere etico fondamentale nei riguardi del nascituro è diventata oltremodo necessaria in vista dei problemi sollevati dallo sviluppo biotecnologico" (27).

L'espressione "pre-embrione" è stata utilizzata per evitare, proprio, la domanda antropologica ed etica fondamentale sullo statuto dell'embrione (28). "Il problema è, si dice, che l'embrione nella sua fase iniziale non gode di individualità e identità giacché, essendo formato da cellule totipotenti, in lui non sono ancora identificabili uno o più individui umani. Ma ragioniamo. L'embrione (ci riferiamo al cosiddetto "pre-embrione") è un essere. Con questa espressione - essere - intendiamo una realtà esistente e viva che è suscettibile di uno sviluppo biologico proprio, differenziato e autonomo (ha in se stesso la forza evolutiva) relativamente al mezzo adeguato e necessario per la sua sussistenza e per "alimentare" tale sviluppo proprio e autonomo. Inoltre, e soprattutto, si sviluppa per se stesso, senza svolgere nessun "ruolo" esterno al proprio essere. Una cellula non è un essere individuo perché "funge" da parte di un insieme, il suo sviluppo fa parte dello sviluppo dell'insieme in cui è inserita. L'embrione invece non fa parte di nessun insieme, non è fondamentale per la vita (biologica) della madre; se "produciamo" embrioni in laboratorio, essi, come tali, sono privi di "utilità" - a meno che non li si impianti in un utero femminile per proseguire il ciclo biologico che porta alla nascita, o che, con lo stesso scopo, non si svolga tutta la fase gestatoria in laboratorio - tant'è  vero  che con il tempo, non essendo impiantati, li si "scarta", "distrugge", o semplicemente li si "uccide", termini che, in questo caso, sono sinonimi". (29)

Se la domanda sull'embrione è, infatti, antropologicamente ed eticamente esatta, bisogna dire, anche, che dal punto di vista etico c'è una questione previa, molto rilevante per l'etica:  che cosa non è? In altre parole:  possiamo essere sicuri che l'embrione così generato non sia umano? Dal punto di vista morale, la sola ammissione della probabilità (non cancellabile, in nessun modo, da parte degli attuali studi) di essere di fronte ad un essere umano, come prodotto delle tecniche di clonazione, ha un peso decisivo. Chi è di fronte ad un'ombra, e dubita se sia un animale o un uomo, è evidente che se spara un colpo, si rende colpevole di omicidio. Prima di sparare, c'è lo stretto dovere morale di accertarsi che non sia un uomo. Questo principio etico appare trasgredito in queste pratiche in cui l'ottenimento di cellule staminali embrionarie umane passerebbe attraverso la creazione e distruzione di un embrione nelle prime fasi di vita.

b. La dignità dell'embrione umano

Il risultato di una fecondazione è un nuovo individuo biologico unicellulare totipotente che è denominato zigote. Bisogna riconoscere che il risultato della clonazione effettuata è in tutto analogo a quello risultante della fecondazione. Non c'è nessun fondamento per affermare che, malgrado le anomalie genetiche, la clonazione non produca uno zigote. Quindi occorre stabilire una stretta analogia tra fecondazione e clonazione. Bisogna dire poi che non c'è alcun motivo razionale per negare agli embrioni ottenuti per clonazione gli stessi diritti di quelli ottenuti per fecondazione artificiale e quindi, a fortiori, di tutti gli altri embrioni generati nel naturale processo di fecondazione umana. Quale sarebbe, ad esempio, la differenza essenziale tra gli uni e gli altri, tenendo conto della totipotenzialità delle cellule che li compongono, non messa in discussione da nessuno?

Lo sviluppo dell'embrione è lo stadio iniziale dello individuo umano. Il p. Angelo Serra prende in considerazione le tre principali proprietà che caratterizzano il processo epigenetico umano, il quale, secondo C.H. Waddington, può essere definito come "la continua emergenza di una forma di stadi precedenti", cioè:  1) la coordinazione. "Lo sviluppo embrionale, dalla fusione dei gameti o "singamia", sino alla comparsa del disco embrionale, a 14 giorni e oltre, è un processo che manifesta una coordinata sequenza e l'interazione di una attività molecolare e cellulare, sotto il controllo del nuovo genoma". Questa proprietà richiede una rigorosa unità del soggetto che sta sviluppandosi.

