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PONTIFICIO CONSIGLIO PER LA FAMIGLIA

INTERVENTO DEL CARD. ALFONSO LÓPEZ TRUJILLO
IN OCCASIONE DELLA CELEBRAZIONE
DEL XXV ANNIVERSARIO DELLA III CONFERENZA GENERALE
DELL'EPISCOPATO LATINO AMERICANO

Le sfide di Puebla

 

Ringrazio il Presidente del CELAM e i Dirigenti del Consiglio per il cordiale invito a partecipare a questa celebrazione e a dare un breve contributo sul tema stabilito, anche se in un secondo momento farò avere un testo più ampio.

Affronto il tema a partire dall'esperienza che ho vissuto durante quei giorni, come Segretario Generale della Conferenza. La III Conferenza Generale dell'Episcopato è stata convocata da Papa Paolo VI e preparata con impegno sulla base dei suoi più saggi orientamenti.

L'indimenticabile Pontefice è stato chiamato, il 6 agosto 1978, alla Casa del Padre dopo un lavoro ecclesiale fedele e generoso come Pastore esimio. Papa Giovanni Paolo I, subito dopo essere stato eletto, l'ha nuovamente convocata come Successore di Pietro e, dopo la sua morte improvvisa, toccò al Papa Giovanni Paolo II convocarla nuovamente, confermando le nomine della Presidenza e del Segretariato Generale. Abbiamo provato una gioia immensa per la presenza del Santo Padre che ha presieduto l'inaugurazione della storica Conferenza.

Il 23 marzo 1979, giorno della commemorazione del santo Toribio di Mogrovejo, il Santo Padre autorizzò la pubblicazione del Documento di Puebla. Egli scrisse che "la Chiesa in America Latina è stata rafforzata nella sua vigorosa unità, nella sua identità specifica. Gli orientamenti pastorali e dottrinali, con i suoi validi criteri, affermò il Santo Padre, costituiscono un orientamento che deve illuminare e servire da stimolo permanente per l'evangelizzazione nel presente e nel futuro dell'America Latina". Fu proprio questo il tema della Conferenza: l'evangelizzazione nel presente e nel futuro dell'America Latina. Lo sforzo comune che il documento rappresenta ha ricevuto unanime consenso.

Permettetemi alcune considerazioni preliminari:

a) la Conferenza si proponeva di dare un nuovo impulso ecclesiale a partire dall'evangelizzazione e, più concretamente, a partire dall'ispirazione dell'Esortazione Apostolica Evangelium nuntiandi, la cui influenza si evidenzia profondamente. Questo è, senza dubbio, uno dei più importanti documenti dopo il Concilio Vaticano II. A questo riguardo è lecito affermare che una definita prospettiva di fede, nell'orizzonte aperto e colmo di speranze dell'evangelizzazione, è stata l'opzione fondamentale di questo evento ecclesiale, affidato alla responsabilità dei Pastori dell'America Latina.

I Vescovi hanno partecipato con la giusta responsabilità di Pastori, attenti al momento storico, con un atteggiamento improntato alla fede. Non hanno parlato come esperti o come politici, sebbene abbiano saputo servirsi della loro collaborazione. La visione dei Pastori è profonda, oggettiva, senza il pericolo di distorsioni. Vede meglio chi più ama. Se lo sguardo è illuminato dalla fede nel mistero dell'uomo che è il Verbo incarnato (cfr Gaudium et spes n. 22), i Vescovi, come i pescatori di Galilea (piscatores si diceva, mi sembra, nel Concilio di Efeso), hanno raccolto l'esperienza concreta delle loro comunità facendo fronte alle diverse sfide con obiettività, con apertura e con profondo amore per la Chiesa di Cristo, da cui ricevono il senso della loro missione e della loro autorità. I Pastori, in una dinamica simbiosi con le loro comunità pellegrine in America Latina, hanno ascoltato e riflettuto in un sentire cum Ecclesia gerarchicamente costituita, consapevoli di essere mossi dal soffio di vento impetuoso, il ruah, dello Spirito Santo. La Chiesa ha sentito il battito della vita e ha affermato che l'annuncio della Buona Novella è un respiro insostituibile che costituisce la permanente vitalità della Chiesa. Questa deve essere la chiave di lettura dei suoi validi orientamenti.

b) Nella menzionata prospettiva evangelizzatrice, come opzione fondamentale, l'ambito storico rappresenta il terreno privilegiato delle riflessioni e delle deliberazioni.

