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PRIMO COMITATO PREPARATORIO PER LA CONFERENZA DI REVISIONE DEL 2015
DEL TRATTATO SULLA NON PROLIFERAZIONE DELLE ARMI NUCLEARI

INTERVENTO DI MONS. MICHAEL W. BANACH,
RAPPRESENTANTE DELLA SANTA SEDE PRESSO L'UFFICIO DELLE
NAZIONI UNITE ED ISTITUZIONI SPECIALIZZATE A VIENNA

Vienna
Lunedì, 30 aprile 2012

Signor Presidente,

Ho l’onore di presentare questo intervento a nome di sua eccellenza l’arcivescovo Dominique Mamberti, segretario per i Rapporti con gli Stati della Santa Sede. La Delegazione della Santa Sede si congratula di cuore con lei, ambasciatore Peter Woolcott, per la nomina a presidente di questo comitato preparatorio. Le assicuro il sostegno della Santa Sede.

Soprattutto ho l’onore di trasmettere a lei, signor Presidente, e a tutti gli illustri partecipanti a questo primo comitato preparatorio per la Conferenza di revisione del 2015 delle Parti del Trattato di non proliferazione delle armi nucleari (Tnp) i migliori auguri e i saluti cordiali di Sua Santità Papa Benedetto XVI. Poco più di un anno fa, in occasione della presentazione delle Lettere Credenziali del nuovo ambasciatore del Giappone presso la Santa Sede, Papa Benedetto ha affermato: «Il ricordo di questo oscuro episodio della storia dell’umanità (Hiroshima e Nagasaki) diviene sempre più doloroso, man mano che scompaiono quanti sono stati testimoni di un simile orrore. Questa tragedia ci ricorda con insistenza quanto sia necessario perseverare negli sforzi a favore della non-proliferazione e del disarmo delle armi nucleari. L’arma nucleare resta una fonte di grande preoccupazione. Il suo possesso e il rischio di un suo eventuale uso generano tensioni e diffidenza in numerose regioni del mondo» (Discorso del Santo Padre Benedetto XVI a S.E. il signor Hidekazu Yamaguchi, nuovo ambasciatore del Giappone presso la Santa Sede, sabato 27 novembre 2010).

Con questo comitato preparatorio stiamo iniziando un percorso che ha come principale obiettivo quello di preparare un terreno fertile affinché la IX Conferenza di revisione del Trattato di non proliferazione delle armi nucleari, prevista nel 2015, dia risultati concreti e incoraggianti, non solo per rafforzare il Trattato stesso, ma anche per renderlo uno strumento più efficace per rispondere alle nuove sfide che continuano a profilarsi sull’orizzonte nucleare. Mentre l’adozione del Piano d’azione alla Conferenza di revisione del 2010 è stata in generale considerata un successo, l’impatto che avrà sul lungo termine dipenderà dalla sua attuazione da parte dei Paesi membri del Trattato di non proliferazione delle armi nucleari. Tuttavia le sue formulazioni, talvolta ampie, sono carenti di obiettivi e di scadenze specifici per la maggior parte degli ambiti d’azione, e le possibili differenze d’interpretazione pongono una sfida importante per la revisione e la valutazione, alle quali la Santa Sede desidera contribuire con le seguenti riflessioni.

Un primo elemento di riflessione è il riconoscimento dello stretto legame che esiste tra disarmo nucleare e non proliferazione nucleare: sono interdipendenti e si rinforzano a vicenda, e la loro attuazione trasparente e responsabile costituisce uno dei principali strumenti non solo della lotta contro il terrorismo nucleare, ma anche per la realizzazione concreta di una cultura della vita e della pace, capace di promuovere in modo efficace lo sviluppo integrale dei popoli. Nonostante i passi compiuti nel corso dei decenni, c’è ancora una profusione di armi nucleari. La Santa Sede ritiene necessario unire insieme questi passi per giungere a un impegno coerente a eliminare le armi nucleari in fasi chiaramente definite di un disarmo progressivo. Solo l’espressione visibile dell’intento di costruire una base legale globale per l’eliminazione sistematica di tutte le armi nucleari può essere sufficiente. Non si può ritenere moralmente sufficiente ridurre le scorte delle armi nucleari superflue mentre allo stesso tempo si modernizzano gli arsenali nucleari e s’investono grandi somme per assicurarne la produzione futura e la manutenzione. Tale attuale andamento assicurerà il perpetuarsi di tali armi per un tempo indefinito. Per queste ragioni, la Santa Sede considera il Trattato di non proliferazione la pietra d’angolo del regime globale di non proliferazione nucleare, la base per perseguire il disarmo nucleare e un elemento importante per garantire il diritto inalienabile degli Stati Parte a sviluppare la ricerca, la produzione e l’uso della tecnologia nucleare per fini pacifici. Poiché il Trattato di non proliferazione è l’unico strumento legale multilaterale attualmente disponibile, volto a ottenere un mondo libero da armi nucleari, non bisogna mai permettere che venga indebolito.

Strettamente collegate al Trattato di non proliferazione sono l’entrata in vigore del Trattato per il bando totale degli esperimenti nucleari (Ctbt) e la ratifica da parte di tutti gli Stati, specialmente quelli dotati di armi nucleari, dei rispettivi Protocolli relativi ai Trattati per le zone libere da armi nucleari. A tale proposito, la Santa Sede ribadisce il suo forte sostegno agli sforzi volti a istituire una tale zona in Medio Oriente. Le Zone libere da armi nucleari (Nwfz) sono l’esempio migliore di fiducia, di certezza e di affermazione che la pace e la sicurezza sono possibili senza il possesso di armi nucleari.

