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SINODO DEI VESCOVI

II ASSEMBLEA SPECIALE PER L’AFRICA

LA CHIESA IN AFRICA
AL SERVIZIO DELLA RICONCILIAZIONE,
DELLA GIUSTIZIA E DELLA PACE.
«Voi siete il sale della terra …
Voi siete la luce del mondo» (Mt 5, 13.14)

INSTRUMENTUM LABORIS

 

Città del Vaticano

2009

 

INDICE

PREFAZIONE

INTRODUZIONE

CAPITOLO I
LA CHIESA IN AFRICA OGGI

I. DALLA PRIMA ALLA SECONDA ASSEMBLEA SPECIALE PER L’AFRICA

1. Dal 1994 al 2009: un nuovo contesto sociale

Evoluzioni positive
Discernimento, nello Spirito Santo, delle radici delle nostre sofferenze

2. L’Assemblea sinodale in una traiettoria di continuità

Dopo la Prima Assemblea Speciale ed Ecclesia in Africa
I compiti da realizzare

II. ALCUNI PUNTI CRITICI DELLA VITA DELLE SOCIETÀ AFRICANE

1. L’ambito socio-politico
2. L’ambito socio-economico
3. L’ambito socio-culturale

III. RIFLESSIONI TEOLOGICHE SUL TEMA DEL SINODO

1. I discepoli di Cristo come «Sale» e «Luce»

Il contesto della Parola di Gesù
La traduzione in atto della visione di Cristo

2. La Chiesa Famiglia di Dio e la “diaconia”

Una Chiesa Famiglia a servizio
A servizio della giustizia e della pace
A servizio della riconciliazione

3. La giustizia del Regno


4. La pace del Regno

CAPITOLO II
RICONCILIAZIONE, GIUSTIZIA E PACE:
UN BISOGNO URGENTE

I. SULLA VIA DELLA RICONCILIAZIONE

1. Riconciliazione: le esperienze della società
2. Riconciliazione: le esperienze ecclesiali
3. Per operare la riconciliazione: quali interrogativi?

II. SULLA VIA DELLA GIUSTIZIA

1. Giustizia: le esperienze della società
2. Giustizia: le esperienze nella Chiesa
3. Per promuovere la giustizia: quali interrogativi?

III. SULLA VIA DELLA PACE

1. Pace: le esperienze della società
2. Pace: le esperienze nella Chiesa
3. Per coltivare la pace: quali interrogativi?

CAPITOLO III
CHIESA FAMIGLIA DI DIO:
«SALE DELLA TERRA»
E «LUCE DEL MONDO»

I. RADICARSI IN UNA CULTURA AFRICANA TRASFIGURATA

1. Le sfide della globalizzazione
2. La necessità del radicamento culturale
3. Il lievito del Vangelo nei valori africani

II. ATTINGERE FORZA NELLA FEDE IN CRISTO

1. La presenza operante di Cristo nelle nostre vite
2. Cristo, Pane di Vita

L’incontro eucaristico
La forza della Parola di Dio
Il sacramento della riconciliazione

III. AGIRE COME CHIESA FAMIGLIA DI DIO

1. Figli e figlie dello stesso Padre nel Figlio unigenito
2. Segno e strumento di riconciliazione

La Chiesa sacramento di riconciliazione
La riconciliazione autentica: guarigione per la giustizia e la pace

IV. IMPEGNARSI PER UN’AFRICA RICONCILIATA

1. La Chiesa, Famiglia per le Nazioni
2. Il servizio della società: salute, educazione e sviluppo socio-economico
3. Il dialogo ecumenico
4. La relazione con la Religione Tradizionale Africana
5. Il dialogo con l’Islam

CAPITOLO IV
LA CHIESA FAMIGLIA DI DIO ALL’OPERA:
TESTIMONIANZA E NUOVE PROSPETTIVE

I. LA TESTIMONIANZA DI VITA

II. GLI ATTORI E LE ISTITUZIONI

1. Gli attori

I Vescovi
I sacerdoti
Le persone consacrate
I fedeli laici nella Chiesa

2. Strutture e istituzioni ecclesiali

Le Conferenze Episcopali
Il Simposio delle Conferenze Episcopali d’Africa e Madagascar
Le Commissioni Giustizia e Pace
I grandi seminari e case di formazione religiosa
I programmi di formazione
Le istituzioni sanitarie
Le istituzioni educative
Le università

3. I fedeli cristiani nella società

In politica
Nelle forze armate
Nell’economia
Nell’educazione
Nella salute
Negli ambienti della cultura
Nei mass media
Negli organismi internazionali

CONCLUSIONE


 

Prefazione

Accogliendo la richiesta dell’episcopato africano, il Santo Padre Benedetto XVI ha indetto in Vaticano la Seconda Assemblea Speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi che si terrà, con l’aiuto di Dio, dal 4 al 25 ottobre 2009. Dopo una appropriata consultazione, il Vescovo di Roma, Capo del collegio episcopale e Presidente del Sinodo dei Vescovi, ha scelto per tale Assise sinodale il tema La Chiesa in Africa a servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace. «Voi siete il sale della terra ... Voi siete la luce del mondo» (Mt 5, 13.14).

Il Consiglio Speciale per l’Africa della Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi ha curato, in un primo tempo, il testo dei Lineamenta sull’argomento sinodale, pubblicato il 27 giugno 2006. In seguito, lo stesso Consiglio ha redatto il presente Instrumentum laboris, documento di lavoro della Seconda Assemblea Speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi. Si tratta della sintesi delle risposte sollecitate dai Lineamenta, pervenute dalle 36 Conferenze Episcopali e da 2 Chiese Orientali Cattoliche sui iuris presenti nel continente africano, come pure dai 25 Dicasteri della Curia Romana e dall’Unione dei Superiori Generali, a cui si sono aggiunte riflessioni di varie istituzioni ecclesiali e di fedeli, impegnati nell’evangelizzazione e nella promozione umana nel continente africano.

Il tema dell’Assise sinodale è alquanto significativo. Anzitutto esso fa riferimento alla Prima Assemblea Speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi che ha avuto luogo quindici anni fa, dal 10 aprile all’8 maggio 1994, i cui risultati sono stati raccolti dal Servo di Dio Giovanni Paolo II nell’Esortazione Apostolica Postsinodale Ecclesia in Africa, pubblicata il 14 settembre 1995. Tenendo conto di tale Documento, ancora oggi assai attuale, i Padri sinodali, guidati dal Sommo Pontefice, intendono approfondire i temi della riconciliazione, della giustizia e della pace, affinché la Chiesa nel suo insieme, le sue comunità e istituzioni, come pure i singoli cristiani, comunitariamente e personalmente, possano diventare sempre di più il sale della terra africana e la luce del mondo sociale, culturale e religioso in Africa.

«Lasciatevi riconciliare con Dio» (2 Cor 5, 20). Questo invito pressante ai cristiani di Corinto e di tutto il mondo è rivolto, in mondo particolare, ai fedeli e agli uomini di buona volontà in Africa, sconvolta da tante discordie e divisioni etniche, sociali e religiose, che non poche volte confluiscono in dimostrazioni di odio e di violenza. Esse sono manifestazioni di peccati personali che hanno connotazioni sociali negative e che rendono urgente l’opera di riconciliazione con Dio e con il prossimo. Nella sua infinita bontà ed eterna misericordia, Dio Padre, per opera dello Spirito Santo, prende l’iniziativa nella riconciliazione. Egli ci ha riconciliato a sé mediante il suo Figlio Unigenito Gesù Cristo, il quale ha affidato alla sua Chiesa il ministero della riconciliazione (cf. 2 Cor 5, 19). In effetti, il Signore risorto ha dato ai Discepoli lo Spirito Santo per il perdono dei peccati (cf. Gv 20, 22). Il centro della riconciliazione tra Dio e l’uomo è il cuore trafitto del Signore Gesù crocifisso, da cui continuano a scaturire acqua e sangue (cf. Gv 19, 34), sacramenti della nostra salvezza. Per mezzo della croce, Gesù Cristo ha riconciliato i due popoli, gli Ebrei e i Gentili, distruggendo tra loro ogni inimicizia e costituendoli in un solo corpo (cf. Ef 2, 14-16).

Riconciliato con Dio, il credente anche africano troverà la forza dello Spirito Santo per riconciliarsi con i fratelli. L’opera della riconciliazione, inoltre, oltrepassa i rapporti tra le persone e i popoli e si estende a tutta la creazione (cf. Rm 8, 19). Difatti, per mezzo di Gesù Cristo, Dio Padre ha riconciliato tutte le cose, quelle della terra e quelle nei cieli (cf. Col 1, 20). Per svolgere bene il ministero della riconciliazione, affidatole dal Signore Gesù, la Chiesa stessa deve diventare sempre di più una comunità riconciliata, luogo della riconciliazione da annunciare a tutti gli uomini di buona volontà.

«Conviene che adempiamo ogni giustizia» (Mt 3, 15). Insistendo con San Giovanni Battista per ricevere il battesimo, Gesù Cristo volle compiere ciò che era giusto davanti a Dio Padre, adempiendo la sua volontà. Tale atteggiamento ebbe l’approvazione dal cielo. Lo Spirito Santo, in forma di colomba, discese su Gesù, mentre il Padre lo riconobbe suo Figlio amato, in cui porre il suo compiacimento (cf. Mt 3, 16-17). Seguendo l’esempio del Maestro, i discepoli devono soprattutto cercare il Regno e la giustizia di Dio (cf. Mt 6, 33). Da tale obbedienza alla volontà di Dio deriva la giustizia nei riguardi del prossimo, com’è indicato, tra l’altro, anche nel Decalogo (cf. Es 20, 2-17). I diritti di Dio precedono e fondano i diritti degli uomini e dei popoli. Lo stesso Gesù Cristo promette che Dio farà prontamente giustizia ai suoi eletti che gridano giorno e notte verso di lui (cf. Lc 18, 6-8).

Tra gli eletti si possono raffigurare tanti malati, poveri, schiavi, vedove, forestieri, migranti, persone al margine della società in Africa, i quali sono, però, oggetto dell’amore preferenziale di Dio. Il Signore Gesù si identifica con loro: «tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me» (Mt 25, 40). In particolare, Gesù Cristo dichiara beati coloro che sono perseguitati per causa della giustizia (cf. Mt 5, 10). Egli stesso offre l’esempio per eccellenza, giusto e mite servo di Dio che ha giustificato molti (cf. Mt 12, 18-21; Is 40, 1-4; 53, 11). La giustizia dei cristiani, con la grazia dello Spirito Santo, deve superare quella dei farisei (cf. Mt 5, 20) e diventare misericordia (cf. Mt 9, 13; 12, 7). Anche i peccatori pentiti, che credono in Dio e compiono la sua volontà, come i pubblicani e le prostitute, fanno parte del Regno di giustizia e di pace (cf. Mt 21, 32). La giustizia retributiva deve essere integrata con quella riparativa, in Africa e ovunque nel mondo.

«Pace a voi!» (Gv 20, 19). Il Signore Gesù dà lo Spirito senza misura ed offre ai discepoli la pace (cf. Gv 20, 21; 3, 34). Si tratta di una pace particolare, che il mondo non può dare (cf. Gv 14, 27) perché non conosce né il Signore Gesù né lo Spirito Santo (cf. Gv 14, 17). Infatti, la nostra pace è Gesù Cristo, colui che ha abbattuto ogni inimicizia unendo i popoli divisi (cf. Ef 2, 14). Già con la sua nascita, Gesù ha indirizzato sulla via della pace i passi del popolo avvolto nelle tenebre (cf. Lc 1, 79). Ne ha gioito tutta la creazione, il cielo e la terra e gli uomini di buona volontà. La moltitudine dell’esercito celeste ha cantato gloria a Dio nel più alto dei cieli, auspicando la pace in terra agli uomini che Dio ama (cf. Lc 2, 14).

Purtroppo non tutti accettano Gesù e il dono della pace. Nella lotta con le tenebre del peccato e della morte, il Signore Gesù diventa segno di contraddizione (cf. Lc 2, 34). Egli piange sulla sorte di Gerusalemme perché non ha conosciuto la via della pace (cf. Lc 19, 42). Nonostante la tribolazione, i fedeli hanno ricevuto la promessa della pace del Signore perché Egli ha vinto il mondo (cf. Gv 16, 33). È questa pace del Signore che ci scambiamo durante l’Eucaristia, prima di accedere alla comunione.

«Pace a questa casa!» (Lc 10, 5). Nella sequela di Gesù Cristo, i fedeli sono chiamati ad essere operatori di pace. Per tale opera saranno beati, chiamati figli di Dio (cf. Mt 5, 9). La pace è il grande dono che i discepoli devono annunciare a tutti, secondo il mandato ricevuto dal Padre (cf. Gv 20, 21). Tale missione di pace è quanto mai attuale nell’Africa sconvolta da conflitti, guerre e violenze. La ricerca della pace necessita varie iniziative: un’ambasceria per «chiedere pace» (Lc 14, 32), il dialogo, l’accordo onorevole. La pace ha una dimensione personale, familiare e comunitaria. Alla donna peccatrice che si pente, il Signore offre il perdono e la pace (cf. Lc 7, 50). I discepoli portano la pace alle persone che visitano in una casa (cf. Mt 10, 13; Lc 10, 5-6). La pace, ad ogni modo, è destinata a tutti, a partire dai discepoli tra loro: «Siate in pace gli uni con gli altri» (Mc 9, 50).

Gesù Cristo«è venuto ad annunciare pace a voi che eravate lontani, e pace a coloro che erano vicini» (Ef 2, 17). La Chiesa non si stanca mai di annunciare la beatitudine della riconciliazione, della giustizia e della pace attraverso le vie spesso incerte del mondo e le strade tortuose della storia. In tale modo resta fedele al suo Signore Gesù che «percorreva tutte le città e i villaggi, insegnando nelle loro sinagoghe, annunciando il vangelo del Regno e guarendo ogni malattia e ogni infermità» (Mt 9, 35). Pur affermando chiaramente che il suo Regno non è di questo mondo (cf. Gv 18, 36), nel corso della sua vita terrena Gesù Cristo ne moltiplicava i segni, venendo in aiuto alle persone in necessità spirituali e materiali. La piena realizzazione del Regno avverrà solamente in cielo, quando gli eletti, riconciliati con Dio Padre, Figlio e Spirito Santo, vivranno la pienezza della giustizia e della pace nella comunione di tutti i santi, tra cui un posto particolare occupa la Beata Vergine Maria. Alla materna intercessione di Maria, Nostra Signora dell’Africa e Regina della Pace, affidiamo le fatiche apostoliche dei Vescovi partecipanti alla Seconda Assemblea Speciale per l’Africa sotto la guida saggia e affettuosa del Santo Padre Benedetto XVI, affinché vengano moltiplicati sempre più i segni del Regno per il bene della Chiesa Cattolica, delle altre Chiese e comunità cristiane come pure delle altre denominazioni religiose, di coloro che hanno a cuore la pace nella giustizia e nella riconciliazione, e di tutti gli uomini di buona volontà nel grande continente africano e nelle isole adiacenti.

 

Mons. Nikola Eterović
Arcivescovo titolare di Sisak
Segretario Generale

 

Dal Vaticano, 19 marzo 2009.

 

INTRODUZIONE

 

1. La preparazione della Seconda Assemblea Speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi entra nella sua seconda fase. Essa si colloca dopo l’Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi su La Parola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa. L’Instrumentum laboris, che raccoglie ed elabora le risposte ai Lineamenta fornite dalle Conferenze Episcopali, dalle Chiese Orientali Cattoliche sui iuris, dai Dicasteri della Curia Romana e dall’Unione dei Superiori Generali, beneficia delle riflessioni di questo momento ecclesiale, celebrato nell’anno giubilare di San Paolo, Apostolo delle Genti.

2. Conformemente al suo obiettivo, questo documento di lavoro aspira a stimolare la riflessione, suscitare la discussione, accompagnare e sostenere il discernimento collegiale dei Pastori riuniti in Assemblea sinodale, in comunione con il Vescovo di Roma – il Santo Padre Benedetto XVI – secondo l’antica tradizione ecclesiale africana difesa da San Cipriano, Vescovo di Cartagine [1], nell’ascolto dello Spirito Santo e della Parola di Dio.