In primo luogo emerge una prospettiva storica del tempo "nel presente e nel futuro dell'America Latina". Il tempo non è visto come una semplice successione di eventi, ma come un tempo provvidenziale di Dio, come Kairos. La comunità di Cristo pellegrina sotto lo sguardo di Dio, è guidata dal Signore della Storia, dal Cristo Pasquale, e avanza, dice sant'Agostino "nelle tribolazioni del mondo e le consolazioni di Dio" (Città di Dio, libro XVIII, Cap. 51). Il kairos fa sì che il suo pellegrinaggio venga vissuto come una chiamata, come una vocazione, in un'avventura di fede nella quale Dio è in mezzo al suo Popolo. Esso non volge il suo sguardo al passato come se ogni cosa fosse finita, ma constata che il Risorto va avanti, come precursore; è il Dux vitae, che morto sul legno della croce colma la Chiesa con le energie del Risorto.

c) L'attuale momento storico rileva notevoli cambiamenti rispetto alla Conferenza di Medellín, e, come un frutto maturo, presenta un maggior sviluppo, in un'America Latina, una e molteplice, con diversi gradi di sviluppo, o di sottosviluppo, con la presenza di Paesi immensi e di altri molto piccoli con una storia comune, ma con distinte sfumature di un'evangelizzazione fondante, con un processo migratorio senza pari, con le sue peculiarità anche di carattere etnico e culturale, ma pur sempre con una vocazione comune e con un'impronta religiosa speciale, profondamente cattolica che stimola un'integrazione latinoamericana, fino ad oggi piuttosto timida. È un Continente nel quale, dopo la Conferenza di Medellín, si va superando l'incalzante susseguirsi di governi militari, mentre all'interno della Chiesa, sono gradualmente cresciuti l'organizzazione e il contributo delle Conferenze Episcopali che la rappresentano nel CELAM. Quest'ultimo si sviluppa come organo di servizio all'unità, orientato a una profonda comunione ecclesiale con Roma e con gli Episcopati.

Una visione storica dell'evangelizzazione, generalmente profonda, anche se a volte manifesta tratti più superficiali, spiega la fisionomia dell'America Latina e dei suoi popoli. Si sta attuando un coordinamento tra le regioni capace di dar vita a un incontro e a una vicinanza affettiva maggiori.

La Conferenza di Puebla fu preceduta da molti incontri, congressi, corsi, riflessioni condivise che dettero origine ai documenti di "Consultazione" e di "Lavoro". È stato realizzato uno studio su una serie di temi considerati di particolare interesse che meritavano di essere approfonditi.

Niente, tuttavia, può sostituire una rilettura del Documento, che sarebbe un proficuo omaggio al fecondo impegno sostenuto per le nostre Chiese. Tratterò brevemente alcune sfide che mi sembrano più significative e che hanno aperto il cammino agli impegni condivisi.

1) Alcune sfide

Con il passare del tempo si rischia di non ponderare nel modo dovuto i pericoli una volta che sono stati relativamente superati o quando non sono state vissute personalmente certe esperienze. Mi rendo conto che in questa Assemblea sono pochi, molto pochi, coloro che hanno vissuto l'esperienza della III Conferenza, cinque lustri fa. Essendosi verificati dei cambiamenti storici dopo Puebla, e probabilmente il più grande di loro è stato il collasso del collettivismo marxista (1989), si potrebbero non apprezzare nel modo dovuto il numero delle sfide nate dall'invasione delle ideologie e dalla riflessione sulla liberazione autentica che è stato uno dei punti di maggior importanza. Dopo la caduta del marxismo, un gigante dai piedi d'argilla, si sarebbe ben potuto intuire la debolezza dei suoi presupposti economici e politici, conseguenza dell'umanesimo mutilato e della sua ideologia che si pensava sarebbe stata "eterna". Tuttavia, percepire le carenze del marxismo non era facile, in un momento in cui non pochi ne erano sedotti. L'uso dell'analisi marxista era concepito da molti secondo una visione meno critica e si trasformava in una linea interpretativa che poteva sembrare "scientifica".

La Conferenza di Puebla non si è limitata a criticare l'ideologia marxista, ma ha apportato dei validi contributi a partire dalla Dottrina Sociale della Chiesa, come l'ideologia della Sicurezza Nazionale nell'ambito delle grandi sfide del capitalismo ferreo che esercitava (ed esercita) un importante dominio anche nella sfera politica.

Proponiamo un'analisi sintetica di alcune sfide molto articolate tra loro.

