PONTIFICIO CONSIGLIO DELLA GIUSTIZIA E DELLA PACE INTERVENTO DEL CARDINALE RENATO RAFFAELE MARTINO I diritti della persona Giovedì, 18 marzo 2004
Ringrazio sentitamente il Pontificio Ateneo Regina Apostolorum per l'invito rivoltomi a partecipare a questo importante incontro, che intende approfondire, in una prospettiva teologicamente fondata, le complesse problematiche culturali connesse al ruolo della donna nella società e nella Chiesa e, nello stesso tempo, le delicate questioni oggi presenti nel dibattito pubblico sul rapporto tra diritti umani e donna. In molte occasioni, il Magistero ha offerto contributi assai importanti su queste problematiche, contributi utilissimi ad orientare il nostro itinerario in una direzione che sia pienamente rispettosa della dignità e della piena verità della persona umana. Dall'attenta considerazione di questi contributi magisteriali si può facilmente ricavare la consapevolezza che, lungo la storia della Chiesa, esiste una lunga tradizione cristiana dei diritti della persona. A questo proposito, come non ricordare Bartolomé de Las Casas e Francisco de Vitoria, che hanno elaborato "una dottrina aggiornata sulla persona e sui suoi diritti fondamentali" (1). L'itinerario storico della tradizione cristiana dei diritti umani non è stato un itinerario pacifico. Ci sono state, infatti, da parte del Magistero anche molte riserve e condanne di fronte all'affermarsi dei diritti dell'uomo nel solco della Rivoluzione francese; ma tali riserve, ripetutamente manifestate dai Pontefici, specialmente nel XIX secolo, erano dovute al fatto che tali diritti venivano proposti e affermati contro la libertà della Chiesa, in una prospettiva ispirata dal liberalismo e dal laicismo. L'individualismo dominante faceva sì che la rivendicazione dei diritti dell'uomo si tramutasse in affermazione dei diritti dell'individuo più che della persona, ossia dell'essere umano decurtato della dimensione sociale e privo di trascendenza. Tale è l'immagine dell'uomo considerato misura di tutte le cose, creatore assoluto della legge morale, consegnato ad un destino di pura immanenza. Il Magistero ha tuttavia apprezzato in modo sostanzialmente positivo la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo adottata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite nel 1948. Il fondamento dei diritti Nella visione cattolica, una corretta interpretazione ed un'efficace tutela dei diritti dipendono da un'antropologia che abbraccia la totalità delle dimensioni costitutive della persona umana. In tale ottica, la tendenza, oggi favorita con vari pretesti, ad intendere i diritti unicamente come strumenti che tutelano la sfera di autonomia dell'individuo rispetto allo Stato, è da considerare come una deriva. L'insieme dei diritti dell'uomo deve corrispondere, invece, alla sostanza della dignità della persona. Essi devono riferirsi alla soddisfazione dei suoi bisogni essenziali, all'esercizio delle sue libertà, alle sue relazioni con le altre persone e con Dio (2). Proprio per questo, la Chiesa si è impegnata a fornirne un elenco essenziale, quale si può trovare nelle encicliche Pacem in terris (3) e Centesimus annus (4). Il fondamento naturale dei diritti umani, basato sul "principio che ogni essere umano è persona, cioè una natura dotata d'intelligenza e volontà libera" appare ancora più solido se, alla luce della fede, si considera che la dignità umana, dopo essere stata donata da Dio ed essere stata profondamente ferita dal peccato, fu assunta, restaurata e potenziata da Gesù Cristo mediante la Sua incarnazione, morte e risurrezione (5). L'uomo è divenuto figlio di Dio nel Figlio unigenito. La sua capacità di ricercare e realizzare il vero e il bene è arricchita e sostenuta dall'apertura verso la Verità e il Bene assoluti di Gesù Cristo, il Suo Spirito di amore, la Sua comunione con Dio. La dignità umana, che è uguale in ogni persona, è, pertanto, la ragione ultima per cui i diritti possono essere rivendicati per sé e per gli altri con maggior forza. Tutti gli esseri umani possono legittimamente rivendicarli anzitutto perché sono figli di uno stesso ed unico Padre, non già in ragione della loro appartenenza etnica, razziale e culturale. Il riferimento alla persona umana, al suo essere integrale, fa sì che la fonte ultima dei diritti umani si debba individuare, al di là della mera volontà degli esseri umani (6), della realtà statale, dei poteri pubblici mondiali, nell'uomo e in Dio suo Creatore. I diritti, appartenendo originariamente ed intrinsecamente alle persone, sono perciò naturali ed inalienabili (7). Questo esclude che possano essere acquisiti per iniziativa propria o altrui o che possano essere conferiti o collocati dall'esterno. Questo non significa affatto considerare il soggetto dei diritti al di fuori della dimensione politica o sminuire il ruolo degli Stati