Non è un grappolo di cellule, ma un reale individuo. 2) La continuità. La singamia (30) inizia un nuovo ciclo di vita. "Tutto indica che c'è un'ininterrotta e progressiva differenziazione di un ben determinato individuo umano, secondo un piano unico e rigorosamente definito che inizia dallo stadio di zigote". Questa proprietà della continuità implica e stabilisce la unicità o singolarità del nuovo soggetto umano. 3) La gradualità. La forma finale deve essere raggiunta gradualmente. È uno sviluppo permanentemente orientato dallo stadio di zigote fino alla forma finale, a causa di una intrinseca legge epigenetica. Ogni embrione umano mantiene la propria identità, individualità, unità.

L'embrione vivente, a iniziare dalla fusione dei gameti, non è un mero accumulo di cellule disponibili, ma un reale individuo umano in sviluppo. Sì, è figlio da quel momento! L'embrione è un individuo umano. L'introduzione abusiva del termine pre-embrione è stata una strategia per tranquillizzare la coscienza e permettere la sperimentazione fino al termine dello stadio di impiantazione, cioè circa 14 giorni dopo la fecondazione nella specie umana. Si conclude così comodamente che l'embrione non esisterebbe durante le prime due settimane seguenti alla fertilizzazione (31)

c. L'embrione, anche nello stadio unicellulare, ha dignità umana

Il rifiuto di riconoscere condizione umana all'embrione ottenuto mediante clonazione (sia a scopo riproduttivo, sia per ottenere da esso cellule staminali embrionarie) nei primi giorni del suo sviluppo si situa, quindi, nella discussione sullo statuto antropologico ed etico dell'embrione umano. Si rifiuta a questi embrioni il carattere di individuo e si dice che essi non hanno "vita umana". È una contraddizione. Se si tratta di embrioni, e non soltanto di "oociti che si sono divisi" (e in via di estinzione), si tratta di individui umani, dotati di vita umana e non di "gruppi" di cellule. Il ricercatore I. Wilmut (famoso per l'ottenimento della prima pecora clonata, "Dolly", oggi deciso oppositore della clonazione umana riproduttiva, ma chiaramente favorevole a quella terapeutica) riconosce che "quando un embrione è creato, si mette in auto-pilot nel suo sviluppo iniziale". Se l'embrione fosse quel "cumulo di cellule" che dicono, non sarebbe "pilota di se stesso", non avrebbe autonomia, né teleologia propria e unitaria, come invece mostra di avere.

L'embrione, dal momento del concepimento, nella fecondazione, si presenta come una entità dotata di autonomia, che procede immediatamente nel suo proprio sviluppo in una maniera graduale, continua, armonica, e in esso c'è l'integrazione e la cooperazione costante teleologica di tutte le sue cellule. Si tratta di un organismo che procede senza interruzione secondo il programma tracciato nel suo genoma. Così diviene, senza intervento direttivo dall'esterno, successivamente zigote, morula, blastociste, embrione impiantato, feto, bambino, adolescente, adulto (32). Se questo accade nella fecondazione naturale, perché non sarebbe così nella clonazione?

Troviamo in questo punto una contraddizione nel negare al risultato di una eventuale clonazione quello che si riconosce nel risultato della fecondazione. Distinzione questa (embrione-clonato; embrione-fecondato) che rimanda alla falsa distinzione tra il cosiddetto "pre-embrione" e l'embrione, distinzione erronea, come segnalato prima, che è diventata, in pratica, il più grande ostacolo al riconoscimento di uno statuto dell'embrione umano. (33). Se l'embrione umano clonato non fosse umano, allora che "cosa" sarebbe? A quale specie animale apparterrebbe? Avrebbe un genoma umano, ma non sarebbe umano? Non è necessario insistere qui sulle contraddizioni implicate in tali negazioni. Un embrione umano, così riconosciuto dalla ragione come individuo umano, dotato di un proprio organismo, ha una propria dignità e richiede perciò rispetto. Non una "dignità" dovuta a qualche aggiunta esterna, ma fondata nel suo essere, in sé e per se stesso.

Se si rifiuta la dignità umana all'embrione, con il pretesto che l'embrione non ha coscienza attuale, si dovrebbe anche negare la dignità alla persona che dorme o che sta in un stadio di coma. Se uno rifiuta la dignità all'embrione, allora si dovrebbe anche negare la sua dignità al bambino (34).