3. Per favorire il raggiungimento di tale obiettivo, l’Instrumentum laboris è strutturato in quattro capitoli: il primo presenta, anzitutto, un breve panorama della situazione attuale delle società africane, relativamente all’epoca della Prima Assemblea Speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi (1994). Esso, quindi, valuta l’accoglienza dell’Esortazione Apostolica Postsinodale Ecclesia in Africa, ed esamina, infine, il tenore teologico del tema della Seconda Assemblea. Il secondo capitolo riporta le “aperture” e soprattutto gli “ostacoli” incontrati dalla società e dalla Chiesa lungo le vie della riconciliazione, della giustizia e della pace, nella triplice dimensione socio-politica, socio-economica e socio-culturale, e nell’esperienza ecclesiale. Il terzo capitolo, invece, riunisce gli elementi che caratterizzano la Chiesa Famiglia di Dio nel suo desiderio di favorire l’apertura di itinerari di riconciliazione, giustizia e pace. Il quarto capitolo, infine, compie una valutazione di ciò che la Chiesa, con i suoi membri e le sue istituzioni, ha già realizzato affinché si instaurino la riconciliazione, la giustizia e la pace in Africa.

4. Visto che lo studio dei Lineamenta ha permesso alla Chiesa in Africa di riflettere sulla situazione delle società africane e di esaminarsi, essa deve evitare, evidentemente, di chiudersi su se stessa, perché essa è chiamata ad aprirsi agli altri mediante l’ospitalità e la missione ad Gentes!



CAPITOLO I
LA CHIESA IN AFRICA OGGI

5. Lo sguardo che la Chiesa rivolge a questo continente si alimenta alle fonti della vita concreta delle comunità cristiane nel loro contesto ordinario di vita. Il bene che si fa è spesso più discreto ma più profondo del male bruciante e tragico riportato dai media. Le Chiese particolari hanno percepito l’influsso dello Spirito nelle società africane in generale, e nella Chiesa in particolare, specialmente dopo la Prima Assemblea Speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi.

 

I. Dalla Prima alla Seconda Assemblea Speciale per l’Africa

6. Il contesto sociale africano è andato modificandosi in maniera significativa dopo l’ultima assise sinodale del 1994. Pur se, a grandi linee, determinati problemi fondamentalmente umani restano invariati, alcuni dati invitano ad approfondire le questioni già sollevate quindici anni fa sul piano religioso, politico, economico e culturale.

1. Dal 1994 al 2009: un nuovo contesto sociale

Evoluzioni positive

7. L’azione di grazia è la prima risposta delle Chiese particolari. In effetti, l’emancipazione dei popoli dal giogo dei regimi dittatoriali annuncia una nuova era e l’inizio, pur se timido, di una cultura democratica, come attestano le varie elezioni che hanno avuto luogo in tutto il continente. Durante il periodo di transizione politica di alcuni Paesi, il desiderio della Chiesa di restare imparziale nella condotta degli affari politici è stato riconosciuto e applaudito, mediante l’invito ai Vescovi a presiedere le Conferenze Nazionali Sovrane e le iniziative intraprese dai fedeli laici per promuovere autentiche istituzioni democratiche. Merita, inoltre, di essere rilevato l’esempio dell’accordo quadro tra Santa Sede e Repubblica del Gabon sui principi e su alcune disposizioni giuridiche riguardanti le loro relazioni e la loro collaborazione, firmato il 12 dicembre 1997 e ratificato il 2 giugno 1999.

8. I dirigenti africani hanno assunto maggiore consapevolezza della responsabilità storica nei riguardi dei conflitti, a volte sanguinari, provocati dalle elezioni (segni di crescita politica verso la creazione di uno Stato di diritto). Essi stessi assicurano la mediazione nei Paesi in crisi o cercano vie pacifiche: il contenzioso della penisola di Bakassi tra il Camerun e la Nigeria fu regolato in maniera esemplare sotto l’egida delle Nazioni Unite. Nei riguardi di tutto il continente, la creazione tanto dell’Unione Africana quanto della Nuova Partnership per lo Sviluppo Africano (NEPAD) è da accogliere come segno di una volontà, da parte dei responsabili politici, di offrire una visione e un quadro strategico per permettere all’Africa di uscire dalla povertà e dall’emarginazione in un movimento generale di globalizzazione. Il Meccanismo Africano di Controllo Paritario (MAEP) è uno strumento di cui il continente si è munito per valutare gli sforzi compiuti tanto nella cultura della democrazia quanto in economia. A livello delle Nazioni, l’esempio della Commissione “Verità e Riconciliazione”, in Sudafrica e in altri Stati, è riuscito ad utilizzare il modello tradizionale africano de l’arbre à palabre e degli elementi cristiani (ad esempio la concessione del perdono a colui che confessa il proprio peccato) per evitare al Paese di precipitare nel caos. Pur tuttavia, il carattere volontarista e la mancanza di una qualche forma di riparazione o di compensazione non ne limitano l’efficacia?

9. La Chiesa ha potuto accompagnare in questo processo i cristiani e i non cristiani, in particolare attraverso le organizzazioni di pastorale sociale. E le Comunità Ecclesiali Viventi (CEV) [2] hanno vissuto l’impegno sociale alla luce della Sacra Scrittura.

10. La Chiesa ha visto gli effetti di una forte azione dello Spirito nella crescita delle proprie comunità [3]: battezzati, vocazioni sacerdotali e religiose, movimenti e associazioni di fedeli laici, ecc. Nel continente si è manifestata in diverse forme una grande sete di Dio e, paradossalmente, il proliferare delle sette ne è un ulteriore segno. Oggi la Chiesa, che celebra il bimillenario della nascita di San Paolo, ricorda la convinzione del grande Apostolo delle Genti: «Non è infatti per me un vanto predicare il vangelo; è un dovere per me: guai a me se non predicassi il vangelo!» (1 Cor 9, 16). Ma dove, dunque, Cristo invia i suoi discepoli ad annunciare la Buona Novella alle società africane del nostro tempo? Come annunciare Gesù Cristo in Africa nei nuovi aeropaghi del continente (cf. At 17, 22ss.)?

Discernimento, nello Spirito Santo, delle radici delle nostre sofferenze

11. Tutto ben considerato alla luce dello Spirito Santo, le Chiese particolari ritengono che nel cuore ferito dell’uomo si annidi la causa di tutto ciò che destabilizza il continente africano [4]. L’egoismo alimenta l’attrattiva del guadagno, la corruzione e l’avarizia, mentre spinge alla sottrazione indebita di beni e ricchezze destinati a intere popolazioni. Inoltre, la sete di potere provoca il disprezzo di tutte le regole elementari di buon governo, utilizza l’ignoranza dei popoli, manipola le differenze politiche, etniche, tribali e religiose, e istalla la cultura del guerriero come eroe e quella del debito per sacrifici passati o torti commessi. Ciò che contamina la società africana è, fondamentalmente, ciò che proviene dal cuore dell’uomo (cf. Mt 15,18-19; Mc 7,15; v. anche Gen 4).

12. In connivenza con uomini e donne del continente africano, forze internazionali sfruttano questa miseria del cuore umano che non è specifica delle società africane. Esse fomentano le guerre per la vendita delle armi. Sostengono poteri politici irrispettosi dei diritti umani e dei principi democratici per assicurarsi, come contropartita, dei vantaggi economici (sfruttamento delle risorse naturali, acquisizione di mercati importanti, ecc.). Minacciano, infine, di destabilizzare le nazioni e di eliminare tutti coloro che vogliono affrancarsi dalla loro tutela.

13. La globalizzazione è un fatto di questo secolo e, anche se tende ad emarginare il continente africano, è impossibile parlare dei problemi e delle soluzioni dell’Africa senza implicare altri continenti e le loro istituzioni economiche e finanziarie, come pure la loro rete d’informazione il cui impatto sulle società africane è considerevole. Le comunità ecclesiali invitano, pertanto, i Padri sinodali ad esaminare questi drammi di cui le società africane sono in parte responsabili e in parte vittime [5].

2. L’Assemblea sinodale in una traiettoria di continuità

14. I Pastori d’Africa, in unione con il Vescovo di Roma che presiede alla comunione universale della carità [6], hanno ritenuto che un approfondimento dei problemi già sollevati nel corso della precedente Assemblea Speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi, e ripresi nell’Esortazione Apostolica Postsinodale Ecclesia in Africa, meritasse una maggiore attenzione. Si tratta di iscrivere il cammino sinodale attuale nella traiettoria di quello precedente, tanto a livello delle domande che saranno oggetto della riflessione collegiale, quanto dell’atteggiamento cristiano richiesto.

15. In effetti, i problemi sopra menzionati erano già stati oggetto di attenzione da parte dei Padri sinodali [7]. La Chiesa in Africa si era presentata, allora, con modello di Famiglia di Dio, evangelizzatrice mediante la testimonianza: «Mi sarete testimoni» (At 1, 8). Agli albori del XXI secolo, essa intende proseguire la riflessione sulla sua missione di comunione e sul suo impegno a servire la società come nuova dimensione dell’annuncio del Vangelo, essendo «sale della terra» e «luce del mondo» (Mt 5, 13.14) [8].

16. I Lineamenta hanno invitato, in riferimento all’Esortazione Apostolica Postsinodale Ecclesia in Africa, «a fare un inventario e un esame di coscienza; in altri termini, dobbiamo porci tre interrogativi: cosa ha fatto Ecclesia in Africa? Cosa abbiamo fatto di Ecclesia in Africa? Cosa resta da fare […] in funzione del nuovo contesto africano?» [9].

Dopo la Prima Assemblea Speciale ed Ecclesia in Africa

17. Affinché la Chiesa in Africa si manifesti appropriatamente, la Prima Assemblea Speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi ha proposto il modello della Chiesa Famiglia di Dio, segnalando tra le condizioni di una testimonianza credibile: la riconciliazione, la giustizia e la pace. Essa raccomandava, inoltre, la formazione dei cristiani alla giustizia e alla pace, il rafforzamento del ruolo profetico della Chiesa, la giusta remunerazione dei lavoratori [10] e l’istituzione di Commissioni Giustizia e Pace [11]. Cosa permette di constatare uno sguardo retrospettivo?

18. Le risposte delle Chiese particolari riconoscono, in grande maggioranza, che l’Esortazione Ecclesia in Africa è stata e continua ad essere vissuta. In alcuni luoghi, essa non è ancora sufficientemente diffusa ed applicata, nonostante le sue chiare raccomandazioni. Si deve continuare a compiere ogni sforzo affinché il suo messaggio, che resta sempre attuale e pertinente, venga assimilato. A questo scopo, si suggerisce l’utilizzo della radio, della stampa, delle nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione. La catechesi, le celebrazioni liturgiche e i congressi teologici, da parte loro, possono apportare il proprio contributo specifico. È quindi auspicabile che sia intrapresa una valutazione approfondita da parte di esperti di come è stata accolta l’Esortazione Apostolica Postsinodale, per rilevare ciò che è stato fatto e mettere in luce ciò che resta ancora da fare.

19. Alcune Chiese particolari hanno analizzato, nel proprio ambito specifico, quelle raccomandazioni dell’Esortazione Postsinodale che hanno trovato applicazione:

- Le Assemblee plenarie del Simposio delle Conferenze Episcopali d’Africa e Madagascar (SCEAM/SECAM); in particolare quelle del 1997 e 2000.

- Il piano d’azione pastorale: alcune Conferenze Episcopali e alcune diocesi si sono munite di piani d’azione pastorale.

- L’Apostolato biblico, compresa la traduzione della Bibbia nelle lingue locali [12], ha permesso una ripresa di interesse per la lettura della Sacra Scrittura, e ha reso le celebrazioni della Parola di Dio più dinamiche, più partecipative e, pertanto, più effettive.

- Le Comunità Ecclesiali Viventi [13]: esse sono veri luoghi di studio, meditazione e condivisione della Parola di Dio; favoriscono un’espressione della fede cristiana nel quadro tipico di una comunità tradizionale africana. L’esperienza d’integrazione dei funerali nella liturgia eucaristica presso il domicilio del defunto, per ricordare la speranza cristiana nella risurrezione e indicare la famiglia come cellula viva della Chiesa Famiglia di Dio, si è rivelata un potente sostegno della fede [14].

- La famiglia [15]: l’evangelizzazione della famiglia è consistita, tra l’altro, nel considerare lo spazio familiare, «chiesa domestica», come luogo di incontro dei cristiani, e nel lottare contro ogni comportamento in contraddizione con il piano divino sulla famiglia: ad esempio l’omosessualità, la prostituzione e l’aborto.

- I giovani [16]: la Chiesa ha eretto o consolidato delle strutture per guidare i giovani; si è preoccupata anche di nominare dei cappellani per l’apostolato dei giovani e per coordinarne la partecipazione alla vita della Chiesa sul piano nazionale e internazionale.

- I congressi e i simposi teologici: numerosi incontri di ricerca e riflessione hanno permesso di approfondire le questioni sollevate dalla Prima Assemblea e da Ecclesia in Africa.

- La Chiesa come mediatrice [17]: la Chiesa ha servito da mediazione tra parti in conflitto e ha difeso e sostenuto la causa dei più vulnerabili della società («la voce di chi non ha voce»).

- Lo sviluppo integrale [18]:attraverso la Caritas e altre organizzazioni di pastorale sociale, la Chiesa è presente nella lotta contro le povertà umane d’ogni genere. Sono stati organizzati sinodi diocesani e interdiocesani per riflettere sulla sfida rappresentata dalla povertà e dalla dipendenza economica.

- Le Commissioni Giustizia e Pace [19]:esse sono state veri strumenti d’evangelizzazione risvegliando le coscienze cristiane alla difesa dei diritti umani, il buon governo, ecc.; insieme ad altre organizzazioni ecclesiali orientate verso il sociale, hanno contribuito alla formazione civica di cristiani e non cristiani per promuovere la giustizia, la pace e la riconciliazione.

- I mezzi di comunicazione sociale [20]: l’investimento della Chiesa nei mass media, in particolare nella radio, continua ad aumentare; si tratta di mezzi potenti per comunicare riconciliazione, giustizia e pace come dimensione della Buona Novella della salvezza.

- Il dialogo ecumenico e interreligioso [21]: esso si è manifestato in maniera tangibile come strumento di rispetto reciproco nelle azioni per la salute (in particolare l’HIV/AIDS, la malaria e il colera), per la promozione della pace, il buon governo e la democrazia, ma anche in altre iniziative concrete.

- Il flagello dell’AIDS [22]: sono state create strutture (ospedali e centri sanitari) e organizzazioni per la lotta contro questo flagello e per l’accompagnamento dei malati e dei loro familiari.

- L’autosufficienza [23]: alcune Chiese particolari hanno creato progetti capaci di produrre risorse (ad es. banche, compagnie d’assicurazione, unità di produzione agricola, ecc.) per sostenere l’opera d’evangelizzazione.

I compiti da realizzare

20. I compiti definiti dalla Prima Assemblea sono un cantiere aperto che occorre portare avanti. La Seconda Assemblea dovrebbe correggere la mancanza di un sistema di follow-up dell’applicazione dei risultati dell’Assemblea e dell’Esortazione Apostolica Postsinodale. Alcune Chiese particolari hanno proposto come luoghi di attenzione i seguenti settori sociali:

- La famiglia. Si fa sentire un bisogno di creatività per rispondere alle necessità spirituali e morali della famiglia. Alcune Chiese particolari, che cercano di accompagnare le famiglie nelle sfide che esse incontrano e di guidare gli sposi, si domandano se non si debbano elaborare strategie e programmi di servizio.

- La dignità della donna. Un gran numero di Chiese particolari ritengono che la dignità della donna debba ancora essere promossa tanto nella Chiesa quanto nella società. In effetti, le donne e, in generale, i laici non sono ancora pienamente integrati nelle strutture di responsabilità della Chiesa e nella progettazione del suo programma pastorale.

- La missione profetica. La ricerca della pace e della giustizia è parte integrante della missione profetica legata all’annuncio del Vangelo (cf. Lc 4, 16-19). Spesso tale azione è bloccata dalla pressione dei poteri e dalla limitatezza delle risorse finanziarie. Le questioni di giustizia e pace sono assegnate alle Commissioni Giustizia e Pace mentre lo sviluppo alla Caritas o agli organismi d’azione pastorale specializzati in questo settore. Come rendere visibile l’unità intrinseca dei due aspetti?