2) Poveri e povertà

Preso atto dell'esistenza della povertà, la Conferenza di Medellín trattava, in una delle sue conclusioni, tale fenomeno cercando d'interpretarlo, di stabilirne le cause e di elaborare i criteri pastorali per affrontarlo. Una cosa è guardare con realismo alla povertà, un'altra è pensare che i poveri (secondo una visione non evangelica) siano stati innanzitutto il motore primo della lotta di classe, un mezzo della violenza scatenata dalla reazione. Occorreva, a tale riguardo, fare una seria analisi-esame, alla luce della fondamentale dottrina Sociale della Chiesa che si stava eclissando. La si denunciava, infatti, come incapace di combattere il sottosviluppo, con le sue cause d'ingiustizia e di dominio secolare, e di essere una sorta di strumento che si piega al capitalismo. La si definiva "Tercerismo" non in quanto cambiamento del sistema, attraverso la rivoluzione, ma cambiamento nel sistema, in quanto prolungamento dello status quo. Si giungeva a tale conclusione attraverso l'influsso dell'ideologia che predominava in vari ambiti della "teoria della dipendenza". Per accedere al testo che ci ha offerto Puebla è stato necessario riacquistare fiducia nella Dottrina Sociale della Chiesa. Infatti, in America Latina, la Conferenza di Puebla ha riconosciuto la validità della Dottrina Sociale della Chiesa, e ne ha favorito uno studio e uno sviluppo tali da togliere sistematicamente prestigio a una certa Teologia della Liberazione. Non sono messe in dubbio la compassione, la solidarietà verso i poveri e una forte protesta contro l'ingiustizia, né la sincerità di alcune posizioni. Tuttavia, non è obiettivo affermare che la causa della giustizia, l'amore per i poveri e il nuovo vigore della Dottrina Sociale della Chiesa (nonostante l'uso dell'analisi marxista) siano stati una conquista della Teologia della Liberazione.

Il discernimento sulla liberazione, trattato nei paragrafi che vanno dal numero 430 al 490, è stato chiesto a Don Hélder Cámara e al sottoscritto e, quasi senza variazioni è stato accolto dall'Assemblea.

Esso è di base ispirato all'Evangelium nuntiandi. Si è voluto mirare ad un'autentica liberazione con l'impegno dei Pastori e di tutta la Chiesa, facendo attenzione a non incorrere in deformazioni ideologiche. Si tratta di un apporto proprio, specifico e originale, poiché, diversamente, "si presterebbe ad essere accaparrato e manipolato dai sistemi ideologici e dai partiti politici" (n. 483)

Il rifiuto dell'utilizzo dei mezzi non evangelici e più concretamente della violenza (n. 486) è stata una ferma e giusta interpretazione delle conclusioni di Medellín. A tale riguardo è stato necessario fare delle rettifiche poiché si era diffusa una certa apologia della violenza come reazione all'"ingiustizia istituzionalizzata", rimuovendo dal suo contesto l'idea classica del tirannicidio. Si dava adito all'idea che le rivoluzioni violente fossero "generatrici della storia". "Non si ricorre a nessuna forma di violenza né alla dialettica della lotta di classe, ma alla vigorosa energia e azione dei cristiani, che mossi dallo Spirito accorrono a rispondere al grido di milioni e milioni di Fratelli" (Ibidem). Per la causa di liberazione si invoca la "Fedeltà della parola di Dio, la Tradizione viva della Chiesa, il suo Magistero" (n. 489).