L'essere umano, qualsiasi sia la sua condizione economica, fisica, intellettuale, non può essere usato come un mezzo, un oggetto. La malizia dell'offesa a questo principio fondamentale è aggravata quando questo essere umano non ha mezzi per difendersi contro l'ingiusto aggressore. Se uno accetta di trattare un essere umano come mezzo e non come fine, allora deve accettare, egli stesso, di poter essere trattato, un giorno, alla stessa maniera. Ed egli non dovrà protestare. Anche se l'applicazione terapeutica delle cellule staminali ottenute tramite creazione-distruzione di embrioni umani fosse stata chiaramente dimostrata (cosa che non si è verificata), la morale, la sensatezza e il buon giudizio si opporrebbero:  non si può fare il male per una buona causa. Il fine non giustifica i mezzi. La storia dell'umanità è ricca di insegnamenti a questo riguardo. Come diceva il filosofo J. Santayana, "Chi non conosce la storia è condannato a ripeterla".

d. Personalità dell'embrione

La valutazione morale della clonazione umana dipende, quindi, essenzialmente dal suo oggetto, dal suo scopo oggettivo, e non deriva, primariamente, dall'intenzione soggettiva per cui tali tecniche sono impiegate. La sola incertezza sulla natura umana del prodotto dell'applicazione di queste tecniche all'uomo impone il dovere di non realizzarla. Ma, al di là di questo stretto dovere morale di non crearli, ci sono molti e gravi motivi per ritenere non solo che gli embrioni così generati avrebbero dovuto essere rispettati in accordo con la dignità umana, ma anche che sono persone umane prima manipolate, e poi distrutte.

e. Disumanità della produzione e conseguente distruzione dell'embrione nella clonazione "terapeutica"

I sostenitori della cosiddetta "clonazione terapeutica" insistono sempre sul fatto che la loro intenzione non è di procedere verso una clonazione riproduttiva, ma di distruggere l'embrione umano così creato nei primi giorni dello sviluppo. Secondo i loro ragionamenti (largamente ripresi dalla stampa, i mass media, e i discorsi politici), questo modo di agire sarebbe "etico", mentre la clonazione riproduttiva non lo sarebbe.

La clonazione umana che potrebbe portare alla nascita di un essere umano è da giudicare come un metodo immorale di procreazione artificiale (35). Nella "clonazione terapeutica", tale processo è intenzionalmente interrotto:  si crea, volontariamente, un embrione umano per distruggerlo dopo, con il fine di estrarre cellule staminali embrionarie. Eticamente questo procedimento è ancora peggiore. Accettarlo, sarebbe come accettare una radicale uguaglianza tra la specie umana e le altre (p. Singer). Respingere la possibilità di uccidere una vita umana per guarire altre vite umane, non procede da una posizione specificamente religiosa, ma dalla forza di argomenti e di ragioni di buon senso e dalla forza di una antropologia coerente e di una bioetica personalista.

f. La clonazione umana si oppone alla dignità della vita e della procreazione

L'applicazione delle tecniche di clonazione all'uomo, con l'intenzione di creare embrioni, sia per impiantarli poi in utero (riproduttiva), sia per estrarre cellule staminali e poi distruggerli (terapeutica e di ricerca), coinvolge non solo la dignità della vita umana e i suoi diritti incancellabili, ma si oppone anche al valore morale dell'intrinseca unione tra vita, sessualità e procreazione. L'orientamento della sessualità umana verso la procreazione non è una aggiunta "biologica", ma corrisponde alla natura umana e si manifesta nell'inclinazione naturale dell'uomo alla procreazione. Queste tecniche, invece, separano gli aspetti procreativi da quelli unitivi, propri della sessualità umana, e si oppongono alla dignità della sessualità e della procreazione.