- Le comunicazioni e le nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione. Resta ancora da compiere uno sforzo affinché le radio diventino genuinamente cattoliche. I media hanno bisogno di essere evangelizzati, mediante la formazione di coloro che li animano. Le nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione sono oggi un contesto imprescindibile d’evangelizzazione. Quali sono le vie attraverso le quali la Chiesa vi si può impegnare?

- L’autosufficienza. Numerosi programmi ecclesiali in Africa dipendono ancora, in vasta misura, da donatori. Questo stato di fatto non presenta il rischio, da una parte, di beneficiare di fondi provenienti da organizzazioni che non rispettano i diritti umani, e, dall’altra, di ipotecare l’autonomia e la proprietà dei programmi, dei progetti e delle strutture a scapito della Chiesa e dei beneficiari?

 

II. Alcuni punti critici della vita delle società africane

21. I problemi sottoposti ai Padri sinodali interpellano vivamente la coscienza cristiana. Tali problemi sono presenti non solo nella società ma anche nella stessa Chiesa, poiché i cristiani sono figli e figlie delle loro società. «Tutte le Chiese d’Africa […] portano in sé questa fragilità della situazione attuale dei Paesi africani a numerosi livelli istituzionali, finanziari, teologici, culturali e anche giuridici» [24]. Li possiamo raggruppare in tre ambiti: politico, economico e culturale.

1. L’ambito socio-politico

22. In questi ultimi anni sono apparsi, sul piano politico, segni che fanno sperare in una maturazione delle coscienze civiche; una società civile attiva si fa sempre più visibile nella lotta per i diritti umani; uomini e donne in politica si mostrano assetati della rinascita del continente in ogni ambito, mentre la preoccupazione di una risoluzione interafricana dei conflitti, constatata qua e là, dimostra che alcuni esponenti delle classi politiche africane hanno una viva consapevolezza del fatto che spetta loro educare politicamente i propri popoli e guidare le proprie Nazioni verso una vita di pace e prosperità.

23. Tuttavia, la società continua a lottare per liberarsi di molteplici impedimenti. Alcuni dirigenti politici danno prova di insensibilità verso i bisogni del popolo, perseguono interessi personali, disprezzano le nozioni di bene comune, perdono il senso dello Stato e dei principi democratici, elaborano politiche faziose, partigiane, clienteliste, etnocentriste e incitano alla divisione per poter regnare. In alcuni luoghi, il partito al potere tende ad identificarsi con lo Stato. La nozione di autorità è concepita allora come “potere” – partito al potere, condivisione dei poteri – e non come “servizio” (cf. Mt 20, 24ss.; v. anche 1 Re 3). Si constata, inoltre, con tristezza, che i politici, uomini e donne, dimostrano una grave mancanza di cultura in materia politica, violano senza scrupolo i diritti umani e strumentalizzano tanto la religione quanto le istituzioni religiose, di cui ignorano, d’altronde, la missione e la funzione nella società. Non stupisce, quindi, che alle controversie politiche essi oppongano risposte bellicose. La mancanza di coscienza ed educazione civica dei cittadini viene quindi sfruttata a danno di questi ultimi. Solo un ambiente politico stabile può favorire la crescita economica e lo sviluppo socio-culturale.

2. L’ambito socio-economico

24. Nel mondo degli affari, alcuni dirigenti d’impresa e alcune corporazioni di uomini e donne d’affari hanno la ferma volontà di risanare e raddrizzare l’economia del Paese: le vie di comunicazione in certe regioni, se non a livello continentale, sono migliorate; istituzioni finanziarie sono state create da africani, ecc. In sostanza, si scopre una volontà di creare ricchezza per ridurre la povertà e la miseria, e migliorare la salute delle popolazioni.

25. Questi sforzi sono ancora rallentati dal malfunzionamento delle istituzioni statali che dovrebbero accompagnare gli attori economici. Poiché in Africa manca un mercato interno che potrebbe creare un ambiente economico favorevole alle produzioni locali, i prezzi di queste, spesso fissati dai richiedenti, sono bassi. I piccoli produttori difficilmente hanno accesso ai crediti e il cattivo stato delle infrastrutture di comunicazione impedisce un smercio fluido dei loro prodotti. Ne consegue che i giovani dei villaggi, di fronte alla mancanza di una politica agraria, non riescono più a restare nel loro ambiente. La città, però, non è la risposta poiché il tasso di disoccupazione aumenta. I lavoratori percepiscono salari miseri quando, semplicemente, non sono pagati. In alcune regioni, sussiste ancora la schiavitù. Le tasse sono eccessivamente alte e, a volte, illecite. Inoltre, l’aiuto internazionale alle istituzioni che si preoccupano della sorte delle popolazioni è spesso accompagnato da condizioni inaccettabili. Quanto alle materie prime, sono sfruttate con licenze di cui si ignorano i criteri di attribuzione; i proventi finanziari sono largamente sottratti da alcuni provocando, così, una ripartizione disuguale di tali ricchezze nella società.

26. I programmi di ristrutturazione delle economie africane, proposti dalle istituzioni finanziarie internazionali, si sono rivelati funesti. Le ristrutturazioni “imposte” hanno comportato, da una parte, l’indebolimento delle economie africane e, dall’altra, il degrado del tessuto sociale con l’aumento, di conseguenza, del tasso di criminalità, l’allargamento del divario tra ricchi e poveri, l’esodo dalle zone rurali e la sovrappopolazione delle città [25].

27. La crisi alimentare e quella energetica hanno già colpito il nostro continente e manifestano l’urgenza di soluzioni globali e di reazioni etiche ai disordini provocati dai mercati.

28. Le multinazionali continuano ad invadere gradualmente il continente per appropriarsi delle risorse naturali. Schiacciano le compagnie locali, acquistano migliaia d’ettari espropriando le popolazioni delle loro terre, con la complicità dei dirigenti africani. Inoltre, recano danno all’ambiente e deturpano il creato che ispira la nostra pace e il nostro benessere, e con cui le popolazioni vivono in armonia.

29. La crisi che colpisce oggi le istituzioni finanziarie riguarda anche il continente, a più livelli:

- gli investimenti diretti stranieri rischiano di diminuire;

- le istituzioni finanziarie africane beneficeranno difficilmente di crediti dalle banche occidentali per fare, a loro volta, prestiti alle imprese e agli individui, così che ne risentirà l’economia reale;

- l’aiuto allo sviluppo rischia di soffrirne, in quanto i progetti finanziati da fondi esteri (in difficoltà) potrebbero essere sospesi, e gli impegni dei Paesi industrializzati nei confronti di quelli poveri rischiano ugualmente di esserlo;

- a causa della recessione, sui mercati sviluppati la domanda di produzioni africane (in particolare di materie prime) potrebbe diminuire.

Si impone pertanto una riflessione sul fatto che l’Africa (tranne il Sudafrica) sia esclusa dalla ricerca di soluzioni al sistema finanziario internazionale attuale.

3. L’ambito socio-culturale

30. In numerose regioni del continente, i popoli africani conservano un amore profondo per la loro cultura. Artisti, musicisti, scultori, ecc., danno libero corso al loro genio con opere sempre più apprezzate. Si riconosce che il radicamento culturale condiziona lo sviluppo integrale dei singoli individui e delle collettività. Così, uomini e donne del continente si uniscono per promuovere l’eredità culturale della loro terra. Alcuni Stati vi si sono impegnati risolutamente. Queste attività associate permetteranno di salvaguardare gli autentici valori africani di rispetto degli anziani, della donna come madre, della cultura della solidarietà, dell’aiuto reciproco e dell’ospitalità, dell’unità, della vita, dell’onestà e della verità, della parola data, ecc., minacciate da quelle venute da altri continenti [26] e diffuse attraverso il fenomeno della globalizzazione?

31. Il deterioramento dell’identità culturale ha condotto a uno squilibrio interiore delle persone che si manifesta con la rilassatezza morale, la corruzione e il materialismo, la distruzione del matrimonio autentico e della nozione di famiglia sana, mediante l’abbandono delle persone anziane e la negazione dell’infanzia. In seguito ai conflitti armati si è installata una cultura di violenza, di divisione e il mito del guerriero eroe. Sembra che, col pretesto della modernità, sia in atto un processo organizzato di distruzione dell’identità africana. E ciò si rivela tanto più efficace quanto più permane l’analfabetismo a causa dell’investimento carente nell’educazione da parte dei poteri pubblici. L’educazione dei giovani è così abbandonata all’influenza degli antivalori diffusi dai mass media, da certi politici e da altre figure pubbliche.

32. Alcune credenze e pratiche negative delle culture africane esigono, tuttavia, una vigilanza del tutto speciale: la stregoneria lacera le società dei villaggi e delle città e, in nome della cultura o della tradizione ancestrale, la donna è vittima delle disposizioni in materia di eredità e dei riti tradizionali di vedovanza, della mutilazione sessuale, del matrimonio forzato, della poligamia, ecc.

33. È in questi diversi ambiti che le Chiese particolari si sentono interpellate e si attendono molto dalla riflessione dei Padri sinodali, alla luce della Rivelazione.

 

III. Riflessioni teologiche sul tema del Sinodo

34. Il sottotitolo del tema sinodale indica la prospettiva in cui le comunità ecclesiali sono invitate a servire la riconciliazione, la giustizia e la pace. Esso la radica nella Parola di Cristo che chiama i suoi discepoli ad agire some «sale della terra» (Mt 5, 13) e «luce del mondo» (Mt 5, 14). È ciò che noi dobbiamo essere affinché, attraverso il nostro agire, lo Spirito di Cristo produca «buone opere» che riconcilino, compiano la giustizia e la pace nella Chiesa e nella società in Africa (cf. Mt 5, 16).

1. I discepoli di Cristo come «Sale» e «Luce»

Il contesto della Parola di Gesù

35. Nell’insegnamento del discorso della montagna in Mt 5, 3-10, Gesù ci introduce nella visione della sua missione: far entrare nel Regno del Padre suo i poveri, gli afflitti, i miti, coloro che hanno fame e sete di giustizia, i misericordiosi, i puri di cuore, gli operatori di pace e i perseguitati per causa della giustizia. Così, tutti coloro che sono suoi discepoli devono collaborare all’avvento di questo Regno, prestando attenzione all’affamato, al malato, allo straniero, all’umiliato (che è nudo), al prigioniero. Poiché dice il Signore, «ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me» (Mt 25, 40).

La traduzione in atto della visione di Cristo

36. Perché questa visione diventi realtà, Gesù coinvolge anzitutto i suoi discepoli, preparandoli a vivere assieme a lui la persecuzione, gli insulti e ogni sorta d’infamia «per causa mia» (Mt 5, 11). Pertanto, impegnarsi nella sequela di Cristo, nella sua missione, vuol dire accettare di soffrire con lui per condividerne la gloria, come attesta la vita dei santi del nostro continente, e particolarmente in questi ultimi secoli, i martiri dell’Uganda (Charles Lwanga e i suoi compagni [martirizzati tra 1885 e il 1887]), i santi Daniel Comboni (1831-1881), Joséphine Bakhita (1869-1947); i beati Charles de Foucauld (1858-1916), Victoire Rasoamanarivo (1848-1894), Isidore Bakanja (1880/1890-1909), Cyprien Michel Iwene Tansi (1903-1964), Clémentine Nengapeta Anuarite (1941-1964). Essi sono stati «sale» nella terra in cui sono vissuti, e «luce» nel mondo che li ha visti vivere.

37. I due simboli del sale e della luce esprimono una duplice dimensione nell’identità del discepolo. L’immagine del «sale della terra» caratterizza i discepoli come agenti di trasformazione tra i propri fratelli e sorelle che abitano la terra. In effetti, come il sale cambia il sapore degli alimenti nei quali è aggiunto, così i discepoli di Cristo sono chiamati a vivere in maniera da dare al loro ambiente un sapore migliore d’umanità. Questo impatto della vita del discepolo sfugge allo sguardo, come il sale che si dissolve e diventa invisibile. E, come al gusto, il mondo sentirà l’effetto trasformatore della presenza efficace del discepolo. I santi e i beati che la Chiesa propone come esempi ai cristiani illustrano, con la loro vita, l’efficacia della testimonianza cristiana sulla vita sociale, in quanto la loro azione non ha lasciato indifferente nessuna delle loro società. Bisogna credere che, come il sale conserva, purifica e protegge, così una vita santa conserva quanto di meglio c’è nell’umanità (i suoi valori autentici) e la protegge dalla corruzione (cf. Gen 18, 17-33).

38. Per quanto riguarda la seconda immagine, essa invita i discepoli ad identificarsi con la «luce del mondo». Gesù non li incoraggia a mettersi in mostra; egli, del resto, denuncia gli ipocriti (cf. Mt 6, 1ss.). Ad ogni modo, però, la luce destinata a illuminare non può restare nascosta; come una città collocata sopra un monte, essa sarà sempre visibile (cf. Mt 5, 14-16). In altre parole, il discepolo che illumina non può passare inosservato. Si tratta di essere luce che illumina l’uomo e tutto ciò che in lui è disumano, rendendolo visibile e intelligibile mediante le «buone opere»: dar da mangiare all’affamato, dar da bere all’assetato, accogliere il forestiero, vestire colui che è nudo, visitare i malati e gli anziani, prendersi cura dei prigionieri, ecc. (cf. Mt 25, 35-36). La vita di una comunità ecclesiale che incarna la Parola diventa allora lampada sui passi della società in generale, affinché siano evitati i cammini di morte e si intraprendano invece quelli che conducono alla vita, cioè alla sequela di Gesù, «via, verità e vita» (Gv 14, 6).

39. In definitiva, con queste due immagini Gesù interpella profondamente coloro che lo ascoltano affinché trasformino la società umana con il proprio essere e mostrino, con il proprio esempio di vita, le vie che conducono al Regno di Dio, promesso a quanti sono schiacciati e sottoposti ad angherie, coloro che la società respinge. Il Regno appare allora come la terra di consolazione, di sazietà e misericordia, ereditata dai figli di Dio. Esso si estende grazie all’agire del discepolo, servitore sensibile ad ogni sofferenza umana, traducendo in atto la preghiera insegnataci da Gesù: «Padre […] venga il tuo Regno!» (Mt 6, 10).

2. La Chiesa Famiglia di Dio e la “diaconia”

Una Chiesa Famiglia a servizio

40. Su invito di Gesù Cristo, il Maestro, la comunità dei suoi discepoli, che è la Chiesa, è diventata una Famiglia di figli e figlie del Padre (cf. Mt 5, 16.45.48; 6, 26.32; 7, 11). L’amore vissuto dal Figlio unigenito diventa la caratteristica dei membri di questa Famiglia, chiamata a seguire l’esempio del fratello maggiore con il servizio fraterno o diakonia. In effetti, dopo aver lavato i piedi dei suoi discepoli, Gesù dichiara loro: «Vi ho dato infatti l’esempio, perché come ho fatto io, facciate anche voi» (Gv 13, 15). E nella sua risposta al dottore della legge che sapeva bene come leggere la Legge per trarne l’essenziale, cioè l’amore per Dio e per il prossimo (cf. Lc 10, 25-28), Gesù dice: «va’ e anche tu fa’ lo stesso». Di fatto, l’esempio che gli fornisce nella parabola è un modello di diakonia, in cui l’amore si traduce in atto concreto nella figura del buon Samaritano (cf. Lc 10, 29-37), figura in cui riconosciamo Gesù stesso al capezzale di ogni sofferenza umana, modello per la Chiesa che si preoccupa dell’Africa in cerca di riconciliazione, di giustizia e di pace.

A servizio della giustizia e della pace

41. Secondo le parole del salmista, «giustizia e pace si baceranno» (Sal 84, 11). È una caratteristica del Regno di Dio di cui invochiamo l’avvento quando preghiamo il Padre: «Venga il tuo Regno!». La Chiesa Famiglia sa così di essere inviata affinché in Africa si realizzi un mondo di giustizia e di pace, un mondo in cui Dio regna, perché è stato riconciliato con il proprio Dio e con se stesso. Quali strade intraprendere in questi tempi di turbamenti e ingiustizie che il mondo finge di non vedere?

