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 Pontifical Council for the Pastoral Care of Migrants and Itinerant People

People on the Move 

N° 94,  April 2004, pp. 55-56

Presentazione del messaggio pontificio

S. E. Mons. Stephen Fumio HAMAO,

Presidente del Pontificio Consiglio della Pastorale

per i Migranti e gli Itineranti

Egregi Signori e Signore,

Vi do il benvenuto a questa Conferenza, in cui desideriamo far conoscere e dare speciale rilievo al Messaggio per la Giornata Mondiale del Turismo 2003 che il Santo Padre Giovanni Paolo II ha tenuto a indirizzare a quanti sono coinvolti nel mondo del turismo.

Desidero sottolineare, innanzi tutto, l’opportunità della celebrazione di tale Giornata. Nel corso dell’anno, sono indubbiamente numerose le date indicate come ricordo di alcuni temi rilevanti. Ma questa molteplicità non deve diminuire l’importanza di ciascuna, così come venne percepita nel momento dell’istituzione. L’Organizzazione Mondiale del Turismo, nel 1980, ritenne, così, conveniente istituire una Giornata Mondiale del Turismo, non solo a motivo delle dimensioni che andava acquistando il fenomeno turistico, ma principalmente perché riconosceva le ampie ripercussioni che esso aveva sulla crescita delle persone, sulle relazioni sociali e sullo sviluppo delle comunità. In questo modo, anno dopo anno, tale Organizzazione Mondiale invita la Comunità internazionale a prendere in considerazione alcuni aspetti che il forte dinamismo dell’attività turistica rende più attuali.

La Santa Sede, che partecipa anche all’Organizzazione Mondiale del Turismo fin dalla sua fondazione, con una Missione di Osservazione Permanente, aderisce quindi a questa celebrazione offrendo la sua riflessione, illuminata dalla Parola di Dio e animata dalla coscienza che il “compito fondamentale della Chiesa di tutte le epoche e, in modo particolare, della nostra, è di dirigere lo sguardo dell’uomo, di indirizzare la coscienza e l’esperienza di tutta l’umanità verso il mistero di Cristo” (Giovanni Paolo II, Redemptor hominis, 10).

Il turismo oggi, possiamo affermare, costituisce parte integrante dell’esperienza umana per diversi motivi, non di rado contrastanti fra di loro. Infatti, nonostante le grandi cifre in cui si traduce la realtà del turismo – per esempio, lo scorso anno sono stati registrati circa 715 milioni di spostamenti internazionali solo per questo motivo -, dobbiamo tenere sempre presente che per accedere alla sua pratica, e, in generale, per godere del tempo libero, una considerevole parte dell’umanità incontra gravi limitazioni. Non possiamo neppure dimenticare che gran parte delle istallazioni turistiche sono ubicate in regioni e Paesi il cui sviluppo soffre di notevoli carenze.

È proprio su questo incontro – su questo shock, come potremmo anche definirlo – che la Giornata del presente anno ci invita a riflettere. Infatti, definire il turismo come “elemento propulsore di lotta contro la povertà, per la creazione di impieghi e per l'armonia sociale” può sembrare a molti troppo utopico, se non chiaramente in contraddizione con ciò che si vive nella realtà. Ma la Giornata non può essere solamente occasione per un bilancio, che alcuni riterranno positivo, mentre altri giudicheranno del tutto negativo. Al contrario, come ci invita il Santo Padre, l’importante è che sappiamo utilizzare le potenzialità reali del turismo nel contesto più ampio “dell’edificazione della civiltà dell’amore” (n. 1).

Per riuscirvi, il Santo Padre ci suggerisce una pista che, senza dubbio, si rivelerà straordinariamente feconda: ripensare il turismo “alla luce della Dottrina Sociale della Chiesa” (n. 1). Si tratta, penso, di una chiamata a una considerazione sempre più integrale del fenomeno turistico, una considerazione centrata sulla persona di coloro che partecipano all’attività turistica, intesa, questa, come un’unità organica, un mondo di relazioni, senza ridurla ad essere servizio degli uni per il consumo degli altri. Invece, inteso e praticato come strumento comune al servizio e per il bene di tutti – per il bene comune –, il turismo potrà essere anche propulsore di ciò che è ritenuto urgente per l’insieme dell’umanità: la lotta contro la povertà, la creazione di impieghi, l’armonia sociale.

Tre necessità, tre urgenze, tre condizioni essenziali, senza dubbio, per realizzare “la civiltà dell’amore”. Tre obiettivi che sono nel cuore e nella speranza dell’intera umanità e che le Istituzioni Internazionali hanno proposto in vari programmi. Le Nazioni Unite, per esempio, conducono un programma fino all’anno 2015 per la riduzione a metà della povertà estrema nel mondo.

Come Presidente del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, posso rilevare la necessità di unire tutti gli sforzi per rispondere a queste grandi sfide. Davanti alla situazione nel mondo della mobilità umana, in cui incarniamo la sollecitudine pastorale del Santo Padre, (mi riferisco ai Settori dei migranti, rifugiati e nomadi, dell’aviazione civile, del mondo marittimo e della strada, nonché degli studenti esteri) oggi, più che mai, la Chiesa e ciascuno dei suoi membri, - come ci ricorda il Santo Padre nel suo Messaggio – devono sentirsi chiamati “a far sì che tutte le attività, compresa quella turistica, siano realizzazioni di quella nuova «fantasia della carità» che ci rende solidali” (n. 3).

Queste parole del Papa, per la celebrazione della Giornata Mondiale del Turismo, sono un invito pressante, affinché il turismo sia un’occasione di gesti concreti di aiuto e di solidarietà.
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