L'interpretazione del fenomeno della povertà è mutevole quando si indaga sulle sue cause. Esso non consiste solo nella privazione dei beni fondamentali per vivere e sopravvivere o nell'esclusione dall'educazione e da tutto ciò che rende possibile la realizzazione dell'uomo. Già al tempo di Puebla, la povertà era messa in rapporto più che alla carenza di beni, alla possibilità di avere un lavoro sicuro giustamente retribuito. Lo spettro della disoccupazione incombe come un abisso crescente che separa i Paesi ricchi da quelli poveri. La disoccupazione è stata vista come la causa scatenante di una grande insicurezza che colpisce in varie forme le famiglie (senza dover accettare il mito della sovrappopolazione proprio del neomaltusianesimo), ed è stato già trattato dall'economista Galbraith nella sua tesi positiva sulle migrazioni. Gli Stati Uniti e varie zone dell'America Latina non si comprenderebbero senza questo fenomeno migratorio di persone in cerca di lavoro, che rappresenta un fenomeno mondiale capace di sopperire oggi al calo demografico, ad esempio, in Europa. I Vescovi, nella loro sollecitudine pastorale, avendo sperimentato in prima persona, il sottosviluppo nelle loro comunità, non si devono limitare ai vari, interessanti e, a volte, parziali tentativi di spiegazione del sottosviluppo. Oggi si tende a spiegare la povertà in rapporto a un problema di libertà e di conoscenza, che non comprende solo la condizione di analfabetismo, ma anche l'inaccessibilità al mondo dell'informatica, oggi in grande evoluzione, che accelera il fenomeno della globalizzazione. Tale posizione è sviluppata, ad esempio, nella tesi del Professor Amartya Sen, nel suo libro Development as Freedom, (pubblicato nel 1999, si veda anche l'altro suo libro, Poverty and Famines: An Essay on Entitlement and Deprivation, 1984). Neppure a Puebla è stata data particolare attenzione all'impatto del fenomeno della povertà, in modo particolare sulle famiglie, in conformità alle tesi successive sostenute del nostro collaboratore nel Pontificio Consiglio per la Famiglia, il Professor Gary S. Becker, Premio Nobel per l'Economia, con la sua teoria sulla famiglia intesa come "capitale umano" e sul lavoro indispensabile della famiglia, soprattutto delle madri. Sulla base di questo concetto, non possedere una famiglia costituisce la peggiore delle povertà mentre averla rappresenta un valore economico non disprezzabile. Si tratta di un concetto fondamentale per analizzare aspetti della questione demografica.

La povertà e gli uomini sono visti nell'ottica evangelica voluta dal Signore. Viene difesa l'"opzione preferenziale per i poveri" (n. 382, 707, 733, 769, 1134, 1217), i prediletti da Dio (n. 1143), opzione preferenziale fondata sull'opzione essenziale di fede e su una prospettiva evangelizzatrice, "non esclusiva" (n. 1165) né "escludente" (n. 1145), secondo la lettura che alcune persone avevano fatto in modo indebito delle conclusioni di Medellín. È stato decisivo il discorso inaugurale di Giovanni Paolo II, che ha invitato a evitare tali posizioni e a riscattare la posizione originale (non travisata) dell'anteriore Conferenza Generale.

Constatata l'importanza dei criteri necessari approvati a Puebla, è opportuno rilevare che il CELAM ha compiuto un grande sforzo, prima di Puebla, per portare avanti il dialogo con i teologi della liberazione. Alcuni di loro facevano parte del Gruppo di Riflessione Teologico-Pastorale che presiedevo come Segretario Generale del CELAM e sono stati da me invitati a partecipare ai nostri incontri.

"Liberazione=Dialoghi nel Celam", è un libro del CELAM, in cui si evidenzia un grande e tenace sforzo. Successivamente abbiamo celebrato un incontro a livello latinoamericano, "Conflitto sociale e impegno cristiano in America Latina" (Lima, 1975), con la partecipazione dei più rinomati teologi della liberazione dei diversi momenti e delle varie fasi. Gustavo Gutiérrez, considerato più o meno il pioniere, secondo una versione che si è attenuata nel tempo, ci ha sempre accompagnato e gli sforzi condivisi nel dialogo sono sempre stati cordiali e trasparenti, sin dalla Conferenza di Medellín. I teologi della liberazione non hanno partecipato a Puebla, anche se sono stati presenti, è stato per alcuni criteri di selezione di esperti sottoposti all'approvazione degli Episcopati, del CELAM e di Roma. Le pubblicazioni, riguardanti i diversi argomenti, che hanno anticipato Puebla, sono state di grande valore e un opportuno contributo è stato apportato dal già menzionato Gruppo di Riflessione.

3) Un'esigente fedeltà alla Chiesa

La Conferenza di Puebla, che abbiamo chiamato opzione fondamentale, in una prospettiva di fede e di evangelizzazione ha reso noto un punto centrale dell'evento: il famoso "tripode", il triplo fondamento della verità che libera. La verità su Gesù Cristo, la verità sulla Chiesa e la verità sull'uomo. Desidero riferirmi alla verità sulla Chiesa con le sue implicazioni, poiché alla prima, la verità su Gesù Cristo si riferirà l'Arcivescovo Monsignor Estanislao Esteban Karlic, mentre il tema della dignità umana, aspetto centrale della verità dell'uomo, sarà trattato dal Cardinale Darío Castrillón Hoyos. È evidente che in questa Conferenza così eminentemente pastorale, vi è stato un serio fondamento cristologico ed ecclesiologico.