A servizio della riconciliazione

42. Gesù Cristo è la fonte della riconciliazione di Dio con l’umanità e con ogni persona. Egli è anche operatore di riconciliazione degli uomini tra di loro (cf. Mt 6, 12; Rm 5, 10-11); è il fondamento della missione della Chiesa. La Chiesa Famiglia di Dio in Africa si sente investita del «ministero della riconciliazione» (2 Cor 5, 18), poiché essa è messaggera del «Vangelo della pace» (Ef 6, 15), che la rende un unico Corpo e Tempio dello Spirito Santo. Su esempio di Cristo, essa è artefice di riconciliazione nel suo corpo di carne. I cristiani, in quanto costruttori di comunione, chiameranno la società africana all’unione dei cuori e ne daranno essi stessi l’esempio con la testimonianza della vita, una vita che riconcilia perché lascia spazio al perdono (cf. Mt 5, 23; Ef 2, 14-15).

43. Gesù dice in effetti: «Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri» (Gv 13, 35). Da allora, prima di ogni azione, ciascuna cellula ecclesiale sarà, con la sua maniera d’essere, un’esortazione ai nostri fratelli e sorelle africani a lasciarsi riconciliare con Dio e gli uni con gli altri (cf. Mt 5, 23ss.; 2 Cor 5, 20). La Chiesa manifesterà così la propria dimensione di sacramento, segno che rende presente, nel cuore dell’Africa, la grazia della riconciliazione operata tra Dio e l’umanità, e tra gli uomini stessi, da Gesù Cristo, diventato nostra Giustizia e nostra Pace.

3. La giustizia del Regno

44. La giustizia che Gesù Cristo ci invita a cercare è anzitutto quella del Regno (cf. Mt 6, 33). È la giustizia illustrata da Giuseppe, chiamato il «giusto» (Mt 1, 19), perché ha ascoltato la sua coscienza abitata dalla Parola di Dio, e ha offerto a Maria, sua sposa, e al bambino nel suo seno, quanto era loro dovuto: la protezione della vita. Questa giustizia più grande del Regno trascende la giustizia della Legge; essa, infatti, è anche virtù [27]. Essa non nega la giustizia umana, ma l’integra e la trascende. È in questo che diventa via che conduce al perdono e all’autentica riconciliazione e restaura la comunione.

45. La Chiesa Famiglia abitata da Cristo, Parola del Padre, si sente chiamata a servire la giustizia del Regno. Essa ha il dovere di vivere la giustizia anzitutto al suo interno, tra i suoi membri, affinché i nostri fratelli e le nostre sorelle in Africa vedano il cammino arduo della redenzione e lo seguano. In effetti, a ciascuna persona è dovuto, in tutta giustizia, il rispetto della sua dignità di figlio o figlia di Dio. Sulla scena del continente africano, ci sono «uomini che soffocano la verità nell’ingiustizia» (Rm 1, 18). Questa verità deve essere liberata. E «in virtù della redenzione realizzata da Cristo Gesù» (Rm 3, 24), come discepoli di Cristo al servizio della giustizia, «anche noi dobbiamo dare la vita per i fratelli» e le sorelle (1 Gv 3, 16). Così, anche la nostra terra vivrà pacificata: «La pace è frutto della giustizia (cf. Is 32, 17[28].

4. La pace del Regno

46. Di quale pace si tratta? «Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi» (Gv 14, 27), ci dice Gesù. La pace del mondo, infatti, è precaria e fragile. La pace vera ci viene offerta da Cristo e in Cristo. «Egli infatti è la nostra pace, colui che ha fatto dei due un popolo solo, abbattendo il muro di separazione che era frammezzo, cioè l’inimicizia [...] per creare in se stesso [...] un solo uomo nuovo, facendo la pace [...] per mezzo della croce, distruggendo in se stesso l’inimicizia. Egli è venuto perciò ad annunziare pace a voi che eravate lontani e pace a coloro che erano vicini. Per mezzo di lui possiamo presentarci, gli uni e gli altri, al Padre in un solo Spirito» (Ef 2, 14-18).

47. La missione di servire la pace consisterà, per noi, nel costruirla in ciascuno dei membri del Corpo di Cristo, affinché tutti noi diventiamo donne e uomini nuovi, capaci di operare la pacificazione dell’Africa. La pace, in effetti, non è anzitutto il prodotto di strutture o di realtà esterne, ma nasce soprattutto dal di dentro, dall’interno delle singole persone e delle comunità stesse. La conversione del cuore in «un cuore nuovo» e «uno spirito nuovo» (Ez 36, 26) è la fonte di un’azione trasformatrice efficace. Grazie ad una vita autentica di discepolo, frutto della metanoia (cf. Mc 1, 15), si può sperare nella trasformazione dei comportamenti, delle abitudini e delle mentalità. La nostra identità di discepoli si rivela dunque essenziale per trasformare la nostra società e il mondo in generale in un mondo migliore, più vero, più giusto, più pacificato, più riconciliato, più fraterno e più felice, e ciò con la collaborazione di tutti gli uomini di buona volontà. Così le persone scoraggiate dalla vita a causa di interminabili conflitti, di guerre cicliche, della povertà e delle ingiustizie sociali, politiche ed economiche, vi ritroveranno speranza e gusto di vivere.


CAPITOLO II

RICONCILIAZIONE, GIUSTIZIA E PACE:
UN BISOGNO URGENTE

48. I luoghi di attenzione e di impegno su elencati e le riflessioni suscitate dal tema del Sinodo nelle Chiese particolari indicano le «aperture» o gli «ostacoli» incontrati sul cammino della riconciliazione, della giustizia e della pace [29]. Come ricordava il Santo Padre Benedetto XVI ad alcuni Pastori del continente africano, «l’impegno dei fedeli al servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace è un imperativo urgente» [30].

 

I. Sulla via della riconciliazione

49. Per aprire una nuova strada verso l’armonia, è stato fatto notare che alcuni Stati si sono ispirati a modelli tradizionali di riconciliazione e a pratiche cristiane attinenti al sacramento della riconciliazione (Conferenze Nazionali Sovrane, Commissione “Verità e Riconciliazione” in Sudafrica, ecc.). I risultati sono limitati, se non addirittura imperfetti, ma invitano ad elencare le esperienze che ostacolano la riconciliazione affinché l’Assemblea sinodale vi rifletta.

1. Riconciliazione: le esperienze della società

50. La dimensione socio-politica della riconciliazione. Alcune società africane sono state portate alla rovina dai loro dirigenti politici. Certi Paesi sono stati teatro di scene tragiche di xenofobia, in cui lo straniero simbolizzava tutte le sciagure della società e serviva da capro espiatorio: esseri umani sono stati bruciati vivi, altri dilaniati, intere famiglie sono state disperse e villaggi distrutti. In altri Stati, come constatato da alcune Chiese particolari, determinati partiti politici hanno utilizzato la natura etnica, tribale o regionale per attirare le popolazioni alla loro causa nella conquista del potere, invece di favorire il vivere insieme.

51. La dimensione socio-economica della riconciliazione. È stato notato che la cattiva gestione e la miseria da essa generata hanno provocato il traffico di esseri umani, lo sfruttamento commerciale della prostituzione e il lavoro minorile; ciò ha ampiamente contribuito a distruggere i legami familiari, a destabilizzare intere comunità e a gettare in strada migliaia di rifugiati. Quanto alle Nazioni, le zone ricche di risorse petrolifere o minerarie diventano presto luogo di conflitti, quando non di guerre, tra popoli vicini e tra nazioni.

52. La dimensione socio-culturale della riconciliazione. Alcuni media (radio, stampa, televisione) hanno diffuso informazioni e immagini che hanno incitato le popolazioni alla violenza e all’odio, e hanno messo seriamente a repentaglio i valori che cementavano il tessuto familiare e sociale: il rispetto degli antenati, delle donne come madri e protettrici della vita, ecc. Le popolazioni sono preoccupate della crescente perdita dell’identità culturale, soprattutto tra i giovani. Inoltre, questo sguardo negativo rivolto alla Religione Tradizionale Africana accentua il deprezzamento di quei valori che dovrebbero costituire il patrimonio africano. Questo rapporto con la religione altrui, viene sottolineato, si trasforma in vera rivalità tra cristiani e musulmani in alcune parti del continente.

2. Riconciliazione: le esperienze ecclesiali

53. Le Chiese particolari chiedono ai Padri sinodali di aiutare la Chiesa in Africa a proporre meglio il proprio messaggio profetico, per permetterle di parlare con autorità ai dirigenti politici. Essa vi riuscirà perfettamente solo se sarà capace di far regnare, nel suo seno, l’unità e di risolvere le proprie contraddizioni. Di fatto, anche in alcune comunità ecclesiali si constatano divisioni etniche o tribali, regionali o nazionali ed atteggiamenti ed intenzioni xenofobi da parte di alcuni Pastori. Le risposte ai Lineamenta riportano situazioni di discordia tra alcuni Vescovi e il loro presbiterio, mentre all’interno di una stessa Conferenza episcopale nazionale si infiltrano delle prese di posizione di alcuni Vescovi in favore di un determinato partito politico. Ne consegue, in questi casi, che la Conferenza Episcopale non può più parlare con un’unica voce per reclamare l’unità.

3. Per operare la riconciliazione: quali interrogativi?

54. Dalle risposte emerge che le esperienze sociali ed ecclesiali interpellano la Chiesa affinché cerchi modi e mezzi per ricostruire la comunione, l’unità, la fraternità episcopale o sacerdotale, si rivesta di coraggio profetico, si impegni nella formazione di dirigenti laici dalla fede salda per agire in politica, per adoperarsi a far vivere insieme le differenze nella società. Essa dovrebbe promuovere altresì la formazione di sacerdoti, religiosi e religiose desiderosi di essere segni e testimoni del Regno. Si ritiene che l’Assemblea potrebbe riflettere sulle ragioni profonde dei conflitti di una tale ampiezza in Africa.

 

II. Sulla via della giustizia

55. Dalle risposte risulta che il concetto africano di giustizia è sinonimo di riconciliazione e pace poiché è radicato nell’idea di restaurare l’armonia tra l’offeso e colui che offende e con la società in generale. Gli ostacoli sulla via della giustizia sono tali che i fedeli si attendono dai Padri sinodali delle proposte che li aiutino a superarli.

1. Giustizia: le esperienze della società

56. La dimensione socio-politica della giustizia.

Per reclamare giustizia, alcune “minoranze etniche” o regioni ferite imbracciano le armi e scatenano la guerra. Le sommosse e le espulsioni di popolazioni allogene in uno stesso Paese sono gravi atti di ingiustizia che restano spesso impuniti. Sovente, infatti, nelle istituzioni giudiziarie e in tutte quelle che lottano contro la corruzione sono infiltrate forze politiche. Coloro che detengono il potere utilizzano gli agenti della sicurezza per sottomettere quei cittadini che esprimono opinioni contrarie alle proprie. Sono menzionate anche altre forme di ingiustizia: la pena di morte; il trattamento disumano dei prigionieri, spesso in soprannumero nelle case circondariali; i ritardi eccessivi nei processi; la tortura dei prigionieri; l’espulsione dei rifugiati a dispetto della loro dignità.

57. La dimensione socio-economica della giustizia. Il Meccanismo Africano di Controllo Paritario (MAEP) cerca di identificare le forme e le cause della corruzione che imperversa nel continente, e che restano impunite. Le risorse naturali sono confiscate e dilapidate da alcuni gruppi d’interesse. La cattiva gestione, le sottrazioni di fondi pubblici, l’esodo dei capitali verso banche estere, contro il quale la Chiesa in Africa aveva già levato la voce durante l’ultimo Sinodo [31], sono tutte forme di ingiustizia che restano impunite e contro le quali la Chiesa deve prestare la sua voce a coloro che non hanno voce.

58. I lavoratori agricoli sui quali si basa gran parte dell’economia africana sono vittime di ingiustizia nella commercializzazione dei loro prodotti, spesso pagati a prezzi molto bassi, fissati, paradossalmente, in alcune regioni, dagli stessi acquirenti. La popolazione già sfavorita non fa altro che diventare sempre più povera. La campagna di semina di organismi geneticamente modificati (OGM), che pretende di assicurare la sicurezza alimentare, non deve far ignorare i veri problemi degli agricoltori: la mancanza di terra arabile, di acqua ed energia, di accesso al credito, di formazione agricola, di mercati locali, infrastrutture stradali, ecc. Questa tecnica rischia di rovinare i piccoli coltivatori e di sopprimere le loro semine tradizionali rendendoli dipendenti dalle società produttrici di OGM. A ciò si aggiunge il problema del cambiamento climatico i cui effetti si fanno sentire nelle zone aride, compromettendo i modesti guadagni delle economie africane. I Padri sinodali possono restare insensibili a questi problemi che pesano sulle spalle dei contadini?

59. La dimensione socio-culturale della giustizia. Anche la cultura è luogo di ingiustizie da esaminare e sradicare, in particolare il nepotismo e il trialismo che sono dei camuffamenti del dovere d’aiuto al proprio “fratello”. In tutte le regioni la donna continua ad essere sottoposta a diverse forme di assoggettamento: violenze domestiche, espressione del dominio dell’uomo sulla donna; poligamia, che sfigura il volto sacro del matrimonio e della famiglia, anche mediante la competizione tra le mogli e i figli; la mancanza di rispetto della dignità e dei diritti delle vedove; la prostituzione; la mutilazione degli organi genitali femminili. Nel rapporto tra le nazioni, la globalizzazione è un fenomeno che occorre considerare nella sua dimensione legale, amministrativa e pratica, in quanto l’Africa è diventata vulnerabile di fronte all’invasione dei modelli delle potenze militari ed economiche.

60. Il sistema educativo resta inadeguato: classi in soprannumero e proporzioni anomale tra insegnanti e studenti o tra professori e studenti. I programmi educativi sono orientati alla formazione di chi è in cerca di impiego e non di chi vuole creare impiego. Per questo, il tasso di disoccupazione è galoppante in quanto non tutti riescono a farsi assumere. Tenuto conto dell’impegno della Chiesa nel sistema educativo, le Chiese particolari auspicano che gli appelli dei Padri sinodali orientino e stimolino la ricerca in coloro che hanno la responsabilità dei programmi.

2. Giustizia: le esperienze nella Chiesa

61. Così come nella società, le Chiese particolari riportano esperienze che sono contrarie alla giustizia: nella collaborazione con le donne, queste sono spesso ridotte a un rango inferiore. Nelle strutture della Chiesa, non sono sempre garantiti salari giusti. Inoltre, la gestione dei beni della Chiesa da parte dei Pastori manca, a volte, di trasparenza.

3. Per promuovere la giustizia: quali interrogativi?

62. L’Assemblea sinodale dovrebbe far sentire il grido dei poveri, delle minoranze, delle donne offese nella loro dignità, degli emarginati, dei lavoratori mal pagati, dei rifugiati e dei migranti, dei prigionieri che attendono una cappellania strutturata e non soltanto un cappellano. «È dovere di tutti, e specialmente dei cristiani, lavorare con energia per instaurare la fraternità universale, base indispensabile di una giustizia autentica e condizione di una pace duratura» [32].

 

III. Sulla via della pace

63. Cammini di pace sono stati aperti dai Pastori, dalle persone consacrate, dalle Comunità Ecclesiali Viventi, dai laici, individualmente o in associazioni. Restano ancora degli ostacoli da superare.

1. Pace: le esperienze della società

64. La dimensione socio-politica della pace. L’instabilità politica che compromette così gravemente la pace nel continente africano affonda le radici nella storia: la schiavitù, la colonizzazione e la neo-colonizzazione. Benché la migrazione interna ed estera delle popolazioni sia un fenomeno sociale normale, essa ha finito per diventare fonte di disordini e conflitti. La pace è certamente molto più del silenzio delle armi, ma i conflitti sono il sintomo della sua assenza (nella R.D. del Congo, nello Zimbabwe, in Somalia, in Sudan [Darfour], ecc.). Le transizioni politiche verso una gestione democratica del potere hanno mostrato al mondo scene fratricide orchestrate da partiti rivali.