Le tecniche di clonazione sono, in se stesse e sempre, "riproduttive". In quanto la riproduzione, partendo da cellule adulte e differenziate, riguarda cellule più o meno determinate e differenziate di pecora, non siamo ancora davanti a tecniche di clonazione ovina, in senso stretto, ma solo di clonazione di tessuti ovini. L'esperienza ci mostra, però, che la clonazione ovina (il cui prodotto non è solo un insieme di tessuti ovini, ma, semplicemente, una pecora) è difficile, ma possibile e reale. Le esperienze recenti mostrano anche come la clonazione umana, malgrado difficoltà enormi, non sia, in principio, impossibile. L'interrogativo etico riguarda, quindi, non solo la dignità della vita umana e la strumentalizzazione ed eventuale distruzione dell'embrione, ma anche quella del modo specifico di procreazione umana che è, appunto sessuale, e che ha un suo valore morale, non rispettato da queste tecniche.

g. La clonazione di embrioni umani si oppone alla dignità della famiglia

C'è anche un importante fattore etico da considerare, spesso trascurato. L'essere umano è un essere sociale. La dinamica sessuale e procreativa nell'uomo si svolge naturalmente in un contesto in cui sessualità e procreazione si inseriscono armonicamente nella realtà dell'amore coniugale che rende piena di senso la sessualità umana aperta alla vita. Amore e responsabilità si incontrano nel matrimonio nell'apertura alla vita e continuano nel compito educativo, mediante il quale i genitori esercitano in modo integrale la cura per i loro figli.

La clonazione umana spezza tutta questa dinamica. Nella clonazione, la vita appare come un elemento completamente esterno alla famiglia. L'embrione "appare", per così dire, al margine non solo della sessualità, ma anche di una genealogia. Ogni essere umano ha il diritto di nascere dall'amore integrale - fisico e spirituale - di un padre e di una madre, di ricevere le loro cure, di essere accolto come un dono dai genitori, di essere educato. Quando appare all'orizzonte l'inquietante possibilità di far sì che la vita dell'essere umano concepito possa essere manipolata, sottomessa ad esperimenti, per poi essere distrutta, una volta ottenute dall'embrione le cellule oppure le conoscenze biologiche ricercate, allora è lo stesso concetto di figliolanza e di paternità-maternità che viene messo in crisi, ed è la stessa idea di famiglia che viene frantumata.

 

5. Conclusione

I recenti sviluppi delle scienze mostrano che la clonazione umana, malgrado le molto considerevoli difficoltà tecniche e le profonde obiezioni etiche ed antropologiche, è più che un'ipotesi e sta diventando una possibilità. I diversi tentativi di impedire, mediante la legge e gli accordi internazionali, che questa possibilità si avveri, e di ottenere un riconoscimento della sua condizione di crimine contro la persona umana, non si fondano su di una paura imprecisata del progresso e della tecnica, ma su importanti e sensate motivazioni etiche e su di una ben determinata concezione antropologica della persona umana, della sessualità e della famiglia. Tocca alle pubbliche autorità, ai Parlamenti e alle istanze internazionali assumere una coerente posizione. Si tratta veramente di un problema chiave per il futuro dell'umanità e per la salvaguardia della dignità della ricerca scientifica e degli sforzi in favore della vita, della salute e del benessere degli esseri umani, che giustifica l'adozione di misure opportune da parte della comunità dei popoli che costituiscono la grande famiglia umana.


1) "Spetta al Pontificio Consiglio per la Famiglia la promozione della cura pastorale delle famiglie e dell'apostolato specifico in campo familiare, in applicazione degli insegnamenti e degli orientamenti espressi dalle competenti istanze del Magistero ecclesiastico, in modo che le famiglie cristiane possano compiere la missione educativa, evangelizzatrice e apostolica, cui sono chiamate. In particolare:  ... b) cura la diffusione della dottrina della Chiesa circa i problemi familiari in modo che essa possa essere integralmente conosciuta e correttamente proposta al popolo cristiano sia nella catechesi che nella conoscenza scientifica; ... c) promuove e coordina gli sforzi pastorali in ordine al problema della procreazione responsabile secondo gli insegnamenti della Chiesa; ... e) incoraggia, sostiene e coordina gli sforzi in difesa della vita umana in tutto l'arco della sua esistenza fin dal concepimento; f) promuove, anche attraverso l'opera di istituti scientifici specializzati (teologici e pastorali), gli studi finalizzati ad integrare, sui temi della famiglia, le scienze teologiche e le scienze umane affinché tutta la dottrina della Chiesa sia sempre meglio compresa dagli uomini di buona volontà." Giovanni Paolo II, Motu proprio Familia a Deo instituta, 9/5/1981, 3V.

