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PONTIFICIO CONSIGLIO PER LA FAMIGLIA

INTERVENTO DEL CARDINALE ENNIO ANTONELLI
ALLA SESTA CONGREGAZIONE GENERALE
DELLA II ASSEMBLEA SPECIALE PER L’AFRICA
DEL SINODO DEI VESCOVI

LA TEORIA DEL GENERE MINACCIA LE FAMIGLIE AFRICANE

Aula del Sinodo
Giovedì, 8 ottobre 2009

 

Giovedì mattina 8 ottobre si è svolta nell’aula del Sinodo la sesta congregazione generale. Presidente delegato di turno era il cardinale nigeriano Francis Arinze. Erano presenti 226 padri sinodali. Ventidue gli interventi pronunciati. Pubblichiamo il testo dell’intervento (con riferimento a Instrumentum laboris, nn 59; 94; 100), del Cardinale Ennio Antonelli, Presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia:

Il Santo Padre, nell’omelia della messa di inaugurazione, nella Basilica di San Pietro, ha segnalato, con un’espressione molto incisiva, che il primo mondo “sta esportando tossici rifiuti spirituali” in Africa e altre aree in via di sviluppo. Uno di questi rifiuti tossici è la cosiddetta “teoria del genere”, che ben camuffata comincia a infiltrarsi nelle associazioni, negli ambienti governativi e anche in alcuni ambienti ecclesiali del continente africano, secondo quanto viene segnalato al Pontificio Consiglio per la Famiglia.

Le agenzie dell’ONU per la popolazione, per la sanità, per l’infanzia, per l’educazione e numerose organizzazioni internazionali non governative distribuiscono aiuti finanziari, sanitari, educativi, assistenziali, per realizzare scuole, dispensari, programmi culturali, servizi di soccorso e di sviluppo. Ma purtroppo insieme con questi aiuti portano anche un’ideologia che mira a ridefinire il rapporto di coppia, la famiglia, la procreazione, l’adozione. La insinuano in maniera subdola, con cautela e abilità, perché la famiglia nella cultura africana è sentita come un grande valore, tanto che opportunamente si è deciso, nella precedente Assemblea Sinodale, di presentare la Chiesa stessa come “famiglia di Dio”.

Gli agenti di tali istituzioni e organizzazioni internazionali partono da problemi reali, ai quali è necessario e doveroso porre rimedio, come le ingiustizie e le violenze subite dalle donne, la mortalità infantile, la malnutrizione e la fame, i problemi dell’abitazione e del lavoro. Suggeriscono prospettive di soluzione basate sui valori dell’uguaglianza, della salute, della libertà: parole sacrosante, ma rese ambigue dai nuovi significati antropologici di cui vengono caricate.

Uguaglianza delle persone non significa solo pari dignità e titolarità dei diritti fondamentali dell’uomo; ma anche irrilevanza della differenza naturale tra uomini e donne, uniformità di tutti gli individui, come se fossero sessualmente indifferenziati, e quindi equivalenza di tutti gli orientamenti e comportamenti sessuali: eterosessuale, omosessuale, bisessuale, transessuale, polimorfo. Ogni individuo ha diritto a fare liberamente (ed eventualmente anche a mutare) le sue scelte, secondo le pulsioni, i desideri e le preferenze.

Libertà della donna non significa solo emancipazione dal dominio dell’uomo e dalle discriminazioni sociali, ma competizione per il potere tra i due sessi, rivalità, antagonismo, ricerca dell’affermazione individuale invece di complementarietà e solidarietà.

Salute riproduttiva non indica semplicemente la prevenzione e la cura delle malattie, ma vuole suggerire l’esercizio ludico della sessualità avulso dalla procreazione, la limitazione delle nascite attraverso la contraccezione, la banalizzazione dell’aborto.

Queste idee vengono diffuse attraverso i centri di salute riproduttiva, gli incontri locali di formazione, i programmi televisivi internazionali via satellite. Viene ricercata la collaborazione dei governi africani e delle associazioni locali, anche ecclesiali, che di solito non si rendono conto delle implicazioni antropologiche, eticamente inaccettabili.

Questo mio intervento vuole essere un invito alla vigilanza, un’esortazione a offrire istruzioni accurate ai sacerdoti, ai seminaristi, ai religiosi e alle religiose, alle Caritas e agli altri operatori pastorali laici.

  

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