65. La dimensione socio-economica della pace. Le risposte sottolineano che la disoccupazione, l’emigrazione intensa e clandestina e, soprattutto, gli investimenti esagerati nell’armamento vanno a sfociare nella violenza, mentre ci sono migliaia di poveri, già vittime d’ineguaglianze economiche e di ingiustizie sociali. A questo riguardo, il Santo Padre Benedetto XVI osservava che «vi sono i Paesi del mondo industrialmente sviluppato che traggono lauti guadagni dalla vendita di armi e vi sono le oligarchie dominanti in tanti Paesi poveri che vogliono rafforzare la loro situazione mediante l’acquisto di armi sempre più sofisticate»[33]. Le guerre che le regioni africane conoscono sono in gran parte legate all’economia in generale.

66. La dimensione socio-culturale della pace. Le vittime più colpite dagli attacchi alla pace sono le famiglie. La destrutturazione del tessuto familiare e l’influenza dei mass media hanno progressivamente provocato la delinquenza giovanile, la dissolutezza dei costumi, la dipendenza dalla droga, ecc. Ma alcuni ritengono che la ragione profonda dell’instabilità delle società del continente sia legata all’alienazione culturale e alla discriminazione razziale che, nel corso della storia, hanno generato un complesso di inferiorità, il fatalismo e la paura. Il disprezzo delle lingue africane e della letteratura orale africana ha comportato il rifiuto dei valori propriamente africani, tanto che i giovani, privi di punti di riferimento, diventano instabili.

2. Pace: le esperienze nella Chiesa

67. La Chiesa ha partecipato, a diversi livelli, a ristabilire la pace in un certo numero di Paesi, grazie all’insegnamento e all’azione dei suoi Pastori. Nei Grandi Laghi, ad esempio, le Conferenze Episcopali hanno lavorato a costruire la pace favorendo l’avvicinamento dei giovani dei Paesi in conflitto.

3. Per coltivare la pace: quali interrogativi?

68. Le Chiese particolari si aspettano che l’Assemblea rifletta sulla maniera di costruire una società di pace mediante l’aiuto reciproco, la disponibilità ad accogliere l’altro, il servizio fraterno ai più deboli (bambini, malati e anziani), la giustizia e l’amore tra fratelli e sorelle, il ristabilimento dell’autorità parentale nelle famiglie. «La famiglia – dice il Santo Padre Benedetto XVI nel suo Messaggio per la pace – è la prima e insostituibile educatrice alla pace […] perché permette di fare determinanti esperienze di pace» [34].

69. Dalle risposte emerge la convinzione che «Dio [...] può creare aperture per la pace là dove sembra che vi siano soltanto ostacoli e chiusure» [35], come ricordava Papa Giovanni Paolo II. Però, sottolineava ancora, «non c’è pace senza giustizia, non c’è giustizia senza perdono» [36]. Poiché «la vera pace, in realtà, è “opera della giustizia” (Is 32, 17[37], quella giustizia del Regno che incorpora e trascende i limiti della legalità e di cui la Chiesa Famiglia di Dio vuole essere a servizio. È così che si manifesta l’originalità del messaggio evangelico di riconciliazione, giustizia e pace.

 

CAPITOLO III
CHIESA FAMIGLIA DI DIO:
«SALE DELLA TERRA»
E «LUCE DEL MONDO»

70. Rispondendo alle domande dei Lineamenta, le Chiese particolari auspicano di aprire cammini di riconciliazione, giustizia e pace nel continente. Per questo, i Padri del Sinodo rifletteranno sul problema del radicamento delle loro comunità nella cultura africana, nella Tradizione viva della Chiesa e nei valori evangelici. Essi dovranno scoprire, per la Chiesa, il modo migliore di essere «sale» e «luce» nel cuore dell’Africa, in sinergia con la società africana e per essa.

 

I. Radicarsi in una cultura africana trasfigurata

71. Le Chiese particolari constatano che la sfida dell’inculturazione è più che mai cruciale per le nostre società africane le cui culture sono minacciate.

1. Le sfide della globalizzazione

72. Come ricordava il Santo Padre Benedetto XVI all’inizio dell’anno, «la famiglia umana [è] oggi ulteriormente unificata dal fenomeno della globalizzazione» [38]. In questo contesto mondiale in cui l’Africa è lesa, alcune risposte suggeriscono che i Padri del Sinodo cerchino le vie di un’azione della Chiesa a favore di una maggiore integrazione delle società e delle Nazioni del continente. In effetti, nell’attuale corsa dei Paesi industrializzati ad occupare le riserve minerarie più grandi del mondo, l’abbondanza delle risorse naturali del continente continua ad essere una fonte di minaccia alla pace, alla giustizia e alla riconciliazione, e le società inoltre rischiano di essere deturpate dalla logica dell’economia mondiale a scapito di ciò che costruisce la persona umana, cioè il meglio delle nostre tradizioni locali e della nostra fede [39].

2. La necessità del radicamento culturale

73. Il Vangelo si radica nel tessuto umano della cultura. Le società africane constatano, impotenti, la disgregazione delle loro culture. La Chiesa può formare cristiani autentici [40] solo prendendo seriamente in mano l’inculturazione del messaggio evangelico. In questo anno giubilare di San Paolo, le Chiese particolari auspicano che i Padri sinodali mettano la figura di San Paolo al centro delle loro riflessioni, poiché «l’Apostolo è stato un eccezionale arte­fice di inculturazione del messaggio biblico entro nuove coordinate culturali. È ciò che la Chiesa è chiamata a fare anche oggi […]. Essa deve far penetrare la Parola di Dio nella molteplicità delle culture ed esprimerla secondo i loro linguaggi, le loro concezioni, i loro simboli e le loro tradizioni religiose» [41].

3. Il lievito del Vangelo nei valori africani

74. Nelle risposte si evidenzia la necessità di una pastorale migliore, affinché le verità e i valori delle culture africane siano toccati e trasfigurati dal Vangelo. Ciò che il Servo di Dio Giovanni Paolo II diceva a questo riguardo resta una preoccupazione. L’«inculturazione – egli affermava – […] sarà realmente un riflesso dell’incarnazione del Verbo, quando una cultura, trasformata e rigenerata dal Vangelo, produce dalla sua propria viva tradizione espressioni originali di vita, di celebrazione, di pensiero cristiani» [42]. Radicandosi nella Scrittura – tradotta nelle lingue locali –, i cristiani saranno capaci di comprendere il Verbo di Dio e di ascoltarne la Parola. Essi gli obbediranno secondo l’accezione comune del verbo “ascoltare” nelle lingue africane, per vivere in maniera profonda i valori evangelici, senza tradirli con pratiche e comportamenti culturalmente ammessi ma contrari allo spirito di Cristo (cf. Mt 5, 17). Come dice l’Apostolo Paolo: «Io sono infatti persuaso che né morte né vita, né angeli né principati, né presente né avvenire, né potenze, né altezza né profondità, né alcun’altra creatura potrà mai separarci dall’amore di Dio, in Cristo Gesù, nostro Signore» (Rm 8, 38-39).

 

II. Attingere forza nella fede in Cristo

75. Nella maggior parte delle risposte, le Conferenze Episcopali sottolineano che il legame con Cristo, che ha costituito gli uomini figli di Dio mediante il battesimo, sostiene le comunità ecclesiali nella loro azione. Esse alimentano questa relazione mediante l’ascolto della Parola, la frazione del pane eucaristico e la pratica del Sacramento della riconciliazione (cf. At 2, 42).

1. La presenza operante di Cristo nelle nostre vite

76. Come un fermento nelle nostre vite, la fede in Cristo presente e operante ci impegna e ci rende capaci di solidarietà e condivisione con l’assistenza ai poveri, ai malati, agli orfani e alle vedove, in cui vediamo il Suo volto (cf. Mt 25), per trasmettere il Suo amore, la Sua bontà e la Sua compassione. È grazie a questa fede che noi, discepoli di Cristo, assolviamo coscienziosamente il nostro lavoro. Essa ci stimola ad occuparci delle parrocchie nella misura delle nostre possibilità e della formazione dei futuri sacerdoti e persone consacrate in seno alle Comunità Ecclesiali Viventi.

77. Questa fede ci rinvia a Cristo, modello e riferimento nella profondità dei nostri interrogativi. In Lui troviamo l’orientamento della nostra vita, mediante il discernimento della volontà di Dio nostro Padre nelle situazioni che affrontiamo, «essendo stato lui stesso provato in ogni cosa, a somiglianza di noi, escluso il peccato» (Eb 4, 15).

78. Poiché Gesù Cristo è Salvatore e Signore, abbiamo potuto prendere delle iniziative al fine di promuovere la riconciliazione, la giustizia e la pace. Nelle difficoltà, non siamo indietreggiati davanti alla lotta contro gli antivalori e siamo rimasti aggrappati alla nostra comunità di fede senza fuggire verso soluzioni facili di salvezza proposte dalle sette. Nei momenti di persecuzione la Signoria di Cristo ci ha riempiti di coraggio, temperanza e pace. Noi restiamo nella speranza poiché, come Egli diceva, «voi avrete tribolazione nel mondo, ma abbiate fiducia; io ho vinto il mondo!» (Gv 16, 33). E ancora: «Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28, 20).

2. Cristo, Pane di Vita

79. Come ricordava ancora la Dodicesima Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi sulla Parola di Dio, è alla tavola di Cristo Pane di Vita che i cristiani nutrono la koinonia («comunione fraterna» [43]), che trasmettono in seguito alla società.

L’incontro eucaristico

80. Nell’Eucaristia, Cristo resta in mezzo a noi e in ciascuno di noi. Donandosi a noi, confessano le Chiese particolari, Egli ci riunisce e fa di noi un popolo di figli e figlie di Dio riconciliati e in armonia con il Padre, e gli uni con gli altri affinché, a nostra volta, noi possiamo essere agenti di riconciliazione, artefici di pace e di giustizia. Partecipi dell’offerta di Cristo al Padre, noi possiamo vivere, in Lui, azioni e gesti di pace e riconciliazione, e acconsentire al sacrificio del dono di noi stessi. Poiché «Egli ha dato la sua vita per noi; quindi anche noi dobbiamo dare la vita per i fratelli» (1 Gv 3, 16), affinché il Regno del Padre si diffonda. La celebrazione eucaristica è vissuta allora nella sua dimensione di luogo di esperienza spirituale in cui il memoriale di Cristo ispira i nostri impegni, ci dona la forza per andare verso gli altri in testimonianza evangelica di fede e di amore.

81. L’Eucaristia è Sacramento d’amore. E là dove c’è l’amore, non sono ammessi l’odio, la vendetta e l’ingiustizia. Così, una comunità edificata dall’Eucaristia diventa autentico sacramento d’unità, fraternità e riconciliazione nel cuore dell’umanità. Poiché in essa il Signore vuole coronare di successo tutti i nostri sforzi diretti a fare del mondo un luogo di Gloria per il Padre suo, poiché «la gloria di Dio – dice Sant’Ireneo – è l’uomo vivente» [44].

82. È ancora in questo Sacramento che ci riconcilia con il Padre che otteniamo la guarigione delle nostre divisioni mediante la preparazione penitenziale, la pace di Cristo data e ricevuta e il Pane di Vita condiviso, in cui Gesù stesso ci nutre del suo Corpo e della sua Parola.

La forza della Parola di Dio

83. La Parola di Dio nutre la nostra fede e sostiene il nostro impegno. Essa ispira la vita personale, illumina gli avvenimenti quotidiani e offre criteri di discernimento nell’azione.

84. Forza di coesione e di costruzione di comunità cristiane e di società più giuste e più fraterne, la Parola di Dio ridinamizza e rivivifica i membri delle nostre comunità [45]. È importante dunque ascoltare, meditare ed approfondire la Parola, luogo privilegiato in cui si realizza il progetto meraviglioso di Dio sulla persona umana e sulla creazione. Le esperienze di certe famiglie in cui la Bibbia è al centro della loro vita e serve all’educazione dei figli e alle relazioni tra i genitori, attestano che la Parola di Dio ristabilisce l’armonia e la concordia nella casa, e rinsalda i legami familiari. La familiarità con la Parola di Dio ascoltata e condivisa in famiglia ammonisce le coscienze e protegge da derive quali il concubinato, l’adulterio e l’alcolismo. Essa mantiene lo sguardo dei suoi membri fisso su Gesù Cristo.

85. Queste esperienze ci invitano a lottare contro l’analfabetismo e a sollecitare una vasta solidarietà per ridurre il costo delle bibbie, affinché ciascun cristiano o almeno tutte le famiglie vi possano avere accesso. Se letta e spiegata in gruppi o nelle Comunità Ecclesiali Viventi, la Sacra Scrittura diventerà il fermento che rinnova e ricrea la nostra cultura affinché formi uomini e donne nuovi «nella misura che conviene alla piena maturità di Cristo» (Ef 4, 13).

Il sacramento della riconciliazione

86. Fedele al suo ministero di riconciliazione dell’uomo con Dio e degli uomini tra di loro, la Chiesa assicura ai suoi figli e figlie il servizio del sacramento di penitenza, riconciliazione e perdono. Attraverso la sua pratica abituale, i cristiani testimoniano che essi apprendono a guardare in faccia la loro vita per confessare l’esperienza della misericordia e della bontà di Dio [46] verso la loro miseria, il loro peccato e le loro mancanze d’amore [47]. Tale pratica sacramentale è diventata luogo autentico in cui la grazia di Dio li ha riconciliati con se stessi e con gli altri. Essi hanno progressivamente appreso ad entrare nella logica della riconciliazione (cf. Mt 6, 15; 18, 23-35). Una forma di celebrazione comunitaria del sacramento, secondo le norme della Chiesa, non potrebbe contribuire a medicare le ferite delle società lacerate da esperienze di violenza, di conflitti e di guerre?

 

III. Agire come Chiesa Famiglia di Dio

1. Figli e figlie dello stesso Padre nel Figlio unigenito

87. Benché provenienti da origini diverse, l’appartenenza a Cristo ci riunisce come fratelli e sorelle di una stessa famiglia di figli e figlie di Dio. In questo modo, essa ci invita a trasformare le nostre differenze tribali, etniche, razziali o di classe sociale, che a volte ostacolano il nostro camminare insieme, affinché l’acqua del battesimo sia più forte del sangue (cf. Gal 3, 27-28).

88. Poiché fondata sulla paternità di Dio, l’immagine della Chiesa come Famiglia ha messo in rilievo i valori familiari africani di solidarietà, condivisione, rispetto dell’altro, coesione, ecc. Questo modello ha aperto i cuori e gli animi a una gestione dei conflitti mediante il dialogo sotto l’arbre à palabre e mediante i riti di riconciliazione che, per noi discepoli di Cristo, sono la Parola di Dio, ascoltata e condivisa [48], il sacramento della penitenza e l’Eucaristia che suggella la comunione. È ciò che ci insegna l’esperienza dei sinodi diocesani, delle giornate sacerdotali, dei forum di fedeli laici e delle Comunità Ecclesiali Viventi.

2. Segno e strumento di riconciliazione

89. La Chiesa Famiglia diventa segno visibile e strumento di giustizia, di pace e di riconciliazione operate da Cristo a beneficio del genere umano, quand’essa vive in coerenza con la sua identità di famiglia «sale della terra» e «luce del mondo» [49]. Ne ha dato un esempio il Servo di Dio Giovanni Paolo II a Gorée (Senegal) nel 1992 e alla soglia del terzo millennio a Roma (12 marzo 2000). Dopo di lui, i Vescovi del SCEAM hanno ripreso il suo gesto a Gorée nel 2003.

La Chiesa sacramento di riconciliazione

90. La Chiesa nel continente africano ha occupato un posto ragguardevole nella riconciliazione in occasione dei conflitti. Essa gode, altresì, di una grande credibilità in molte società africane. Non è forse questo un invito ad un impegno più coraggioso a costruire ponti tra gli uomini? Ad esempio, poiché la forza di cui le comunità ecclesiali dispongono proviene loro dallo Spirito Santo, alcune di esse testimoniano che in nome della loro fede in Cristo, esse hanno il coraggio di intraprendere iniziative per riconciliare, al livello delle Comunità Ecclesiali Viventi, le coppie separate, le famiglie in conflitto e le comunità divise dei villaggi.

La riconciliazione autentica: guarigione per la giustizia e la pace

91. Come un seme gettato in terra che spinge senza che ce se ne accorga, così avviene per il Regno di Dio di cui la Chiesa è segno e strumento. L’efficacia della sua azione è invisibile agli occhi dell’uomo. La riconciliazione che Cristo continua ad operare attraverso di essa per l’unità del genere umano è una guarigione lenta e lunga che esige da tutti i cristiani che essi vi lavorino con la fede di Mosè che, «rimase saldo, come se vedesse l’invisibile» (Eb 11, 27). Guariti dall’unzione dello Spirito di Cristo, essi potranno operare per riconciliare gli uomini tra di loro e ristabilire la pace nei cuori e nella società.