2) CDF, Istr. Donum vitae, 22/2/1987, II B 4 c

3) Il termine "clone", usato dal genetista e fisiologo britannico J. B. S. Haldane (Biological Possibilities for the Human Species of the Next Ten-Thousand Years, 1963), procedeva originariamente della botanica:  "una colonia di organismi che in modo asessuato - cioè senza intervento del sesso -, procede da un solo progenitore" (Herbert John Webber, 1903). Ha la sua radice sia dal latino "colonia, coloniae" (e dal verbo "colo, is, colui, cultum") che dal greco Klwn KlwnV ("klon, klonós", che significa "germoglio da piantare"), e allude alla riproduzione asessuale naturale di certi vegetali, come il roseto, che possono riprodursi per piantagione di un germoglio. Cfr H. J. Webber, New horticultural and agricultural terms, Science 28 (1903), pp. 501-503; A. A. Diamandopoulos, P. C. Goudas, Cloning's not a new idea:  the Greeks has a word for it centuries ago, Nature 6815/408, 21-28/12/2000, p. 905.

4) J. Loeb, nel 1894, aveva stimolato artificialmente la partenogensi di ricci di mare, ma è stato il Premio Nobel tedesco H. Spemann colui che, nel 1914, è riuscito a trasferire nuclei in cellule di salamandra. Quest'ultimo è stato il primo, nel 1938, a proporre il trasferimento di nuclei in cellule di mammifero. Nel 1981, questa tecnica, considerevolmente perfezionata, è stata applicata con successo al topo, e nel 1986, alle pecore e alle mucche. I. Wilmut, dal Roslin Institute (Regno Unito), è riuscito ad ottenere, nel 1997, la nascita della prima pecora clonata del mondo, la famosa "Dolly".

5) Pontificia Accademia per la Vita, Riflessioni sulla clonazione, 11/7/1997. Cfr D. Tettamanzi (a cura di M. Doldi), voce "Clonazione", Dizionario di bioetica, Piemme, Casale Monferrato 2002; L. Ciccone, Bioetica. Storia, principi, questioni, Ares, Milano 2003, pp. 143-176; I. Wilmut et col., Viable offspring derived from fetal and adult mammalian cells, in Nature n. 385/1997, pp. 810-813;

6) La partenogenesi naturale consiste nella formazione di un nuovo individuo a partire da un gamete femminile (oocita) senza partecipazione di un gamete maschile (spermatozoo). Questo fenomeno naturale accade in femmine che producono spontaneamente embrioni senza previa fecondazione (in certe specie di invertebrati, non in mammiferi) oppure in individui biologici originati dall'incrocio tra differenti specie (ibridazione). Siccome non c'è ricombinazione, la progenie è allora geneticamente omogenea:  sono repliche identiche del progenitore unico, cioè cloni naturali.

7) La fissione embrionale consiste nella divisione dell'embrione di poche cellule, in modo tale che di ognuna delle cellule separate risultanti si sviluppa un essere adulto completo con lo stesso corredo genetico.

8) La totipotenzialità cellulare consiste nella capacità di una cellula di generare tutte le cellule e i tessuti di un organismo completo, compreso (se ci sono le circostanze adeguate) lo sviluppo di un individuo. Nell'essere umano, ognuna delle cellule embrionarie rimane totipotente per pochi giorni dopo la fecondazione. La geminazione omozigotica (il fenomeno dei gemelli identici), è conseguenza di una fissione embrionaria incidentale delle cellule totipotenti che compongono l'embrione nelle prime tappe dello sviluppo.

9) La multipotenzialità cellulare è la capacità di una cellula di generare cellule e tessuti differenziati di una parte dell'organismo, ma non di tutti e ognuno di loro, né di un individuo completo. Nell'uomo, in particolare, riguarda la capacità di generare linee di cellule e tessuti differenziati derivati da ognuno degli strati embrionari, cioè, ectoderma, mesoderma ed endoderma.

10) Una cellula staminale (stem cell in inglese, cellule souche in francese, célula madre o célula troncal, in spagnolo) è una cellula senza differenziazione che può fare copie esatte di se stessa in modo indefinito. Le cellule staminali sono capaci di produrre cellule specializzate dei tessuti dell'organismo, come il muscolo cardiaco, il tessuto cerebrale, epatico, il midollo osseo, ecc. Gli scienziati sono oggi in grado di mantenere in vita cellule staminali in vitro per tempo indefinito, e si sta iniziando a sapere far sí che producano cellule differenziate a misura che vi sia bisogno.