nei confronti dei diritti umani. Tali diritti presuppongono, infatti, un ordine politico - nazionale ed internazionale - che ha il compito di riconoscerli, rispettarli, tutelarli e promuoverli. È in tale contesto che i diritti sono giuridicamente rivendicabili: il loro inquadramento nel diritto costituzionale è la via normale affinché ne siano definiti i contenuti concreti e diventino concretamente esigibili. Questo processo evidenzia l'importanza della coscienza sociale per l'affermazione, la difesa e la promozione dei diritti umani. Poiché questi diritti rappresentano valori fondamentali ed universali, la coscienza sociale non può non riconoscerli e recepirli. Non bisogna dimenticare, altresì, che tale coscienza, come la ragione, non è in grado di penetrare tutta la verità né di formulare un giudizio sempre retto, al riparo dell'errore (8). La traduzione e la specificazione dei diritti nei vari ordinamenti giuridici, infatti, non è sempre perfetta. L'effettiva distanza tra la loro istituzionalizzazione e la loro esistenza originaria nella persona potrà essere diminuita solo attraverso nuove comprensioni e mediazioni storiche. Queste trovano il loro vigore morale nel riferimento alla verità integrale della persona, alla luce della quale si possono discernere i diritti veri da quelli pretestuosi e se ne possono giudicare le varie formulazioni ed attuazioni come conformi o difformi rispetto alla dignità umana. Occorre pertanto affinare ed educare la coscienza alla percezione dei valori fondamentali, rafforzandola così da renderla libera da influssi e condizionamenti negativi e da ogni forma di distorsione della verità (9). Indivisibilità e diversità dei diritti Nella prospettiva propria del Magistero, i diversi diritti devono rispecchiare l'unità strutturale della persona, per cui i diritti dello spirito, "i diritti obiettivi dello spirito", assumono una particolare rilevanza (10). Alla luce dei valori spirituali e del rapporto con Dio, infatti, vengono definiti compiutamente il significato dell'esistenza sia nell'ambito personale sia a livello sociale nonché il modo di servirsi dei beni terreni e materiali. Questa è la ragione fondamentale per cui occorre tutelare il diritto alla libertà religiosa, che rappresenta perciò la fonte e la sintesi dei diritti umani (11), il loro vero "cuore". Da un lato, tale diritto può considerarsi fonte degli altri diritti perché la persona umana, nella sua apertura a Dio e nella comunione con Lui, realizza ed accresce, nella forma più alta, la sua libertà e la sua responsabilità, ossia quella dignità che è il fondamento stesso dei diritti. Da un altro lato, la libertà religiosa esprime una sintesi degli altri diritti umani in quanto consente all'uomo di dare il senso integrale e ultimo a tutta la propria vita e di orientarla a questo. Il Magistero coglie un'altra distinzione tra i diritti, che viene individuata sulla base della loro importanza in relazione all'esistenza e alla crescita di ogni persona. Vi è innanzitutto il diritto alla vita, dal momento del suo concepimento sino alla sua fine naturale, un diritto primordiale rispetto agli altri, perché è condizione del loro esercizio (12). Connessi con tale diritto originario sono il diritto all'integrità fisica, il diritto ai mezzi indispensabili e sufficienti per un dignitoso tenore di vita, il diritto alla sicurezza, il diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione (13). Il diritto allo sviluppo integrale (14), il diritto all'uso dei beni che risultano essere specificazione del diritto alla vita sono prioritari rispetto ad altri diritti, compreso il diritto alla proprietà (15). Ciò vuol dire che la pratica attuazione di questi ultimi non deve contrastare la realizzazione della destinazione universale dei beni e dev'essere una concretizzazione particolare del diritto all'uso dei beni (16). Diritti e verità dell'uomo Il Magistero sottolinea con forza il nesso essenziale tra diritti e verità integrale dell'uomo. Da esso dipendono una concezione giusta della società e il corretto esercizio della libertà. Non a caso le visioni riduttive dell'uomo, proprie sia del socialismo sia del liberalismo, hanno determinato l'instaurazione di ordinamenti socio-economici che dell'uomo hanno compromesso e calpestato la dignità di "soggetto autonomo di decisione morale" (17). Le culture improntate all'efficientismo, al materialismo pratico, ad un individualismo utilitarista ed edonista, derivanti in ultima analisi dallo scetticismo sui fondamenti del sapere e dell'etica (18), mettono a repentaglio l'intero corpus dei diritti. Sulla base di simili culture, che non hanno più il punto di riferimento di una visione integrale dell'uomo, la stessa tutela giuridica dei diritti è messa radicalmente in discussione e svuotata di contenuto. Dobbiamo essere ben consapevoli che il riconoscimento