 

IV. Impegnarsi per un’Africa riconciliata

92. È riconosciuto che la Chiesa è profondamente impegnata nella società africana al servizio di tutti attraverso le sue istituzioni educative e sanitarie e i programmi di sviluppo. Come possono queste altre istituzioni e comunità (Conferenze episcopali, diocesi, parrocchie, Comunità Ecclesiali Viventi) dare gli stessi segni?

1. La Chiesa, Famiglia per le Nazioni

93. Le Comunità Ecclesiali Viventi incarnano questa preoccupazione di convivialità familiare nella Chiesa. La vita cristiana a misura umana si vive in questo quadro. Le solidarietà positive come espressione della carità cristiana si sperimentano in maniera esemplare in queste comunità. In alcuni luoghi, la Parola di Dio è letta, condivisa e vissuta a questo livello. Diventa importante, pertanto, il ruolo degli animatori laici delle comunità per assicurare un servizio di leadership che aiuti i membri a crescere nella fede e nell’impegno per una società riconciliata, giusta e pacifica. Un lavoro teologico è senza dubbio auspicato in questo “luogo”.

94. La Chiesa prende la Famiglia come modello. Essa deve far sì che questa “chiesa domestica” sia a immagine della Sacra Famiglia in cui il dono totale di sé all’altro è contrassegnato da rispetto, disponibilità e collaborazione (cf. Mt 2, 13-14.19-23; Lc 2, 21ss.; Gv 2, 1-12; 19, 26-27; At 1, 14). I coniugi e la famiglia richiedono un’attenzione particolare. Il matrimonio tradizionale obbliga, a volte, i cristiani a vivere ai margini della loro comunità. Cosa fare affinché la celebrazione cristiana del matrimonio si radichi sempre più nella tradizione africana dell’alleanza matrimoniale e quest’ultima sia elevata e trasformata dai valori evangelici del matrimonio cristiano? [50] Quali disposizioni adottare per ridurre il costo, spesso molto elevato, dei matrimoni in Chiesa e incoraggiare i più poveri a celebrare questo Sacramento? La questione della coppia cristiana riguarda naturalmente quella della famiglia. La complessità del controllo delle nascite richiede che la Chiesa vi si dedichi con l’aiuto di esperti e in dialogo con i coniugi cristiani, nel rispetto dei valori culturali africani legati alla vita, nel rispetto della legge morale che la Chiesa insegna, e nell’utilizzo dei migliori consigli medici per la “pianificazione familiare naturale”.

95. D’altronde, con il calo della pratica cristiana si constata, in certe Chiese particolari, un affievolimento del tessuto familiare ecclesiale. Le ragioni sono varie. La mancanza di un progetto comune rallenta lo sforzo della Chiesa per la pace e la risoluzione dei conflitti. I cristiani sono resi fragili poiché non hanno una comprensione solida della loro fede per viverla e «rispondere a chiunque […] domandi ragione della speranza che è in [loro]» (1 Pt 3, 15). La Sacra Scrittura, che deve aiutarli in questo, non è ancora entrata nel loro modo di vita come fonte di apprendimento del cammino con Dio nel cuore del mondo e della storia. A volte, essi ricorrono perfino alla stregoneria e alle pratiche su deplorate, o si lasciano influenzare dalle ideologie politiche e dalle sette cristiane che attaccano la Chiesa cattolica. Per un gran numero di cristiani, la Chiesa è la gerarchia; essi non hanno presente la dimensione del corpo mistico con le sue molteplici membra. Non c’è dubbio che la mancanza di operai apostolici in certe Chiese particolari e i problemi economici che esse incontrano, indeboliscono la volontà di intraprendere progetti capaci di edificare questo sentimento di essere Chiesa. D’altronde, la Chiesa soffre del fatto che alcuni sacerdoti, religiosi e religiose danno a volte il cattivo esempio abbandonandosi a pratiche occulte – e ciò può perfino avvenire nelle preghiere di guarigione e di liberazione – e a lotte di posizione sociale, invece di dedicarsi al servizio degli ultimi.

 

2. Il servizio della società: salute, educazione e sviluppo socio-economico

96. In certe regioni del continente, le infrastrutture sanitarie, già insufficienti, non solo sono distrutte dalle guerre, ma rese anche inefficaci a seguito dell’incompetenza e della corruzione. L’espressione della solidarietà cristiana e africana si trova così messa a dura prova, e, in maniera singolare, proprio là dove il numero di malati colpiti da malattie endemiche è molto elevato. In altre regioni, le strutture sanitarie sono significative; esse sono in grado, difatti, di accogliere i malati, i feriti di guerra e altri bisognosi. Le mutue sanitarie inoltre concretizzano la volontà ecclesiale di solidarietà. Grazie, poi, all’aiuto della Caritas e delle Comunità Ecclesiali Viventi, ci si prende cura dei più poveri e dei malati di AIDS. In alcune Chiese particolari ci sono associazioni che accompagnano le famiglie nella pianificazione familiare secondo i metodi naturali. L’abnegazione e l’esemplare generosità del personale curante nelle istituzioni sanitarie rendono visibile la sollecitudine della Chiesa per i malati.

97. Per quanto riguarda il settore dell’educazione, numerose Chiese particolari hanno creato delle strutture, non senza difficoltà. Tuttavia, la loro gestione è difficile a causa della pletora di giovani e della mancanza di personale qualificato. Poiché non hanno spazi di divertimento e gioco per ricrearsi, i giovani si divertono in luoghi in cui la cattiva compagnia li trascina verso la droga e la violenza. Inoltre, essi sono vittime di abusi sessuali e di altri crimini, quando non sono arruolati come soldati nelle guerre o sfruttati per il lavoro nei campi o nelle miniere. La situazione peggiora quando si ha a che fare con gli orfani o, più in generale, quando mancano l’interesse, l’attenzione e il controllo della famiglia. Ora, i bambini, hanno i loro diritti [51]: lavorare con e per la gioventù, vuol dire pensare all’avvenire di tutta la società. Questo è un compito che si impone, pertanto, a tutti i cristiani. Le scuole cattoliche ne hanno la preoccupazione, ma quelle che non beneficiano di sovvenzioni fanno fatica a mantenersi o si mantengono a costi proibitivi per i poveri. Ciò nonostante, lo sviluppo delle università cattoliche nel continente è ragguardevole. Detto ciò, la dedizione al compito e l’attenzione agli alunni e agli studenti da parte di tutti coloro che lavorano nel settore educativo suscitano ammirazione e meritano l’incoraggiamento di tutta la Chiesa.

98. Al di là dei settori specifici della salute e dell’educazione, la grande maggioranza delle Chiese particolari si sono impegnate in differenti ambiti socio-economici al servizio dei poveri, dei rifugiati, dei nomadi e della gioventù. Esse hanno una preoccupazione particolare per i cattolici impegnati nella vita politica ed economica.

 

3. Il dialogo ecumenico

99. Grazie ad alcuni luoghi abituali di incontro, alla settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, alla traduzione della Bibbia nelle nostre lingue locali con l’Alleanza biblica, il dialogo tra cristiani in Africa, tutte le confessioni incluse, prosegue e meriterebbe di essere maggiormente stimolato.

100. Il desiderio di proseguire il dialogo con i nostri fratelli e sorelle cristiani si scontra, tuttavia, con alcuni ostacoli: da un lato, c’è una divergenza di riferimenti dottrinali, principi d’ermeneutica biblica, natura e missione della Chiesa, morale e disciplina ecclesiastica, nonché di stili liturgici; dall’altro, si innalzano diffidenza, rivalità tra gruppi di cristiani e un fondamentalismo mosso da complessi espressi, tra l’altro, da una mimetizzazione nell’abbigliamento (abiti clericali, insegne episcopali, paramenti liturgici). La mancanza di tolleranza e comprensione reciproca, nonché le accuse da ambo i lati, rendono molto difficili gli incontri. Nello spazio pubblico, la Chiesa cattolica è oggetto di una virulenta aggressione da parte delle sette cristiane, strumentalizzate dai politici per abbattere i valori che essa difende: famiglia, rispetto della dignità e della sacralità della vita umana, unità. Nonostante le sfide il dialogo deve proseguire, in particolare negli incontri nazionali e internazionali del Consiglio Ecumenico delle Chiese.

 

4. La relazione con la Religione Tradizionale Africana

101. La relazione pastorale suggerita con gli adepti della religione tradizionale africana è quella di uno studio benevolo di questa religione e della cultura che ne costituisce la matrice, al fine di identificare quegli elementi buoni e nobili che il Cristianesimo può adottare, purificando quelli che ritiene incompatibili con il Vangelo, al fine di forgiare una cultura di riconciliazione, di giustizia e di pace. Un approccio di questo tipo faciliterebbe la collaborazione con gli adepti di questa religione e contribuirebbe a una vera inculturazione nella Chiesa [52]. Si dovranno tuttavia distinguere gli adepti della RTA dagli sciovinisti che la difendono come patrimonio nazionale e ne fanno oggetto di orgoglio nazionale, benché non la pratichino.

 

5. Il dialogo con l’Islam

102. In certi luoghi, la convivenza con i nostri fratelli musulmani è sana e buona; in altri, invece, la diffidenza da entrambi i lati impedisce un dialogo sereno: i conflitti occasionati dai matrimoni misti ne sono una prova. L’intolleranza poi di certi gruppi islamici genera ostilità e alimenta i pregiudizi. Non aiutano neanche le posizioni dottrinali di alcune correnti a proposito della Jihad: come lavorare alla pace mediante il dialogo e la riconciliazione come ci chiede il Cristianesimo? La tendenza a politicizzare le appartenenze religiose è del resto un pericolo comparso laddove si era iniziato il dialogo. Tuttavia, all’interno delle crisi, in alcune regioni la collaborazione in materia di educazione civica ed elettorale si è rivelata fruttuosa. A volte i documenti delle Conferenze Episcopali sono stati accolti positivamente dai musulmani. Talvolta le strutture della Chiesa sono servite a comunità musulmane per distribuire beni ai poveri e ai bisognosi. Manifesta è la solidarietà di alcuni ambienti musulmani con la Chiesa quando questa organizza incontri di riflessione sui problemi della società: coesistenza pacifica, corruzione, povertà, ecc. Infine, il rispetto dell’identità religiosa dei bambini musulmani nelle nostre scuole cattoliche concorre, in maniera esemplare ed efficace, ad educare la società alla tolleranza e alla pace.

 

CAPITOLO IV
LA CHIESA FAMIGLIA DI DIO ALL’OPERA:
TESTIMONIANZA E NUOVE PROSPETTIVE

103. Dopo la Prima Assemblea Speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi, le Chiese particolari cercano di vivere gli orientamenti e le direttive di Ecclesia in Africa e di metterne in pratica le raccomandazioni, particolarmente in materia di giustizia, pace e unità secondo lo spirito della Chiesa Famiglia di Dio. Esse attendono dai Padri della Seconda Assemblea riflessioni rinnovate che li impegnino ancor più nello sforzo sul piano personale, comunitario e istituzionale, e li orientino nella ricerca di vie verso la riconciliazione, la giustizia e la pace.

 

I. La testimonianza di vita

104. Come discepoli di Cristo (Vescovi, sacerdoti, consacrati e fedeli laici) e muniti delle armi della fede, la risposta più appropriata che noi possiamo dare è la conversione sulla via della santità: attraverso l’ascolto della Parola, la vita sacramentale e gli esercizi spirituali; nell’accogliere la domanda che ci viene dal prossimo, dalla società e dagli avvenimenti; mediante uno sforzo di conversione morale, una coerenza tra la vita che conduciamo e la Parola che annunciamo, un esercizio fedele delle responsabilità affidate a ciascuno; per mezzo di opere di penitenza, misericordia e carità; con i nostri impegni sociali che vanno controcorrente rispetto ai criteri del mondo, e mediante uno stile di vita semplice, ispirato al Vangelo. La vera natura dell’evangelizzazione, infatti, è l’incontro personale di Gesù Cristo nella preghiera quotidiana, nei Sacramenti e nella vita spirituale, nella convinzione che «se il Signore non costruisce la casa, invano vi faticano i costruttori» (Sal 127, 1).

105. Maria, Madre Dio, resta il modello per eccellenza per la testimonianza dei discepoli di Cristo in Africa. In lei, ciascun cristiano impara l’ascolto obbediente della Parola di Dio che si fa carne nella sua vita. In effetti, il suo fiat l’avrebbe condotta fino ai piedi della croce (cf. Gv 19, 25ss.): ella mette al mondo il figlio nella povertà «perché non c’era posto per loro nell’albergo» (Lc 2, 7); si preoccupa per il figlio rimasto nel Tempio ma di lui medita le parole (cf. Lc 2, 41-52); si preoccupa della gioia dei giovani sposi di Cana e interviene presso il figlio in loro favore (cf. Gv 2); tiene compagnia ai discepoli nel Cenacolo nell’attesa dello Spirito Santo (cf. At 1, 14). Come può la Madre di Gesù occupare il posto che le compete in mezzo ai suoi figli provati e lacerati, e invitarli a fare tutto ciò che il Figlio dirà (cf. Gv 2, 5), accompagnandoli nuovamente negli avvenimenti gioiosi, dolorosi e gloriosi della vita quotidiana?

 

II. Gli attori e le istituzioni

1. Gli attori

106. In una Chiesa Famiglia di Dio, ciascuno ha il compito di svolgere la propria missione di modo che il corpo familiare agisca secondo lo spirito della famiglia, che è lo Spirito di Cristo, per un mondo che sia secondo il cuore di Dio. L’esempio di tanti Pastori e fedeli laici che hanno vissuto il martirio in nome della fede invita tutta la Chiesa in Africa ad impegnarsi in maniera risoluta sulla via della santità.

I Vescovi

107. La voce dei Vescovi, servitori della Parola, in comunione con il Vescovo di Roma, Pastore universale della Chiesa, risuona in periodo di crisi sociale come quella di chi veglia sulla città [53]. Di fronte ai problemi politici riguardanti le costituzioni, le elezioni, le ingiustizie, le violazioni dei diritti umani, ecc., una parola profetica da parte loro rappresenta una risposta alla sete di giustizia e di pace del popolo. Il loro coraggio e la loro audacia ne fanno esempi viventi di «sale della terra» e di «luce del mondo».

108. L’azione dell’episcopato in favore di un mondo riconciliato si manifesta attraverso le lettere pastorali, le riviste che diffondono una cultura della pace e la divulgazione della dottrina sociale della Chiesa al maggior numero di cristiani. La creazione e il sostegno di strutture appropriate e il loro impegno nel dialogo ecumenico ed interreligioso, con la preoccupazione dell’unione dei cuori, contribuiscono a forgiare un ambiente di pace. E negli abissi che separano i dirigenti dai cittadini, il dialogo stabilito con i leader politici e l’informazione trasmessa ai cristiani contribuiscono alla pacificazione.

109. Per favorire o ristabilire la giustizia e la pace in seno alla Chiesa, si auspica che i Vescovi nominino sacerdoti e religiosi che seguano criteri oggettivi e non etnici. Spetta alla Chiesa Famiglia di Dio di dotarsi di gruppi di mediazione ai vari livelli. Capita a volte, in effetti, che il dialogo tra il Vescovo, il suo presbiterio o l’altra porzione del suo popolo faccia difficoltà ad intrecciarsi. Nel caso, poi, in cui l’uno o l’altro membro sia responsabile e colpevole di abuso, spetta all’autorità competente restaurare la fiducia e ricucire il tessuto familiare ecclesiale.

110. L’unità collegiale dei Vescovi tra di loro è essenziale. Essa si costruisce e si consolida attraverso la fraternità affettiva ed effettiva e la condivisione delle esperienze pastorali. A questo fine, la definizione di metodi appropriati, l’elaborazione di programmi pastorali efficaci, la predisposizione del tempo necessario e l’adozione di un linguaggio giusto si rivelano importanti.