11) House of Representatives, legge HR 534, febbraio 2003

12) Si tratta di un organismo del sistema delle Nazioni Unite, creato nell'ambito dell'UNESCO

13) Risoluzione 53/192

14) Ad Hoc Committee on an International Convention against the Reproductive Cloning of Human Beings

15) "non è possibile controllare l'efficacia della clonazione umana a fine riproduttore se non si vieta anche quella terapeutica... un divieto parziale potrebbe dar luogo alla comparsa di un affare clandestino di clonazione a fine riproduttivo, con l'instaurarsi di un commercio illegale di oociti... il principio giuridico di precauzione deve assicurare la protezione della parte più debole, in questo caso, l'embrione umano... l'esperienza accumulata nella clonazione di animali ha reso noto una molto ridotta efficacia delle tecniche utilizzate e rischi considerevoli di malformazione e difformità dell'embrione... Opporsi alla clonazione umana non equivale ad un rifiuto del progresso della scienza, né di quello della ricerca genetica. La clonazione non è l'unica strategia di ricerca per lo sviluppo della medicina rigeneratrice... una scommessa generica in favore della ricerca sulle cellule staminali adulte aiuterebbe a sfruttare le loro possibilità e dimostrare la loro efficacia". Memorandum contro la clonazione terapeutica. Delegazione di Spagna presso le Nazioni Unite, febbraio 2002.

16) Risoluzione del Parlamento Europeo del 12 marzo 1997 ( 2 e 11).

17) Ian Wilmut, "padre" della pecora Dolly, e Rudolf Jaenisch hanno reso testimonianza, in questo senso, presso il Senato dei Stati Uniti.

18) La bibliografia scientifica è, su questo punto, molto abbondante. In via di esempio si vedano i lavori di D. Humpherys, K. Eggan, H. Akutsu, K. Ochedlinger, W.M. Rideout, D. Biniszkiewicz, R., Yanagimachi, R. Jaenisch, Epigenic Instability in ES Cells and Cloned Mice, in Science, 6/7/2000, 293 (5527), pp. 95-97; D. Bourchis, D. Le Bourhis, D. Patin, A. Niveleau, p. Comizzoli, J.-P. Renard, E. Viegas-Péquignot, Delayed and incomplete reprogramming of chromosome methylation patterns in bovine cloned embryos, in Current Biology, 2/10/2001, vol.11, n°19; Y-K. Kang, D-B. Koo, J-S. Park, Y-H. Choi, A-S. Chung, K-K. Lewe, Y-M. Han, Aberrant methylation of donor genome in cloned bovine embryos, in Nature Genetics, June 2001, vol.28, n°2, pp. 173-177.

19) Questa osservazione sulla clonazione riproduttiva è valida anche come obiezione alla clonazione terapeutica. L'applicazione nel campo clinico di cellule staminali ottenute da embrioni clonati sarebbe, a dire il poco, molto incerta in queste circostanze. Le cellule di questi embrioni presentano gravi diffetti genetici e, quindi, la proposta di trasferire cellule staminali embrionarie anomale in una persona umana non si mostra razionale

20) Il libro di Alvin Toeffler's, Future Schock (1970) disegna una fantastica visione futuristica dell'uomo che fa copie di se stesso ("man will be able to make biological carbon copies of himself"), e riflette letterariamente sulle prospettive generate da queste tecniche, così come la preoccupazione per le loro conseguenze. Cfr Lee M. Silver, What are clones? They're not what you think they are, Nature, 5 July 2001, vol. 412, n° 6842, p. 21.

21) Hans Jonas, Das Prinzip Verantwortung (Il principio responsabilità), Edit. Suhrkamp, Frankfurt am Main, 1984.

22) Cfr Hans Jonas Cloniamo un uomo:  dall'eugenetica all'ingegneria genetica, in Tecnica, medicina ed etica, Edit. Einaudi, Torino 1997, pp. 136.

23) Natalía López Moratalla, Las células adultas llevan clara ventaja a las embrionarias, en Palabra 12/2002.

24) Elisabeth Montfort, La bioéthique, entre confusion et responsabilitè, en AAVV (sous la direction d'Élisabeth Montfort, Bioéthique. Entre confusion et responsabilitè. Actes du Colloque de Paris. Assemblée nationale, 1 octobre 2001. Revue trimestrielle Liberté politique, Ed. François-Xavier de Guibert, Paris 2003, pp. 27-28.