parziale dei diritti, a cui inducono antropologie inadeguate, compromette il destino delle democrazie contemporanee. Il rispetto della verità integrale dell'uomo diviene, pertanto, imperativo morale per la cultura democratica del nostro tempo in cui è diffusa l'opinione che l'ordinamento giuridico di una società dovrebbe limitarsi a registrare e recepire le convinzioni della maggioranza (19). Il riconoscimento di un fondamento oggettivo dei diritti della persona può sottrarre le comunità politiche ad una prassi di potenza o alla contingenza di una coscienza puramente storica, a patti sociali dipendenti unicamente dal criterio dell'unanimità, della neutralità o della massima utilità collettiva. L'uguaglianza dei diritti e l'opzione per i poveri Il Magistero afferma che la pari dignità delle persone impone l'uguaglianza nell'esercizio dei diritti. Nella loro potenzialità, essi sono identici in ogni uomo; nessuna persona può rivendicare una superiorità sulle altre a motivo dei diritti, essendo tutte titolari dei medesimi diritti. Come tutti gli esseri umani sono fondamentalmente uguali, così anche il patrimonio dei diritti è uguale in ogni persona e in tutte le persone. Essi, dunque, sono universali (20), sono presenti in tutti gli esseri umani, senza eccezione alcuna di tempo, di luogo e di soggetti. I diritti fondamentali appartengono, infatti, all'essere umano in quanto persona, ad ogni persona e a tutte le persone, uomini o donne, ricchi o poveri, sani o ammalati. L'uguaglianza degli esseri umani, la loro trascendente dignità esigono anche l'inviolabilità dei diritti (21): ciò che pretendo per me, non posso non riconoscerlo a chiunque altro nella medesima situazione. Ciò che posso esigere dall'altro in nome dei miei diritti, lo può esigere anche l'altra persona in nome dei suoi, anche se non è in grado di articolare questa richiesta, come per esempio un malato mentale grave o un bambino non ancora nato. Muovendo dalla considerazione della comune dignità, che supera ogni differenza ed affratella tutti gli esseri umani unificandoli in una sola famiglia, il Magistero stigmatizza ogni forma di discriminazione perpetrata in nome della razza, dell'etnia, del sesso, della condizione sociale o della religione. L'uguaglianza in dignità delle persone richiede che non vi siano ingiuste discriminazioni nei diritti fondamentali, in nessun ambito, sia in campo sociale sia a livello culturale; chiede che si giunga ad una condizione più umana e più giusta della vita, eliminando tra membri e popoli dell'unica famiglia umana le troppe disparità e sperequazioni (22). Considerando la dignità di ogni uomo e l'uguaglianza dei suoi diritti, si può meglio comprendere il complesso di ragioni che sostengono l'opzione preferenziale della Chiesa per i poveri. Il Figlio di Dio si è incarnato ed ha offerto la sua vita per la nostra redenzione; si è unito in certo modo ad ogni uomo perché questi maturi il proprio compimento come persona. In forza dell'Incarnazione, la Chiesa si dedica nello stesso tempo alla causa dell'uomo e "proclama i diritti umani, specie dei più poveri" (23). In tal modo la Chiesa rende testimonianza alla dignità dell'uomo. Essa afferma chiaramente che questi vale più per ciò che è che non per ciò che possiede. Attesta che la dignità umana non può essere distrutta, quale che sia la condizione di miseria, di disprezzo, di emarginazione, di malattia, a cui un uomo può trovarsi ridotto. L'opzione preferenziale per i poveri, lungi dall'essere un segno di particolarismo o di settarismo, postula e rivendica l'uguaglianza in dignità di tutti gli uomini, manifesta l'universalità della natura e della missione della Chiesa, contribuisce a reintegrare il povero nella fraternità umana e nella comunità dei figli di Dio. Diritti e doveri dei singoli e dei gruppi Il Magistero collega i diritti ai doveri corrispettivi (24). C'è reciprocità tra diritti e doveri nella stessa persona e nella relazione con gli altri. Dalla correlazione profonda tra diritti e doveri scaturisce una duplice linea d'azione. La prima concerne la singola persona in se stessa ed evidenzia i doveri verso se stessi. Quando il soggetto dei diritti, guardando alla natura del proprio essere, prende coscienza della loro esigibilità, scopre pure l'esigenza morale di impegnarsi per primo al fine di conseguire il bene tutelato dai suoi diritti. È così che il diritto di ogni essere umano all'esistenza è visto connesso con il dovere di conservarsi in vita; il diritto ad un dignitoso tenore di vita, con il dovere di vivere dignitosamente; il diritto alla libertà nella ricerca del vero con il dovere di ricercare la verità (25). La seconda linea d'azione, invece, concerne più direttamente le relazioni sociali e mette in evidenza il dovere di rispettare i diritti degli altri. Ogni diritto naturale in una persona comporta un