I sacerdoti

111. Nel loro compito di collaboratori saggi e avveduti dei Vescovi, i sacerdoti [54] condividono in molteplici maniere il ministero dell’insegnamento, in particolare attraverso la predicazione domenicale, che faranno attenzione a preparare con cura, poiché questa occasione permette loro di far sentire ai cristiani l’appello ad essere artefici di giustizia, di pace e di riconciliazione. Alla stessa maniera, anche l’amministrazione dei Sacramenti è luogo d’educazione e formazione della sensibilità dei cristiani a questi stessi valori, alla luce dei quali ciascuno è invitato ad esaminare il proprio cammino alla sequela di Cristo.

112. Nella vita quotidiana i sacerdoti incontrano diversi gruppi di fedeli (consigli parrocchiali e altri). Si tratta, per loro, di un’opportunità per iniziare, guidare e moderare la revisione di vita alla luce del Vangelo per un’esistenza cristiana autentica. Infondere uno spirito d’amore e verità, di giustizia e pace nelle esortazioni ai loro fedeli, nell’arbitraggio dei conflitti matrimoniali e familiari, nel sostegno agli emarginati e a coloro che sono isolati e nell’applicazione dei programmi ecclesiali, resta una risposta singolare di cui essi devono fare generosamente uso.

Le persone consacrate

113. Gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica [55] hanno conosciuto una forte crescita delle vocazioni, segno del dinamismo della Chiesa in Africa [56]. Alcune risposte vi vedono una fonte di “energia spirituale” che alimenta la Chiesa. Con i loro carismi e il loro impegno specifico nella Chiesa, essi lavorano a diffondere il Regno di giustizia, di pace e d’amore di Cristo, mediante la guida dei giovani (quelli che frequentano la scuola, quelli di strada, ecc.), l’aiuto ai poveri, alle donne (in particolare alle vedove), la cura dei malati e dei diversamente abili. Da parte loro, una manifesta collaborazione con l’Ordinario locale contribuirà a rendere visibile la comunione di cui la Chiesa Famiglia vuole essere segno profetico per l’Africa, nel cuore delle nostre società divise.

114. Le consacrate, con la loro vita e il lavoro in comunità, con Maria, Madre di Dio, come modello, contribuiscono a rivelare ancora di più una dimensione di Dio, mediante il loro genio femminile fatto di dolcezza, tenerezza e disponibilità nell’ascolto come Maria, la sorella di Lazzaro (cf. Gv 11) o la Samaritana (cf. Gv 4), o il servizio fraterno come Marta (cf. Lc 8; Gv 11). La risposta alle sfide della riconciliazione, della giustizia e della pace mediante la vicinanza sembra trovare migliore espressione nella donna, con i suoi doni. È anche e in gran parte attraverso di Lei e con Lei, come prima collaboratrice nella missione di evangelizzazione, che dobbiamo cercare nuove risposte alle sofferenze delle nostre società africane.

I fedeli laici nella Chiesa

115. In generale, quando è ispirato dai valori evangelici l’impegno dei cristiani nella società aggiunge un sapore particolare. Numerosi cristiani laici, individualmente o in associazione (di donne, giovani, per professione, ecc.), danno prova di coraggio tenendo alta la fiaccola della fede negli ambienti in cui la giustizia e la pace sono calpestati. Essi si mostrano autentici agenti di riconciliazione, grazie, in particolare, all’azione cattolica e alle associazioni apostoliche o spirituali di fedeli.

116. I catechisti, araldi del Vangelo, continuano ad essere animatori preziosi delle comunità cristiane [57]. Per migliorarne il contributo, occorre dare loro una solida formazione biblica e dottrinale, e una giusta remunerazione affinché possano prendersi degnamente cura della loro famiglia e ai loro figli.

117. La testimonianza di numerose cristiane nelle situazioni di conflitti conferma che il genio femminile assunto nello Spirito di Cristo genera una cultura di pace e non di violenza, di vita e non di morte, d’umanità e non di barbarie. Il ruolo delle donne sarebbe più efficace se la Chiesa Famiglia affidasse loro una missione più visibile o le impegnasse in maniera più schietta, in quanto esse umanizzerebbero molto di più le società africane.

118. Gli uomini, nei loro ruoli di coniugi, padri o capifamiglia, devono lavorare a mantenere l’unità familiare, favorendo la pace, relazioni giuste, rapporti armoniosi con altre famiglie nelle Comunità Ecclesiali Viventi, e facendosi artefici di riconciliazione, di giustizia e di pace nelle varie associazioni e movimenti di fedeli laici di cui sono membri.

 

2. Strutture e istituzioni ecclesiali

119. Oltre all’esempio delle nostre vite, le istituzioni devono portare i segni dello spirito evangelico di cui San Paolo ha annunciato il frutto: «carità, gioia, pace, longanimità, benignità, bontà, fedeltà, mitezza, temperanza» (Gal 5, 22-23).

Le Conferenze Episcopali

120. Contro tutto ciò che opprime gli uomini e le donne nella società, le lettere pastorali delle Conferenze Episcopali danno la testimonianza di una Chiesa Famiglia che si preoccupa dell’unità. Il loro sostegno alle Commissioni Giustizia e Pace e alle altre istituzioni ecclesiali che lavorano nell’ambito della giustizia, della pace e della riconciliazione, è particolarmente prezioso; l’attenzione pastorale ai fedeli laici impegnati nei servizi pubblici e privati, e alle varie corporazioni di mestieri mediante la presenza dei cappellani, indica fortemente che «le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo, e nulla Vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore» [58].

Il Simposio delle Conferenze Episcopali d’Africa e Madagascar

121. La visita di Vescovi o di cristiani cattolici di altri continenti per scambi di esperienze sulla pace, per una partnership e un sostegno ecclesiali tanto a livello tecnico quanto finanziario rafforza lo slancio delle Chiese particolari e invia a tutti i cristiani un messaggio positivo di solidarietà della Chiesa universale. Come esempio, citeremo le relazioni del Simposio delle Conferenze Episcopali d’Africa e Madagascar (SCEAM/SECAM) con le Conferenze Episcopali d’Asia e d’Europa, che bisogna incoraggiare; incontri di questo genere esistono anche a livello delle Conferenze Episcopali nazionali e regionali.

122. Uno sviluppo della partnership dei laici tra le Chiese dei vari continenti favorirebbe lo scambio di esperti nei vari ambiti che riguardano la pace e la giustizia, e potrebbero collaborare nelle istanze internazionali per la causa della giustizia e della pace in nome della loro fede comune in Gesù, Principe della Pace.

Le Commissioni Giustizia e Pace

123. A tutti i livelli organizzativi delle nostre Chiese particolari, le Commissioni Giustizia e Pace si sono sforzate di destare e formare le coscienze dei fedeli affinché questi diventino sale del mondo e luce della terra. Esse hanno formato al rispetto dei diritti del cittadino e alla lotta contro l’impunità, i crimini di guerra e contro l’umanità, il trattamento indegno dei prigionieri, ecc. In periodo elettorale, alcune Commissioni Giustizia e Pace hanno proposto programmi d’educazione civica ed elettorale. Grazie ai loro interventi, è stato possibile riflettere su determinate carenze presenti tanto nella società quanto nella Chiesa. In quelle Chiese particolari che non dispongono di Commissioni Giustizia e Pace, sono la Caritas e altre istituzioni ad assicurare gli stessi compiti.

124. Quanto all’azione, esse si sono mostrate attive nell’accompagnamento delle vittime di ogni tipo di violenza, soprattutto le donne e i bambini, nella loro ricerca di giustizia. In alcuni Paesi, hanno partecipato all’osservazione elettorale.

125. Alcune risposte ai Lineamenta ritengono che la Commissione Giustizia e Pace risponderebbe maggiormente e in maniera più efficace alla sua missione, se fosse meglio compresa. Essa infatti, dicono, è vista spesso come uno strumento atto ad incoraggiare i laici a lottare per la giustizia e non come un vero veicolo di evangelizzazione, attraverso la sua azione per la riconciliazione, la giustizia e la pace. Come aiutare a far meglio comprendere le Commissioni Giustizia e Pace?

I grandi seminari e case di formazione religiosa

126. Se i servitori della Chiesa Famiglia devono essere guide e modelli delle comunità cristiane, artefici di pace, riconciliatori e uomini giusti, si impone un maggiore discernimento nella scelta e nella formazione solida dei futuri sacerdoti[59]e delle persone consacrate. Occorre, inoltre, che la loro formazione prenda in considerazione le sfide della vita reale delle comunità cristiane in cui differenti etnie, tribù, razze e origini sociali sono chiamate a vivere unite dalla stessa fede in Cristo. A questo scopo, l’implicazione dei laici, uomini e donne, nella formazione dei futuri sacerdoti contribuirebbe a renderli maturi ed equilibrati.

127. La formazione di consacrate capaci di essere collaboratrici a pieno titolo nella vigna del Signore richiede una revisione del loro programma di formazione di modo che vi figurino ufficialmente la disciplina filosofica e quella teologica. Il valore e l’efficacia dell’insegnamento della Chiesa sulla donna si esprime con il posto che occupano le donne consacrate nella collaborazione pastorale.

I programmi di formazione

128. Le Chiese particolari hanno risposto alle sfide sociali proponendo programmi di formazione alla luce della dottrina sociale della Chiesa [60], che aspirano a promuovere una società più giusta, più fraterna e prospera. L’intento della formazione, in ambiti quali il diritto, le tradizioni, la pace e lo sviluppo, l’educazione civica ed elettorale, la riconciliazione e il buon governo, l’alfabetizzazione, la prevenzione sanitaria e la condotta di vita (nel caso dell’HIV/AIDS ad esempio) e molti altri ancora, è stato quello di preparare i figli dei nostri Paesi a diventare attori a pieno titolo, responsabili nella gestione degli affari pubblici. Si fa sentire, altresì, il bisogno di associare gli operatori pastorali a programmi di questo genere affinché partecipino in maniera più efficace ad edificare una cultura di riconciliazione, giustizia e pace.

129. Si apprende a risanare il tessuto delle relazioni sociali mediante un processo di riconciliazione in profondità (gestione dei conflitti), con un accento particolare sulla giustizia, condizione di una pace vera. I cittadini, cristiani e non cristiani, imparano a partecipare alle decisioni che prendono i dirigenti e che riguarderanno la loro vita, a controllare il lavoro di coloro che sono stati eletti e a partecipare alla gestione delle ricchezze del loro Paese. Innanzitutto, viene dedicata una cura particolare alla formazione della coscienza, soprattutto quella dei giovani, poiché è con loro che si gioca l’avvenire delle nostre società.

130. Alcune difficoltà si manifestano nella diffusione e nell’attuazione completa dei programmi. L’implicazione delle strutture diocesane, parrocchiali e delle Comunità Ecclesiali Viventi non sarebbe una via possibile?

Le istituzioni sanitarie

131. Persone qualificate e competenti scelte su questa base saranno veri servitori della pace del cuore e del corpo, capaci di affrontare le sfide attuali. Il servizio di qualità offerto da queste istituzioni, aperto a tutti, senza distinzione di razza, tribù, etnia o religione, contribuisce a fare della Chiesa cattolica un’artefice di pace nei nostri Paesi.

132. Con una buona pianificazione del rinnovamento del personale e della manutenzione del materiale, e la creazione di strutture per cure specialistiche con la possibilità di un controllo medico rigoroso, le istituzioni ecclesiali sanitarie potranno contribuire a edificare una società che rispetti la dignità umana, dal primo momento della vita al suo termine naturale: «Come non preoccuparsi dei continui attentati portati alla vita, dal concepimento fino alla morte naturale?» si domandava il Santo Padre Benedetto XVI, nel vedere con sorpresa che in regioni come l’Africa, in cui la cultura del rispetto della vita è tradizionale, si tenti di banalizzare l’aborto con il Protocollo di Maputo [61]

Le istituzioni educative

133. L’implicazione della Chiesa nel sistema educativo è un atto evangelico fondamentale per salvare tutto l’uomo, al fine di preparare la società di domani, sana, pacifica e responsabile. Nelle regioni o Paesi in cui le istituzioni ecclesiali sono state confiscate dallo Stato, vengono compiuti sforzi per la loro restituzione, al fine di poterli rimettere al servizio delle popolazioni.

134. Affinché i servizi educativi possano migliorare, occorre perfezionare le condizioni degli insegnanti e la loro competenza, offrire, in dialogo con lo Stato, una formazione scolastica alla portata di tutti, includere i genitori nella guida dei giovani mediante associazioni e seminari sull’educazione, proporre un programma di educazione integrale (intellettuale, morale, spirituale, umana e professionale), incoraggiare l’istituzione del tutor e gli scambi di programmi, riconoscere i meriti e assumere iniziative d’autofinanziamento. Si tratta di vie importanti per un avvenire di pace e prosperità.

Le università

135. Le università devono rispondere alla loro vocazione di universitas mostrando l’esempio di integrazione dell’unità nella diversità (unitas in diversis), in un lavoro di ricerca accademica di altissimo livello, in cui le scienze sono in dialogo con la Parola di Dio, fonte di pace autentica per gli spiriti di verità: verità dell’uomo (individuo e società), verità di Dio. Fedeli alla loro identità cattolica e aiutate da un programma d’introduzione alla teologia cattolica per tutti gli studenti, ad esempio, le università cattoliche si riveleranno promotrici di un’autentica apertura all’universale, antidoto contro i ripiegamenti d’identità.

136. Risposte effettive o potenziali delle nostre università e istituzioni accademiche alle sfide della riconciliazione, della giustizia e della pace, sono l’insegnamento dei diritti fondamentali della persona umana, l’introduzione di un pubblico più vasto di gente semplice al senso delle leggi del loro Paese, la proposta di conferenze-dibattiti sulle questioni di corruzione, povertà ed ingiustizia, e la produzione di studi seri sulla cultura della giustizia e della pace in ambito urbano e rurale, per raggiungere una trasformazione.

3. I fedeli cristiani nella società

137. La Chiesa agisce nella società come comunità e attraverso i suoi membri, in particolare i fedeli laici. La fiducia acquisita dalla Chiesa nella società è il frutto dell’azione dello Spirito Santo che anima la fede dei cristiani in Cristo e ne sostiene l’impegno. Sull’esempio della Santa Famiglia di Nazareth, una famiglia cristiana [62] che vive secondo i valori d’amore e fraternità, compassione e misericordia, apertura alle altre famiglie (cf. Lc 2, 44) e la cui sicurezza economica è sufficiente, diventa un ambiente di serenità, pace ed armonia contagiosa. Poiché la famiglia è la cellula della società, occorrerà promuovere famiglie di questo tipo in numero tale da avere un grande impatto sulla società e sulla Chiesa. Questa fede è vissuta in maniera disinteressata nel far giungere l’aiuto ai poveri, agli emarginati, ai deboli, nel partecipare attivamente alla risoluzione dei problemi sociali e nel cercare con determinazione l’unità. Tuttavia è attraverso i laici, messaggeri a pieno titolo del Vangelo, che la Chiesa assicura la sua presenza effettiva in seno alle istituzioni secolari.

In politica

138. Luce del mondo, secondo lo spirito del Vangelo, sono coloro che si sono dedicati con abnegazione e coraggio, spirito di servizio e preoccupazione del bene comune, al rispetto dei diritti umani, e che lottano contro la dittatura e la corruzione, per una gestione sana ed onesta di tutte le risorse naturali e umane, sacrificandosi per costruire e consolidare la democrazia affinché nello Stato regni il diritto. Grazie a questi uomini e queste donne che danno credibilità all’azione politica, la testimonianza cristiana forgerà una cultura di vita, di pace e giustizia nelle nostre società africane. Una più ampia presenza nella leadership da parte dei cristiani, testimoni dei valori di credibilità, responsabilità, giustizia, probità, ecc., darà una diversa qualità alla politica africana.

Nelle forze armate

139. Uomini e donne impegnati nelle forze armate hanno visto tra le loro fila compagni d’armi, membri della Chiesa, testimoniare un patriottismo esemplare nel rispetto della deontologia militare, dei beni e delle persone, garantire la sicurezza dei più deboli in periodo di conflitti e anche di guerra, e mostrarsi pronti a difendere l’integrità territoriale del loro Paese in ogni momento. Si tratta di valori che dovrebbe incarnare ogni cristiano arruolato nelle forze armate in Africa, affinché siano uno strumento di giustizia e pace. Questi cristiani, consapevoli dei pericoli delle armi, devono far sentire la loro voce contro la vendita delle armi in zone di conflitto, reclamare la forza della legge e non quella delle armi, opporsi all’arruolamento dei bambini e obbedire a Dio piuttosto che agli uomini (cf. At 5, 29).