25) Pontificia Accademia per la Vita, Dichiarazione sulla produzione e sull'uso scientifico e terapeutico delle cellule staminali, 25/8/2000.

26) D. Tettamanzi Nuova bioetica cristiana, Piemme, Casale Monferrato 2000, pp. 235-268, L. Ciccone, Bioetica. Storia principi, questioni, Ares, Milano 2003, pp. 61-80; R. C. Barra, Status giuridico dell'embrione umano, in Lexicon. Famiglia, vita e questioni etiche, EDB, Bologna 2003; E. Sgreccia, Manuale di Bioetica (vol. 1), Vita e pensiero, Milano 1998, pp. 361-422; C. Caffarra, Il problema morale dell'aborto, in AAVV (a cura di A. Fiori-E. Sgreccia) L'aborto, Vita e pensiero, Milano 1975, pp. 313-320.

27) I. Carrasco de Paula, Il rispetto dovuto all'embrione umano:  prospettiva storico-dottrinale, in Pontificia Accademia per la Vita, Identità e statuto dell'embrione umano, Libr. Ed. Vaticana, Vaticano 1988, p. 31.

28) L'espressione "pre-embrione" è ingannevole ed è stata manipolata in favore dell'aborto. Cfr A. Serra, Lo stato biologico dell'embrione umano. Quando comincia l''essere umano'?, in Pontificia Accademia per la Vita, Commento interdisciplinare all''Evangelium Vitae', Libr. Ed. Vaticana, Vaticano 1997.

29) R. C. Barra, Status giuridico dell'embrione umano, in Lexicon. Famiglia, vita e questioni etiche, EDB, Bologna 2003.

30) S'intende per singamia quella parte della fecondazione che consiste nel processo iniziato dalla penetrazione dello spermatozoo nell'oocita, orientata verso la riunione del contenuto cromosomico di ambedue i pronuclei formati (amfimixis).

31) Cfr Angelo Serra, L'uomo-embrione. Il grande misconosciuto, Ed. Cantagalli, Siena 2003, pp. 41-52. Cfr anche le voci "Dignità dell'embrione umano" e "Selezione e riduzione embrionale", in Pontificio Consiglio per la Famiglia (a cura di) Lexicon. Termini ambigui e discussi su famiglia, vita e questioni etiche, EDB, Bologna 2003

32) Le espressioni tecniche di zigote, morula e blastociste corrispondono a qualifiche dell'embrione in base al momento del suo sviluppo, secondo criteri istologici e fisiologici.

33) L'ingannevole idea di "pre-embrione" è venuta fuori, come è ben noto, in seno al Comitato Warnock, ed è diventata oggi generalmente accettata ed è profondamente radicata in molti ambienti A. Serra, Pari dignità all'embrione umano in Pontificio Consiglio per la Familglia, I figli: famiglia e società nel nuovo Millennio. Atti del Congresso Internazionale Teologico-Pastorale. Città del Vaticano, 11-13 ottobre 2000, Libr. Ed. Vaticana, Vaticano 2001, pp. 313-320; R. Colombo, La famiglia e gli studi sul genoma umano; op. cit., pp. 321-325. A. Serra, R. Colombo, Identità e statuto dell'embrione umano: il contributo della biologia, in Pontificia Accademia per la Vita, Identità e statuto dell'embrione umano, Libr. Ed. Vaticana, Vaticano 1988, p. 157. D. Tettamanzi Nuova bioetica cristiana, Piemme, Casale Monferrato 2000, pp. 235-268, L. Ciccone, Bioetica. Storia principi, questioni, Ares, Milano 2003, pp. 61-80; R. C. Barra, Status giuridico dell'embrione umano, in Lexicon. Famiglia, vita e questioni etiche, EDB, Bologna 2003; Ph. Caspar, La problematique de l'animation de l'embryon. Survoi historique et enjeux dogmatiques, in Nouvelle Revue Théologique n. 123/1991.

34) Razionalità, coscienza e autonomia costituirebbero, secondo autori come H. T. Engelhardt o P. Singer, la persona. H. T. Engelhardt, The foundations of bioethics, New York, Oxford University Press, 1986; Manuale di bioetica, Mondadori, Milano 1991; Practical Ethics, Cambridge University Press, Cambridge, 1993; Cfr L. Palazzani, Il concetto di persona tra bioetica e diritto, Torino, Giappichelli, 1996.

35) CDF, Instr. Donum vitae, I.6

       

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