La fedeltà alla Chiesa è parte essenziale di una comunità che è stata illuminata dal Vangelo e lo ha accolto in modo coerente. L'evangelizzazione esige l'adesione alla comunità di Cristo, al Popolo di Dio, con tutta la forza del genitico che non può essere modificata da capricci soggettivi che hanno cambiato la sua natura, fino a trasformarla in una Chiesa del popolo o popolare, che dava le prime avvisaglie della sua formazione.

Il Santo Padre Giovanni Paolo II, nel Discorso Inaugurale, ha affermato con molta chiarezza che "nei contributi di numerose Chiese, si avverte talvolta un certo malessere rispetto all'interpretazione stessa della natura e della missione della Chiesa" (n.1.8). Allude poi alla separazione che alcuni stabiliscono fra la Chiesa e il Regno di Dio, con una visione secolarizzata del Regno, di carattere sociopolitico. Si contrappongono la Chiesa "istituzionale" o "officiale" qualificata come alienante, e la Chiesa popolare che "nasce dal Popolo" e si concreta nei poveri (n. 1.8). Posizioni che portano a condizionare e disorientare coloro che ricevono la fede.

Nel documento di Puebla si fa riferimento alle "Comunità Ecclesiali di Base", secondo i criteri tracciati nell'Evangelium nuntiandi. Il tema era già stato trattato nella Conferenza di Medellín. Il suo iniziatore era stato il Cardinale Agnelo Rossi, che gli aveva conferito un'impronta evangelizzatrice. Successivamente l'argomento è stato trattato sotto diverse ottiche, spesso lontane dal suo schema originale. In sintesi, la Conferenza di Puebla, in linea con quanto affermato dal Santo Padre a Manaus, ha evidenziato il carattere distintivo dell'Ecclesialità. Non sono semplici Comunità di Base, come se l'aspetto sociologico fosse l'elemento preponderante. Si cerca un avvicinamento personale, soprattutto nelle grandi parrocchie, a misura umana (pensando alle grandi città dell'America Latina), anche se successivamente si sono sviluppate prevalentemente in ambiti rurali. Le loro caratteristiche sono l'evangelizzazione e la catechesi e la loro peculiarità è il carattere dell'ecclesialità. Si legge nel Documento di Puebla: "La Chiesa, come popolo storico e istituzionale, rappresenta la struttura più ampia, universale e precisa, in cui devono inserirsi vitalmente le Comunità Ecclesiali di Base, per non correre il rischio di degenerare nell'anarchia organizzativa da un lato, e nell'elitismo chiuso o settario dall'altro" (n. 261). Si vuole dare un "dinamismo vitale delle basi e sulla fede partecipata più spontaneamente nelle piccole comunità" (ibidem). Parlando della "Chiesa popolare", ricorda che la Chiesa si deve incarnare nei ceti popolari, ma con la risposta di fede al Signore, poiché la Chiesa nasce "dall'alto" (n. 263).

L'appartenenza ecclesiale esige l'obbedienza sincera al Magistero. Una difficoltà non indifferente sorge dai Magisteri Paralleli. Sono le sette che tendono sempre a formarsi, sia nell'ambito giuridico sia in quello dottrinale, ed è proprio questo uno dei rischi delle Comunità Ecclesiali di Base.

In riferimento ai religiosi, la cui collaborazione è d'importanza vitale, il loro senso di comunione deve essere peculiare. Il Santo Padre nel suo discorso inaugurale, ha affermato: "tale linea impone a tutti, nella comunità ecclesiale, il dovere di evitare magisteri paralleli, ecclesiasticamente inaccettabili e pastoralmente sterili" (n. II, 2).

Conclusione

Celebrare Puebla significa rinnovare gli impegni assunti, con i loro significati, con una vera comunione e partecipazione.

Significa tornare a intraprendere con un entusiasmo evangelizzatore, come quello che abbiamo sperimentato nella Conferenza, aprendo nuovi percorsi, con una fede rinnovata, con nuove energie, fedeli alla nostra Chiesa, per essere un segno di comunione capace di illuminare i nostri popoli.

Quando cresce il numero dei cattolici nel continente e la loro proporzione si fa più grande nella Chiesa, cresce anche la nostra responsabilità, in modo tale che, come affermava Hans Urs von Balthasar, siamo lava che brucia e non dobbiamo farla raffreddare.

In questo modo avvieremo insieme la lotta per le grandi cause alle quali tutti sono invitati: la causa di una liberazione integrale dell'essere umano immagine di Dio, sul cui volto risplende il fulgore di Cristo Risorto. Le famiglie, la vita umana, i diritti fondamentali dell'uomo, in nome di Cristo, ci devono unire per sperimentare il nuovo impulso evangelizzatore.

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