Nell’economia

140. Deve essere incoraggiato e sostenuto l’esempio di numerosi cristiani che, in nome della propria fede, creano imprese o gestiscono quelle pubbliche in maniera efficace ed edificante: essi vivono del proprio lavoro, producono ricchezza, pagano le imposte e tutte le tasse per la Tesoreria dello Stato, corrispondono salari giusti, lottano contro lo spreco delle risorse naturali, regolamentano i meccanismi d’import/export, ecc. Queste forze vitali devono crescere sempre più poiché sono esse che, con la loro capacità di trasformazione, arresteranno la miseria e la povertà. Inoltre, questi cristiani modello devono diventare mediatori tra le popolazioni impotenti e le strutture internazionali del commercio (per esempio l’Organizzazione Mondiale del Commercio), i finanzieri capaci di concedere crediti, ecc., per migliorare la condizione di lavoro dei più deboli: proteggere la loro produzione, facilitare lo smercio dei loro prodotti a un giusto prezzo.

Nell’educazione

141. In alcune regioni, i giovani cattolici [63] si fanno propagatori dei valori evangelici, trasmettendo ciò che essi stessi hanno ricevuto come educazione cristiana alla vita e all’amore. Spetta, pertanto, a tutti gli adulti cristiani il compito di trasmettere ai giovani i valori del discepolo di Cristo affinché essi, a loro volta, diventino sale e luce. Ciò avverrà in maniera tanto più efficace quanto più essi entreranno in contatto con leader autentici che incarnano i valori trasmessi nell’insegnamento, ad esempio lo sforzo e l’assiduità nel lavoro, e il cui esempio si presenta come una parola veramente persuasiva.

Nella salute

142. Nella loro formazione, gli operatori sanitari si impegnano, con il giuramento di Ippocrate, a proteggere la vita. I cristiani del corpo medico in Africa hanno dato il tono con competenza, coraggio e a volte eroismo nella protezione della vita dagli inizi (rifiutando l’aborto) al suo termine (rifiutando l’eutanasia), nell’assistenza dedita alle vittime dell’HIV/AIDS, ecc. Esempi di questo genere si devono far conoscere e si devono proporre come modello. Occorre, inoltre, che alcune infrastrutture sanitarie, promotrici di questo spirito evangelico, aprano ai più poveri l’accesso alle cure mediche. Se i fedeli del corpo sanitario aiuteranno a migliorare l’igiene e la salute delle fasce più abbandonate della società, ridurranno i focolai di rivolta ed aggressività che incancreniscono il corpo sociale e compromettono la pace.

Negli ambienti della cultura

143. Nell’ora in cui la globalizzazione tende a veicolare sempre più il dominio di un unico modello culturale e la negazione della vita, mettere in rilievo i valori delle culture africane come ricchezza del creato e purificarli di tutto ciò che aliena e avvilisce, può contribuire all’avvento, in Africa, di società riconciliate con se stesse, pacifiche e felici di vivere insieme piuttosto che in inimicizia e nell’odio.

Nei mass media

144. I mass media e le nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione sono il nuovo areopago del nostro secolo. Poiché favoriscono l’incontro dei popoli e delle culture, e aprono al mondo, i media sono uno spazio efficace di formazione delle coscienze e di sensibilizzazione, e degno di lode è lo sforzo dei fedeli ansiosi di annunciarvi i valori evangelici di pace, misericordia, amore e unità. Essi devono essere incoraggiati affinché, sul loro esempio, un numero sempre più grande di cattolici diffondano nelle nostre città africane, per mezzo di questi mezzi, informazioni giuste, credibili e costruttive, come pure messaggi di gioia, amicizia ed amore fraterno.

Negli organismi internazionali

145. Adottare l’opzione preferenziale per i poveri – poiché rifiutare di essere povero è la rivendicazione di un diritto umano fondamentale, fondato sulla destinazione universale dei beni della terra – [64], lottare per ridurre il debito dei Paesi poveri e trascendere le barriere di ogni tipo (razza, tribù, regione, nazione e ideologia) in nome della comune umanità e della dignità dei figli di Dio, è un compito che i cristiani si sono assegnati all’interno degli Organismi internazionali. È questo uno sforzo che contribuisce a edificare un’Africa di pace e di vita. Si farebbe un passo avanti informando le popolazioni sul ruolo e la funzione delle istituzioni internazionali, ottenendo che numerosi fedeli si impegnino presso queste istanze affinché sia spezzato il giogo del debito dei Paesi poveri.

 

Conclusione

146. La Seconda Assemblea Speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi è un momento importante per la Chiesa Famiglia di Dio in Africa. Essa è un kairos (cf. Mc 1, 15). Come diceva l’Apostolo Paolo ai Corinzi, «ecco ora il momento favorevole, ecco ora il giorno della salvezza» (2 Cor 6, 2). Questo tempo è favorevole a una riconciliazione di ciascuna persona con Dio e con gli altri, una riconciliazione che genera giustizia e pace. Come Gesù stesso mediante la croce, tutti i discepoli di Cristo in Africa – che hanno accolto la Parola «con la gioia dello Spirito Santo anche in mezzo a grande tribolazione» (1 Ts 1, 6) – devono abbattere «il muro di separazione che era frammezzo, cioè l’inimicizia» (Ef 2, 14). In effetti, «la tribolazione produce pazienza, la pazienza una virtù provata, e la virtù provata la speranza […] perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato» (Rm 5, 3-5). È Lui che dirige «i nostri passi sulla via della pace» (Lc 1, 79) e ci affida il «ministero della riconciliazione» (2 Cor 5, 18).

147. Il bisogno di riconciliazione nell’oggi del continente è quanto mai urgente. La riconciliazione, di cui l’Africa ha sete affinché si rigeneri la famiglia umana, si ottiene mediante una giustizia più che umana, una pace più profonda dell’assenza delle guerre e del silenzio delle armi. Con il Santo Padre Benedetto XVI, i fedeli sono invitati a implorare lo Spirito Santo che ci ha riconciliati nel Figlio e che opera nel cuore degli uomini. «Lo Spirito è anche forza che trasforma il cuore della Comunità ecclesiale, affinché sia nel mondo testimone dell’amore del Padre, che vuole fare dell’umanità, nel suo Figlio, un’unica Famiglia» [65]. Convinti che «in un mondo lacerato da lotte e discordie [tu Dio] lo rendi disponibile alla riconciliazione», gli uomini offrono le loro sofferenze e operano affinché «gli avversari si stringano la mano e i popoli si incontrino nella concordia»[66] (cf. 2 Cor 5, 18), poiché la civiltà dell’amore è un compito di cui nessuno si deve stancare.

148. Fedele alla sua vocazione di annunciare il Vangelo, Buona Novella, la Chiesa Famiglia di Dio in Africa vuole essere sempre più disponibile per la missione ad intra, nel continente stesso, e ad extra, verso le Chiese particolari negli altri continenti che la sollecitano [67]. In questa disponibilità ad essere «testimoni […] fino ai confini della terra» (At 1, 8), i cristiani e le comunità ecclesiali del continente vogliono aprire i loro cuori anche agli immigrati provenienti da altri Paesi e da altri continenti. Questa dinamica evangelica rafforzerà il servizio della Chiesa Famiglia di Dio verso la riconciliazione, la giustizia e la pace.

149. Con Maria, restiamo disponibili all’azione dello Spirito affinché esso rinnovi, in noi e attraverso di noi, la faccia della terra:

Santa Maria,
Madre di Dio, Protettrice dell’Africa,
tu hai dato al mondo la vera Luce, Gesù Cristo.
Con la tua obbedienza al Padre
e per mezzo della grazia dello Spirito Santo
ci hai dato la fonte della nostra riconciliazione e della nostra giustizia,
Gesù Cristo, nostra pace e nostra gioia.

Madre di tenerezza e di saggezza,
mostraci Gesù, il Figlio tuo e Figlio di Dio,
sostieni il nostro cammino di conversione
affinché Gesù faccia brillare su di noi la sua Gloria
in tutti i luoghi della nostra vita personale, familiare e sociale.

Madre, piena di Misericordia e di Giustizia,
con la tua docilità allo Spirito Consolatore,
ottieni per noi la grazia di essere testimoni del Signore Risorto,
affinché diventiamo sempre più
sale della terra e luce del mondo.

Madre del Perpetuo Soccorso,
alla tua intercessione materna affidiamo
la preparazione e i frutti del Secondo Sinodo per l’Africa.
Regina della Pace, prega per noi!
Nostra Signora d’Africa, prega per noi!

 

[1] Cf. S. Cipriano di Cartagine, De Catholicae Ecclesiae unitate: SC 500.

[2] Le denominazioni variano ma la realtà è la stessa: Comunità Ecclesiale Vivente (CEV); Comunità Cristiana di base (CCB).

[3] Cf. Seconda Assemblea Speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi, Lineamenta, Prefazione di S.E. Mons. Nikola Eterović, Città del Vaticano 2006, p. IV.

[4] Cf. Giovanni Paolo II, Esortazione Apostolica Postsinodale Reconciliatio et paenitentia (02.12.1984), 2: AAS 77 (1985) 186-188.

[5] Cf. Giovanni Paolo II, Esortazione Apostolica Postsinodale Ecclesia in Africa (14.09.1995), 113-114; 120: AAS 88 (1996) 66-68; 71.

[6] Cf. Benedetto XVI, Angelus (22.02.2009): L’Osservatore Romano (23-24.02.2009), p. 1; S. Ignazio d’Antiochia, Ad Romanos, Pref., Funk F., Opera Patrum Apostolicorum, vol. 1, Tubingae 1897, p. 124; Concilio Ecumenico Vaticano II, Lumen gentium, 13.

[7] Cf. idem, 105-139 et passim: AAS 88 (1996) 63-80.

[8] Cf. idem, 108: AAS 88 (1996) 65.

[9] Seconda Assemblea Speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi, Lineamenta, 1, Città del Vaticano 2006, p. 1.

[10] Cf. Giovanni Paolo II, Esortazione Apostolica Postsinodale Ecclesia in Africa (14.09.1995), 70: AAS 88 (1996) 45.

[11] Cf. idem, 106: AAS 88 (1996) 64.

[12] Cf. idem, 58: AAS 88 (1996) 37.

[13] Cf. idem, 89: AAS 88 (1996) 56.

[14] Cf. AMECEA-IMBISA, Message The Role of the Church in Development in the Light of the African Synod (20.08.1995), § 6.

[15] Cf. Giovanni Paolo II, Esortazione Apostolica Postsinodale Ecclesia in Africa (14.09.1995), 80: AAS 88 (1996) 52.

[16] Cf. idem, 115: AAS 88 (1996) 68-69.

[17] Cf. idem, 17; 70: AAS 88 (1996) 13; 45.

[18] Cf. idem, 68: AAS 88 (1996) 42-44.

[19] Cf. idem, 106: AAS 88 (1996) 64.

[20] Cf. idem, 71; 124: AAS 88 (1996) 46; 72-73.

[21] Cf. idem, 109: AAS 88 (1996) 65.

[22] Cf. idem, 116: AAS 88 (1996) 69.

[23] Cf. idem, 104: AAS 88 (1996) 63.

[24] Symposium des Conférences Épiscopales d’Afrique et Madagascar (SCEAM-SECAM),Actes della 7ème Assemblée Plénière (Kinshasa 1984) 167.

[25] Cf. Pontificio Consiglio per la Pastorale dei migranti e degli itineranti, Istruzione Erga migrantes caritas Christi (03.05.2004), 10: AAS 96 (2004) 767-768.

[26] Cf. Seconda Assemblea Speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi, Lineamenta, 20, Città del Vaticano 2006, pp. 13-14.

[27] Cf. Concilio Ecumenico Vaticano II, Gaudium et spes, 78; Pontificio Consiglio per la Giustizia e la Pace, Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, 134.

[30] Benedetto XVI, Discorso ai Vescovi del Mali in visita Ad limina (18.05.2007): L’Osservatore Romano (18-19.05.2007), p. 5.

[31] Cf. Giovanni Paolo II, Esortazione Apostolica Postsinodale Ecclesia in Africa (14.09.1995), 113: AAS 88 (1996) 66-67.

[32] Paolo VI, Lettera Apostolica Octogesima adveniens (14.05.1971), 17: AAS 63 (1971)  414.

[34] Idem, 3: L’Osservatore Romano (12.12.2007), p. 4.

[36] Idem, 15: AAS 94 (2002) 139.

[37] Idem, 3: AAS 94 (2002) 133.

[39] Cf. Giovanni Paolo II, Esortazione Apostolica Postsinodale Ecclesia in Africa (14.09.1995), 48: AAS 88 (1996) 31.

[40] Cf. idem, 47: AAS 88 (1996) 30.

[41] XII Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi (2008), Verbum Domini in vita et missione Ecclesiae, Messaggio, 15.

[42] Giovanni Paolo II, Viaggio Apostolico in Africa, Discorso ai Vescovi del Kenya (07.05.1980), 6: AAS 72 (1980) 497.

[43] Cf. XII Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi (2008), Verbum Domini in vita et missione Ecclesiae, Messaggio, 10; Concilio Ecumenico Vaticano II, Dei Verbum, 21.

[44]S. Ireneo di Lione, Adversus Hereses, IV, 20, 7: SC 100, 648.

[46] Cf. S. Agostino, Confessionum libri tredecim, Liber 10, Cap. 33, 50: PL 32, 800.

[47] Cf. S. Agostino, Sermo LVI, 7, 11: PL 38, 381-382.

[48] Il metodo della Lectio divina messo a punto dall’Istituto di Lumko (Sudafrica), denominato “Seven Steps”, è stato adottato in un certo numero di Paesi.

[49] Cf. Giovanni Paolo II, Esortazione Apostolica Postsinodale Reconciliatio et paenitentia (02.12.1984), 8-9: AAS 77 (1985) 200-204.

[50] Cf. Giovanni Paolo II, Esortazione Apostolica Postsinodale Ecclesia in Africa (14.09.1995), 50: AAS 88 (1996) 31-32.

[51] Cf. Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU), Convenzione internazionale dei diritti dell’Infanzia (20.11.1989).

[52] Cf. Giovanni Paolo II, Esortazione Apostolica Postsinodale Ecclesia in Africa (14.09.1995), 78: AAS 88 (1996) 56.

[53] Cf. idem, 98: AAS 88 (1996) 61.

[54] Cf. idem, 97 e 96 (i diaconi): AAS 88 (1996) 60.

[55] Cf. idem, 94: AAS 88 (1996) 58-59.

[56]Cf. Secretaria Status Rationarium Generale Ecclesiae, Annuarium statisticum Ecclesiae 2006, Città del Vaticano, p. 43.

[57] Cf. Giovanni Paolo II, Esortazione Apostolica Postsinodale Ecclesia in Africa (14.09.1995), 91: AAS 88 (1996) 57.

[58]Concilio Ecumenico Vaticano II, Gaudium et spes, 1.

[59] Cf. Giovanni Paolo II, Esortazione Apostolica Postsinodale Ecclesia in Africa (14.09.1995), 95: AAS 88 (1996) 59-60.

[60] Cf. Pontificio Consiglio per la Giustizia e la Pace, Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa.

[61]Benedetto XVI, Discorso al Corpo Diplomatico (08.01.2007): L’Osservatore Romano (08-09.01.2007), p. 7.

[62] Cf. Giovanni Paolo II, Esortazione Apostolica Postsinodale Ecclesia in Africa (14.09.1995), 92: AAS 88 (1996) 57-58.

[63] Cf. idem, 93: AAS 88 (1996) 58.

[64] Cf. Pontificio Consiglio per la Giustizia e la Pace, Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, 171-175.

[65] Benedetto XVI, Lettera Enciclica Deus caritas est (25.12.2005), 19: AAS 98 (2006) 233.

[66] Prefazio della Preghiera Eucaristica della riconciliazione II.

[67] Cf. Giovanni Paolo II, Esortazione Apostolica Postsinodale Ecclesia in Africa (14.09.1995), 130; 134-135: AAS 88 (1996) 75; 77; Concilio Ecumenico Vaticano II, Ad gentes, 20.

 

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