Un secondo tema di riflessione, inevitabilmente collegato a quello precedente, è il bisogno di creare, in seno a questo forum, un clima di fiducia e di cooperazione autentica. C’è la crescente consapevolezza di come gli interessi della sicurezza nazionale siano strettamente collegati agli interessi della sicurezza internazionale. Se si riconosce questa interdipendenza, diventa ancor più evidente come il Trattato di non proliferazione nucleare costituisca un pilastro fondamentale della non proliferazione nucleare, fornendo la base giuridica non solo per le verifiche internazionali sul materiale nucleare, sotto gli auspici dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica, ma anche per l’eliminazione delle armi nucleari.

In questo contesto, la Santa Sede desidera ribadire il suo fermo sostegno alla ricerca di soluzioni politiche che possano non solo rendere possibile la prevenzione della proliferazione di armi nucleari, ma anche evitare che la guerra venga vista come mezzo per risolvere i conflitti tra nazioni e tra popoli. Inoltre, la Santa Sede incoraggia tutte le nazioni a tessere pazientemente quei legami economici e politici di pace che costituiscono un baluardo contro ogni pretesa di ricorrere alle armi e che rendono possibile promuovere lo sviluppo umano integrale di tutti i popoli (cfr. Discorso di Papa Benedetto XVI durante l’udienza generale, 5 maggio 2010). Parte delle somme stanziate per le armi potrebbe essere destinata a sviluppare progetti economici, educativi e sanitari. Ciò contribuirebbe indubbiamente alla stabilità interna del Paese e alla stabilità tra i popoli (cfr. Papa Benedetto XVI, Lettera enciclica Caritas in veritate n. 29). Ora, in questo tempo di precarietà del mercato e del lavoro, la necessità di trovare finanziamenti sicuri per lo sviluppo rimane una preoccupazione costante.

Un terzo punto di riflessione è la necessità di suscitare la consapevolezza della comunità internazionale, affinché possa ambire maggiormente a rendere il Trattato di non proliferazione nucleare uno strumento adeguato per la promozione della pace e della sicurezza internazionale. Sta diventando sempre più evidente che il disarmo nucleare e la non proliferazione delle armi nucleari devono essere affrontati in modo integrale.

A tal fine, è necessario un approccio innovativo per determinare i requisiti giuridici, politici e tecnici per promuovere in modo efficace gli obiettivi del Trattato di non proliferazione nucleare. In tale senso, sono necessarie un’analisi e una scelta delle misure pratiche, affinché queste misure possano rispondere in maniera più efficace alle questioni riguardanti, per esempio, la verifica e la trasparenza delle attività di disarmo e di non proliferazione nucleare, il materiale fissile, le assicurazioni di sicurezza negative, il ciclo del combustibile nucleare, il controllo del materiale radioattivo, l’allargamento delle zone libere da armi nucleari, il riconoscimento dell’importanza del Trattato sul bando totale degli esperimenti nucleari (Ctbt), e il miglioramento della gestione del Trattato di non proliferazione nucleare.

Tuttavia, queste non potranno mai essere le uniche risposte a quella che è anzitutto una questione riguardante la natura umana. Le minacce alla sicurezza provengono da atteggiamenti e da azioni ostili alla natura umana. È dunque a livello umano che occorre agire, a livello culturale ed etico. Se, nel breve periodo, sono necessarie misure tecniche e giuridiche per portare avanti l’agenda della non proliferazione, nel lungo termine occorrono anche misure preventive, misure che penetrino nelle radici culturali e sociali più profonde. Quello che serve in modo assoluto sono programmi di formazione per la diffusione di una «cultura della non proliferazione» sia nel settore nucleare, sia nella coscienza pubblica in generale. La sicurezza dipende dallo Stato, ma prima di tutto dal senso di responsabilità di ogni persona. Per troppo tempo le armi nucleari hanno minacciato l’umanità ed è mancata una volontà politica sufficiente per eliminare questa piaga. Ora è giunto il momento per una profonda revisione e per un cambiamento nella nostra percezione delle armi nucleari. Il disarmo nucleare e la non proliferazione sono essenziali dal punto di vista umanitario, dal punto di vista umano.

Signor Presidente,

Alla fine del suo viaggio, l’eroe epico greco Ulisse giunge a casa ma viene coinvolto in un’altra battaglia. Tuttavia, in un momento fondamentale, Atena grida: «Cittadini d’Itaca, fine all’aspra guerra. Il campo lasciate tosto, e non più sangue [...]. Contienti, e frena il desiderio ardente della guerra, che a tutti è sempre grave». E che cosa fece Ulisse? «Obbedì Ulisse, e s’allegrò nell’alma. Ma eterno poi tra le due parti accordo la figlia strinse dell’Egïoco Giove» (Odissea, libro XXIV, 584-585; 598-600).

Non possiamo restare a guardare passivamente e aspettare che la pace ci venga consegnata. No, la «pace non è la semplice assenza della guerra, né può ridursi unicamente a rendere stabile l’equilibrio delle forze avverse; essa non è effetto di una dispotica dominazione, ma viene con tutta esattezza definita a opera della giustizia [...]; la pace non è mai qualcosa di raggiunto una volta per tutte, ma è un edificio da costruirsi continuamente» (Gaudium et spes n. 78). Le fondamenta della pace poggiano sul rispetto per la vita umana e sul primato dello stato di diritto. Il principale obiettivo dello stato di diritto è, di fatto, quello di far subentrare «alla forza materiale delle armi la forza morale del diritto» (Benedetto XV, Esortazione apostolica ai Capi dei popoli belligeranti, 1° agosto 1917). Queste parole potrebbero illuminare il cammino che conduce da Vienna 2012 a New York 2015 e alla IX Conferenza per la revisione del Trattato sulla non proliferazione delle armi nucleari.

 

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