rispettivo dovere in tutte le altre: il dovere di riconoscere e rispettare quel diritto. In base al riconoscimento dell'altro come uguale a me, ossia come dotato di pari dignità, devo anche riconoscere che i diritti che mi appartengono sono anche diritti dell'altro. La riflessione sulla struttura relazionale delle persone porta necessariamente al riconoscimento dei diritti e dei doveri inerenti alla famiglia (26), ai gruppi umani intermedi, alle comunità religiose (27), alle Nazioni, alle comunità politiche, ai popoli, all'umanità pensata come famiglia. La concezione dell'uomo in quanto persona conduce anche al riconoscimento di diritti e doveri inerenti a beni relazionali, ossia a beni che appartengono all'intera comunità umana e che si possono conseguire con l'apporto di tutti, come lo sviluppo, la pace, l'ambiente naturale e l'ecologia umana (28). Esiste una dimensione collettiva di diritti e doveri che deve trovare adeguata traduzione negli ordinamenti giuridici nazionali ed internazionali. La Chiesa difende in particolare i diritti della famiglia (29) come soggetto collettivo. È espressione emblematica di tale impegno a favore della famiglia fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna, la Carta dei diritti della famiglia, emanata dalla Santa Sede (30). Essa costituisce un valido punto di riferimento per la salvaguardia e la promozione della famiglia come società naturale ed universale, soggetto di diritti e doveri anteriore allo Stato; soggetto sociale e politico, che deve crescere nella consapevolezza di essere sempre di più protagonista delle cosiddette "politiche familiari", assumendosi la responsabilità di trasformare la società (31). Diritti umani e donna Il contributo offerto dal Magistero nel campo dei diritti umani ha particolarmente valorizzato la specificità femminile, il "genio della donna". Così si esprime la Christifideles laici: "La condizione per assicurare la giusta presenza della donna nella Chiesa e nella società è una considerazione più penetrante e accurata dei fondamenti antropologici della condizione maschile e femminile, destinata a precisare l'identità personale propria della donna nel suo rapporto di diversità e di reciproca complementarità con l'uomo, non solo per quanto riguarda i ruoli da tenere e le funzioni da svolgere, ma anche e più profondamente per quanto riguarda la sua struttura e il suo significato personale" (32). Qual è, in sintesi, l'apporto del Magistero alla valorizzazione del genio femminile? Innanzitutto recupera i punti d'arrivo più validi del percorso storico delle donne (dall'uguaglianza alla complementarità, alla reciprocità) integrandoli in un'analisi fondativa dell'essere che rende imprescindibile l'elaborazione di una antropologia duale; in secondo luogo focalizza il concetto di reciprocità fondandolo sullo statuto "metafisico" della persona umana nelle due polarità, maschile e femminile; indica che il "maschile" e il "femminile" differenziano due individui di uguale dignità, che non riflettono però un'uguaglianza statica e omologata, perché lo specifico femminile è comunque diverso dallo specifico maschile e questa diversità nell'uguaglianza è arricchente e indispensabile per un'armoniosa convivenza umana; sottolinea con forza che la dignità della donna svela specularmente anche la vera dignità dell'uomo fondata sull'amore e sulla corresponsabilità e che tale dignità viene misurata dall'ordine dell'amore; pone le premesse per comprendere e approfondire il mistero della femminilità indicando che esso si manifesta e si rivela fino in fondo mediante la maternità; ad ogni madre addita come modello Maria, la donna per eccellenza, sintesi mirabile di quel "genio" muliebre che nasce dall'umile e sapiente disponibilità senza riserve alla volontà di Dio. L'impegno della Chiesa La Chiesa, consapevole di come la sua missione essenzialmente religiosa includa la difesa e la promozione dei diritti fondamentali dell'uomo (33), apprezza molto il dinamismo con cui ai giorni nostri i diritti umani vengono promossi ovunque (34). Mentre compie la sua azione educatrice delle coscienze, la Chiesa rende il proprio impegno pastorale più efficace mediante la testimonianza ecumenica, la collaborazione sincera con gli organismi, governativi e non governativi, a livello nazionale e internazionale, che aiutano a difendere e a promuovere i diritti dell'uomo. Essa confida soprattutto nell'aiuto del Signore e del Suo Spirito che, riversato nei cuori, è la garanzia più sicura della realizzazione della giustizia e dei diritti, e quindi della pace: solo l'amore e la misericordia danno pienamente all'uomo ciò che è a lui dovuto conformemente alla sua dignità.
Note
1) Cfr Pontificia Commissione "Iustitia et Pax", La Chiesa e i diritti dell'uomo, Città del Vaticano 1975, p. 11, n. 16.
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